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Autore: Vals Fanwriter    20/03/2013    3 recensioni
‹‹Allora è deciso. Non dovremmo nemmeno rivelare dove abitiamo. In pratica, ci incontreremo solo quando ci sentiremo entrambi ispirati a farlo.››
Non ha senso, non ha assolutamente senso – rifletti, ma non riesci ad interrompere le sue macchinazioni, un po’ per la curiosità, un po’ perché ti senti coinvolto da quella specie di gioco.
‹‹Uhm, la cosa si fa interessante.›› continua a progettare tra sé e sé e, contro ogni tua aspettativa, inizia a stilare anche delle regole, ‹‹Però possiamo dare degli indizi tipo: “C’è una macchina rossa davanti a me”, o “sento un buon profumo”.››

Niff (Nick & Jeff) | Commedia, Fluff, Romantico, Sentimentale | OS, AU
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval | Coppie: Nick/Jeff
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Kaleidoscope.

Rating: Verde.

Pairing: Niff.

Prompt: AU; “credo di avere il tuo cellulare”

Genere: Commedia, Fluff, Romantico, Sentimentale.

Avvertimenti: One Shot, AU.

Note: Qualche parolina alla fine.


 


 

Niff




Kaleidoscope

 

 

 

Non potevi aspettarti nulla di diverso da questa giornata. Di certo, non potevi pretendere che l’appuntamento delle tre del pomeriggio sarebbe rimasto tale. Ovvio che sarebbe stato rimandato di almeno due ore. Ma tu sei comunque seduto su un muretto, in piazza, alle tre in punto, ad aspettare che il tuo migliore amico faccia il miracolo; ma, da un po’ di tempo a questa parte, ha perso qualsiasi parvenza di puntualità e quindi sei assolutamente certo del fatto che, quest’oggi, non sarà da meno.

Ma tu rimani ugualmente un tipo alquanto impaziente e così, come da copione, non riesci ad impedirti di afferrare il cellulare ed iniziare a digitare un messaggio sul touch screen, per incitare quel ritardatario cronico a darsi una mossa.

Nel momento in cui sblocchi lo schermo, però, ti stupisci del fatto che lui ti ha preceduto. L’icona degli sms lampeggia, in alto, sul display, e tu ti prepari alla batosta, sapendo già cosa aspettarti.

 

DA: THAD            15:06

Sono stato trattenuto per cause di forza maggiore.

Abbi un po’ di pazienza. Tra un po’ sono da te. – T.

 

Quindi, in sostanza, la traduzione di quel messaggio è esattamente questa: “Qualcuno ha voluto esagerare con le coccole. Mi sto infilando i pantaloni adesso. Se tutto va bene e se non vengo trascinato di nuovo a letto, sarò da te tra mezz’ora esatta.” Il che ti fa perdere completamente le speranze.

Forza maggiore – poggi il cellulare al tuo fianco, sul muretto, e ti imbronci – le forze maggiori di Thad sono così prevedibili.

Attendi, dunque, quella famosa mezz’ora. La piazza è gremita di gente: anziani appena usciti dalla chiesa, ragazzini che giocano col pallone, tallonandosi a vicenda, ragazze che passeggiano reggendo enormi buste e chiacchierando tra loro. E tu sei nervoso e sei sul punto di maledire il gruppo di ragazzi sghignazzanti che si è appostato proprio a due passi da te, su quello stesso muretto.

Riesci a rimanere lì per altri dieci minuti, poi ci rinunci. Sbuffi, tasti la superficie del muretto svogliatamente e alla cieca per recuperare il tuo cellulare, mentre il tuo sguardo è puntato su quei ragazzini che si rincorrono tra loro. Rimetti il cellulare in tasca e ti alzi, il broncio sempre più pronunciato sulle tue labbra. Thad avrebbe dovuto trovare qualcosa di più goloso di un gelato all’amarena per farsi perdonare, stavolta.

