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Autore: Chara    24/03/2013    8 recensioni
Phoebe è una semplice ragazza inglese, dal carattere un po' spigoloso e una modesta esperienza di uomini imbecilli. L'incontro con Joseph Morgan le aprirà gli occhi su quanto non sia il caso di fare di tutta l'erba un fascio, anche se ci vorrà un bel po' di tempo prima che il suo cervello accetti che quella che prova nei confronti dell'attore non è semplice attrazione fisica.
STORIA DA REVISIONARE!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joseph Morgan, Joseph Morgan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 29

 

Subito dopo essere tornati dalla Francia, ci eravamo messi all’opera per sabotare la laurea di Tiana o, più precisamente, il suo laboratorio infernale con annessi scoop che riguardavano me, Joseph e la nostra presunta relazione clandestina portata avanti sin dal periodo in cui lui era felicemente e pubblicamente fidanzato con quella simpaticona di Emily. Una piccola parte di me si sentiva in colpa per quel che stavamo facendo, perché sapevo bene quanta fatica costasse realizzare una tesi che potesse colpire la commissione. Ma se avesse dovuto colpire me, beh, allora i sensi di colpa svanivano come neve al sole.

Incredibilmente riuscii a collaborare con Joseph senza litigare ogni cinque minuti, ma più che altro mi innervosii con Amber, che in quei giorni sosteneva che il sesso selvaggio giovasse al mio pessimo carattere. Mi infastidiva che ne parlasse davanti a Joseph e, soprattutto, mi infastidiva terribilmente diventare rossa come un pomodoro.

D’accordo, in realtà mi infastidiva che avesse ragione!

Ma io ero un tipo dannatamente orgoglioso, colpi bassi di quel genere dalla mia migliore amica preferivo non averne. Era anche vero che Amber non era mai stata una migliore amica convenzionale, ma piuttosto era insistente come il ronzio di un insetto e blaterava come una vecchia comare, ma le volevo bene ugualmente. Forse appunto per l’odiosità del suo carattere, odioso solo la metà di quanto non lo fosse il mio.

- Guarda che carina questa, che te ne pare? – esclamò Joseph, piegando la testa per osservare meglio lo scatto che ci ritraeva insieme. Allungai il collo per guardare meglio e sentii le mie guance accaldarsi leggermente: era quella sera in cui mi aveva aggredita sotto casa. Ricordavo quel momento: mi aveva appena liberato le labbra e ci stavamo fissando parecchio intensamente. Dalla foto non traspariva la reale intenzione del mio sguardo, ma non potevo credere che Joseph avesse dimenticato con quanto impegno lo stessi fulminando. E con quanta furia, soprattutto. Se avessi potuto, lo ricordo benissimo, l’avrei preso a schiaffi fino a fargli cambiare i connotati. Sarebbe stato un enorme spreco, quello sicuramente, ma forse sarebbe stato persino più terapeutico di una buona nottata di sesso, in barba a tutto quello che diceva Amber.

- Che sguardi intensi – ridacchiai sarcastica, beffandomi di lui.

- Ho il mio fascino – concesse con superiorità, atteggiandosi peggio di un pavone nella stagione degli amori. Era comico fino all’inverosimile, e provai un piacere perverso a spegnere quella sua arroganza.

- Stavo solamente valutando l’angolazione perfetta per un pugno, non vantarti troppo –

La sua espressione fu impagabile: era un incrocio tra un cane bastonato e un bambino che scopre che babbo natale non esiste. Ma stavo parlando con Joseph Morgan, non era da lui rimanersene buono a contemplare qualcuno che prendeva la rivalsa su di lui. Era egocentrico, logorroico e anche troppo sicuro di sé. Dopotutto lo diceva sua madre, chi ero io per darle torto?

- Pugno che poi non mi hai dato – precisò, assottigliando gli occhi. Era diventata una questione di principio vincere quel dibattito, forse per lui ancora più che per me.

- Ho preferito chiuderti il cancello in faccia –

- Stiamo litigando? – mormorò, sfiorando le mie labbra. Al diavolo, era sexy.

- Tu cosa pensi? – replicai. L’effetto che mi faceva era quasi sconvolgente: avevo già il respiro accelerato, solamente per un semplice sfiorarsi di labbra. Nemmeno mi aveva baciata, accidenti!

- Penso che dovrei farti stare zitta –

Ecco, in quel momento sì che mi stava baciando. Adoravo quel modo in cui riusciva a farmi sentire bellissima solo baciandomi. Forse era solo una mia impressione, forse era quello che il mio inconscio voleva sentire o forse era solamente il suo modo di baciare in generale. Ma la passione che ci metteva era così dirompente che non potevo non perdere il controllo.

