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Autore: Shireen    24/03/2013    5 recensioni
È forse pazza, Soave?
È forse cattiva, Soave?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È notte. Tutti dormono. Soave no. Soave ha pensieri troppo importanti per la testa. Le impediscono di dormire.
Hanno detto che è pazza. È forse pazza, Soave?
Hanno detto che è cattiva. È forse cattiva, Soave?
Hanno detto che il suo nome non le si addice per niente. È forse poco soave, Soave?
Hanno detto che è mutevole come il tempo, che non le va mai bene niente. È forse davvero così, Soave?
Ancora non crede che l’abbiano detto veramente. Eppure l’ha sentito. Ha origliato. L’hanno detto.
Per loro non è mai stata adatta. Non è decisamente mai stata adatta. Mai.
Non dovrebbe nemmeno trovarsi lì, per loro. Andrebbe rinchiusa, per loro.
Si alza dal letto, va verso la cucina. Lui, il padre di Soave, siede al tavolo. Lei prende due bicchieri colmi di latte; ne mette uno di fronte a lui, e, con in mano l’altro, prende posto sulla sedia di fronte.
«Sono cattiva? Sono pazza, papà?» Chiede, rivolta più a se stessa che all’uomo.
Non riceve risposta.
Beve un sorso di latte. L’altro bicchiere non viene nemmeno sfiorato. Lei lo guarda, delusa. Ha involontariamente fatto un altro gesto sbagliato, inconsueto, inadeguato? L’ennesimo.
«Sei silenzioso. Andrò dagli altri» dice alzandosi, ed esce dalla cucina.
Entra nel salotto. Sono tutti seduti sul divano. La nonna, la madre, lo zio, la sorella ed il fratello.
È una famiglia unita, la loro. Una famiglia modello. Senza Soave, naturalmente.
Soave andrebbe cancellata. È uno sbaglio. È sempre stata inutile.
«Mi rinchiuderete? Perché mi rinchiuderete? Io non sono pazza!» Urla.
È forse pazza? Non ha mai pensato d’essere pazza.
Non riceve risposta.
Nessuno si è mai curato di risponderle. È forse degna di ricevere risposte, Soave? No, naturalmente.
È sempre stata una delusione. Una delusione quando, da piccola, non giocava con gli altri bambini. Una delusione quando, da adolescente, non si comportava come gli altri. Una delusione quando, da adulta, non ha mai voluto essere indipendente, lontana dalla famiglia.
Non poteva continuare così, dicevano. Doveva andarsene. Non era più una bambina, dicevano. È un pericolo per se stessa, è un peso. È un peso.
«Non sono un peso. Siamo tutti felici. Ditelo, che siamo tutti felici» dice guardandoli uno ad uno.
«Ditelo!» Si mette a saltare.
Dalla cucina si sente un tonfo. Soave sussulta. Si dirige nella stanza per vedere cos’è successo.
«Ma che sbadato! Sei caduto dalla sedia! E poi sono io quella sgraziata…» Ride e si avvicina all’uomo. Lo tira su di peso e lo risistema a fatica sulla sedia.
Si sente un altro tonfo. Questa volta proviene dal salotto.
Entrata nella stanza, sbuffa.
«Anche voi!»
Si avvicina e fa sedere ben dritti tutti gli altri parenti.
«Attenti, però, la prossima volta. Non posso passare tutto il mio tempo a badare a voi.»
Si allontana di qualche passo, ad ammirare la sua opera.
Le braccia sui fianchi, un sorriso soddisfatto stampato in volto.
“Si decomporranno. Non puoi tenere dei cadaveri in casa, Soave” aveva spiegato paziente la nonna, credendo si trattasse dell’ennesimo delirio, quando le aveva esposto il suo pensiero.
Soave aveva pensato che si sbagliava. Li può tenere, lei, dei cadaveri in casa. Li può tenere eccome. Che sarà mai, poi? Un piccolo prezzo da pagare per avere finalmente una famiglia unita.
Una famiglia perfetta è ora, quella di Soave.

   
 
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