Ti allontani con il morale a terra e decidi di vagare da solo sul marciapiede del corso principale; magari, nel frattempo, Thad avrebbe trovato il modo per raggiungerti.

Ma nulla da fare. Passa quasi un’ora così e non ti arriva neanche un messaggio da parte sua. Ti domandi se è il caso di tornare a casa, ma sei totalmente annoiato e nervoso che proprio non hai voglia di investire anche i tuoi fratelli col tuo malumore e sentirti dire che: “Thad ti ha dato buca di nuovo?”

Vero è che, però, stare in strada non ti sta aiutando affatto, quindi, alla fine, dopo vari ragionamenti, fai dietro front e ti accingi a tornare indietro.

Neanche fosse contrario a quella tua decisione, il tuo cellulare inizia a squillare rumorosamente. E tu sobbalzi, perché il tuo telefono non dovrebbe avere una suoneria, dato che tu odi il fatto che la gente possa girarsi a osservarti stranita, mentre rimbomba una canzone dalla tua tasca, proprio come sta succedendo in questo momento.

La conosci anche, quella canzone – è una di quelle che sei solito canticchiare sotto la doccia – ma non ricordi di averla mai messa sul cellulare. Forse è solo uno scherzo stupido di tuo fratello Josh; del resto, è stato lui a chiederti di prestargli il cellulare, questa mattina. Deve averti messo una sveglia o qualcosa del genere.

Tiri fuori il cellulare dalla tasca dei jeans, maledicendo l’intera giornata, che si sta prospettando un inferno, e quando ti ritrovi ad osservare il display, sgrani gli occhi, scioccato.

Qualcuno ti sta chiamando. Qualcuno col tuo stesso numero di telefono.

‹‹Che diavolo-?››

Squadri lo schermo con la bocca spalancata, quasi terrorizzato da quella stregoneria. Com’è possibile che ti stiano chiamando col tuo stesso numero?

Per un momento, ti viene in mente quel film dove le persone che rispondevano al telefono dopo qualche giorno morivano.

Inizi a sudare freddo. Thad lo dice sempre che non devi guardarli, certi horror. Se è questo l’effetto che ti fanno.

Però la canzone della suoneria sembra allegra. Con una canzoncina del genere non puoi morire. O forse è una trappola e…

‹‹Jeff, per piacere.›› dici a te stesso, ‹‹Rispondi e basta.››

E lo fai, anche se con mani tremanti. Ti porti il cellulare all’orecchio e aspetti che la maledizione di Samara si abbatta su di te. Deglutisci.

‹‹Pronto, c’è qualcuno?›› domanda la voce dall’altro lato e tu rabbrividisci automaticamente, anche se non somiglia minimamente alla voce di un mostro.

‹‹Chi- chi sei?›› mormori flebilmente e, anche se è stupido da parte tua, non puoi fare a meno di aggiungere, ‹‹Non sarai mica un fantasma?››

Ti accorgi solo dopo della gaffe che hai fatto e arrossisci per la vergogna.

Stupido, i fantasmi non possono telefonare. Trapassano gli oggetti, loro.

‹‹Eh? Ma che stai dicendo?›› risponde quella che sembra la voce di un ragazzo, alla cornetta, e poi prosegue frettolosamente e con tono un po’ mortificato, ‹‹Ascolta, quel cellulare… è mio. Ed io… credo di avere il tuo cellulare.››

Aggrotti la fronte, senza recepire completamente il significato delle sue parole. Però sei assolutamente certo del fatto che quello che hai in mano sia il tuo cellulare e giungi alla conclusione che Josh debba avere ingaggiato qualche suo amico nerd per farti uno scherzo coi fiocchi. Lui sa quanto hai paura dei fantasmi. Sbuffi.