Mi ritrovai stesa sul tavolino, sotto un tappeto di fotografie di noi due, e Joseph in piedi abbracciato dalle mie gambe. Era quasi inquietante, ovunque mi girassi vedevo immortalati attimi in cui i nostri occhi erano incatenati e sapevo che mi sarebbe bastato incrociare il suo sguardo anche in quel momento per rimanerne invischiata di nuovo.

Per quel motivo chiusi ostinatamente le palpebre e, intrecciando le dita ai suoi capelli, lo avvicinai ancora di più a me, come se la profondità di quel bacio non fosse abbastanza.

Aveva persino un altro sapore da quando avevo smesso di essere reticente. Riuscivo a godermi al meglio ogni suo tocco, come ad esempio quelle maledette dita curiose che si infiltravano sotto la maglietta e lasciavano carezze lievi intorno al mio ombelico.

Alle mie labbra sfuggì un sospiro e lo sentii sorridere, così aprii gli occhi. Mi guardava, quelle due meravigliose pozze di un azzurro stupefacente erano incatenate alle mie con una tale intensità da farmi sentire nuda, e arrossii.

Il suo sorriso si ampliò e, di nuovo, si tuffò sulla mia pelle, lambendomi il collo per il piacere perverso di sentirmi sospirare ininterrottamente. Non riuscivo a smettere, riuscivo solo a rafforzare la stretta delle mie gambe attorno ai suoi fianchi stretti e la presa delle mie dita ai suoi capelli. L’altra mano era intrecciata alla sua e posata sul tavolo a lato della mia testa. Stringeva così forte che pensai avesse paura che scappassi, ma non avrebbe dovuto preoccuparsene dato che avevo anche smesso di provarci.

- Mi piace litigare in questo modo – sussurrò, sfiorando con le labbra la pelle sensibile sotto il mio orecchio – Diventi docile –

Piantai le unghie nella sua schiena, al di sotto della maglietta, giusto per dimostrare quanto poco veritiere fossero le sue parole. Non ero docile, non lo ero mai stata.

- Non essere idiota – risposi dopo che, per bloccare la mia ripicca, si fu buttato sulle mie labbra – Ti piaccio proprio perché sai che non sarò mai docile e accomodante –

- Stai diventando troppo sicura di te stessa – protestò, ma i suoi occhi esprimevano soddisfazione e ammirazione, erano più sinceri delle sue parole e ormai avevo imparato cosa notare quando non ero sicura di ciò che mi diceva – Posso permettermi di esserlo a mia volta: io so perché non mi hai tirato quel pugno, quella sera –

- Sentiamo – sbuffai con sufficienza. Lo sapevamo entrambi che non l’avevo fatto solamente perché mi bloccava le mani, forse anche perché ero sempre stata troppo educata e perché Joseph non era Dave.

- Mi amavi già all’epoca – replicò sagace, ammiccando spudoratamente. Irrigidii le spalle contro la mia volontà, cercando in ogni modo di non farglielo notare. Ma eravamo troppo vicini, il suo corpo era a stretto contatto con il mio e sembrava quasi che la nostra pelle fosse una sola. Così, purtroppo, si rese conto perfettamente della mia reazione.

Quel comportamento era del tutto ingiustificato, d’accordo, perché lo sapevo che stava scherzando. Lui scherzava sempre, lanciava sempre tutte quelle frecciatine azzardate che permettevano una risposta fuggevole ma anche una conferma delle sue parole. Era un lato positivo, tutto sommato: lasciava sempre una via di fuga. Ma per me i sentimenti spiegati a parole erano qualcosa che non doveva esistere, così come non esisteva una scadenza, una data di inizio di un sentimento. Non c’era un preciso momento in cui l’affetto diventava amore, o l’amore smetteva di essere tale per trasformarsi in abitudine.

Fu quello il motivo della mia reazione. Non mi sarebbe stato impossibile fuggire da quella frase se non avessi voluto rispondere. E in realtà, per come si erano messe le cose, forse sarei arrivata al punto di confermargli di provare qualcosa per lui. Pensavo fosse palese, ma la sua espressione cambiò rapidamente e vidi la situazione sfuggirmi dalle dita come una piuma in una folata di vento.

- Joseph – esitai preoccupata, vedendo i suoi occhi adombrarsi leggermente – Scusami, io… -

- No, scusami tu – replicò subito mentre si alzava, cercando di nascondere la delusione che provava – Non dovevo azzardare così tanto, credevo che i miei sentimenti fossero ricambiati –

- Non sto dicendo questo – mi sollevai a mia volta, per cercare il suo sguardo che, però, non riuscii a trovare – Joseph, ascoltami… -

Non rispose più e la sua mascella indurita mi costrinse a desistere. Così scesi dal tavolo, evitando di guardare le fotografie sparse su di esso e mi affiancai a lui, affacciato alla finestra che dava sulla strada. Gli sfiorai una spalla con le dita, ma si ritrasse subito, come se si fosse scottato. Fu peggio di uno schiaffo, ma forse non era l’unico ad aver distribuito schiaffi negli ultimi minuti. Portai le spalle al muro, sperando che mi aiutasse a sorreggermi e a nascondere quanto le mie gambe fossero deboli.

