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Autore: _SillyLoveSongs_    23/03/2013    9 recensioni
Ed ecco(finalmente) la mia fanfiction a capitoli. Anche questa volta McCartney sarà uno dei protagonisti principali della storia. Dopo alcuni mesi dalla morte dell'amico John, Paul decide di raccogliere i suoi ricordi del grande musicista in un libro intervista, che si occuperà di scrivere Brianna, una giovanissima giornalista... leggete e, mi raccomando, fatemi sapere! ogni recensione è davvero gradita.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Il rumore della solitudine
 
New York      8 Dicembre 1980
Oscurità.
Silenzio.
Credo che siano queste le doti più apprezzabili della notte. Esse cullano i miei sensi, lasciando scivolare su di me un manto di serenità che indosso raramente. Le dita scivolano leggere sulla tastiera, formando parole che leggo confusamente sullo schermo del computer. Mi passo una mano sugli occhi, intimandogli silenziosamente di non cedere alla stanchezza, subdola tentatrice, che ha trovato in me la sua vittima preferita. Il lavoro incombente infatti mi ha rubato anche quelle poche ore di sonno di cui ho goduto fino a pochi giorni fa. Il ronzio del computer mi risuona nelle orecchie, un sussurro lento e continuativo, a ricordarmi quanto la nascente tecnologia debba ancora migliorarsi. Nonostante io sia ancora innamorata del profumo della carta e del fruscio della penna su di essa, ho trovato indispensabile l’utilizzo di uno strumento informatico che possa permettermi uno svolgimento più efficiente del mio lavoro. Osservo la mia camera, illuminata dalla luce di quel computer arrugginito. I miei dischi sono impilati sulla scrivania, in quell’ordine meticoloso con il quale mi ero imposta di sistemarli una volta entrata in questa casa. Ricordo perfettamente l’espressione ironicamente sorpresa della mia affittuaria che, il giorno del trasferimento mi ha aiutata nello scarico degli scatoloni.  Essi ora riposano vuoti in corridoio, in attesa di una mia decisione nei loro confronti. La complessità dell’articolo che il direttore mi ha imposto di portare a termine non mi da neppure la possibilità di sbarazzarmi degli inutili residui del trasloco. Essi mi osservano, sotto forma di valige semiaperte gettate scompostamente ai piedi del letto, di capi di vestiario ripiegati alla rinfusa sulla poltrona del salottino.
Leggo per l’ennesima volta l’articolo correggendo refusi che la stanchezza non mi ha fatto notare precedentemente. Desidero impormi in quel mondo giornalistico nel quale sono appena entrata; alcuni errori grammaticali causati dall’ora tarda non mi agevoleranno certamente. Firmo il testo e mi porto le mani ai capelli, reclinando la schiena.
 Avverto sotto i polpastrelli la pelle liscia delle tempie che si increspa ad ogni mia espressione. Lascio scivolare le dita sul collo, percependo i muscoli guizzanti sotto di esso. Poi avvolgo il mio busto fra le braccia, imitando i gesti affettuosi di una madre che sento lontana. Non avrei creduto che il mio animo ribelle potesse risentire della mancanza di una carezza. Gesto amorevole con cui mia madre ha colmato il mio viso e il mio cuore anche nel giorno della mia partenza. Quelle stesse lacrime che quel giorno le hanno rigato il viso ancora giovane, scorrono ora sulle mie guance. Le scaccio con un nervoso gesto della mano, sistemando gli occhiali sul naso. Mi passo la lingua sulle labbra screpolate. Neppure il ritornello di “Across the Universe ” ,che tento di riprodurre in un flebile fischiettio, è in grado di placare la mia tristezza.
Accendo la luce della mia camera per rischiarare l’ingresso verso il quale mi sto avviando. Attraverso il corridoio con estrema lentezza e la malinconia mi sorprende ancora nel percepire il suono debole dei miei passi sul linoleum, così diverso da quello vivace che essi producevano sul pavimento marmoreo della mia casa a Liverpool. Niente di questa mia nuova abitazione mi ricorda i rumori che si sprigionavano da quei muri antichi, il profumo dei vestiti di mia madre che impregnava le tende e il biancore della carta da parati. Mi sento a disagio nella modernità di quel monolocale ma non ho trovato un’alternativa altrettanto economica.
Una volta giunta in cucina apro il frigo, che mi consiglia distaccato di arricchirlo al più presto. Accetto il suo suggerimento silenzioso e recupero una mela, addentandola voracemente; l’imminenza del mio lavoro non mi ha neppure permesso di portare a termine una cena completa, ma soltanto alcuni rapidi snack pretesi dal mio stomaco affamato. Mi avvicino al tavolo, senza smettere di masticare.
L’ultima lettera di mia madre è ancora lì, spiegata, in attesa di essere riposta ordinatamente in un cassetto come tutte le sue compagne. Mi guarda, invitandomi ad un’ulteriore lettura di quelle numerosi frasi che macchiavano il biancore della sua carta. Cedo e afferro la lettera con la mano libera. Le parole scritte su di essa spronano quelle lacrime che avevo represso da alcuni minuti. Non ne fermo la corsa. La repressione del dolore non porterebbe che a un suo aumento.