‹‹Mi dispiace, ma questo è il mio cellulare.›› La voce ti esce acida e, di sicuro, dev’essere perché vuoi che questa giornata finisca in fretta e che la smettano di prenderti in giro. ‹‹Se è uno scherzo, sappi che non ci casco. So benissimo di cosa è capace mio fratello Josh.››

Il ragazzo sembra sinceramente stupito dalle tue parole quando risponde: ‹‹Ma di che parli? Come potrei sbagliare il mio stesso numero di telefono?››

‹‹Nemmeno io confonderei mai il mio numero. E poi anche lo strap è il mio.››

Osservi il ciondolo che pende dal tuo cellulare e non hai alcun dubbio a riguardo. È un piccolo ciondolo a forma di ciambella glassata. Ricordi perfettamente il giorno in cui te lo diedero in omaggio al “Donuts Point”. C’era anche Thad con te. Insistesti così tanto per farti accompagnare a provare quelle ciambelle. Riconosceresti quel ciondolo tra mille. Però…

Aspetta. Ora che lo guardo bene…

‹‹Il mio telefono non è blu…››

D’improvviso ti cade il mondo addosso. Quello non è il tuo cellulare, per l’appunto. Ecco perché non avevi riconosciuto la suoneria, ecco perché Thad era sparito. Ma quando eri in piazza avevi ancora il tuo cellulare, perciò è lì che hai – non riesci a capire come – scambiato il tuo cellulare con quello di un altro.

‹‹Questo perché quello è il mio cellulare.›› ti spiega il ragazzo con ovvietà e puoi quasi visualizzare la smorfia che gli sta increspando le labbra, ‹‹Allora… come mai ce l’hai tu?››

Riprendi a pensare razionalmente all’improvviso.

‹‹Questo veramente dovrei chiedertelo io.›› ribatti con le guance gonfie che trattengono uno sbuffo frustrato.

Ma la voce dell’altro ragazzo è stranamente tranquilla e gentile quando parla, quasi non sia minimamente infastidito da quel disguido.

‹‹Lo strap è uguale al mio.›› dice, ‹‹Era in edizione limitata, lo hanno dato in omaggio all’inaugurazione del “Donuts Point”. È incredibile che l’abbia anche tu.››

‹‹Sì… In effetti, è strano.›› tentenni, mentre ripensi all’inaugurazione del negozio. Il “Donuts Point” non era stato pubblicizzato così largamente, per questo sei sorpreso da questa stramba coincidenza.

‹‹E pensare che di volantini per l’inaugurazione ne furono distribuiti pochi.›› ragiona il ragazzo e tu ti ritrovi a mordicchiarti il labbro inferiore nel renderti conto che stavate pensando la stessa cosa.

‹‹Già, io… ho una specie di fissazione per le ciambelle. Non me le sarei perse per nulla al mondo.››

‹‹Davvero? Anch’io amo le ciambelle!›› riprende quello con entusiasmo, ‹‹Questo significa che abbiamo gli stessi gusti.››

Lo senti ridacchiare e qualcosa dentro di te si scioglie. Ma non riesci a capacitarti del fatto che uno sconosciuto ti stia dando così tanta confidenza e che, allo stesso tempo, abbia tra le mani il tuo cellulare, il tuo avere più prezioso senza il quale non puoi vivere. Così borbotti, fingendo di fare il sostenuto:

‹‹Ad ogni modo, devi ridarmi il cellulare.››

‹‹Beh, non è mica tanto facile…››

Senti un fruscio attraverso il cellulare e, non riesci a spiegarti perché, ma lo immagini mentre si sta grattando una guancia, pensieroso.

‹‹Aspetta, facciamo così.›› lo precedi con decisione, parlando tutto d’un fiato, ‹‹Dimmi il tuo nome, così posso rintracciarti. Io sono…››

Ma lui ti interrompe:

‹‹No, aspetta.››

‹‹Cosa devo aspettare?››

‹‹Non ti sembra un peccato dirsi i rispettivi nomi in questo modo?››

Boccheggi, senza sapere come interpretare le sue parole.

