Titolo: Every night.
Rating: Verde.
Pairing: Thadastian.
Genere: Commedia, Fluff,
Romantico, Sentimentale.
Avvertimenti: One Shot.
Note: Pochissime parole, proprio al volo. Per questa storia, come al solito,
dovete ringraziare quella persona meravigliosa di micRobs
– volevo essere la prima a chiamarti così, tesoro – perché un giorno, mentre
scleravamo come di consueto, è uscita fuori quest’idea pazza. E io le ho detto
tipo “ma se la scrivessi?” e lei mi ha accolta con il suo solito entusiasmo che
io amo! Perciò ve la lascio qui e vi ringrazio in anticipo dell’attenzione che
le dedicherete. ♥
°*°*°*°
I’m coming
home to you
every night.
Non era colpa sua, no
di certo. Era colpa di Wayne, e anche di Jeff. Se lo
ripeteva da un po’ di giorni, ormai; giorni in cui, man mano, si sentiva sempre
più stanco e spossato.
Non poteva addossare la
colpa solo alla paura. Lui non era un fifone, in genere. Non passava le notti
in bianco perché temeva che un mostro sgusciasse fuori da sotto il suo letto.
Dava la colpa a quella
volta in cui era stato traumatizzato da suo fratello Wayne.
Lui, sette anni, alzatosi nel bel mezzo della notte per andare in bagno,
completamente assonnato, si era ritrovato un’ombra scura in corridoio, con una
torcia in mano che le illuminava metà viso in maniera terribilmente inquietante;
e si era spaventato così tanto che, per le successive due settimane – forse
anche di più – non si era mosso dal suo letto durante la notte, credendo
giustamente che le coperte potessero proteggerlo da eventuali attacchi
notturni.
Altro colpevole,
appunto, era il suo migliore amico Jeff; lui che aveva sentito – da non si
poteva sapere chi – di alcuni furti e violazioni domiciliari avvenuti nei
dintorni di Westernville e che, naturalmente, non si
era risparmiato di raccontare in giro per l’Accademia, scegliendo, tra l’altro,
come sua prima vittima, il povero Thad.
Quest’ultimo lo aveva
ascoltato di buon grado. Credeva davvero che quel trauma infantile lo avesse
abbandonato definitivamente. E invece, neanche a dirlo, aveva passato due notti
infernali. Non aveva chiuso occhio; aveva invidiato, come mai prima di allora,
Sebastian, che dormiva beato nel suo letto, respirando rilassato.
Lui non invidiava mai
Sebastian; non invidiava nemmeno il modo in cui i suoi capelli erano
irrimediabilmente ordinati e perfetti – ‹‹Loro amano il proprio padrone.››
diceva lui, con la sua solita voce strascicata e provocante. Non avrebbe
venduto nemmeno un pezzo di unghia per essere al suo posto; eppure, in quelle
due notti maledette, lo aveva fatto. E pensare che non sopportava né lui, né
tutto ciò che lo riguardasse; invece, si era ritrovato a volere un po’ della
sua tranquillità ed indifferenza, e di riuscire, almeno per cinque miseri minuti,
a chiudere gli occhi.
Il suo cervello, però,
non fu così generoso nemmeno la terza notte. Ogni fruscio, fuori dalla
finestra, corrispondeva ad un brivido e ad un sussulto da parte sua. Si era
tirato le coperte fin sopra il mento, ma – si era detto – ormai non era più un
bambino, le coperte avevano smesso di proteggerlo dai mostri e dagli alieni.
Adesso si trattava di combattere un uomo ben piazzato, vestito totalmente di
nero come Diabolik e, forse, anche armato.
Continuò a gettare
occhiate al letto di Sebastian per almeno mezz’ora – non riusciva a tenere il
conto del tempo che passava, nel silenzio della notte – e ad alternarle, ogni
tanto, con sguardi preoccupati rivolti alla porta e alla finestra. Si ripeté
che non era da solo, che anche se fosse entrato qualcuno, il suo compagno di
stanza si sarebbe svegliato e l’avrebbe difeso.
Smythe
se ne fregherebbe di me – sospirò frustrato, mentre quel
pensiero gli si affacciava alla mente.
Sentì le fronde degli
alberi fuori, nel parco su cui dava la sua finestra, fare degli strani rumori a
causa del vento. Ma la sua mente era proiettata da tutt’altra parte. Immaginava
questo gran scalatore arrampicarsi sui rami fino al terzo piano, e poi fare un
balzo e infine introdursi di soppiatto nella camera, per stordirli con del
sonnifero e rubare tutte le loro cose.
Perché? Perché non
riusciva a spegnere il cervello?
