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Autore: Dk86    10/10/2007    2 recensioni
E' sempre divertente far interagire i proprio personaggi preferiti, soprattutto se si sta parlando di quelli di Buffy.
E, parlando della settima stagione, i miei favoriti sono sicuramente Anya ed Andrew; e proprio a loro è dedicata questa one shot.
La storia si è classificata seconda al sesto concorso del sito "Out Of Time" dedicato appunto alle fanfiction ispirate a telefilm. E', per amor di precisione, una sorta di "missing moment" dell'episodio sedicesimo della settima stagione, ovvero "Il narratore".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Anya Jenkins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Giuro che lo faccio”, borbottò Buffy, torcendo con violenza lo strofinaccio fra le mani bagnate e chiazzate di schiuma “Adesso prendo quella dannata telecamera e gliela infilo su per il…”.
“Per l’ennesima volta, Buf, non vedo dove sia il problema!”. Willow intervenne proprio al momento giusto, togliendo il povero straccio martoriato dalle dita d’acciaio dell’amica “Se è impegnato a divertirsi a modo suo, almeno eviterà di cacciarsi in qualche guaio. E non preoccuparti per i piatti, finisco io di lavarli; tu siediti e mangia qualcuna delle schifezze piene di colesterolo con cui le ragazze hanno riempito il frigo, ultimamente sei fin troppo tesa”.
Buffy, muovendosi in maniera meccanica, fece come le era stato detto: dopo aver aperto l’anta del frigo e aver afferrato una merendina qualsiasi (non era ben chiaro che cosa fosse, ma sicuramente conteneva burro e cioccolato in quantità che avrebbero dovuto essere considerate illegali), scostò una delle sedie del tavolo della cucina e vi si lasciò cadere, come un vecchio cappotto gettato sullo schienale di una poltrona.
“Pensi che sia facile non essere nervosi in un momento come questo, eh Wil?”, disse la Cacciatrice, in tono querulo. “Voglio dire, dopo l’incontro con quei tre deviati Uomini Ombra, la scoperta dell’origine dei poteri della Cacciatrice e non dimentichiamo il simpatico esercito di super vampiri che ci stanno aspettando proprio qui sotto”. La ragazza puntò l’indice destro che tremava leggermente verso il basso, per poi appoggiare quella stessa mano sulla fronte in una posa piuttosto melodrammatica. “Dio, quanto vorrei non aver avuto quella visione. È stato… hai presente quando l’altroieri abbiamo guardato Il signore degli anelli in DVD? Ecco, era come quella scena nelle miniere di Moria, solo senza scheletri di nani e senza Balrog e con un sacco di Turok-han. Beh, non c’era nemmeno quel ponte di pietra pericolante, e questo è un peccato, perché si sarebbe potuta fare qualche gag simpatica prima di morire in modo atroce ed orribile e…”.
Willow interruppe il flusso di parole dell’amica appoggiandole le mani sulle spalle. “Buf, stai vaneggiando”.
“Già”, rispose l’altra, staccando un pezzo di merendina con un morso. “Dev’essere colpa di tutto lo zucchero che c’è in questa cosa”. Con un movimento di polso che avrebbe mandato in deliquio un allenatore della NBA, la Cacciatrice lanciò il resto del dolce in uno dei cestini della spazzatura d’emergenza, il quale fino a pochi giorni prima trascorreva una placida esistenza in cortile come secchio di plastica. “L’umanità non ha bisogno di eroine con la pancetta”, sentenziò piccata.
Cadde il silenzio. L’aria intorno a loro era, però, carica di suoni: dal giardino sul retro giungevano i rumori delle Aspiranti condotte da Kennedy – a giudicare dai clangori metallici, e dalle occasionali urla di quello che sembrava dolore, Buffy intuì che non stavano facendo stretching – mentre dal piano di sopra arrivava della musica pop adolescenziale suonata a tutto volume: Dawn stava approfittando del fatto che la casa non fosse in quel momento invasa da un branco di teenager acciaccate e lamentose per passare un po’ di tempo in quella che era stata la sua stanza da letto.
Occasionalmente dal corridoio si levava qualche improperio di Xander, che si stava occupando dell’ennesima otturazione del gabinetto al piano terra; infine, puntando l’orecchio in direzione del salotto, si poteva distintamente udire la voce di Andrew che stava raccontando qualcosa di comprensibile a lui solo alla propria telecamera.
Buffy tentò di alzarsi, ma Willow aumentò la pressione sulle spalle dell’amica. “Che cosa ti ho appena detto? Lascialo perdere. È innocuo e non dà fastidio a nessuno… Che cosa vuoi che possa combinare un idiota con una telecamera?”.