‹‹Un peccato?›› domandi.

‹‹Non credi che tutto questo fosse voluto dal destino?››

La sua voce ti sembra seria e la cosa ti fa rimanere di sasso, ma, al tempo stesso, fa sì che il battito del tuo cuore acceleri e che le tue guance si facciano un po’ accaldate. Rimani in ascolto senza sapere come comportarti.

‹‹Che ne diresti di rivelarci i nostri nomi quando ci saremo incontrati di persona?›› propone con semplicità.

‹‹Cosa?››

Resti a bocca aperta, fermo nel bel mezzo di un marciapiede, colto alla sprovvista da quella proposta insensata. Non proferisci altro e probabilmente lui fraintende il tuo silenzio perché va avanti dicendo:

‹‹Allora è deciso. Non dovremmo nemmeno rivelare dove abitiamo. In pratica, ci incontreremo solo quando ci sentiremo entrambi ispirati a farlo.››

Non ha senso, non ha assolutamente senso – rifletti, ma non riesci ad interrompere le sue macchinazioni, un po’ per la curiosità, un po’ perché ti senti coinvolto da quella specie di gioco.

‹‹Uhm, la cosa si fa interessante.›› continua a progettare tra sé e sé e, contro ogni tua aspettativa, inizia a stilare anche delle regole, ‹‹Però possiamo dare degli indizi tipo: “C’è una macchina rossa davanti a me”, o “sento un buon profumo”.››

‹‹Ma questo non ha senso.›› Trovi il coraggio di dare voce ai tuoi pensieri e quasi piagnucoli, esasperato, ‹‹E poi, noi non ci siamo mai visti, no?››

‹‹Hai ragione, non ha senso.›› concorda lui, ma poi la sua voce si addolcisce, quando riprende a parlare, ‹‹Però sono sicuro che riusciremo ad incontrarci. Tu non sei d’accordo?››

Quel tono di voce ti strega quasi e ti ritrovi a mormorare un “sì” sommesso, senza accorgertene. Hai l’immaginazione facile e quindi inizi a costruirti in mente un volto che possa appartenere a quel ragazzo misterioso.

Ma lui ti sorprende di nuovo, interrompendo le tue fantasie.

‹‹Allora il primo indizio è “autentici hot dog americani”. Si parte!››

Sgrani gli occhi e ti affretti a rispondere:

‹‹No, ehi… Aspetta un attimo!››

Ma è troppo tardi. Ha già attaccato.

 

 

~ ♥ ~

 

 

Quando si parla di autentici hot dog americani, in genere, c’è solo un posto che può venire in mente. Per questo motivo, quando giungi al chioschetto al quale hai pensato, sei sicurissimo di aver centrato il bersaglio. Quello che ti crea qualche dubbio, invece, è il motivo per cui hai accettato di prendere parte a questo giochetto. Già quand’eri piccolo odiavi giocare a nascondino – i tuoi fratelli ti trovavano sempre, non c’era sfizio a giocare con loro – figuriamoci adesso.

Però quel ragazzo ha qualcosa di particolare nella voce e nei modi di fare, qualcosa che ti costringe a stare al gioco e a cercarlo. E poi ha il tuo cellulare, è una motivazione più che sufficiente per scovarlo.

Scovarlo, appunto. Il problema è che cominci ad avere fame e si sa che a stomaco vuoto si conclude ben poco.

Ti metti in fila al chioschetto. Visto che ci sei, lo comprerai davvero un hot dog; e magari, chissà, lo troverai lì dentro ad aspettarti. Peccato che ci sia una fila interminabile. Sospiri e ti prepari all’ennesima mezz’ora di agonia, ma non hai altri indizi per trovarlo, quindi…

Aspetti pazientemente il tuo turno e, intanto, non riesci a smettere di pensare a tutte quelle assurde coincidenze: la ciambella, l’hot dog di cui non puoi fare a meno per più di due settimane, il fatto che i vostri cervelli viaggino sulla stessa lunghezza d’onda.

