Appena arrivato
all’altare, Don
Camillo spalancò le braccia e disse a tutti i fedeli di
stare zitti. Si stava
celebrando il funerale di Vincenzo Ammendola, morto di vecchiaia ( non
ci
credo, impossibile! ) alla modesta età di 89 anni. Il
parroco era proprio
vicino alla bara e squadrava da capo a piede il frutto rinsecchito
della vita,
provando un senso di tristezza nel sapere che aveva perso una delle
persone che
offriva di più in chiesa. Fu proprio per questo che suo
nipote, appena
diciottenne, fu ripulito davanti a tutti i presenti, in memoria di
quell’uomo
straordinario.
<<
Ora, dopo il saluto dei
parenti di questa docile bestia morta, possiamo portarlo nel luogo dove
riposerà per sempre >>.
Il chierichetto
vicino a lui si
schiarì la voce e disse: << Ma veramente
devono ancora salutarlo
>>.
Don Camillo lo
guardò con occhi
infuocati e rispose: << Lo hanno fatto, la
realtà obbedisce alla mia
parola! >>.
Nessuno
fiatò, nessuno ribadì.
Saltò,
usando la bara come tavola da
surf, e portandola fuori, dove sarebbe stata caricata e portata in
cimitero.
Ma fu proprio
qui che egli incontrò
il becchino, diventato miliardario ( e ci credo ), tanto ricco e
viziato da
comprarsi una ferrari e farla modificare in modo che dentro ci potesse
stare
una bara. Vestito di seta pregiata, guardava il Don con sorriso
rispettoso,
visto che grazie a lui il tasso di mortalità a Boscotrecase
era aumentato
vertiginosamente. Oramai lo venerava come un Dio, tanto da essersi
costruito un
altarino in casa, dove lo pregava tutti i giorni di dare sfogo alla sua
sete di
sangue.
Il Don
approfittò dell’incontro per
farsi pagare il pizzo.
<<
O mi paghi o non ammazzo più
nessuno! >>. Questa era da sempre la sua minaccia
più convincente.
Dopo aver
incassato i diamanti del
Venezuela, la bara fu portata fuori a fatica dalla ormai vedova
dell’uomo: una
grassoccia signora di 85 anni che decise di sua spontanea
volontà, per nulla
costretta dal parroco ( ma per carità ), a portare da sola
la bara sulle
spalle. Dopo diciassette chilometri di sofferenze, la vecchia
arrivò finalmente
al cimitero ( nel senso che, per lo sforzo, era morta pure lei).
Don Camillo
guardava soddisfatto il
chierichetto di fronte a lui, che manteneva la testa china.
<<
HAHAHAAHAH! Ho vinto la
scommessa! La vecchia ha tirato le cuoia! Fuori i soldi!
>>.
Il chierichetto
sborsò cento euro e
si fece prendere a calci in culo per tutti i restanti trenta chilometri
dal
cimitero.
Vista questa
improvvisa morte, il
becchino fu così costretto a portare in fretta e furia
un’altra bara, non senza
mostrare un sorriso di gioia e lacrime di commozione.
“La
vita è bella e breve!”, pensò.
Ed ecco che le
due bare furono
disposte l’una vicino all’altra. Don Camillo,
nell’intento di benedire i due
corpi con l’incenso, colpì anche il giovane
nipote, che cadde a terra,
rantolante di dolore.
<<
Vincenzo non morire!
>>. Urlò il padre, disperato.
<<
Secondo me non ce la fa
>>. Disse il becchino, imbucatosi al funerale e
massaggiandosi le mani.
Ma Don Camillo
disse che quelle poche
gocce che lo avevano colpito, non potevano certo ucciderlo. E infatti
gli
fecero perdere solo l’uso della vista, ma hei, infatti non
è morto, visto?
Il ragazzo fu
medicato dallo stesso
parroco, che gli mise una mano in faccia e gli premette forte le dita
negli
occhi ( ah, ecco perché ha perso la vista… ), ma
tutto questo solo per
ricordargli che gli occhi non servono quando hai la fede.
<<
Ma io non sono sposato!
>> Disse il giovane Vincenzo ( … ).
Beh, che dire,
questa fu senz’altro
la goccia che fece traboccare il vaso. Il parroco, con sguardo freddato
dalla
battuta di quell’essere che era passato dal grado di
“nullità” al grado di
“merdaccia
ambulante”, decise di far diventare ancora più
ricco il becchino, che non
poteva fare a meno di sorridere per la disgrazia.
Dopo la morte di
un altro zio, di un
piccione e di un canguro australiano, il funerale fu finalmente
concluso e Don
Camillo non poté fare a meno di esultare, lanciando via una
pietra, che sorvolò
tutto il cimitero e colpì il custode proprio in testa,
uccidendo anche lui.
<<
Cavoli padre, oggi sono
morte un sacco di persone! >> Disse il chierichetto.
<<
Già >>. Disse,
insoddisfatto dal numero delle vittime giornaliere << Ci
manca solo che
muoia il becchino… >>.
Manco a farlo
apposta, un malore
colpì l’interessato, proprio mentre faceva ritorno
al cimitero. Insomma la
Morte non aveva avuto proprio il tempo di riposarsi quel giorno, ed era
tanto
stanca da voler chiedere una settimana di ferie al padre Eterno. Ella,
dopo
aver avuto a che fare con i primi massacri del parroco, non aveva
potuto fare a
meno di finire in cura da uno psicologo, stanca e stressata dal troppo
lavorare.
<<
Lui un giorno morirà e tutto
si risolverà >>. Disse il medico.
La Morte si
sentì sollevata. Tornò a
casa, contenta più che mai. Entrò e si diresse in
bagno, dove aveva intenzione
di farsi un bel bagno. Ma l’aria era pesante, oscura.
Qualcosa di molto grave
stava per succedere. Una strana presenza, la sensazione terribile di
non essere
soli. Si girò, trovandosi Don Camillo di faccia, che
sghignazzava con la bava
alla bocca.
<<
Ce ne sono altri tre!
>>.
<<
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH! >>.
Lei svenne, lui
sorrise.