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Autore: Minerva Bellatrix    08/10/2007    1 recensioni
Storia scritta secoli fa, trovata per caso mentre mettevo a posto la mia camera…
Un’idea nata dal nulla, mentre ero particolarmente malinconica
L’angelo delle tenebre ride, perché ha vinto ancora.
La bambina con le trecce piange, perché non può fare più nulla.
E io?
Io rido e piango, perché non so cosa fare…
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’angelo delle tenebre e la bambina con le trecce

Cammino piano, affretto il passo, poi lenta, poi veloce, mi volto, voglio andare, scappare, no, devo tornare…
Una colonna, lunga e sottile, rosa e bianca, marmo freddo, marmo duro, marmo chiaro e insieme scuro…
Bagnata da pioggia, eppure c’è il sole, ma allora pioveva, il cielo tuonava, proiettili freddi colpiscono il cuore, gocce distruggono una corazza, da sano buon senso a sfida contro se stessa…
Le giro intorno, sorridendo, poi piangendo, poi ridendo.
Sto impazzendo, sono sana?
Mi rivedo, sono lì, seduta schiena alla colonna, ghigno, ghigno e rido, perché tu hai perso la testa, perché parli ma non capisci nemmeno cosa dici.
Oh, lo sai cosa vuoi, lo sapevi davvero, ma non ci riuscivi a parlare normalmente.
Siamo diversi, lo sappiamo entrambi, pochi mesi di differenza, è vero, ma per me sono un anno in più, per te uno in meno.
Opposti, io angelo delle tenebre, che si diverte a indossare una tunica bianca per ingannare chi la incontra, tu angelo non ancora, che ha appena imparato a volare.
Tre volte la stessa domanda, tre volte nessuna risposta.
Oh, certo, dicevo tante parole, ma parole sciocche, tanto ridondanti ma che non significano nulla.
A te bastavano due lettere.
Consonante e vocale.
Ma io mi divertivo, a scivolare fra le due parole che esistono con queste caratteristiche, senza mai affermare l’una o negare l’altra.
Senza mai dire sì o no.

Sotto la pioggia a correre insieme, come bambini che siamo stati troppo tempo fa e che sono morti da tanto.
Io sempre con le mie ali corvine nascoste sotto il velo candido, che tu non hai visto.
Questo sono, non lo nego.
Piccola, sadica ragazzina dagli occhi cupi.
Ma tu non hai visto lo scintillio dei miei occhi, sotto la colonna.
No, tu non l’hai visto il minuscolo simbolo del fatto che in me, nascosta e imprigionata sotto catene di acciaio puro, c’è ancora una bambina con l’abito candido e le trecce.
Ma l’angelo delle tenebre ha sempre il sopravvento.

Troppo passato, troppi momenti rivisti.
Sono seduta ancora sotto la colonna, ma tu non ci sei.
Ed è un bene.
Perché sto ridendo, il mio angelo delle tenebre ride, ride del fatto che per l’ennesima volta ha battuto la bambina con le trecce.
L’ha battuta perché ha fatto ciò che lei non voleva.
Non lo voleva perché, anche se ti avrebbe reso felice, un regalo per il tuo compleanno celebrato la sera, al quale io non ci sarei mai stata, poi tu avresti visto la verità.
Avresti visto l’angelo nero, che ride perché sa che non abbiamo futuro, ma che te l’ha fatto immaginare per un istante, per deriderti e insieme deridere l’altra parte di se stessa, la bambina con le trecce.

Le è bastato poco.
Un tuono, un sorriso malizioso, un sì sussurrato, un bacio richiesto eppure rubato.
Non aveva gli occhi chiusi, come le principesse delle fiabe quando baciano il loro principe.
Io avevo gli occhi aperti, come la maga crudele che strega l’incauto passante.

E l’angelo delle tenebre ride, continua a ridere, non smette, io rido con lei, io rido perché sono lei, io rido perché ti ho mentito, io rido perché ancora una volta il mio abito candido è bastato a nascondere la mia vera natura cupa.
Rido senza smettere, perché ora c’è il sole ma allora pioveva, perché non m’importa più di nulla, perché se non ridessi comincerei a piangere, perché la bambina con le trecce piange forte, perché io sono anche la bambina con le trecce, che piange perché è triste per te, perché è triste per sé.
Triste perché non voleva, perché non ti ha mai ritenuto un idiota, perché l’angelo delle tenebre l’ha fatto per colpire lei, non te, ma ci sei finito in mezzo lo stesso.

Ora sono ferma, immobile.
L’angelo delle tenebre si è placato.
Ma la bambina con le trecce piange ancora.
Perché lei non voleva, io non volevo, ma così è stato.
E’ troppo chiederti di dimenticare?

Tu sei un angelo a cui sono appena spuntate le ali, non puoi stare accanto ad un essere delle tenebre, non puoi e non devi, stammi lontano, resta solo amico, non di più, nulla di più.
Perché l’angelo delle tenebre può vivere soltanto accanto a chi è come lei.
E tu, sappilo, hai le ali bianche.

Chiudo gli occhi.
Basta.
La bambina con le trecce ha smesso di piangere.
Ha capito che è inutile.

E’ un favore, quello che ti chiede.
La bambina con le trecce sta scrivendo, vuole che tutto sia dimenticato, per non far piangere nessuno.
Vuole lasciarsi andare, dimenticare di esistere, dormire in eterno, per una volta.
Ma se vive nel ricordo di ciò che non doveva accadere, allora rimarrà sempre sveglia.
Per questo scrive, per questo implora.

Possiamo ricominciare, angelo candido?

Possiamo restare solo amici, stella del mattino?

Possiamo dimenticare, spirito dell’oblio?













Come ho già detto, soria ritrovata per un caso fortuito, che ho scritto in momento di depressione più nera

  
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