Quando raggiungi il bancone, quasi non senti la commessa che ti domanda cosa desideri. Rispondi frettolosamente, mentre pensi che quel posto non è minimamente romantico per un primo incontro; ma poi scuoti la testa per scacciare quel pensiero.

‹‹Non è un appuntamento, Jeff.››

Ordini un chinotto in lattina e ringrazi la commessa quando ti porge il panino. Poi esci fuori dal chioschetto.

Ma dov’è? Hai fatto una fila esorbitante e il proprietario del telefono ancora non si vede. Fantastico.

Ti siedi su una panchina e, proprio in quel momento, il cellulare del tipo sconosciuto squilla di nuovo.

‹‹Insomma, si può sapere dove sei?›› lo aggredisci impaziente, quando rispondi alla chiamata.

‹‹Ehi, ehi, non urlare. Io sono qui, ti sto aspettando da quasi un’ora.›› replica quello con la sua solita calma; e tu ti senti un po’ più tranquillo nel risentire la sua voce.

‹‹Come? Anch’io sono in fila da un’ora.››

Non riesci a spiegartelo, ma la disinvoltura con cui vi rispondete è a dir poco surreale. Sembra quasi che vi conosciate da sempre.

‹‹Non sarai mica andato da “Ruby”?››

‹‹Dove volevi che andassi, scusa?››

Lo senti sospirare e poi ridere sottovoce al telefono e all’improvviso avvampi, temendo di aver fatto una figuraccia.

‹‹Cosa c’è?›› domandi innocentemente.

‹‹Quelli sono “gli originali” hot dog, non “gli autentici”.››

Ti porti una mano tra i capelli, reggendo alla bell’e meglio la lattina di chinotto con l’altra mano. Il ragazzo misterioso ha ragione! E pensare che quando si tratta di cibo tu non sei così distratto.

Ti scusi, imbarazzato, dicendogli che hai confuso gli slogan, ma lui non è arrabbiato. Ride e poi ti dice con dolcezza:

‹‹Fa nulla, capita di sbagliarsi. E poi quegli hot dog piacciono anche a me. Dopo mi fai dare un morso?››

E tu ti senti stranamente sollevato di fronte alla sua allegria; il cuore ti batte un po’ più forte nel petto e non sai perché, ma ti piace quella sensazione e non badi a lungo alla situazione particolare in cui ti trovi. Lasci che il destino segua il proprio corso e continui a chiacchierare come se nulla fosse, come se conoscessi quella persona meglio delle tue tasche.

‹‹Mi sono ricordato come si chiama la canzone della tua suoneria.›› gli dici, mentre dai un morso all’hot dog, seduto sulla panchina.

‹‹Ah, sì?›› risponde lui, sereno, ‹‹Allora dimmi, qual è?››

‹‹“Kaleidoscope”. La riconoscerei tra mille, è una delle mie preferite.››

Il ragazzo all’altro capo inizia a canticchiare un verso, così, con naturalezza:

‹‹Our colours come alive when I collide with you~››

Ha una bellissima voce, constati. Le parole ti arrivano alle orecchie con dolcezza, quasi siano rivolte davvero a te, e non riesci ad impedirti di mormorare:

‹‹Sì, è proprio una delle mie preferite.››

Il pomeriggio scorre in fretta e tu quasi non te ne accorgi. Hai iniziato a passeggiare, reggendo il telefono con una mano e con l’altra la busta di carta con dentro metà del tuo hot dog. Non ti importa del tempo che passa. Ti preme solo rimanere lì, a chiacchierare con quello sconosciuto e a scoprire nuove cose di lui.

E lui di te.