Riportò ancora una
volta lo sguardo sulla porta e, per un momento, pensò davvero di alzarsi,
prendere il cuscino sotto braccio e recarsi in camera di Jeff e Nick, per
chiedere loro ospitalità e sentirsi più sicuro.
Ma tre erano i problemi
che ostacolavano quest’eventualità. Primo, se fosse uscito dalla stanza,
avrebbe potuto incontrare i ladri in corridoio – era diventata una banda di
briganti nella sua testa – e loro chissà cosa sarebbero stati capaci di fare!
Magari, lo avrebbero minacciato fino a sottrargli la chiave di scorta della
camera dei suoi due migliori amici; e poi avrebbero rapito Jeff e avrebbero
chiesto un riscatto in cambio della sua liberazione. Secondo, se anche fosse
riuscito a raggiungere la camera di Nick e Jeff, cosa gli diceva che non li
avrebbe trovati impegnati in qualche attività imbarazzante? C’era la
possibilità che non gli aprissero affatto. Terzo, e non meno importante, Jeff
avrebbe detto a tutta l’Accademia che aveva paura dei rumori notturni e non
l’avrebbe fatto propriamente di proposito; avrebbe iniziato a parlare a vanvera
senza tenere collegato il cervello e, discutendo del più e del meno, anche
quelli del primo anno avrebbero saputo di quella singolare fobia.
Perciò alla fine non si
mosse. Smise di fissare insistentemente la porta e si dedicò ai lineamenti di
Sebastian, appena illuminati dalla luce fioca che filtrava dalle imposte. Il
respiro di Thad iniziò a rallentare nell’osservare il
modo pacato ed elegante con cui il suo compagno dormiva: era rannicchiato su un
lato, la guancia poggiata al cuscino e i capelli che si spargevano su di esso
in maniera – una volta tanto – scomposta, le labbra chiuse e il respiro che
sgusciava fuori dal naso, l’espressione distesa e appena sorridente.
In genere, la vista di
Sebastian lo indisponeva, gli faceva saltare i nervi, gli intimava di prenderlo
a pugni a mo’ di sacco da boxe; e invece, quella notte, per la prima volta, lo
rilassava e lo rassicurava l’averlo accanto. Anche se quello non era comunque
abbastanza. I rumori dell’esterno continuavano ad arrivargli alle orecchie in
maniera amplificata e non riusciva a chiudere gli occhi. Doveva tenerli puntati
su Sebastian per stare un po’ più tranquillo.
Ad un certo punto, si
ritrovò a deglutire e a fare un pensiero a dir poco strano. Forse, se avesse
dormito insieme a Sebastian, sarebbe riuscito a prendere sonno. Quella poca
distanza che li divideva era inconsistente, ma gli impediva comunque di stare
tranquillo; invece, le braccia del compagno, che ricadevano sopra le coperte,
sembravano così invitanti e capaci di tenerlo lontano da qualsiasi pericolo.
Forse era la tarda ora;
forse avrebbe dovuto pensarci meglio; forse non era il caso di dare a Sebastian
l’opportunità di prenderlo in giro a vita.
Però, davvero, non ne
poteva più. Era stanco, gli occhi gli bruciavano e la testa gli scoppiava per
le poche ore che aveva dedicato al sonno in quegli ultimi giorni. Si disse che
se avesse fatto piano, Sebastian non se ne sarebbe nemmeno accorto. Del resto,
era già accovacciato su un lato, c’era abbastanza spazio per infilarsi nel suo
letto. E poi, lui aveva il sonno pesante, di solito. Gli sarebbe bastato
coricarsi in un angolino per riuscire ad addormentarsi, di questo ne era
sicuro. Non lo avrebbe disturbato.
Non aspettò
ulteriormente, quindi. Si mise a sedere sul letto e, quando le coperte gli
ricaddero in grembo, scoprendogli il busto, si sentì rabbrividire dal freddo e
dalla paura. Voleva raggiungere in fretta l’altro letto, ma dovette fare piano
ugualmente per non infierire sul sonno di Sebastian. Posò i piedi nudi sul
tappeto ai piedi del letto e avanzò sulle punte verso il compagno, per non fare
rumore.
Giuntogli vicino,
sospirò di sollievo. Non aveva urtato nulla nel percorrere quei due metri, né
era inciampato nelle ciabatte di Sebastian, a poca distanza da lui.
Si sentì già più sicuro
nell’essere così vicino a lui e si ritrovò a sorridere inaspettatamente di
fronte alla sua immagine, ora più nitida nel buio.