“Allora, signorina Anya Christina Emmanuella Jenkins… O dovrei forse chiamarla Anyanka?”. Il tono enfaticamente drammatico usato da Andrew avrebbe fatto rizzare i peli della schiena a chiunque conoscesse almeno un minimo di teoria della recitazione.
Anya, seduta in maniera alquanto scomposta sul divano, si limitò a soffocare uno sbadiglio. “Chiamami Anya, è quello che fai sempre”, rispose; usò un dito per sollevare il bordo di un sacchetto di patatine mezzo vuoto abbandonato sul tavolino, e vi scrutò dentro con aria critica.
“Senti, Andrew, quand’è che mi spieghi il senso di tutto questo? Perché se è un’altra di quelle tue fantasie masturbatorie io non voglio averci nulla a che fare, sia chiaro”.
Un paio di secondi di silenzio. “Ok, questa parte in post-produzione la tagliamo” Andrew voltò verso di sé il visore dell’apparecchio.
“Insomma, si può sapere che vuoi, stavolta? Mi hai già intervistata due volte, nel caso non te lo ricordassi. Non dico che non mi faccia piacere – in fondo, nelle probabilità infinitesimale che una morte atroce e dolorosissima non sopraggiunga per tutti noi entro la fine della settimana, è probabile che i tuoi filmini amatoriali faranno il giro del mondo come unica testimonianza della nostra battaglia –ma… mi prendi sempre di mira in brutti momenti. Voglio dire, guarda i miei capelli! Sono uno schifo, ecco!”; la giovane donna si passò una mano nella chioma bionda con foga, quasi a volersela scompigliare apposta.
“I tuoi capelli stanno benissimo”, tentò di rassicurarla Andrew un po’ preoccupato per la sorte della sua ripresa, che rischiava di concludersi con un nulla di fatto. Doveva riuscire a ricondurre Anya lungo i binari che aveva in mente. “Comunque, come stavo per dire…”.
“Davvero?” domandò lei, con il tono vulnerabile di chi ha bisogno di certezze e magari anche di qualcos’altro. “Davvero non sembro un mostro?”.
“Te lo assicuro, Anya, sei fantastica. Buchi lo schermo, davvero”. Le mano di Andrew che reggeva la telecamera tremava leggermente per il nervosismo; l’altra giunse in suo aiuto, sostenendone il polso con una presa il più possibile ferma. Non poteva assolutamente permettersi che quelle immagini venissero mosse o sbiadite: fossero state anche solo le lamentele di Anya sullo stato della propria capigliatura, erano documenti importanti per il futuro dell’umanità.
Beh, ovvio, ce n’erano alcune che erano più importanti di altre, ma non era il caso di andare troppo per il sottile.
La ragazza si sistemò un po’ meglio sul divano, quindi scoccò al suo cameraman personale un’occhiata eloquente. “Lo sapevo! Sei omosessuale, vero, Andrew? Nessun uomo normale ti direbbe mai che i tuoi capelli ti stanno benissimo: per loro i capelli potresti non averli del tutto e nemmeno se ne accorgerebbero. Questo comunque non è un problema, sia chiaro; voglio dire, non discrimino certo Willow perché è lesbica e se la fa con una delle novelline. In fondo la gente con cui sceglie di avere rapporti sessuali è un problema che riguarda soltanto lei”. Il tono di Anya poi si fece minaccioso. “Solo, tieni giù le mani da Xander. Lui è etero, ed è quasi del tutto mio”.
“Ecco,veramente…”, fece Andrew, il viso irrimediabilmente rosso “Veramente mi interesserebbe molto di più parlare di te, se permetti”.
Anya inclinò il capo, fissandolo con aria un po’ circospetta. “Non ho capito, vorresti intervistarmi riguardo la mia vita sessuale?”.
Il ragazzo lasciò ricadere la testa in avanti; lo fece in maniera tanto brusca che il mento picchiò contro lo sterno e la punta della lingua rischiò di finire mozzata. Possibile che abbia solo questo in mente?, si domandò, sconsolato. “Io in verità volevo che mi parlassi un po’ dei tuoi trascorsi da demone della vendetta…”, dichiarò, quando riuscì a ritrovare un briciolo di forza.
La donna batté le mani; sembrava - neanche troppo segretamente - contenta di poter parlare dell’argomento. “Oh, ce ne sarebbero di cose interessanti da dire a riguardo!”, esclamò; Andrew era pronto a scommettere che se fossero stati i personaggi di un anime giapponese gli occhi di lei si sarebbero riempiti di scintille estatiche. “Soprattutto adesso che non sono più direttamente coinvolta. È un po’ come quando hai finito il liceo e anche le cose più brutte, tipo quando i bulli ti infilano la testa nella tazza del water finché non stai per affogare, ti sembrano dei ricordi piacevoli; o almeno credo, dato che non sono mai andata al liceo. A te è mai successo? Che qualcuno ti infilasse la testa nel gabinetto, intendo”.