‹‹Tu quale sei?››

‹‹Come?››

Non capisci a cosa allude, ma non passa molto tempo prima che lui si spieghi.

‹‹La foto che hai sullo sfondo. Quale sei tu?››

Di nuovo, non sai cosa rispondergli. Questo ragazzo è capace di coglierti di sorpresa ad ogni singola parola. Anche quando riprende dicendo:

‹‹No, scusami. Non avrei dovuto chiedertelo, sono uno stupido.›› Fa una breve pausa e poi ti finisce completamente concludendo così: ‹‹È che noi due siamo così simili e in sintonia che… muoio dalla voglia di incontrarti.››

Non può dire queste cose adesso e tu non puoi sentirti esattamente in questo modo, non puoi avere voglia di incontrarlo e stringerlo. Qualsiasi aspetto abbia, non t’importa. Vuoi solo vederlo e sentire la sua voce dal vivo. Adesso.

‹‹Sì, anch’io.››

La sua voce copre la tua, quando pronunci quell’ultima frase. Non recepisci completamente quello che dice ma lo avverti allarmato nel tono.

‹‹Cosa? Che succede?›› domandi corrugando la fronte, in attesa di una spiegazione. Senti dei rumori attraverso il ricevitore.

‹‹Il telefono… si sta scaricando!››

Mentre realizzi il significato delle sue parole, ti viene in mente che avevi proprio in programma di metterlo a caricare, la sera prima, ma che poi ti è passato di mente e non lo hai fatto.

Tuttavia, il panico ti prende completamente solo quando anche il tuo cellulare – o meglio, quello che stai usando al momento – ti avverte, con un suono ben poco rassicurante, che ti sta abbandonando.

‹‹Oh, no. Anche questo si sta scaricando!››

‹‹Sbrigati, dammi qualche indizio!›› ti intima lui, agitato, ‹‹Dove mi trovo io non c’è nulla di facilmente riconoscibile.››

‹‹E come faccio?›› Ti guardi intorno frettolosamente: macchine, traffico, passeggini, gelaterie, edifici tutti uguali. Cammini un po’, a passo svelto, alla ricerca di qualcosa.

‹‹Dai, qualcosa di particolare, qualcosa-››

E la trovi; è la prima cosa che ha un che di diverso in quella metropoli. E lo dici, senza pensarci ulteriormente.

‹‹Il… il graffito di un cane!››

Proprio in quel momento, il telefono si spegne e tu rimani impalato, in mezzo alla gente, ad osservare quel disegnino stupido e minuscolo sulla parete del palazzo che hai di fronte.

E questo sarebbe un indizio? – rifletti, afflitto.

Inizi a respirare velocemente, deluso dall’andamento degli eventi e disperato per la perdita di quella voce che iniziava a suscitarti sicurezza e fiducia.

‹‹E adesso cosa faccio?›› piagnucoli, spostando lo sguardo sullo schermo completamente scuro del cellulare.

Tiri su col naso e ti dici che non puoi assolutamente iniziare a frignare per un ragazzo che non hai mai visto prima.

Ma aveva una voce così pulita… e gentile… e cantava in maniera dolcissima…

Ti passi una mano sugli occhi e abbassi l’altro braccio – quello la cui mano teneva ancora sollevato il cellulare, quasi nella speranza che potesse riaccendersi – e poi alzi lo sguardo sul cielo color arancio, il vento che ti fa rabbrividire.

Stai quasi per andare via e rinunciare ad un possibile miracolo, quando senti una serie di passi veloci, in corsa, e l’unica cosa a cui riesci a pensare è questa: aveva detto che ci saremmo incontrati sicuramente e così sarà.

Aspetti che i passi si facciano più vicini prima di voltarti. La persona alle tue spalle è ansante quando si ferma, un ragazzo della tua età all’incirca, i capelli scuri arruffati per la corsa, le labbra piene schiuse per immagazzinare aria. Sorride nonostante l’affanno.

