Ode di un lamento disperato
Campi sconfinati.
Il vento della pianura
gela gli occhi e il cuore.
Mai tanto deserto,
mai tanto dolore;
sono stato così in alto da bruciarmi con il sole
e così in basso che non c'era più amore.
Rumore.
Fa male
ma è tutto ciò che resta
una voragine silenziosa in fondo alla testa.
E a volte, in queste distese,
ti senti un puledro domato
selvaggio e inappagato;
E' un frutto malato
del seme della nostra terra.
Ora.
Ora è come se fosse un po' più sera,
quando il silenzio accoglie il terrore
e c'è solo l'angoscia a devastare il cuore.
Sei stata di tanti
e quanti hai amato!
Perché non accogli
il mio lamento disperato?
Perché continui a sferzarmi l'anima?
Non forza, ma odio
mi tiene in vita;
una flebo asettica
tu infermiera già guarita.
Eppure voglio uccidermi
per consumare il mio amore;
è un suicidio assistito
che distrugge il cuore.