Sorrido.
Non ricordo quante volte ho ripetuto quel semplice gesto in pochi minuti. Esso si ripresenta sul mio viso ogni qualvolta le loro voci divertite accarezzano vellutate le pareti del salotto. Mi perdo nell’ascolto di quelle risate vivaci, che paiono pronte a tramutarsi in dolci melodie. Mi soffermo sull’analisi minuziosa dei loro abiti, lucidi come i loro occhi, che mi osservano brillanti di giovinezza. Nonostante sia certa che la loro attenzione non sia rivolta a me, abbasso lo sguardo, percependo quel rossore imbarazzato impadronirsi delle mie guance. Afferro brandelli dei loro discorsi e mi impegno a rinchiuderli in quell’angolo di memoria in cui avrei potuto frugare durante la mia malinconica vecchiaia.
John sistema la tesa del cappello sugli occhi e inclina il capo verso George. Si passa una mano sul collo, prima di cacciarla in tasca. Mi sorride malizioso quando nota la mia fervida curiosità riguardo ai suoi gesti.
George non sembra minimamente interessato a me e alla macchina fotografica che reggo a fatica. Osserva un punto lontano, come se potesse suggerirgli un’espressione adeguata all’occasione.
Ringo, invece, non sembra minimamente preoccupato della mia presenza. Sfodera il suo sorriso più sincero che dona un po’ d’allegria a quegli occhi tristi. Lascia scivolare le spalle verso George, che non abbandona la sua posa ingessata.
E poi lo vedo.
Ne scorgo chiaramente il profilo da dietro l’obbiettivo.
Prego in silenzio che la freddezza della fotografia che sono in procinto di scattare possa offrire una chiara trasposizione di quei lineamenti dolci, delle labbra morbide e le braccia esili elegantemente intrecciate.
Nascondo il viso dietro l’obbiettivo, approfittando di alcuni preziosi istanti per perdermi nel fulgore di quegli occhi che inconsapevolmente mi fissavano. Probabilmente non lo farebbero se la fotocamera non ci dividesse. Quel ragazzo preferirebbe rivolgere i propri sorrisi a una ragazza bella e raffinata piuttosto che alla giovane provinciale e anonima che sono.
Ma non m’importa.
Mi appago di quel momento, che solo io avverto inebriante.
Poi lo faccio.
Interrompo volontariamente quell’attimo sognante consapevole dell’importanza del mio lavoro, di gran lunga superiore a quella delle mie fantasie.
Spingo il bottone.
Faccio un cenno d’assenso ai ragazzi che rilassano le spalle e lasciano la stanza.
E rimango sola con i miei sogni.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Non ho resistito a pubblicare questa nuova e breve storia che avevo in mente da alcuni giorni.
Come sempre aspetto ansiosa le vostre recensioni che ritengo di fondamentale importanza.
Grazie a chi commenterà e a quei lettori silenziosi che mi fa comunque piacere avere ;)
Giulia