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Autore: thenightsonfire    20/03/2013    7 recensioni
Spoiler-free sia per chi non ha letto Città delle Anime Perdute sia per chi non ha letto Clockwork Princess (se l'avete letto, avete tutta la mia comprensione). Questa one-shot è ambientata durante il viaggio che Alec e Magnus fanno in Città degli Angeli Caduti. Enjoy.
Per secoli interi si era chiesto come capire se stesse vivendo o semplicemente esistendo. E cosa vivi a fare, si era chiesto delle volte, se esisti solamente? Qual è la differenza?
[...]
« Sai, non ho cattive intenzioni. A meno che tu non sia consenziente. »
«
Magnus. »
« Ieri sera lo eri. Ben più che consenziente, intendo. Quello, o il Presidente Miao ha deciso di rifarsi le unghie sulla mia schiena. »
«
Magnus. »
Qual era la differenza?
Alec era la differenza.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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GRAFFI

 

 

Magnus Bane era rimasto in vita tanto a lungo che, certe volte, lui stesso si chiedeva come ancora non gli fosse venuto a noia. Come riuscisse svegliarsi ogni giorno, sapendo che non sarebbe stato l'ultimo, che non sarebbe mai stato l'ultimo – che si sarebbe svegliato ancora e ancora e ancora – e sapendo bene quanto fosse sottile il confine tra vivere ed esistere – e quanto fosse facile superarlo, e difficile, invece, tornare indietro. Per secoli interi si era chiesto come capire se stesse vivendo o semplicemente esistendo. E cosa vivi a fare, si era chiesto delle volte, se esisti solamente? Qual è la differenza?

Ultimamente, però, la risposta si era delineata davanti ai suoi occhi, chiara, sempre più chiara, chiara come il blu di due occhi che aveva incontrato. Ed era giunto ad una conclusione. Una definitiva.

L'esistenza erano i suoi occhi che vedevano, il suo cuore che batteva, il suo corpo che si reggeva in piedi.

La vita erano gli occhi di Alec nei suoi, il suo cuore che batteva feroce contro il suo, sotto le loro pelli – sotto le loro pelli a contatto, vicini, sempre più vicini, sotto attraverso una patina di sudore, i vestiti di troppo, i jeans troppo stretti –, i loro due corpi in piedi, uniti, abbracciati, l'uno di fianco all'altro.

Magnus Bane aveva capito che, se l'esistenza era la materia, la vita era il sentimento che la animava.

Ah, i sentimenti. Sotto la luce delle prime ore del mattino – o le ultime del pomeriggio? Aveva da tanto tempo smesso di contare seriamente il tempo – Magnus aprì di poco le palpebre, abbastanza per vedere, ancora un po' sfocata, la figura addormentata di Alec accanto a sé. Sorrise. Non capitava spesso che si svegliasse prima di lui.

Si ripropose di farlo stancare più spesso.

Il petto dello Shadowhunter si alzava e si abbassava ritmicamente, la sua mascella era rilassata, le palpebre abbassate in un'espressione di pura serenità.

Eccola, la differenza. Esistere era svegliarsi, vivere era svegliarsi accanto ad Alec.

Vivere era possedere due mani per tracciare le linee del suo viso. Vivere era respirare per inspirare il suo profumo. Vivere era avere una bocca per assaggiare il gusto della sua pelle.

Anni prima si era ripromesso di non innamorarsi più, di lasciare da parte i sentimenti – soprattutto con loro, con i Nephilim, quegli esseri allo stesso tempo invincibili e mortali –, perché ogni vita che si trasformava in morte, ogni amore che si trasformava in cenere lo allontanavano dalla vita e lo avvicinavano all'esistenza un passo in più.

Ma allora Alec non era ancora nato.

E Alec era la vita stessa.

Guardando i suoi capelli neri sparsi sul cuscino, l'ombra che la luce gettava sull'incavo della sua spalla, a Magnus venne in mente quel giorno in cui, ad un'altra persona, aveva detto che il primo è il peggiore. La prima persona che ami che muore. Poi, aveva detto, diventa più facile.

Per un attimo, un attimo solo, provò ad immaginare una vita – no, un'esistenza – senza Alec. Provò ad immaginarlo con i capelli bianchi e quegli occhi ancora blu, ancora belli e profondi e brillanti come sempre, mentre i suoi ultimi respiri lasciavano il suo corpo e lui, Magnus, gli stringeva la mano, accompagnandolo nel suo ultimo viaggio.

Dovette fermarsi, sentendo la vita scivolare via da lui, e riallacciarsi al presente, alla realtà, ad Alec che era vivo e giovane e caldo contro di lui.

Avvicinò il suo corpo a quello del compagno, che mugugnò qualcosa nel sonno, lievemente infastidito.

Tante volte aveva affrontato scene del genere, si rese conto Magnus. Tante perdite. Tanto dolore. Tante vite scivolate via, e la sua con loro.

Dopo un po' ci si fa l'abitudine, al senso di vuoto, di mancanza, di solitudine. Il dolore si attutisce.

Eppure.

Eppure Magnus sapeva di aver mentito.

Forse la prima ferita è quella che fa più male, ma le altre non sanguinano di meno.

Quanto avrebbe sanguinato la ferita di Alec?

« Magnus » mormorò quello improvvisamente, stropicciandosi gli occhi.

Lo stregone si sforzò di scacciare la malinconia via da sé. « Buongiorno, principessa. »

« Principessa? » fece Alec, ancora intontito dal sonno.

« È una citazione da un film italiano, Alexander. La tua ignoranza in tal materia è destabilizzante. Sappi che dovremo rimediare. »

« Lo terrò a mente » rispose Alec, sbadigliando. Finalmente aprì gli occhi, e Magnus poté bearsi del modo in cui il primo sole di Vienna li rendeva più brillanti del solito. « C'è già il sole? »

« Mi ferisci, Alexander. Non vedi che sono io ad illuminare il mondo? »

Gli angoli delle labbra di Alec si piegarono all'insù. « Quello è il glitter rimasto da ieri sera. »

Magnus rise e avvicinò il volto a quello dell'altro ragazzo, unendo le labbra alle sue. Gli prese il volto tra le mani, rotolando sopra di lui, cosicché entrambi poterono rendersi veramente conto erano ancora nudi.

« Alec » sussurrò, spostando la bocca sul suo collo.

« Uhm? » fece quello, stringendo le mani sui suoi capelli.

« Ti senti così in pericolo da aver deciso di estrarre la spada o sei solo felice di avermi accanto? »

« Oh, per l'Angelo, Magnus. »

« Sai, non ho cattive intenzioni. A meno che tu non sia consenziente. »

« Magnus. »

« Ieri sera lo eri. Ben più che consenziente, intendo. Quello, o il Presidente Miao ha deciso di rifarsi le unghie sulla mia schiena. »

« Magnus. »

Lo stregone si tirò un po' indietro, le mani ai lati delle spalle di Alec, per poterlo osservare meglio. Alec aveva già il fiato corto, le guance arrossate, gli occhi velati da qualcosa che Magnus riconobbe come irritazione, desiderio e – anche se lo Shadowhunter non lo avrebbe mai ammesso – divertimento.

« Sì? » fece, innocentemente.

« Un'altra parola e i prossimi graffi che avrai saranno solo quelli del Presidente Miao. »

 

Quanto avrebbe sanguinato la ferita di Alec?

Magnus pensò che, se avesse avuto il sapore di quei graffi, per Alec avrebbe accettato di sopportarne il dolore.

   
 
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