Andrew arrossì di nuovo, anche se in maniera meno intensa. “Non credo che sia importante ai fini della tua testimonianza…”, obiettò piuttosto debolmente.
Anya lo fissò; al ragazzo sembrò quasi di leggere nel suo sguardo un messaggio che scritto con brillanti lettere al neon: “O me lo dici, oppure puoi scordarti le mie memorie sulla vendetta”.
“D’accordo, due volte”, ammise. Anya continuò a fissarlo, impassibile.
Andrew sospirò. “Va bene, diciassette, in realtà, ma ti dispiacerebbe se riprendessimo il discorso?”. E quel che è peggio è che la telecamera sta continuando a filmare. È vero, avevo giurato a me stesso di non manomettere in alcun modo queste testimonianze di importanza mondiale, ma non voglio certo che le generazioni future mi ricordino come “il tizio la cui testa è finita diciassette volte dentro il cesso”!
“Oh, giusto, giusto”. Anya si ricompose, lisciò la gonna con le mani e puntò il viso sorridente in varie direzioni; i suoi occhi però erano sempre fissi alla telecamera, quasi l’oggetto - come un moderno Specchio delle Brame – le dovesse rivelare quale fosse il suo profilo migliore. “Allora, che cosa vuoi sapere esattamente? Ricordo tutte le punizioni che ho inflitto, una per una. Alcune sono state tanto efferate che Lloyd ne ha fatto uno schizzo sul Muro dei Patimenti!”. L’ultima affermazione sembrò renderla particolarmente fiera, sebbene Andrew non ne avesse capito il senso. Cose da demoni, probabilmente, concluse. O da ex-demoni, nel suo caso.
“Comunque, perché dovrei parlarti del mio passato?”. La domanda di Anya giunse alle orecchie del suo intervistatore improvvisa ma non inaspettata: Andrew si era infatti già preparato una risposta.
“Non è ovvio? Fra i membri del gruppo sei sicuramente quella con il passato più difficile e sofferto: scommetto che nel tuo animo molte delle cicatrici procurate dai tuoi malvagi trascorsi ancora non si sono rimarginate!”, esclamò, nello stesso tono esaltato con cui un paio di giorni prima aveva declamato i paragrafi introduttivi di ‘Una nuova speranza’. Vi era fuggita dal soggiorno in preda al terrore. “Il tuo personaggio avrà grande presa sul pubblico, forse quanto quello di Buffy. Di sicuro vi dedicheranno una collana di romanzi, o una serie a fumetti, magari perfino un serial televisivo!”.
Anya sembrò riflettere seriamente sulla cosa. “Una serie televisiva…”, mormorò sognante “Sì, pensandoci bene è più probabile che la intitolino a me. Voglio dire, a chi potrebbe interessare vedere una bionda alta poco più di un metro che prende dei vampiri a calci nel fondoschiena? Te lo dico io: a nessuno. E comunque, nel caso facessero davvero una serie su di me, pretendo di venire consultata quando dovranno scegliere l’attrice che mi interpreterà: non voglio certo che prendano una sciacquetta buona a nulla…”.
La donna tacque per qualche istante, lasciando Andrew nella trepida attesa di una risposta. “D’accordo, mi hai convinto, ti racconterò alcune delle migliori vendette da me inflitte nel corso dell’ultimo millennio! Come forse ti ho già detto, la mia specialità era punire gli uomini che tradivano le proprie mogli, e di quelli è sempre stato pieno il mondo. Vediamo, da dove posso iniziare? Ah, sì! Circa duecento anni fa, in Francia, una donna che veniva regolarmente tradita dal marito desiderò che il bastardo infedele si trasformasse in un’orrenda creatura squamosa quando avesse fatto di nuovo sesso con la sua amante... il che avvenne circa un minuto e mezzo dopo. Il risultato fu che l’uomo uccise l’amante, ma riusciva ancora a ricordarsi dove abitasse e così finì per ammazzare pure la moglie. D’altronde lei se lo sarebbe anche potuto aspettare, visto che mi aveva chiesto di trasformare il marito in un mostro... ma gli esseri umani di solito prima fanno andare la lingua e solo dopo si ricordano di azionare il cervello, posto che ne possiedano uno. Come sto andando?” domandò fissando Andrew con aria un po’ preoccupata.
“Benissimo” la rassicurò lui “Sei semplicemente perfetta”.
