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Autore: tempebrennan    22/03/2013    4 recensioni
Santana e Brittany non si conoscono, parlano per la prima volta al parco, su una panchina. Possono due universi così distati entrare in contatto?
Ripreso per trama principale da 'Aspettando Godot' di Samuel Beckett.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un albero è l’unico segno dello scorrere del tempo.
La panchina è la stessa da anni ormai.
La cittadina ha un nome senza importanza. Potrebbe essere New York, Parigi, Lima in Ohio, Madrid, Firenze, Sydney, nessuno lo sa ma non ha davvero importanza.
Una ragazza bellissima si siede sulla panchina ogni giorno da due anni e aspetta.
Cosa aspetti nessuno lo sa, ma lei aspetta.
Nessuno parla con lei e lei non parla con nessuno.
Non ne ha semplicemente più voglia.
Ha i tratti latini e due occhi scuri come il carbone: sono la prima cosa che uno nota quegli occhi, che sono sì belli ma sono spenti. Qualcuno ha sicuramente spento il fuoco dentro di loro.
Ma oggi è diverso.
 
 
La ragazza alta si lasciò cadere pesantemente sulla panchina: aveva una tuta e portava a tracolla una borsa che sembrava contenere libri. Si lisciò i capelli e li raccolse in una frettolosa coda di cavallo: aveva il fiatone per la corse frenetica e dalla sua bocca uscivano buffe nuvole di fumo freddo.
La latina la guardò incuriosita e un brivido le attraversò la schiena quando la bionda si voltò: aveva due pezzi di cielo al posto degli occhi.
“Ciao” la salutò cordiale la bionda.
“Ciao” mormorò di rimando la latina senza guardarla.
La sua espressione è la solita da quattro anni.
Fredda e indifferente.
La bionda  tirò fuori dalla borsa una lattina di coca cola, la stappò e ne bevve un lungo sorso, prima di offrirla alla latina; la ragazza, stupendosi di se stessa, accettò.
“È fredda” l’avvertì la bionda e la latina sorrise. Era da tanto che non sorrideva così.. genuinamente.
La gente passava ma sembrava non accorgersi delle due ragazze.
La bionda la squadrò. La latina non era tanto alta ma le gambe nascoste da pantaloni di cotone sportivi impedivano qualsiasi misurazione d’altezza; i lineamenti erano belli, decisi ma dolci allo stesso tempo, in netto contrasto con l’espressione; i capelli erano neri ma avevano, da lontano, la stessa consistenza della seta, cadevano in morbidi riccioli non definiti sulle spalle e sulla schiena; il seno era nascosto anch’esso da una felpa blu con la scritta NYU rossa; le converse bordeaux erano slacciate.
“Oggi mi sono lasciata” disse la bionda attirando l’attenzione dell’ispanica.
“Oddio scusa, ho parlato ad alta voce!” si scusò la bionda “è che sono molto distratta” aggiunse imbarazzata.
La latina addolcì l’espressione davanti alla faccia da cucciolo messa dalla bionda.
“Non.. non ti preoccupare” si affrettò a spiegare “Non mi da fastidio se parli”.
Strano per lei: lei che non sopportava più le chiacchiere della gente, specie quelli che si lamentano. Amava il silenzio e la pace.
Quella che andava cercando dentro di sé senza mai trovarla.
“Perché vi siete lasciati?” le domandò.
La bionda mise un broncio triste. “Beh, lui.. ecco lui mi ha chiamato stupida”.
Si vergognava da morire.
L’avevano chiamata in tutte le maniere a scuola, fregandosene sempre dei suoi sentimenti, ma Sam era l’unico a non averla mai chiamata in quel modo anzi, l’aveva protetta da granitate ed insulti finchè anche lui si era rivelato per quello che era veramente.
“Coglione” borbottò a denti stretti la latina.
“Come scusa?”.
“No niente, ti ascolto”.
La bionda fece spallucce. “L’ho lasciato capisci? Non si può stare con qualcuno che non crede in te”.
La latina sorrise ancora una volta.
“Questa è la frase più intelligente che abbia mai sentito” disse sincera.
E lo pensava davvero.
Credere nell’altro è fondamentale, essere quel sostegno che si va cercando: tiene unite le persone e aiuta a crescere, perché è vero che sbagliando s’impara, se c’è qualcuno che ti spinge per imboccare la giusta via.
La bionda le rivolse un sorriso grato.
“Lo pensi davvero?”.
“Ma certo”.
Vi capita mai? Essere così tristi per un insieme di eventi che tutti sembrano futili e serve solo un pretesto per piangere perché tanto il vero motivo è così ben nascosto dentro di te che solo tu sai dov’è e non uscirà mai. Perché è un dolore troppo grande da poter raccontare a parole, lo devi vivere sulla pelle per capirlo.
Ed è per questo che la latina sentì una lacrima premere dietro l’occhio.
La bionda allungò una gamba sulla panchina e agganciò con una mano la punta della scarpa, offrendo la visione del suo sedere perfetto alla latina, che ne rimase affascinata. Non riusciva a staccarvi lo sguardo: era tonico e perfetto. Le sue labbra si piegarono in un sorriso ebete che sparì non appena la ragazza si voltò.
“Hai dei pastelli?”.
“Come scusa?”.
“Hai dei pastelli a cera? O delle matite colorate”.
“No mi dispiace” rispose la latina mortificata di non poter soddisfare la strana richiesta della ragazza.