Si mordicchiò il labbro
e poi si decise ad allungare la mano verso le coperte che giacevano sul corpo
di Sebastian; strinse le dita attorno a un lembo delle stesse e le sollevò,
stando bene attento a non far muovere il braccio di Sebastian, posato sopra di
esse, e rimanendo concentrato sul materasso che veniva scoperto man mano.
Respirò profondamente,
quando riuscì ad avere abbastanza spazio per appropriarsi di quel rettangolo
libero, e in seguito poggiò cautamente il ginocchio al materasso, per poter
completare la sua missione.
‹‹Che diavolo stai-?››
Non ebbe bisogno di
sollevare lo sguardo per rendersi conto che i suoi sforzi erano stati vani e
che Sebastian si era svegliato. La voce flebile ed impastata dal sonno gli
arrivò all’orecchio come un sibilo e Thad sgranò gli
occhi, puntandoli in quelli di Sebastian appena schiusi. Boccheggiò non sapendo
cosa rispondere.
‹‹I- io…››
Arrossì, mentre
Sebastian si stropicciava gli occhi e usciva pian piano dal mondo dei sogni.
Aveva l’aspetto di un bimbo, pensò, con le palpebre pesanti per il sonno e i
capelli in disordine. Non ebbe il tempo di indugiarci però, che la sua
espressione cambiò e si fece a metà tra lo stranito e l’infastidito.
‹‹Che stai cercando di
fare?›› Completò la frase lasciata in sospeso poco prima e strinse le labbra in
disaccordo. ‹‹Hai sbagliato letto, Harwood.››
‹‹Io, veramente… mi
chiedevo se…››
Ma cosa gli era passato
per la testa? Farsi scoprire così da Sebastian. L’avrebbe rimpianto per il
resto della sua vita, perché di sicuro, di lì a poco, il suo compagno avrebbe… ghignato, appunto.
‹‹Ah, ho capito.›› si
tirò un po’ su, puntellando un gomito sul materasso, ma rimanendo comunque
disteso, la voce sempre bassa e vibrante, ‹‹Volevi impegnare la nottata, uh? Avresti potuto chiedere, invece di
cogliermi di sorpresa. Lo sai che non mi tiro indietro quando si tratta di
certe cose.››
‹‹Non è per questo,
idiota!›› sbottò Thad, il viso in fiamme e le dita
ancora più strette sulle coperte per quell’insinuazione. Non era possibile che,
qualunque cosa facesse, Sebastian dovesse fare allusioni di quel genere. Era
quasi convinto a tornare sui suoi passi – non avrebbe mai mostrato le sue
debolezze a quel demonio – ma il vetro della finestra vibrò pericolosamente, in
quel momento, e a Thad finì per farsi la pelle d’oca.
Sebastian si coricò di
nuovo, osservando il suo viso sbiancato e terrorizzato dal basso, con un
sopracciglio inarcato. Sbuffò.
‹‹Si può sapere perché
stavi cercando di espugnare il mio letto, allora?››
Thad
si prese il labbro tra i denti e lo guardò con quello sguardo da cucciolo che
soleva fare a Jeff o a Nick quando aveva bisogno di un favore da parte loro.
L’unica differenza era che, stavolta, gli era venuta automaticamente,
quell’espressione, e si costrinse a mantenerla tale, dato che lo sguardo di
Sebastian sembrava starsi ammorbidendo, col passare dei secondi.
‹‹Posso dormire con
te?›› mormorò – la distanza tra loro era pochissima, non aveva bisogno di
parlare a voce alta.
‹‹Cosa?›› Sebastian
aggrottò la fronte e probabilmente si chiese in mente se avesse o meno capito
bene le parole del compagno. Ma il viso di Thad non
cambiò, continuò a guardarlo implorante. ‹‹Non se ne parla neanche. Perché
dovresti voler dormire con me?››
‹‹Perché…›› esitò,
abbassando lo sguardo e riducendo la voce ad un sussurro quasi inudibile, ‹‹Non
riesco a dormire.›› Volse appena lo sguardo oltre la sua spalla, verso la
finestra e poi proseguì. ‹‹I rumori, là fuori… non mi fanno dormire.››
Sebastian si passò una
mano sugli occhi, cercando di impedire a se stesso di cedere – o almeno così
parve a Thad – dato che quell’espressione era stata
già ampiamente testata sui suoi amici e, di conseguenza, neanche Sebastian
poteva resistervi.
‹‹Scordatelo.››
borbottò, ‹‹Piuttosto, va’ da mammina e papino a farti cantare la ninna
nanna.››
Fece per voltarsi
dall’altra parte e riprendere a dormire, ma Thad posò
una mano sul suo braccio e lo fermò, parlandogli al contempo con voce
supplicante.
