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Autore: este    22/03/2013    2 recensioni
Scritta dopo la visione della 4x17.
Perchè questa canzone, cantata nel modo in cui Blaine/Darren l'ha cantata non è Blam. Non può esserlo.
E' il canto di QUELL'amore. E' il canto della Klaine.
Shot sul mondo che ho visto e immaginato fuori e dentro Blaine, davanti a quel pianoforte.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nda. Come scritto nell'introduzione, sono rimasta molto delusa dal modo in cui la magistrale performance di Against all odds è stata gestita, nella puntata di questa notte. Perchè QUEL testo, QUELLE parole gridano Kurt e Klaine in ogni sillaba. E il fatto che Kurt sia stato usato quasi come scusa per nascondere la cottarella di Blaine nei confronti di Sam, ha spezzato il mio cuore. Quell'interpretazione poteva essere solo per Kurt. E su quel pianoforte c'era quel Blaine che ci ha fatto soffrire, nella 4x05, nella 4x06, nella 4x07.
Così, ho guardato negli occhi di Blaine e ho tirato fuori con le tenaglie quella che per me è la verità.

Alla mia Sis, perchè quando stamattina le ho detto quello che avevo intenzione di fare, mi ha trapanato un timpano con il suo urletto di eccitazione.
E perchè mi è mancata, a direttare. <3



Against all odds.

(http://www.youtube.com/watch?v=D5gGr2OxDyY)

 


La musica ti circonda. E’ dappertutto. Se chiudi gli occhi puoi sentirne le vibrazioni nell’aria, nell’acqua, nel vento, nel suono stesso del tuo respiro, nel battito incessante del tuo cuore, nel fruscio dei brividi che ti avvolgono ogni volta che provi un’emozione.

Tutto è distillato suono. Anche le lacrime che scivolano silenziose senza che tu te ne accorga, perso in quella sensazione di pace che non ha senso, non ha volume, non ha dimensione. Quel leggero vagare di una goccia d’acqua sulla pelle, così leggero che può non risvegliarti ma che sì, puoi sentire.

Come se la tua anima si tendesse, cercando di raggiungere la pura essenza di ogni melodia.

Quando sei su un palcoscenico, la musica diventa tutto ciò che la lingua umana non riesce ad articolare.
Quando suono e canto si uniscono insieme, creano l’unico linguaggio comprensibile a chiunque, non importa la distanza, il tempo, le leggi, le razze, i sentimenti.

Quando sei davanti a uno strumento, dicevano una volta in un famoso film, ‘infinita è la musica che puoi suonare’.
Perché ti accorgi che dietro il gesto più semplice, si nasconde l’universo intero.

Perché è così, un gesto semplice. La leggera pressione delle dita su tasti bianchi e neri. Il pizzicare di una corda tesa. Un respiro controllato dalle mani che si chiudono e si aprono. Movimenti che singolarmente, autonomamente, si perdono nel vuoto. Ma che insieme, intrecciandosi, creano l’armonia.

E l’armonia è qualcosa che, quando la produci, segue le pieghe esatte della tua anima. Segue i battiti precisi del tuo cuore. Segue l’onda spezzata dei tuoi respiri.

E l’armonia diventa canto. D’amore. Di dolore. Di solitudine. Di gioia. 
                                                                              
Ogni emozione vibra dal tuo cervello passando per il cuore e arriva lì, nelle tue mani, che creano l’infinito.

E’ come una legge universale. La musica parla con la voce silenziosa delle tue emozioni. Se sei triste, sarà malinconia. Se sei felice, sarà gioia.

Ed è una legge immutabile. Anche quando ciò che suoni non è frutto della tua mente e delle tue sensazioni, ma sono state la mente e le sensazioni di altri a plasmare quell’infinito in quel modo.  

In quei momenti, crei il tuo infinito sull’infinito altrui. E’ come una doppia onda, che può innalzarti più in alto o buttarti più giù. Le pieghe del cuore di qualcun altro che si accavallano alle pieghe del tuo cuore.




 
Alcune anime nascondo benedette dalla musica più di altre. E i loro sentimenti riescono a essere tradotti in armonia con più forza e intensità di quanto ci si aspetterebbe. E’ l’anima di chi possiede un cuore puro, occhi gentili e colpe non perdonate. Sono i sentimenti che nascono da sbagli commessi, da una forza che quando serviva non si è avuta, dalla paura di aver perso ciò che la creava, la tua musica.

Blaine Anderson, su quel palcoscenico, seduto a quel pianoforte, suona una musica che non è sua. Intrecciando il suo cuore a quello di un altro, che, in un momento preciso, ha saputo scrivere quelle parole di armonia che le sue mani non hanno saputo creare.

Blaine suona una musica non sua perché forse non ne è più capace. E guardare in faccia la realtà, quella realtà fatta da una melodia spezzata prima del tempo, è un peso troppo grande da sostenere, per un paio di spalle sole.
Le spalle di un ragazzo, che è un uomo solo a metà.

Per Blaine, a volte, la benedizione della musica tanto benedizione non è. Perché il silenzio è troppo pesante, quando hai l’anima destinata a cantare ma non riesci a produrre la tua armonia.

O quando quell’armonia l’avevi prodotta, ma un accordo suonato male ha spezzato la perfezione su cui stavi cantando la tua vita.

Kurt è quello. E’ il suo accordo spezzato. E’ quella musica che non riesce più a creare. E’ quella vibrazione nata nel suo cervello e bruciata nel suo cuore che non riesce a prendere vita nelle sue mani.