“Quanto sei carino…” mormorò lei, con un sorriso dolce sulle labbra “Si vede proprio che sei gay”. Si picchiettò un indice sulle labbra con aria assorta, quindi continuò: “Sono sicura che questa ti piacerà! È un po’ più recente, diciamo millenovecento e qualcosa... faccio sempre casino con le date. Comunque, c’è questo tizio, no? Non è sposato, ma va a letto con due donne diverse e ad entrambe dice “Amo solamente te!”, “Sei l’unica donna della mia vita!” ed altre idiozie di questo tipo. Le due, però, sono amiche e mentre un giorno parlano dei rispettivi amanti scoprono che in realtà l’uomo è lo stesso. Così una lo definisce una bestia orribile mentre l’altra chiede che tutti possano capire con una sola occhiata quando sia viscido e bavoso l’uomo che ha frequentato. E io esaudii entrambe le loro richieste, contemporaneamente. Oh, è stato così divertente, dovessi vedere la faccia che ha fatto lui quando si è accorto di essere diventato… beh, quello che era diventato. Non mi ero fatta tante risate da quella volta con Napoleone…”.
“Napoleone?”, esclamò Andrew ad alta voce, incapace di trattenere il proprio sbalordimento “Intendi Napoleone Bonaparte?”.
“Certo!”, rispose Anya, come se fosse scritto sui libri di storia della maledizione dell’Imperatore Francese da parte di un demone della vendetta. “Perché credi che tenesse sempre la mano dentro la divisa? Davvero, non avresti voluto vedere com’era conciata, dopo che gli lanciai quel maleficio…”.
Una testa dalla chioma rossa si affacciò in soggiorno. “Che cosa state facendo?”, domandò Willow, che aveva appena terminato di lavare i piatti e si stava strofinando le mani per asciugarle del tutto.
Andrew aprì e chiuse la bocca un paio di volte, finché Anya non esclamò tutta contenta: “Mi ha chiesto di fargli un resoconto delle mie migliori vendette!”.
“Oh”, fece l’altra, storcendo di poco la bocca in una smorfia quasi invisibile: in passato era già stata annoiata a morte, in più di un’occasione, da racconti di quel tipo e non ci teneva a ripetere l’esperienza. “Beh, cercate di non alzare troppo la voce: Buffy è di là in cucina, e non è di umore particolarmente allegro”.
“Sai se Xander ha finito di sistemare il water?”, domandò Anya, con noncuranza. Andrew si insultò mentalmente dato che, per l’ennesima volta, si era dimenticato di spegnere la videocamera.
Willow scosse la testa. “Sembra che sia ancora in alto mare. Dice che non sa che cosa possa otturarlo in quel modo, anche se ha detto che potrebbe essere un alligatore o un Portatore che stia cercando una via alternativa per entrare in casa, e nessuna delle due ipotesi mi sembra poi così campata per aria”.
Dopo che la strega ebbe abbandonato il soggiorno, probabilmente spaventata all’idea di dover ascoltare qualche aneddoto di Anya, l’ex-demone tornò a rivolgere la propria attenzione ad Andrew. “Dov’ero rimasta?”, domandò.
“Stavi parlando di Napoleone…”, le rinfrescò la memoria il ragazzo, sperando che l’intervistata non avesse ancora esaurito l’argomento.
“Oh, ma quella storia non ha davvero nulla di interessante!”, minimizzò Anya con un gesto della mano. “E poi quell’ometto francese era davvero disgustoso. Lo sai che meno le donne si lavavano più lui le trovava sessualmente attraenti? Avrei dovuto trasformarlo in un maiale, già. Oh, però questo mi fa venire in mente quella volta in cui trasformai un uomo in un demone cinghiale. Lui era già un porco di per sé, comunque, dato che aveva tradito sua moglie con una locandiera che era dieci anni più vecchia e dieci volte più brutta, ma che andava a letto con lui tutte le volte che glielo chiedeva; io mi sono semplicemente limitata a dargli un aspetto consono al carattere che si ritrovava”.
Anya si schiarì la gola, poi si voltò per lanciare un’occhiata fuori dalla finestra dietro di lei: il sole era nascosto dietro una cappa di nuvole, che però non parevano minacciare pioggia; l’aria era nitida, ma grigia e statica. Qualcosa nel suo animo, fosse un rimasuglio inconscio dei propri poteri demoniaci o semplicemente il sesto senso, si agitò in maniera convulsa, come un pesce che balzi fuori dall’acqua per acchiappare un insetto, quasi a volerla avvertire di un imminente pericolo. Lei, però, decise di non badarci: in fondo, chiunque vivesse in una città come Sunnydale alzandosi la mattina non poteva sapere se avrebbe vissuto abbastanza per andare a letto quella stessa sera, quindi una minaccia mortale in più non avrebbe fatto molta differenza.
“Andrew, posso chiederti un piccolo favore? Mi è venuta una certa sete… Non potresti andare in cucina a prendermi una bibita? Poi prometto che ti racconterò tutto quello che vorrai”.