‹‹Ti prego, Sebastian,
fammi dormire con te. Solo per stanotte.
Ti prometto che non do fastidio, mi metto in un angolo e sto buono.››
Sebastian voltò il capo
verso di lui e lo guardò esasperato, con una smorfia in viso.
‹‹Lo so benissimo che
stai buono, tu. Vuoi entrare nel mio
letto per dormire, ti ricordo.›› disse a mo’ di spiegazione e poi sbuffò per
l’ennesima volta, ‹‹Non ci guadagno nulla a lasciarti dormire con me. Perché
dovrei farlo?››
Nonostante le sue
parole sembrassero dire il contrario, Thad poteva
leggere nei suoi occhi, appena luccicanti nel buio, che stava per accettare e
lasciare che si infilasse sotto le sue coperte. Per questo sorrise, anche se in
maniera incerta e timida. Non era da lui, ma per quella volta si sarebbe
ridotto anche a pregarlo pur di riuscire a dormire sereno – quelle coperte
continuavano ad emanare un calore rassicurante.
‹‹Puoi comunque
stringermi, se vuoi…››
Non seppe se fu una sua
impressione o meno, ma vide lo sguardo di Sebastian mutare leggermente, a
quella frase; pareva quasi interessato alla sua proposta, ma non lo diede a
vedere, quando borbottò in risposta:
‹‹E questo dovrebbe
convincermi, Harwood?››
‹‹Beh… sì?››
Thad
scrollò lievemente le spalle e continuò a guardarlo con quegli occhioni
dolcissimi e Sebastian si arrese, un po’ perché era convinto che Harwood non sarebbe mai tornato nel suo letto – e lui non
aveva proprio voglia di trascinarlo di peso – un po’ perché, come già detto, in
cuor suo aveva già deciso. Si voltò di nuovo, completamente verso di lui,
disteso su un fianco, e scostò meglio le coperte per permettergli di stenderglisi
accanto.
‹‹Muoviti. Sto morendo
di freddo.›› lo incitò con finta scortesia, forse per nascondere la voglia che
aveva di sentirlo al suo fianco.
Il sorriso di Thad si allargò in maniera dolcissima. Non si aspettava di
certo che Sebastian si rivolgesse a lui gentilmente, perché sapeva quanto era
orgoglioso; quindi decise di accettare quella concessione così come era
arrivata, senza pretendere nulla di più.
‹‹Ti ringrazio.››
Si coricò al suo fianco
con cautela, senza però avvicinarsi troppo a lui – il letto non era il suo e si sentiva
comunque fuori luogo vicino a Sebastian – e affondò la testa nel cuscino, gli
occhi puntati in quelli dell’altro e il suo calore che cominciava ad espandersi
su di lui.
‹‹Poche smancerie, Harwood.›› commentò quello, rimboccandogli le coperte quasi
svogliatamente – ma Thad si stupì ugualmente di
quella premura, non se l’aspettava. Mentre lo faceva, avvertì l’avambraccio di
Sebastian sfiorargli un fianco e, in seguito, la sua mano si andò a posare alla
base della sua schiena. Lo avvicinò a sé di peso e gli fece passare anche
l’altro braccio attorno.
‹‹Dovevo stringerti, mi
pare.›› ghignò.
Thad
si ritrovò con le mani poggiate al suo petto per la troppa vicinanza, il
respiro e il battito del cuore un po’ accelerati, gli occhi che si specchiavano
in quelli di Sebastian e un brivido lungo la spina dorsale, per una carezza
appena accennata da parte del suo compagno.
‹‹Stringermi e basta.››
puntualizzò, cercando di mettere da parte le strane sensazioni che provava,
‹‹Guai a te se mi accorgo che scendi sotto la cintura.››
‹‹Ehi, mio il letto,
mie le regole. Ti pare?›› replicò quello, ma il tono di voce non era severo o
malizioso, sembrava quasi scherzoso e dolce. Non diede il tempo a Thad di rispondere; gli spostò una mano dietro la nuca per
indurlo ad appoggiare la guancia al suo petto e, quando lo ebbe vicino, mormorò,
chiudendo gli occhi: ‹‹Ora dormi, marmocchio.››
Il ragazzo sorrise a
quel gesto; si accoccolò contro il suo petto e si lasciò stringere di più,
mentre sentiva la stanza farsi più sicura. Tra le braccia di Sebastian tutto
era diverso, le finestre e le porte erano invalicabili, e i mostri che stavano
in agguato sotto i loro letti diventavano polvere.