‹‹Quello… quello che hai in mano è il mio telefono.››

Solleva la mano con cui tiene stretto il tuo per mostrartelo e alza lo sguardo su di te. Leggi la soddisfazione nei suoi occhi chiari, dei quali rimani immediatamente affascinato. Si raddrizza, ripresosi dalla corsa, e sorride radioso studiando il tuo viso.

‹‹Come hai fatto a sapere che ero qui?›› Questa domanda premeva per lasciare le tue labbra fin dall’attimo in cui hai sentito che stava arrivando, che il destino stava per farvi incontrare.

‹‹Facile.›› risponde lui, con quel sorriso tutto denti che ti fa incantare, ‹‹In città c’è solo questo cane.›› Indica con un cenno della mano il graffito. ‹‹Anzi, a dirla tutta, questo graffito l’ho fatto proprio io.››

Si porta una mano dietro la testa, per massaggiarsi la nuca con espressione imbarazzata e tu gli sorridi allo stesso modo.

‹‹È… è bello.›› sussurri, nonostante il tuo primo pensiero, nel vedere quel disegno, lo avesse ribattezzato come “mostriciattolo”, ‹‹È un bel cane, sì.››

‹‹Veramente, nessuno è mai riuscito a capire che fosse un cane.›› Ti rivolge uno sguardo intenso e tu convieni che potresti innamorartene all’istante, ‹‹Ho pensato, però, che tu magari potevi…››

Il tuo cuore corre sempre più veloce ad ogni parola che pronuncia. Non riesci a spiccicare parola di fronte a lui – e questo è un evento raro, dato che chi ti conosce direbbe che non stai mai zitto – ma poi lui inizia ad avvicinarsi e tu sembri risvegliarti dall’incanto. Riprendi a respirare regolarmente, mentre si presenta.

‹‹Io sono Nick Duval, comunque. È un vero piacere conoscerti.››

Ti tende la mano e tu non esiti un attimo. L’afferri di buon grado e rispondi con un sorriso enorme e solare:

‹‹Jeff Sterling. Piacere mio.››

 

 

~ ♥ ~

 

 

Siete rimasti a parlare per un sacco di tempo – fino alle nove di sera, circa – e quando sei arrivato a casa eri stanco, ma, al tempo stesso, esagitato ed esaltato. Così adesso sei sicuro che non riuscirai a dormire, che continuerai a pensare a quel sorriso stupendo o, al massimo, se ti addormenterai, lo sognerai.

Il telefono è sul comodino, il tuo telefono stavolta – ve li siete scambiati prima di andare via – ed è sotto carica. Ti sei ripromesso di non lasciarlo mai più mezzo scarico, anche se ormai non corri più il rischio di perdere i contatti con Nick, dato che sapete come trovarvi.

Stai per chiudere gli occhi e abbandonarti alla stanchezza, deciso a lasciare il comando ai sogni, quando il cellulare al tuo fianco vibra.

Sai già chi è. Lo prendi. Un messaggio. Lo apri.

 

DA: NICK             23:36

Give me fire, give me rain,

I want joy with my pain,

I want your fears, your hopes,

The whole Kaleidoscope~ :)))

 

L’indomani avresti messo quella canzone come suoneria.

 

 

Fine.

 

 



 

 

Sì, la mia testa ha partorito un’altra Niff stupida come potete vedere. Ma non è stata solo colpa sua. Ho ripreso in mano un manga di Mia Ikumi, qualche settimana fa, e una storia simile mi ha dato la spinta giusta per scrivere questa. È stupida e semplice, come al solito, ma spero che sia stata comunque una lettura piacevole per voi. Al solito, un bacio enorme va alla Niffamily che #alwaysinmyheart, ma soprattutto a Nym, Sih e Robs che hanno letto in anteprima questa robetta.

E vi ringrazio tutti come sempre, in anticipo.

Hugs. ♥

 

Vals



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