“D’accordo…”, borbottò lui alzandosi dalla poltrona e ricordandosi, almeno stavolta, di non lasciare la telecamera in funzione. Era piuttosto deluso dai magri risultati che stava ricavando, in effetti, ma se avesse avuto un po’ di pazienza era sicuro che…
Gli sguardi non possono uccidere – perlomeno, non quello degli esseri umani – ma quello di Buffy ci andò molto vicino. La Cacciatrice, ancora seduta al tavolo a testa bassa, così come Willow l’aveva lasciata per andare a vedere come se la stesse cavando Xander, alzò gli occhi e fissò Andrew con un misto di odio e disgusto. Senza accorgersene, quest’ultimo mosse un paio di passi all’indietro, finendo con la schiena contro il muro.
“Ehm… buon pomeriggio, Buffy. Va tutto bene?”, domandò, pentendosi di avere parlato nel momento stesso in cui aprì bocca. Lei si limitò a fissarlo come una leonessa che studi una gazzella ferita ad una gamba, aspettando il momento adatto per saltarle addosso.
Andrew iniziò a far scivolare il fondoschiena lungo i mobili della cucina, cercando di avvicinarsi al frigorifero. “Sai, Anya mi ha chiesto di prenderla una bibita, perciò spero che le ragazze non si siano finite tutto quanto” ciarlava nel frattempo, sebbene il suo cervello imponesse alla lingua di arrendersi senza fare storie “Lo so che loro si allenano tutto il giorno, ma anche noi abbiamo il diritto di dissetarci, non ti pare? Anche se un po’ mi dispiace che Molly non abbia più comprato quel suo succo all’ananas, perché quello era davvero…”.
“Andrew”. Due sillabe, ma più che sufficienti a trasformare il diretto interessato in una statua, posto che le statue fossero in grado di tremare. “Mi prendi forse per stupida?”.
Il ragazzo si guardò intorno, come se la cucina fosse stata piena di gente con il suo stesso nome. “No, signora Cacciatrice, certo che no”, balbettò.
“Bene”, rispose lei, continuando a dargli la schiena. Andrew pensò che era un bene: se lei lo avesse guardato di nuovo come aveva fatto prima era sicuro che sarebbe caduto a terra lungo disteso. “Io non so cosa tu stia combinando di là con Anya, e non mi frega nemmeno di saperlo. Solo, spero per te che non sia niente di pericoloso o – peggio di rumoroso, perché ho un mal di testa micidiale. Quindi vedi di comportarti bene, oppure ti ammazzo. Siamo intesi?”.
Il tono lasciava presagire che alle parole sarebbe seguita l’azione; Andrew iniziò ad annuire freneticamente, nonostante Buffy non lo potesse vedere. “Sissignora, signora Cacciatrice, siamo intesi”. Si lanciò verso il frigorifero come un disperato, spalancò l’anta, afferrò la prima lattina che gli capitò sottomano e si precipitò fuori dalla cucina.
Mentre entrava in soggiorno, si passò una mano sulla fronte – un gesto piuttosto enfatico e inutile, dato che per il terrore provato si era dimenticato perfino di sudare – ma che in qualche modo contribuì a farlo sentire meglio. E fu proprio quando pensava che il pericolo fosse passato che una grossa mano squamosa e palmata gli si chiuse intorno alla bocca.
“Una sola parola e sei morto”, gli disse una voce cavernosa e rauca. Andrew annusò odore di palude, di cose marce e putride che continuavano comunque a crescere sotto l’acqua stagnante. Stranamente, non si sentì terrorizzato come pochi minuti prima, forse perché il tono minaccioso usato dal mostro non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello di Buffy.
“Siete davvero degli idioti…”, mormorò la voce di Anya, ancora seduta sul divano, pur essendo ora accerchiata da due creature da incubo. Non sembrava spaventata, solo parecchio seccata.
Uno dei due demoni in piedi accanto al divano assomigliava ad un grosso cinghiale su due gambe, ma molto più brutto e parecchio più puzzolente. L’altro era tanto disgustoso che quasi non lo si poteva guardare: si trattava di una sorta di incrocio fra un lupo mannaro ed una gigantesca lumaca; i lineamenti ferini del volto tremolavano e ogni tanto sembravano sciogliersi, per poi ricomporsi improvvisamente in un ghigno giallastro. E perdeva bava. Tanta bava.
Oddio, Buffy mi ucciderà! , si ritrovò a pensare Andrew, nonostante la minaccia di quei mostri – e soprattutto dell’emulo della Creatura della Laguna Nera, che minacciava di spezzargli il collo – fosse ben più imminente.
Anya sospirò, accomodandosi meglio sul divano. “Hai presente i tre idioti di cui ti stavo parlando prima? Eccoli qui. Quello che ti tiene in ostaggio è Mathias, poi c’è Frank e… perdonami, non mi ricordo più il tuo nome” disse, accennando all’uomo cinghiale.