‹‹Va bene. Però tu non
mi palpare.›› mugugnò, con le palpebre pesanti che, dopo un po’, si chiusero
definitivamente.
‹‹Tranquillo.››
Stava caldo adesso e il
profumo del compagno era piacevole da sentire. Sebastian aveva le labbra posate
casualmente tra i suoi capelli, una mano stretta sulla maglia del suo pigiama,
l’altra si era spostata e stringeva il piumone per poter tenere coperti
entrambi fino alle spalle.
Si addormentò, quasi
subito, cullato dal respiro regolare e rilassato di Sebastian e dal suo petto
che si alzava e abbassava sotto il suo orecchio.
~
Tre settimane dopo.
Si svegliò di buon’ora.
Come al solito, le braccia del ragazzo che dormiva al suo fianco erano strette
attorno alla sua vita, la guancia poggiata alla sua spalla nuda e il respiro che
gli solleticava il collo. Lo teneva stretto e premuto contro il suo petto,
quasi temendo che potesse scappare, e dormiva sereno nel suo abbraccio sicuro.
Sebastian rimase per un
tempo infinito ad osservarlo con un sorriso dolce stampato sulle labbra; in
realtà, avrebbe speso tutto il tempo del mondo a guardarlo dormire, se ne avesse
avuta la possibilità. Qualche volta era anche capitato che, nelle notti
insonni, lui aspettasse che facesse mattina tenendo gli occhi puntati sul suo
viso. Lo acquietava tenerlo con sé in quel modo, lo faceva stare bene dentro.
Non si permise di svegliarlo,
quella mattina, aspettò che fosse lui ad aprire gli occhi e a cercare il suo
sguardo come attratto da una calamita.
‹‹Buongiorno,
piccolo.›› mormorò Sebastian, quando lo vide muoversi nel suo abbraccio, con
gli occhi appena schiusi, e si chinò a baciargli teneramente una guancia, ‹‹Sei
pronto per una nuova giornata?››
Thad
si strinse a lui, per nulla intenzionato ad iniziarla, quella giornata. Scosse
la testa e si accucciò nel suo collo, sospirando.
‹‹Lo sai che non lo
sono.›› mugugnò con voce sonnacchiosa, accarezzandogli il profilo del braccio
con la punta delle dita, ‹‹Ieri il mio ragazzo non ha fatto propriamente il
bravo.››
‹‹Il tuo ragazzo, ieri,
voleva passare un po’ di tempo con il suo micetto.›› ridacchiò, facendo
scivolare le dita lungo la pelle della sua schiena, seguendo la linea della
spina dorsale.
‹‹Ogni notte la stessa storia.›› rispose Thad
con uno sbuffo, il sorriso un po’ più vivido sul suo viso.
Sebastian lo avvicinò
un po’ di più al suo petto, nonostante, ormai, la distanza tra loro fosse
inesistente; lo fece soltanto per poter sentire il cuore di Thad
palpitare all’unisono con il suo.
‹‹Già, ogni notte tu ti
infili nel mio letto.››
Ed era vero. Col tempo,
quella era diventata un’abitudine irremovibile. Ma Thad
amava troppo dormire con Sebastian; non aveva più la scusa dei rumori notturni;
ormai – Sebastian lo sapeva – non gli facevano più paura. Il vero motivo per
cui dormivano sempre insieme era un altro: non riuscivano a stare lontani l’uno
dall’altro, neanche un momento, malgrado la poca distanza che divideva i loro
letti – Jeff lo aveva detto mille volte che peggioravano di giorno in giorno.
‹‹Lo sai quanto mi
piace il tuo letto, Bas.›› sibilò Thad,
direttamente sul collo di Sebastian, occultando la vera ragione, come ogni
volta, solo per gioco.
‹‹Oh, lo so.›› Strusciò
affettuosamente il naso sulla sua tempia, l’altro ragazzo. ‹‹E so anche quanto
ti piacciono le mie coccole.››
‹‹E tu mi vizi.››
Rimasero in silenzio
per un po’, godendosi semplicemente quel risveglio e il rumore soffice dei loro
respiri. Si accarezzarono distrattamente, intanto che il tempo scorreva e il
sole si alzava ancora nel cielo, oltre le imposte.
‹‹Bas…››
sussurrò Thad, a un tratto, e Sebastian sapeva già
cosa stava per chiedergli, e già sorrideva dolcemente, continuando a tenerlo
saldamente stretto a sé.
‹‹Mmh?››
‹‹Restiamo a letto un
altro po’?››
Come ogni volta, annuì
e gli lasciò una serie di baci dalla guancia alla mascella.
‹‹Certo, cucciolo.
Tutto il tempo che vuoi.››
Fine.