Come potevamo esserci ridotti a litigare sul serio per una cosa così stupida?

- Scusami – ripeté per l’ennesima volta, il tono di voce sempre più lontano da ciò che diceva. Era curioso come continuassimo a scusarci, nonostante per l’orgoglio fosse una delle più difficili parole da pronunciare. Ma non ci stavamo scusando per davvero, non erano scuse sentite perché nessuno di noi era convinto di aver sbagliato – Avrei dovuto sapere che, dato il tuo carattere, i sentimenti fossero una cosa incomprensibile. Sono stato stupido io a credere che nel tuo petto battesse qualcosa. Evidentemente non possiamo essere qualcosa anche fuori dalle lenzuola -

- Stai parlando sul serio? – sbottai incredula, piazzandomi davanti ai suoi dannati occhi azzurri – Tu non hai capito come sto io, quello che provo! Hai totalmente frainteso il mio comportamento –

- E invece tu l’hai capito benissimo cosa passa nella mia testa, ma non te ne importa niente perché sei una dannata egoista! – sbottò serio forse come mai lo avevo visto.

- E allora lasciami in pace, lasciami marcire nel mio stupido brodo e trovati qualche bambolina che sorrida a comando e squittisca in preda alle convulsioni ogni volta che apri bocca! – i miei occhi erano pericolosamente lucidi, avrei dato un braccio per non piangere davanti alla sua maledetta faccia – Io non sono così, io sono difficile, e non gioco con i sentimenti. Perché, notizia flash, l’amore non è un gioco, non è rose e fiori e non ci sono nemmeno quelle collinette bucoliche che dipingono i pittori e tutti quegli idioti che ne parlano in questo modo. L’amore fa male, fa dannatamente male ed ogni volta è come se il mio cuore venisse strappato a morsi quando provo a lasciarmi andare. E quelle ferite rimangono per sempre, non guariscono mai! Quindi, davvero, scusami se non sono la donna che vorresti –

Avevo quasi il fiatone dopo quella confessione così sconvolgente, avevo messo la mia anima a nudo e sentivo già il mio cuore sanguinare di nuovo per colpa di quelle ferite di cui avevo parlato fino ad un momento prima.

- D’accordo – sussurrò senza voce, la mano che stringeva in modo così convulso il bordo della finestra scivolò lentamente verso il basso, fino a posarsi inerme lungo il suo fianco – Mi dispiace che Dave ti abbia inferto delle ferite così profonde, se è così che la vedi comprendo bene il tuo desiderio di solitudine. E ora comprendo anche l’entità di quei morsi di cui mi hai detto: fanno fottutamente male –

Si allontanò da me con lentezza, gli occhi bassi. Mi sentii un insetto, avrei voluto dire mille cose, ma dalle mie labbra non uscì nemmeno una parola. Ero di pietra, ma in quale modo avrei potuto rimediare al danno che avevo creato? Era troppo grande, ne avrei pagato le conseguenze per molto tempo. Ne avevo la certezza.

- Solo… - esitò, posando una mano sulla porta – Non volevo farti del male, non ho mai voluto –

E mi lasciò lì, uscendo di nuovo da quell’ingresso che, impietoso e muto come una statua di sale, si era goduto tutti i nostri battibecchi, i nostri baci e tutto quello che c’era stato. Era stato testimone di un sentimento che avevo bloccato sul nascere, incapace di relazionarmi con gli altri come sempre era stato. Aveva ragione Joseph, ero più arida del deserto del Gobi.

Mi accasciai lentamente contro il muro, fino ad arrivare a sedermi a terra. Le lacrime scendevano copiose dai miei occhi e rigavano il mio viso, solleticandomi la pelle. Era da tanto tempo che non piangevo più così, con un dolore così forte da non riuscire nemmeno a singhiozzare. Non sapevo nemmeno piangere, era incredibile.

- No, non andare – gemetti, stringendo i capelli tra le dita – Non hai capito nulla, non andare –

Ma ormai era troppo tardi, non mi avrebbe più sentita.



***



Sono sadica, non è un mistero :3
Ma, nonostante la lite, si sono detti delle cose davvero importanti che avranno un notevole peso sul prossimo e ultimo capitolo. Ricordatevi che vi ho garantito il lieto fine, quindi deponete le armi ^^'
Vorrei ringraziarvi per le recensioni, che sono più o meno la metà rispetto alla prima metà della storia, e vorrei sapere se sono io ad essere diventata noiosa oppure siete voi che non avete tempo. Giusto per farmi un'idea, nient'altro, perché non è mia abitudine chiedere recensioni.
Ok, vado a sputare l'ultimo pezzo di polmone che mi rimane, a domenica prossima, cioè pasqua xD

Giuggi

   
 
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