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Autore: cocochokocookie    25/03/2013    1 recensioni
« Está listo. » ripetè, stavolta bofonchiando e fissando con sguardo omicida il biondo usurpatore di giaciglio. Restò fermo qualche istante, il viso dall'espressione tetra, prima di sospirare ed infilarsi a sua volta nel letto, ritrovandosi ben presto avvolto da braccia conosciute e dai musocli ben delineati.
« Je suis désolé. Reste ici, s'il vous plaît. »
Genere: Fluff, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'll take care of you
I'll take care of you



Il locale era illuminato dalle ampie vetrate a parete dalle superfici oscurate alla vista esterna che davano sulla balconata piastrellata e dall'alta parete di cinta. Sopra questa, una rondine posava le zampe artigliate, in cerca di cibo lungo i vasi di gerani che decoravano abbondantemente l'intero perimetro entro il quale un tavolino di ferro battuto e delle sedie scure erano state disposte.
La moka fischiava insistentemente dalla cucina di granito rosso, mentre il vapore si levava al soffitto della stanza, ma non sarebbe giunto nessuno prima di qualche minuto quando, sbadigliando sonoramente e trascinando i piedi nudi tra le pieghe di un paio di pantaloni troppo larghi e lunghi, il padrone di casa si accurò di spegnere il gas e lasciar raffreddare un minimo il manico dell'oggetto.
« Está listo.* » un mugugnio non molto convinto né udibile ad altri oltre le mura della cucina, a dire il vero, ma l'avviso era stato lanciato, a suo parere. Indi si volse per dirigersi con la medesima, entusiasmante lena nella propria stanza a gettarsi nuovamente sulle coperte, prima di ritrovare una figura nuova sotto le proprie lenzuola, fissando il rigonfiamento vermiglio che ri sigirava al suono della porta aperta.
« Está listo. » ripetè, stavolta bofonchiando e fissando con sguardo omicida il biondo usurpatore di giaciglio. Restò fermo qualche istante, il viso dall'espressione tetra, prima di sospirare ed infilarsi a sua volta nel letto, ritrovandosi ben presto avvolto da braccia conosciute e dai musocli ben delineati.
« Je suis désolé. Reste ici, s'il vous plaît.** » 


Cadenzato come un'orologio di manifattura elvetica, quel momento pareva ripetersi all'infinito fin da tempi antichi. E da allora entrambi non facevano che rincorrersi con insana cadenza e continuità, come un'infinita corsa di bighe all'Amphitheatrum Flavium. O almeno così pareva, tra bestie agl'occhi dell'uno o compagni di gare allo sguardo dell'altro.
Poco importava quante volte sarebbero tornati l'uno all'uscio dell'altro, qualcosa, qualcuno li avrebbe sempre allontanati come magneti del medesimo polo. Fratelli di sangue, si riconoscevano l'uno negli specchi dell'altro, tra le vie della città i riflessi della propria immagine richiamavano ad entrambi le superfici marine nelle quali erano avvezzi giocare da bambini.
Schiena e gambe l'uno dell'altro, poco avevano importato le monarchie e le guerre che li avevano visti fronteggiarsi ed infliggersi ferite. Si erano sempre salvati dal fato comune sfiorato più volte per cieca fame di potere mista al mesto ricordo d'un padre tanto assente quanto imponente.


Gli zoccoli dei cavalli calavano veloci e possenti lungo la strada lastricata, l'ordine era chiaro, conciso ed il passeggero aveva espresso fin da subito una fretta non indifferente, data la costante ed imparziale eleganza cordiale con la quale solitamente si rivolgeva alla servitù. Qualcosa lo impensieriva, era chiaro ed alquanto inquietante, per un suddito.
Il cocchiere tirò bruscamente le redini degli equini di razza e dal manto candido, ma il padrone non attardò nemmeno i pochi istanti dovuti all'etichetta, aprendo la porticina della carrozza finemente intagliata e dipinta e scendendo da sé, il cappello dall'ampia e morbida piuma tinta di celeste ricurva all'indietro sul cappello a falda ampia, tipico della moda del tempo.
