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Autore: mizuki95    24/03/2013    1 recensioni
Fan fiction sulla GaryxTimmy. Sull'Isola dei Desideri Indesiderati la vita è perfetta, ma c'è una persona che non riesce a godersela pienamente. Perché Gary avverte un grande senso di vuoto? Parlarne con Tommy lo aiuterà a comprendere i suoi sentimenti?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Timmy Turner
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tuttie, sono l'autrice! Questa è la mia prima fan fiction su questo fandom, per cui spero mi scuserete se ho fatto gaffe madornali (o almeno spero che lo farete)! xD Comunque sia, ci sono diverse pecche che non riesco a correggere: non vedendo da un po' il cartone, non mi ricordo bene il nome dell'isola, nè se Timmy ha espresso il desiderio di avere un fratello o di avere un fratello perfetto. Ho scritto questa storia perché sin da bambina adoro la GaryxTimmy (ho sempre sperato che le cose si sistemassero e che Gary si sarebbe trasferito a vivere dai Turner per sempre) e volevo mettere su carta quest'idea. Sono consapevole di aver fatto Gary troppo sensibile e piagnone, ma è così che me lo sono immaginata a distanza di tempo dall'ultimo incontro con Timmy, a cui ha dedicato praticamente tutta la sua vita (la prima parte amandolo, la seconda odiandolo). Non sapendo che altro dire, mi dileguo...leggete e recensite, grazie! xD

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Gary era infelice. Nonostante la vita che trascorreva nell’Isola dei Desideri Indesiderati fosse perfetta, sentiva che mancava qualcosa.
 
Ogni mattino era svegliato da un Timmy-clone che gli faceva trovar pronta l’acqua nella vasca da bagno e una sostanziosa quanto deliziosa colazione, inoltre si offriva per essere preso a pugni; all’ora di pranzo, che seguiva un’entusiasmante partita di pallavolo contro Zucchinator o una competizione fisica contro un altro desiderio indesiderato, un menù molto vario riempiva il lunghissimo tavolo da cui si servivano tutti gli abitanti dell’isola, e i Timmy-cloni si lasciavano picchiare dai commensali prima, durante e dopo il pasto; il pomeriggio lo passava oziando oppure facendo cose “cool” come camminare in modo figo, cambiare la forma del suo lunghissimo ciuffo o ad usare un Timmy-clone come pallone da calcio; la notte non dormiva mai, a causa delle feste stratosferiche che organizzava per la gioia degli abitanti dell’isola e per la propria fama – essere popolari era molto cool.
 
Eppure, sentiva un grande vuoto dentro di sé, di cui ignorava la ragione e non riusciva a colmare né a venirne a capo.
 
Allora decise di parlarne con l’unico individuo presente sull’isola abbastanza discreto ed esperto che lo potesse aiutare: si recò dal fratello perfetto che una volta Timmy aveva desiderato di avere, Tommy.
 
«E’ semplice, amico: ti manca Timmy» esordì quello, dopo aver udito il moro esporgli il suo problema, entrambi comodamente sdraiati sulle sedie sdraio a righe azzurre e bianche poste davanti all’unica e grandissima piscina presente sull’isola «Ti sbagli alla grande, coso! Perché mi dovrebbe mancare TimTim? La vita qui sull’isola è fantastica, e poi i suoi cloni sono dappertutto!»
 
«E’ questo il punto: sono tutti cloni perfetti e accondiscendenti, ma nessuno è il vero Timmy» spiegò con calma il ragazzo, ma Gary ribatté «E con questo? Perché mai mi dovrebbe mancare quel bambino sempre sorridente, lunatico, egoista, che mi ha creato e mi ha voluto bene solo fino a quando non gli sono servito più… che mi ha rinchiuso nella sua mente, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme… che mi ha abbandonato come fossi un giocattolo vecchio…».
 
Il bambino tentò di trattenere i singhiozzi, e si coprì gli occhi – una volta tanto non indossava gli occhiali da sole – con gli avambracci mentre si ripeteva mentalmente “Non piangere, non è cool, non è cool, non è cool…”.
 
Tommy sapeva bene di non esistere da non più di una manciata di mesi, ma a causa del desiderio di Timmy di avere un fratello perfetto, egli era capace di comprendere i sentimenti del bambino immaginario, eppure gli chiese comunque «Non sei ancora riuscito a perdonarlo? Lo odi ancora?»
 
«Io… io non so se lo odio ancora…» rispose il moro, tentando nel frattempo di darsi un po’ di contegno «Quando ripenso ai momenti che abbiamo passato insieme, come quella volta che ho preso a mazzate il mostro verde nell’armadio, o quella volta che siamo andati dallo psichiatra perché i suoi genitori non credevano nella mia esistenza, o ancora quando giocavamo insieme, inventandoci mondi fantastici e avventure eroiche… mi sale una specie di groppo in gola, mi sento malissimo… e vorrei solo tornare al suo fianco…» «Penso di comprendere quello che vuoi dire, amico, ma purtroppo è un desiderio impossibile da realizzare» disse Tommy rimproverandosi mentalmente della propria sincerità, ma pur sapendo che non sarebbe stato giusto nemmeno illuderlo.
 
Anche Gary si rimproverava mentalmente: si rimproverava di aver fatto il figo insensibile quando Timmy aveva espresso il desiderio di riaverlo con sé, quando avrebbe dovuto solo ascoltare il proprio cuore e abbracciarlo forte; si rimproverava di aver tentato di allontanare i genitori di Timmy dal figlio, mosso dalla rabbia covata durante le sedute dallo psichiatra; si rimproverava di aver tentato di rubare a Timmy gli amici che il bambino si era fatto negli ultimi cinque anni – amici di cui non sapeva nulla, se avesse potuto lasciar loro Timmy o meno; si rimproverava di aver odiato quel bambino che lo aveva creato, con cui aveva passato momenti belli e brutti; si rimproverava dei suoi tentativi di sbarazzarsi di lui, quando avrebbe solo voluto dirgli che…
 
Tommy decise di lasciar solo il bambino con i suoi pensieri, e dopo avergli promesso di mantenere il più completo riserbo su quello di cui avevano parlato, si allontanò e prese parte alla gara di nuoto che gli altri desideri indesiderati stavano organizzando sul momento.
 
Gary era ancora troppo piccolo per comprendere cosa fosse l’amore, ma l’essersi reso conto di cosa lo tormentasse tanto lo avrebbe segnato a vita.
 
Sapeva bene che avrebbe continuato a soffrire, e nei brevi momenti trascorsi da solo avrebbe pensato solo a lui, e avrebbe sempre pensato con la stessa intensità “Puoi sentirmi?”.
 
E in quei momenti, si sarebbe anche reso conto di quanto utili fossero gli occhiali da sole.
 
                                                                                                 

                                                                                                      THE END
  
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