“Oh peccato”.
La bionda prese a giocare distrattamente con un laccio della cartella ma la sua attenzione fu catturata da una papera che si avvicinava; tese la mano e la papera la sfiorò con il becco. La latina sorrise ancora intenerita.
“Ti piacciono le papere?” domandò ancora la bionda.
“Io.. ehm, veramente.. non le.. non ne ho mai conosciuta una” balbettò la latina.
La bionda sgranò gli occhi.
Erano due meravigliosi laghi di montagna nei quali ci si poteva specchiare.
La latina arrossì leggermente.
“Dobbiamo rimediare!”
Si alzò e trascinò la ragazza verso il lago davanti a loro; si sporse verso l’acqua e le indicò degli adorabili pennuti che facevano pigramente il bagno.
La latina non avvertiva che il tocco delicato della bionda sul suo polso.
Sapete la sensazione di vero benessere dopo un periodo buio, quando tutto ma proprio tutto ti risolleva il morale senza nemmeno saperlo? Ecco, così si sentiva la latina in quel momento: in pace con se stessa.
Non sapeva nemmeno più cosa volesse dire ‘stare bene’.
“Hai del cibo? Del pane sarebbe perfetto”.
La voce della bionda la distolse dai suoi pensieri.
“No mi dispiace” ripetè ed il volto della bionda si adombrò nuovamente, quasi infastidita.
“Magari ne puoi portare un po’ domani” provò timidamente.
“Sicuro, ne porterò un poco per loro”.
Il viso della ragazza si illuminò come un albero di Natale.
Una campana in lontananza suonò per quattro volte.
La bionda guardò il cielo nuvoloso: era grigio, quasi bianco, ‘a neve’ avrebbe detto sua madre.
Si strinse un po’ di più nel leggero giacchetto di pelle che indossava e la latina se ne accorse.
Come si poteva indossare un giacchetto così leggero in quella stagione fredda?
Per forza di cose la presa della sua mano sul polso dell’ispanica si era sciolta e la latina ne era, per un ignoto motivo, quasi triste.
Le piaceva quel contatto.
Le faceva scordare il perché delle cose.
“Hai freddo?”.
La bionda annuì.
Senza rendersene nemmeno conto, la latina si sfilò la felpa e la posò sulle sue spalle.
“Ma.. ma tu sei a maniche corte! Gelerai di freddo, siamo in dicembre” esclamò e tentò di togliersela, ma ogni tentativo fu bloccato dalla forte presa della latina sulle braccia.
“Ti prego tienila” la implorò “A me non serve, davvero. Me la puoi rendere domani, quando io ti darò il pane per le papere”.
“Affare fatto” disse la bionda e le tese la mano per sugellare il patto.
“Guarda che non puzzo” disse divertita la latina vedendo la bionda affondare il naso nella felpa.
“Sa di buono” fece invece lei come se non l’avesse sentita.
Dopo un poco che stavano davanti al laghetto tornarono sulla panchina, stavolta un po’ più vicine.
La bionda lanciò un’occhiata al grande orologio della piazza e fece una smorfia adorabile.
“Tutto bene?” si preoccupò la latina.
“Non.. che ore sono per favore?”.
Un sussurro, un bisbiglio appena udibile.
Si vergognava di far sapere alle persone che non era in grado di leggere un orologio con le lancette.
“Sono le quattro e venti” le rispose tranquilla la latina. Sembrava non aver dato peso alla domanda della bionda, si era limitata a risponderle gentile.
Qualche anno fa si sarebbe infastidita non poco.
La bionda le sorrise, ringraziandola mentalmente di non averla giudicata.
Sembrava che la gente sapesse fare solo quello con lei.
Perché è facile parlare senza conoscere: ci pare il modo più semplice per ferire e per apparire agli altri come forti, quelli che sanno sempre tutto di tutti. È facile stare ‘dall’altra parte’, sputando sentenze perché ci sentiamo superiori agli altri, e ci arrabbiamo quando vediamo che gli altri non rispondono alla provocazione: gli altri tentano di essere forti, di passare oltre, ma non ce la fanno. Il cuore, l’autostima sono a pezzi e solo una mano dal Cielo li può rimettere insieme.
La bionda si sentiva così: un mosaico di sentimenti in fondo al cuore, in attesa che qualcuno avesse voglia di rimettere insieme i pezzi.
“Devo andare, mi dispiace” disse la bionda afferrando il pesante borsone e mettendolo su una spalla.
“Ti trovo qui domani?”.
La latina annuì.
“Io sono qui tutti i giorni, dalla mattina fino al tramonto”.
La bionda si voltò e fece per andare via ma si trattenne.
“Comunque io mi chiamo Brittany”.
“Santana”.
E Santana decise che Brittany aveva il sorriso più bello che avesse mai visto.
 
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Ehm salve! Si lo so, sono sempre io! Stavolta con una Brittana + Faberry leggermente diversa da 'Guess who's pregnant'.
Il titolo e la trama, a grandi linee, è ripresa da un'opera di Samuel Beckett, 'Aspettando Godot' (questo è il link per chi non la conoscesse:http://it.wikipedia.org/wiki/Aspettando_Godot).
Non so nemmeno io cosa sia in realtà, mi piacerebbe sapere se ne vale la pena continuarla! Questo è un prologo parecchio prologo, solo che ce l'avevo in mente da un po' xD
Hasta luego :D
 
                                                      
  
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