La scrittura rapida di mamma esaurisce le battute di circostanza in poche righe. La penna è probabilmente scivolata dolcemente sul resto del foglio, il quale è adornato da desideri e speranze per il mio futuro. Futuro che lei non ha saputo garantirmi e che ora mi ritrovo a costruire lentamente. Ha tentato di nascondere fra l’inchiostro di questa lettera il dispiacere che prova nel non essere riuscita ad assicurarmi gli studi universitari; ma la carta non sa mentire. Ritrovo il rammarico in quelle parole affettuose e vorrei poter stringere la mano che le ha scritte, per baciarle le dita. La pagina ruvida è ammorbidita dalla macchia lasciata da una lacrima, probabilmente sfuggita agli occhi dell’autrice. Immagino il viso di mia madre colmarsi di tristezza durante la stesura si quest’epistola, proprio come quando riempiva il nostro quaderno dei conti con scritte sempre più brevi. Ricordo la copertina verde di quel libro, che aveva sempre tinto di una strana inquietudine la mia giovinezza. Esso riassumeva con poche cifre la spesa del mese e decretava freddamente la nostra situazione economica, sempre più precaria. Ho accettato il lavoro alla Stampa per offrirle maggiore stabilità con uno stipendio utile nella sua miseria. Mamma si è affrettata a concludere la lettera,  senza ricordarmi di spedirle una piccola quota al termine della settimana. Spera che me ne dimentichi. Sa che non lo farò ma per un istante vuole illudersi che io utilizzi i miei soldi per scopi esclusivamente personali; desidererebbe che finissi di arredare la casa, che mi trovassi qualche abito carino, che truccassi il mio viso tanto grazioso. Ma la casa non ha bisogno del denaro quanto lei. Sono certa che si priverebbe volentieri della cena per vedere soddisfatto almeno uno di questi suoi piccoli sogni. Sogni alla cui realizzazione tenta di contribuire con piccole somme ricavate da alcuni lavoretti saltuari che la sua giovanissima età le permette ancora di svolgere. A volte, assieme alle sue lettere, ricevo qualche dollaro che mi premuro di rispedire al mittente.  Accarezzo il suo nome vergato in inchiostro nero; non solo il nome di una madre, ma anche quello di una donna in grado di sostituire una figura paterna che non è mai stata presente nella mia vita. Non ringrazierò mai abbastanza mia madre che è sempre stata egregiamente in grado di costituire tutta la mia famiglia…
Sospiro, per l’ennesima volta questa sera.
Addento nuovamente la mela, della quale mi sono temporaneamente dimenticata. Mi concentro sul ticchettio regolare dell’orologio così diverso dalla mia vita disordinata.
Il trillo fastidioso del telefono mi scuote dai ricordi, facendomi sobbalzare.
Mi avvio in corridoio con un’insospettita curiosità.
Rispondo, ma una voce profonda si accavalla alla mia. Non fatico a riconoscere in essa il tono veemente del mio direttore. Strabuzzo gli occhi, definitivamente confusa.
-Buonasera, direttore. È… è successo qualcosa?-
-Dire che è semplicemente successo qualcosa sarebbe la più grande banalità che io abbia mai pronunciato.-
-La ascolto.- Arriccio il filo del telefono tra le dita, la fronte corrugata.
Per un istante la comunicazione fu colmata soltanto dal respiro affannato del mio interlocutore.
-Sei pronta a fare il servizio del secolo, Richards?- le sue parole sono velate da un’ombra di malizia che percepisco chiaramente.
-Potrei esserlo se lei mi aggiorna sulla novità che la turba così tanto.-
-Non ho tempo per le discussioni ora, Richards! Ho avuto una soffiata…-
-Di che genere?- lo incalzo ma lui ignora la domanda.
- Prendi tutto il tuo equipaggiamento e scendi in cortile. Ho dato il tuo indirizzo ad alcuni tuoi colleghi… non ti dispiace, vero? Certo che no! Ti verranno a prendere per poi dirigersi verso l’Upper West Side… Oh mio Dio! Oh….Mio…Dio!-
-Potrebbe spiegarsi meglio, direttore? Non credo di riuscire a fare ciò che mi chiede se non…-
-Ascoltami bene, Richards. Non ti ho accolto nella mia redazione perché avevo compassione dei tuoi vent’anni o del tuo disperato bisogno di lavoro. Ti ho assunta perché necessitavo di un giornalista in erba, determinato e zelante che obbedisse ai miei ordini. Ora ti chiedo di fare ciò che ti dico, se vuoi davvero dimostrarmi di valere qualcosa. Mi hai capito?-
-Certamente…- attendo qualche istante prima di chiedere.
-Cosa è successo esattamente?-
La voce dall’altro capo del telefono sussurra qualcosa di concitato, prima di rispondere
-Hanno sparato a John Lennon!-
  
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Innanzitutto desidero ringraziare (per l’ennesima volta xD) tutto coloro che hanno recensito la mi storia, esprimendo il loro parere su di essa, per me sempre importante. Voglio ringraziare anche quelli che con la loro lettura silenziosa mi fanno comunque molto felice ;)
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento come il precedente che ha raggiunto ben 5 recensioni in una sola settimana! Sono davvero entusiasta :D
Vi avverto anticipatamente che probabilmente alcuni inserimenti nel corso della storia potrebbero non risultare propriamente veritieri, ma sono indispensabili per il proseguimento logico della trama.
Ora vi lascio con la promessa di pubblicare il secondo capitolo sabato prossimo e, probabilmente, infastidirvi nel corso della settimana con un’altra one shot xD
Grazie ancora!
Giulia 
  
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