Entrò nel complesso palazziale senza annuncio o presentaizone alcuna, non ne aveva bisogno, nonostante un'ipotetico cambio generazionale delle governanti e dei gendarmi, la sua presenza negli ultimi anni era così frequente da esser riconosciuto dal solo abbigliamento sfarzoso e dallo stile del Paese confinante.
Il suono delle suole rialzate rimbombava per i corridoi magnificenti ed incisi in ogni dove da parole di fede, seppur in scrittura araba, fino a quando non furono a poca distanza dal padrone di casa, entro un cortile circoscritto da colonne bianche e sottili, sui capitelli dall'aspetto pesante, le incisioni arabeggianti venivano ripetute ancora ed ancora, fino alla nausea, a suo dire.
Appoggiato con la schiena al bordo della fontana apparentemente sorretta da preziose statue leonine e colma d'acqua ferma, stava una figura maschile alta quanto lui, cromaticamente vestita d'opposto e dagli abiti d'altra fattura e tessuto leggero, le calure dei due Paesi erano a dir poco differenti sotto la dislocazione del palazzo reale.
« Perché non sei alla parata?*** Non è da te saltare certe pomponerie. » 
Nemmeno un saluto al confinante, al che quest'ultimo roteò gli occhi con abituale fare teatrale, portandosi la mancina al fianco, accanto al fioretto dall'impugnatura dorata e si avvicinò all'altro, l'espressione nuovamente severa e scocciata, per quanto la controparte potesse averlo preso in contropiede, zittendolo ancor prima della sfuriata per la quale aveva sopportato strade tanto dissestate e polverose.
« Perché non sei venuto tu, piuttosto! Confidi veramente così poco in questa pace? Oppure tieni alla guerra più di quanto alla vita dei tuoi soldati? »
La voce frustrata e l'inflessione morbida delle parole si piegavano alla rabbia con soddisfazione, quasi. Come aveva potuto piccarlo a quella maniera in un momento tanto importante, ad una proclamazione di pace tra le due monarchie più potenti al mondo?
« Gilbert è più che sufficiente, il Sacro Romano Impero non è poi questo gran problema per il tuo governo. » replicò lo spagnolo, sospirando e spostando il peso del corpo e delle vesti da parata sugli arti inferiori, staccandosi dalla statua leonina dalla fronte incisa. « Al contrario di me. » concluse quindi, incrociando le braccia al petto ampio e voltandosi frontalmente rispetto all'ospite dai biondi e lunghi capelli legati.
« Sei la patria dell'Imperatore! Mi vuoi prendere in giro?! » rispose questi, mentre si avvicinava di pochi passi alla figura dell'ispanico, gesticolando appena per incanalare la rabbia in qualsivoglia modo che non fosse prender l'altro per la collottola e fargli prendere a testate una delle preziosissime quanto dure colonne di marmo bianco del cortile rettangolare. « È forse per questo? Volevi vedere tutto questo ridicolizzato dalla tua assenza? Una delle Nazioni principali del trattato che non si presenta a questo! Hai idea di quanto possa essere stato imbarazzante per me e Francesco? Vuoi davvero ricominciare ad imbracciar alabarde contro di me domattina? » sibilò, la voce carica d'amara delusione.
Antonio si volse durante l'intero discorso dell'altro, osservando ancora la fontana e sorridendo appena.
« Cosa avrei dovuto fare? Mi hai invaso, Francis. Hai bellamente ignorato ogni singola parola che ci siamo scambiati da anni a questa parte, tutto per accondiscendere un Re timoroso della propria resistenza. Hai paura? Hai paura di me e di Gilbert, Franc-? ****» la risposta dura, fredda e quasi atona dell'iberico gelò il sangue del francofono, il quale non gli permise nemmeno di concludere l'ultima frase dal suono dolorosamente retorico, cedendo alla tensione e lasciando un ampio e vermiglio segno sulla gota del fratello, lasciando calare poi un silenzio sull'intero palazzo di Granada.