Kurt è un pianoforte da 87 tasti che suona senza fermarsi nella sua anima. Che suona un suono che non può essere felicità. Che non può che essere dolore.

E c’è un solo modo per evitare di spezzarsi ancora una volta, quando le mani invisibili raggiungeranno di nuovo quell’ottantottesimo tasto rotto.

Scappare.

Scappare rifugiandosi nello sguardo caldo di due occhi azzurri di un azzurro sbagliato. Di un azzurro che non è quel verde e grigio insieme, che non è quel mare e quel cielo, che non è quella profusione di melodia e armonia insieme.

Di un azzurro che, per un attimo, al suo cuore non sembra un accordo spezzato.

Perché lo sa. Sarà un attimo.

E’ una pausa. Solo una pausa. Fermati, per pietà, anche solo per un attimo. Un solo attimo.

Perché Blaine sa che nascondersi dietro una cotta è solo un modo per permettere al suo cuore di riposarsi.
Solo un modo per nascondere il vuoto del suo cuore che quell’infinito di musica non riesce più a riempire.

Un modo per sentire anche solo l’eco lontano di quella musica che, un tempo, era la sua vita.

Perché Blaine è stanco.

Perché, per chi guarda la sua vita da fuori, il tempo può sembrare un tiranno gentile, che passa senza che ce ne accorgiamo fino in fondo. Può sembrare che la sua vita sia racchiusa nello stretto spazio di un tempo ben definito. Come puntate di un telefilm, quaranta minuti a settimana, tra una pausa e l’altra.

Per lui, che la sua vita la guarda da dentro, il tempo scorre immobile nella sua indolenza, come l’acqua nel letto di un fiume. E’ un tempo cristallizzato in secondi, minuti, ore. Settimane. Mesi.

Blaine è un cuore logoro che non ce la fa più.

Blaine è una vita che non si sa più come vivere. Si deve andare avanti? Si deve restare ancorati al passato? Si deve guardare al futuro sperando che qualche pezzo di passato all’improvviso ci abbracci di nuovo? Bisogna accettare? Bisogna lottare? La lotta è un bene?

Blaine non lo sa.

Blaine è un chiedersi riuscirò mai a suonare, di nuovo? In quel modo?

Blaine è bloccato, nella sua incertezza. Un’incertezza che nasce da una speranza. E la speranza non chiede altro, al nostro cuore, che trascinarci di nuovo in quel nulla immobile da cui cerchiamo di uscire.

Perché la speranza è come un’arma. E’ un silenzio improvviso nel fluire lento della nostra musica. E può essere forte, totale. Puoi sentirla sotto le dita, nei tuoi respiri, nel calore che ricevi a occhi chiusi, sentendo  quel  paio di labbra di nuovo sulle tue. Ma può essere anche impalpabile, eterea, come un sogno o una fantasia, su un tetto, tra i fiocchi di neve, tra luci e baldacchini.

Blaine è un timido passo avanti nella paura di farne dieci indietro.

E questo non si può sopportare. Non sempre. Non se c’è una via di uscita. Anche solo per un attimo, anche se sono solo poche note.

Blaine è una bugia che non è bugia, ma è una verità a cui ha smesso, per un istante, di arrendersi.

E quando si siede, per plasmare l’infinito di qualcun altro a forma del suo infinito, in quella leggera pressione delle dita su tasti bianchi e neri Blaine sa di leggere un mondo che non può appartenergli fino in fondo. Non se sta guardando quell’azzurro sbagliato.

Ma sa che ne ha bisogno. E si lascia andare.

E quindi può cantare di non poter lasciar andare via. Canta di probabilità contrarie. Canta del desiderio di essere visto lì, con le lacrime agli occhi. Canta per essere guardato.

Guardato.

Guardato da chi lo ha conosciuto fin nel profondo, da chi conosce il suono di ogni sua risata, di ogni sua lacrima, di ogni suo respiro, di ogni sua incertezza, di ogni suo sbaglio, di ogni sua nota. Guardato da chi, con quello sguardo, ha saputo mettere a nudo la sua anima e sedersi accanto a lui, sul sedile di quel pianoforte che è la sua vita.

E mentre canta, non sa come, non sa quando, non sa se tra gli occhi dei suoi compagni che lo seguono, non sa se su un punto preciso di quel palcoscenico, non sa se su quei tasti o nel chiuso dei suoi occhi, ma lo vede.

Un lampo di blu.

E’ l’azzurro giusto.

Che l’ha guardato, per il tempo esatto di un accordo sbagliato.

E’ lui. Lo ha cercato per tutta la vita.


 
E’ tutto lì.

E forse, alla fine, quell’infinito non è più così vuoto.

Forse, alla fine, quel suono spezzato resta comunque la melodia più bella, più pura e più sua che, con le sue mani, nel suo infinito, quell’anima di nome Blaine abbia mai saputo creare.





note finali: il film molto famoso a cui mi riferisco è, ovviamente, La leggenda del pianista sull'oceano. se non l'avete mai visto, shame on you. RIMEDIATE.
Riferimenti qua e là alla 4x14 e alla 4x15, neanche tanto velati :D
Ho likato in alto la canzone. Ma, se vi può interessare, per tutto il tempo che ho scritto, ho avuto a rotazione in testa questa melodia (http://www.youtube.com/watch?v=MyOf1-dKImQ) Riesce a ispirarmi come..nulla, ultimamente.

Alla prossima <3
 



 

   
 
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