Entra velocemente nella tenda da campo.
Eccolo, sdraiato su una branda scomoda con gli occhi chiusi. Non riesce a vedere quei grandi dischi verdi sempre colmi di malizia e di scherno.
Il suo Loki, il suo piccolo fratellino che è sempre stato più di questo non dà cenni di vita. Si china per potersi avvicinare e si inginocchia accanto alla branda.
Scruta attentamente il volto pallido. È coperto di tagli e di polvere, il mantello avvolto intorno alle spalle strappato in più punti. Si allontana un attimo senza distogliere gli occhi da lui per cercare un po’ d’acqua e uno straccio; si accorge per la prima volta di quanto Loki si sia sempre preso cura di lui senza che lui nemmeno se ne accorgesse o ricambiasse. Fin da quando erano piccoli ha sempre coperto le sue malefatte evitandogli le sgridate di Odino, lo ha sempre tirato fuori dai guai, e quando hanno scoperto di non essere veramente fratelli non lo ha nemmeno consolato, anche se Loki era visibilmente scosso.
Immerge lo straccio nell’acqua e lo passa sul viso senza vita. Non può essersene andato, semplicemente non può. Non glielo permette. Stringe convulsamente le dita attorno al manico del Mjolnir cercando di calmarsi ma non serve a niente.
Continua a far scorrere lo straccio umido sul viso di Loki, come se questo bastasse a riportarlo indietro, a rendergli la persona che si accorge ora essere la più importante della sua vita.
Il respiro inizia ad accelerargli; perché è sceso in battaglia? Perché non lo ha aspettato come suo solito? Perché non è rimasto al sicuro, lasciando a lui il compito di proteggere Midgard?
Stupido dio presuntuoso. Non è mai stato addestrato a combattere, lui è bravo con le parole, con gli inganni, ma è troppo fragile per uno scontro diretto. Come gli è saltato in mente di andare a recuperare il Tesseract in mezzo ai Chitauri? Perché non lo ha aspettato lì?
Gli sfugge un singhiozzo. Il suo Loki, il suo compagno, il suo amico. Non può pensare che lui non sarà più lì a prenderlo in giro, a tirarlo fuori dai guai, a prendersi gioco di lui sparendo e riapparendo qualche metro più in là solo per la soddisfazione di vedere la sua solita espressione confusa disperderglisi sul viso.
Gli passa le dita tra i capelli corvini, spazzando via la polvere chiara che vi si è depositata sopra; lo ha fatto molte volte, ma mai con quella dolcezza e con quella disperazione che ora permeano i suoi gesti. Approfitta del momento per lisciargli i capelli nella maniera in cui li porta di solito, appoggiati ordinatamente dietro le orecchie in modo da mettergli in risalto il viso.
Un altro singhiozzo lo scuote. Aveva appena recuperato il Tesseract quando gli hanno detto che Loki si trovava nella loro tenda privo di sensi; non appena lo ha saputo si è precipitato lì, incurante dei Chitauri, di Midgard, di Asgard, di quello stupido cubo azzurro che glielo ha portato via, ma quando è arrivato aveva già chiuso gli occhi.
Le lacrime iniziano a scorrergli lungo le guance, bagnando la barba bionda e finendo sul viso cereo di Loki, ancora coperto da un sottile strato di polvere che viene scalfito dalle lacrime del fratello.
Ora che ha iniziato non riesce a smettere di piangere, non riesce a controllare i singhiozzi e non può fare altro che appoggiare la testa al petto di Loki.
Tump.
Affonda il naso nei vestiti del fratello, inspirando il suo profumo.
Tump.
Deve pensare a cosa fare ora, ma lui non è mai stato bravo in questo, quello bravo a pensare era Loki.
Tump.
Deglutisce a fatica le lacrime. Deve dire agli altri che lui non c’è più.
Tump.
-Thor…?-
Tump.
Alza gli occhi umidi su due grandi iridi verdi che lo fissano confuse.