“Igor”, rispose lui, con un tono di voce che assomigliava in maniera quasi comica ad un rutto. “Oh, già, Igor”, ripeté lei, annuendo. “Singolare che siate saltati fuori proprio oggi, comunque”. “Sfruttare una coincidenza di questo tipo sembra un classico espediente da telefilm per supplire alla mancanza di una trama!”, esclamò Andrew, dato che la Creatura della Laguna Nera – o Mathias. A proposito, che razza di nome era Mathias? Per un demone squamoso, poi! – aveva allentato la presa sulla sua bocca.
“Sbaglio o ti avevo detto di stare zitto?”, sibilò il mostro in questione. Ancora una volta, Andrew non si sentì particolarmente impaurito dai tre. Erano… buffi, ecco. Da un punto di vista strettamente demoniaco, intendiamoci.
“Comunque, perché siete qui?”, domandò Anya, esibendosi poi in un largo sbadiglio chiaramente fasullo.
Igor e Frank si guardarono in faccia, o comunque si chiamasse quella parte della testa dove avevano gli occhi. Frank continuava a perdere bava e sul pavimento si stava ormai allargando una chiazza giallastra. “Ecco… siamo qui per… per…” iniziò il cinghiale, tentennando un po’.
“Siamo qui per ucciderla, idioti!”, fece Mathias, in un bisbiglio pieno d’odio. “E tenete bassa quella voce, non vorrete mica farci scoprire?”.
Anya alzò le spalle, sbuffando di nuovo. “Tanto basta che io lanci un urlo e tempo due secondi la Cacciatrice, una strega potentissima e il mio quasi ex-fidanzato verranno qui a ridurvi in poltiglia!”. “E tu pensi forse che, ehm, te lo permetteremo?”, domandò Frank. Aveva una voce buffa, come di qualcuno che abbia ingoiato il contenuto di un palloncino gonfiato con dell’elio.
“Abbiamo saputo che hai perso da poco i tuoi poteri, e siamo venuti qui a fartela pagare per quello che ci hai fatto, Anyanka”, ringhiò Mathias, scaraventando Andrew sulla poltrona.
Anya si lasciò scappare una risata che lasciò basiti i tre demoni. “In che senso 'da poco'? Sono passati quattro anni da allora!”.
Il demone squamoso parve perplesso, sebbene dal suo muso fosse difficile riuscire a capire che cosa stesse pensando. “M-ma come?”, balbettò, confuso “Mi avevano assicurato che eri diventata umana solo da un paio di mesi!”.
“Oh”, fece lei “Intendi dire la seconda volta che ho perso i poteri”.
Mathias fissò gli altri due sgherri, che alzarono le spalle o il loro equivalente demoniaco. “Bah, non è una cosa importante. Quello che conta è che siamo qui per ucciderti, e faremo fuori sia te che il tuo amichetto qui!”.
“D’accordo, ma iniziate prima con lui”, commentò Anya, serafica.
“Ehi!” protestò Andrew, fissandola con aria ferita.
Lei lo guardò di rimando, facendo spallucce. “L’hai detto tu che sono io quella importante”, aggiunse. “Noi non prendiamo ordini da te, Anyanka!”, rispose Mathias “Quindi decideremo noi in che ordine uccidervi!”.
“Va bene, fate come volete”, sbuffò lei, incrociando le braccia e assumendo un'aria offesa.
“Ehi, Mathias…”, fece Igor. “Anyanka non mi sembra granché impaurita… Così non ci sarebbe assolutamente gusto!”.
“Già”, aggiunse Frank con quella sua ridicola vocina. “Dovremmo fare qualcosa per incuterle paura!”.
Mathias si strofinò un dito squamoso sul mento. “Mh… non è una cattiva idea. Potremmo strapparle le unghie una per una”.
“No, così urlerebbe ed attirerebbe l’attenzione degli altri”, notò il demone cinghiale.
“Potremmo usare la bava di Frank”, propose allora Mathias.
“La mia bava è preziosa, non si spreca”, replicò il diretto interessato in tono querulo.
“Sentite… ehm, sentite?”, domandò Andrew, che aveva alzato il braccio e lo stava sventolando per attirare l’attenzione. “Mentre decidete il modo più orribile e cruento per torturarci ed ucciderci, non potrei concludere la mia intervista ad Anya?”.
I tre demoni fissarono il ragazzo come se lo avessero visto davvero solo in quel momento.
“Intervista?”, chiese Frank.
“Sì. Ehm… Stavo intervistando Anya sul suo passato come demone della vendetta. Parlava di voi prima che arrivaste, sapete?”, spiegò Andrew, sistemando la videocamera pur di non fissare quei mostri.
“Davvero?”, domandò Mathias sbalordito. Andrew non l’avrebbe mai ammesso sotto giuramento, ma sembrava che i suoi grossi occhi a mandorla fossero lucidi in maniera sospetta.
