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Autore: betacchi    24/03/2013    1 recensioni
Ηερακλες Καρπουσι.
Perché hai scelto quel nome, Grecia? Perché non un altro? Perché non avvicinarsi ai cognomi della tua terra, perché riprendere il nome di un eroe?
O Ellada, tu mai riuscirai ad abbandonare quello che era il tuo passato. O Ellada, tu mai riuscirai ad osservare il tuo presente.
Ellada vive per chi ricorda. Ellada è eroe per chi ricorda.
{ Axis Powers Hetalia; Grecia; Introspettivo; No pair. }
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Grecia/Heracles Karpusi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{ ragionamento pre-fic!
• Ηερακλες;
E il nome greco dell'eroe Eracle (Hercules in latino, conosciuto meglio con il nome di Ercole). È uno dei più conosciuti eroi della mitologia greca, figlio di Zeus e Europa, il quale fu odiato dalla dea Era e il quale fu costretto a compiere le famose 'dodici fatiche'. Sorvoliamo sulla sua fine e ciò che viene dopo il compimento delle suddette fatiche, e possiamo tranquillamente intendere -dicendo il suo nome- una persona che impiega la sua vita al fine d'aiutare le persone;

• Καρπουσι;
Ecco, qui c'è un ragionamento leggermente più complesso dietro: il termine deriva dal verbo greco καρποω che -all'attivo- ha il significato di 'dare frutti, fruttare'.
Esso, grammaticalmente, può essere:
1. Terza persona plurale del presente attivo;
2. Dativo plurale del participio attivo.
Io ho voluto considerarlo dativo plurale, quindi, "a/per coloro che fruttano" -anche se ci sono diverse traduzioni per il singolo dativo.

Insieme, ha provato a tradurre il tutto come se ci fosse un verbo essere sottinteso:
"Ηερακλες Καρπουσι είμι." ovvero "sono Eracle per coloro che fruttano."

Ora, coloro che fruttano, solitamente, sono gli alberi. Da qui il discorso che il ragazzo ha con le sopraccitate piante. Spero di non aver toppato (?) in qualche punto in questo mio contorto ragionamento, e che la fiction vada bene.
Buona lettura,
betacchi. }

| (είμι)




Le bianche nuvole d'estate transitavano pigramente sulle colline brulle di Grecia, riparando un giovane ragazzo dal cocente sole che l'aveva investito fino a quel momento.
Nuvole bianche, come la barba d'un vecchio saggio, come la neve che mai sarebbe stato in grado di toccare, se non sulla vetta del più alto monte delle sue terre.

Bianco.
Puro, come l'animo che non aveva. Il suo era macchiato, devastato. Era nero, marcio. 
Lui era marcio.

Il giovane s'alza, sospirando, ed uno dei tanti gatti che lo circondavano corre via, spaventato.
Spaventato dal suo movimento, spaventato da lui. Corre, si nasconde dietro un albero.
Il giovane s'avvicina. Il gatto fugge via, sparisce.
Nessun esser voleva avvicinarsi a lui; non era puro. Non più.

« Vecchio amico, è da tanto che sei qui? »

Si rivolge all'albero, distratto. Si rivolge a lui come si rivolgerebbe ad un uomo, quasi fosse vivo.
Ma lui è vivo. Per il giovane lo è.
È vivo e ascolta, in silenzio. Lui sa tutto, conosce tutti, apprende ogni cosa.
L'albero è onnisciente.

« E tu vai protetto. » afferma, in un sussurro, quando una mela gli cade in testa.

Eureka! -certo, quel tedesco con la lingua di fuori c'avrebbe tratto chissà quale stramba teoria sull'universo. Quello stesso universo che in tanti si vantavano di conoscere quando lui era importante quanto un dio.
Quando lui era un dio.
Eroe per gente comune, eroe e dio, salvatore di genti. Quando lo chiamavano Ηερακλες, paragonandolo al più grande degli eroi.
Un figlio di Zeus! Puro, bianco, divino.

« Albero, amico, anche tu ora mi scansi? »

Non era più puro, non era più bianco. Non era un vero Eracle, solo un fantasma di tempi passati. Di gloriose ere, di vittorie e sconfitte, guerre e predomini. Di quando il mondo si divideva in greco e barbaro.

Fantasma. Eroe caduto. Non più Ηερακλες di fatto, solo di nome.

« Non son per te un eroe d'altri tempi, tu che mi ricordi come tale? » s'avvicina nuovamente, accarezzando la ruvida corteggia di quel secolare albero.
No, non un albero, un saggio. Non un albero, un registro. Non un albero, qualcuno da proteggere.

L'albero scuote nervosamente la sua chioma, mentre la brezza s'alza con il più veloce spostarsi delle bianche nuvole.
Il puro fugge, scappa; l'albero, con i suoi compagni dietro di lui, lo salutano, occupando le orecchie dell'eroe caduto con i loro canti d'addio.

« Io vi riporterò il puro. Io tornerò puro. Per voi. »
Per gli alberi. No, non per gli uomini.
Gli uomini son capricciosi. Desiderano, e quindi rubano, son gelosi, affamati di potere e di tutto ciò che riescono ad ottenere.
Gli uomini hanno fame, gli uomini uccidono per sfamarsi.
Uccidono, si uccidono.

« Eroe. »

Non più puro, non più eroe per gli uomini. Non più semidio: i più giovani eran giunti a comunicargli che Zeus era errato, che l'Olimpo era errato.
Che pregare dei pagani andava contro il vero dio.
Un vero dio. No, non c'era nulla come un dio. Nulla era così puro. Il loro dio era perfetto, era bianco, puro.
I suoi dei erano capricciosi, umani, sporchi, neri. Avevano forma e raccontavano storie. Piangevano, mangiavano.
Avevano fame.

Ma lui avrebbe resistito alla fame. Avrebbe fatto digiuno di potere, d'emozioni, di sentimenti.
Sarebbe diventato puro per proteggere il suo passato.

« Ηερακλες Καρπουσι είμι. »



Note dell'autrice: Ave!
Allora, salve gente. Scrissi questa fanfic quest'estate per partecipare ad un contest che, buh, non ho la più pallida idea di che fine abbia fatto, quindi eccomi qui a postarla dopo molti mesi di attesa. Ricordo di essermi impegnata molto nella scrittura di ciò e di averci fatto tutto un ragionamento dietro (che vi ho messo ad inizio fanfic), supportato anche dal mio amato GI (luv ya) e dalla mia noia estiva.
Spero la cosa non sia troppo noiosa, perché secondo me è abbastanza ganza (?). Well, haven't got anymore to add! Hope you enjoyed~
A presto!

betacchi.

   
 
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