“Uh-uh”, confermò Anya. “E a questo proposito, perché non vi unite a me? Sono sicuro che ad Andrew, qui, farà piacere avere dei veri demoni a cui fare domande!”.
Frank alzò gli occhi giallastri in direzione di Mathias. Mentre lo fissava i suoi bulbi oculari sembrarono squagliarsi. “Possiamo?”.
La testa del demone pesce annuì con convinzione. “Anyanka possiamo ucciderla quando ci pare, ma di andare in televisione quando ci ricapita? Perché passerà in Tv, vero?”, domandò, rivolto verso Anya. “Certo!”, cinguettò lei, giuliva.


Dawn entrò in cucina fischiettando, ed ignorando la sorella maggiore, ancora seduta al tavolo con aria truce; si diresse verso il congelatore da cui prese una confezione di gelato al caramello. Mentre si stava spostando in direzione dei pensili della cucina, alla ricerca di un cucchiaio, Buffy non riuscì più a trattenersi e sbottò: “Potresti smetterla di fischiare, per favore?”.
“Uh… nervosetti, oggi, eh?”, domandò l’altra, estraendo una forchetta da un cassetto. “No, non credo che questa servirebbe” disse, fissando la posata con aria critica, prima di riporla.
Buffy si massaggiò le tempie. “Scusami, Dawnie, ma con il mal di testa che ho oggi potrei tagliarci dei diamanti… E quel cretino di Andrew non fa nulla per migliorare la situazione: che diavolo sta combinando, di là in soggiorno?”.
Dawn, nel frattempo, aveva recuperato un cucchiaio, si era seduta di fronte alla sorella e aveva inziato a rimpinzarsi di gelato. “Oh, sta intervistando dei demoni”, biascicò, sputacchiando minuscole goccioline di caramello.
“Interessante…”, mormorò Buffy, realizzando solo dopo qualche secondo cosa significassero le parole mezze masticate della sorella. Allora si alzò in piedi e batté con forza i palmi delle mani contro il tavolo. “Hai detto demoni?!”.
“Già”, rispose serafica Dawn, scavando con perizia nella vaschetta.
“E Andrew li sta… intervistando?”. Gli occhi di Buffy erano talmente dilatati che sembrava potessero cadere sulla tovaglia da un momento all’altro.
Sua sorella infilò in bocca il cucchiaio, si prese qualche secondo per deglutire e fissare con aria divertita l’espressione sconvolta di Buffy, poi rispose: “Già, è proprio quello che ti ho detto”.
La Cacciatrice si lanciò come una furia contro la porta della cucina, spalancandola con forza. Dawn, che non voleva perdersi lo spettacolo di un eventuale pestaggio, la inseguì con il barattolo di gelato fra le mani.
Lo spettacolo che si parò davanti agli occhi di Buffy quando entrò in salotto era incomprensibile. Non spaventoso o bizzarro, semplicemente incomprensibile. Un grosso cinghiale antropomorfo, un demone squamoso e qualcosa di orribile che stava spargendo della bava collosa ovunque – Il mio divano!, pensò lei, all’improvviso molto più infuriata di quanto già non fosse – che fissavano la telecamera di Andrew. Quest’ultimo guardava nell’obiettivo con aria professionale, mentre Anya se ne stava in piedi dietro di lui come una devota assistente alla regia.
I tre demoni sembravano imbarazzati.
“Allora, ehm… signori”, stava dicendo Andrew, in un tono che nei suoi sogni doveva suonare come impostato e professionale “Come avete vissuto la vostra nuova condizione demoniaca fino ad oggi?”.
Le creature si fissarono l’una con l’altra, come a dover decidere chi fra loro doveva essere la prima a prendere parola. “Ecco, io…”, iniziò Mathias “Non lo so, credo che mi ci vorrebbe, uhm, un po’ di tempo per pensare bene alla risposta…”.
E come diavolo aveva fatto a non sentire quella puzza? Buffy si portò meccanicamente una mano al naso, stringendosi le narici. Odore di marcio, di selvatico, di fogna. Non si limitava a ferire il naso: gli tirava un paio di ceffoni e poi lo insultava insinuando che sua madre fosse una prostituta.
La Cacciatrice si schiarì la voce, la faccia contratta. Dawn, a cui il puzzo mefitico sembrava non dare nessun fastidio e che stava infatti continuando a mangiare, si bloccò fissando alternativamente la sorella maggiore e l’eterogeneo gruppetto che si era solo in quel momento accorto della loro presenza. Andrew sembrava il più terrorizzato di tutti. “Oh, Buffy… cioé, ehm, Signora Cacciatrice…”.
“Cacciatrice?”, esclamò Frank terrorizzato. Dawn scoppiò in una risatina e il cucchiaio le cadde di bocca.
“Già”, disse Buffy, in tono furente ma perfettamente controllato. “E se non volete che vi faccia a pezzi e poi usi i vostri resti per concimare le mie aiuole, vi consiglio di lasciare questa casa immediatamente”.
Igor e Frank si alzarono di botto dal divano, lasciando una grossa chiazza umida e vischiosa sul tessuto.
Mathias invece non sembrava del tutto convinto. “Ma ci stava intervistando…”, osservò debolmente. “FUORI!”, urlò allora Buffy, indicando l’uscio Tutti seguirono con la testa la direzione in cui il suo dito puntava, come se da un momento all’altro si aspettassero che l’ingresso si spalancasse da solo. Poi i tre demoni scattarono come un sol mostro verso quella via di fuga.
“Un giorno torneremo qui per ucciderti, ti avverto, Anyanka!”, riuscì ad esclamare Mathias prima di sbattere la porta dietro di sé, senza suonare per niente minaccioso.
“Spero che i nostri vicini non fossero alla finestra”, osservò Dawn con noncuranza, chinandosi a raccogliere il suo cucchiaio.
“Oh, tanto qui tutti sono abituati a stranezze del genere", fece Anya.
Buffy sorrise. Sembrava essersi calmata, e questo rassicurò un po’ Andrew. Quando però le mani di lei si chiusero intorno al colletto della sua maglietta, non ne fu più tanto convinto.
“Adesso tu mi spiegherai per filo e per segno che cosa stava succedendo qui, poi io ti ammazzerò. D’accordo?”, disse lei, in tono tranquillo ed omicida.
“V-v-v-eramente i-io…”, iniziò a balbettare Andrew in maniera alquanto patetica.
Per sua fortuna, Anya gli venne in soccorso. “Buffy, lui non ha colpa. Quei tre sono venuti qui per uccidere me, ma Andrew è riuscito a distrarli. In pratica si potrebbe dire che mi ha salvato la vita”, spiegò, posando la mano su un braccio della Cacciatrice. Quella, allora, mollò la presa ed Andrew crollò in una massa goffa e piagnucolante sulla poltrona.
“Va bene, Andrew, non ti ucciderò”, concesse Buffy, poggiandosi le mani sui fianchi “Non sarebbe una punizione sufficientemente severa. In compenso, però, ripulirai questo porcile, da cima a fondo. Anche il sotterraneo e la soffitta. E lo farai da solo”.
“Ma questo è schiavismo!”, fece lui, ma l’altra lo inchiodò con uno sguardo.
“Preferisci forse l’altra alternativa?”.
“Dove sono stracci e scope?”, esclamò il ragazzo.
“Dawn, tieni d’occhio questo fallito. E tu, Anya, vedi di non farti coinvolgere nei suoi stupidi passatempi, la prossima volta. Io, invece, vado a dormire un po’ o giuro sul Primo che ammazzerò la prima persona che mi capiterà davanti”. E, dette queste parole, Buffy si incamminò a passi pesanti su per le scale.
“Grazie mille per avere preso le mie parti”, disse Andrew, chinando timidamente la testa in direzione di Anya.
Lei gli scoccò uno sguardo penetrante. “Certo che se hai davvero bisogno di farti difendere da una ragazza… Forse sei veramente gay”. La donna si chinò sul tavolino di fronte al divano, afferrando la lattina che Andrew le aveva portato qualche minuto prima. “Succo di pomodoro? A me fa schifo il succo di pomodoro! Andrew, sei davvero inutile”.
Anya stava per lasciare la stanza quando l’altro aprì bocca. “Posso chiederti una cosa? Come mai non avevi paura quando quei tre ti minacciavano?”.
Lei fece spallucce. “Erano degli idioti, perché avrebbero dovuto spaventarmi?”. Qualche secondo di attesa e poi aggiunse, cercando in tutti i modi di minimizzare la seconda parte della frase “E, ehm, avevo visto Dawn in cima alla scala che ci guardava". Anya si allontanò in direzione del bagno del piano terra, sicuramente alla ricerca di Xander che stava ancora tentando di riparare il gabinetto; Andrew si lasciò ricadere sulla poltrona e fissò il soggiorno, che era veramente in una condizione disperata. Sulla fodera del divano la macchia di bava lasciata da Frank si stava lentamente seccando. In essa si agitavano minuscole virgole scure, probabilmente parassiti.
Mentre stava per alzarsi ed iniziare l’infame lavoro di pulizia, il ragazzo abbassò gli occhi sulla videocamera, notando che era ancora in funzione. Esitò per un attimo, poi premette un piccolo pulsante rosso, quello che cancellava l’intero contenuto della memoria di registrazione.
Certo, il mio compito è documentare e ricordare per le future generazioni, pensò tetro mentre si incamminava verso il ripostiglio. Ma certe cose, se c’è la possibilità, è molto meglio dimenticarsele.
  
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