« Mai viaggio fu più inutile. » il francese ruppe il silenzio, lasciando ricadere il braccio destro lungo il fianco, osservando il viso dell'altro, il quale ancora non pareva muoversi. Almeno fino a quando non scoppiò a ridere in modo fragoroso e divertito, nonostante la pelle della guancia ferita tirasse e dolesse per il colpo ricevuto. Rideva e rideva, finendo per appoggiarsi ancora alla fontana dei leoni, osservando il proprio riflesso tra le risate e guardando poi il fratello biondo, il quale pareva atterrito dalla reazione. Non capiva se esserne ulteriormente offeso nell'amor proprio o se lo spagnolo avesse solamente e definitivamente perso la zucca.
« Erano secoli che non mi colpivi fuori dal campo di battaglia. » si spiegò il poveretto dato oramai per ammattito, avvicinandoglisi ed abbracciandolo, mentre il biondo ancora resava basito e con le braccia inermi lungo i fianchi, unicamente confuso da tutto ciò.
« Non somigliamo nemmeno all'ombra di noi stessi. »  


« Cos'è questa storia?! » la voce echeggiò nell'ampia sala, poco dopo che il frastuono dello schiantarsi del portone contro le pareti dipinte e ricolme di quadri, alcuni dei quali caduti a terra nell'impeto dell'impatto.  Avanzò ad ampie facate, percorrendo il lungo e raffinato tappeto scarlatto posto sull'ampio pavimento marmoreo della grande sala del trono. Sopra la breve scalinata dietro la quale pendevano pesanti tendaggi decorativi, la Nazione imperatrice osservava la pantomima teatrale e quasi noiosa dell'ospite, alquanto scortese a quanto pare.
« Quale storia? » un sospiro scocciato, simile a quello del padre che ode per la centesima volta la medesima scusa per una cattiva quanto costante pessima resa scolastica del figlio, accompagnò le parole del francese, i cui occhi celesti parevano più interessati all'esaminazione del tessuto del trono piuttosto che alla familiare figura dell'ispanico.
« Un italiano? Un italiano al trono di Madrid? È uno scherzo, vero? » esclamò in risposta il fratello, incamminandosi per le basse scale preziose, tentando di forzare l'attenzione del francese su di sé. Se aveva intenzione di concedere Parigi a Buonaparte, checché ne dicessero anagrafi autorevoli o dominazioni dell'ultimo minuto, tanto meglio per lui*****. Ma che non si azzardasse a piazzarne il fratello maggiore come suo capo, come se le guerre di indipendenza che scuotevano la sua terra contro la Francia non fossero abbastanza, come se l'alleanza con Arthur e sua sorella Portogallo non fosse sufficientemente doloroso ed imbarazzante. E se l'unico modo per farsi ascoltare era schiaffeggiare al suo viso d'essersi piegato ad un figlio di Veneziano, dopo secoli e secoli di battaglie tra i due per impossessarsene, allora valeva la pena farlo, se ciò avesse voluto dire un poco di comprensione per il suo popolo, allora sì. Avrebbe anche strisciato, se ciò avrebbe significato la libertà segli spagnoli.
« Se lo fosse, non avrei comunque riso a sufficienza da parte, dopo aver saputo dell'alleanza con Angleterre. » sibilò il biondo, punto sul vivo ed intenzionato a replicare con la medesima moneta, avanzando a sua volta verso Antonio, ma con l'esplicita intenzione non di accoglierlo, quanto più di tenerlo alla larga dal trono posto alla fine della scala sulla quale era fermo quest'ultimo.
« Pensi di farmi raggiungere ogni Impero Romano?****** » qualcosa s'incrinò, nella voce e nella sala. Antonio era divenuto potente, poco tempo addietro, molto potente. Aveva ucciso, le attuali nazioni sudamericane, il centroamerica, buona parte del nord era costruita sui cadaveri delle potenze del continente spiazzate dalle armi spagnole.
« Nemmeno tu hai le mani pulite, Hispania. » la nota malinconica nella voce di Francia stonava, rimbombò nella stanza e nei toraci di entrambi. La Nazione si lasciò cadere seduta sul trono, mantenendo l'innata grazia che oramai si era integrata nelle sue abitudini e nel suo essere.
« Vallo a raccontare a Gilbert. » sospirò l'ispanico, avvicinandosi al fratello e poggiando la mano allo schienale alto della poltrona, chinandosi appena e fissando l'altro. « Vattene, Francis. Lascia in pace la mia gente. » una richiesta, una preghiera quasi. Di morti ne aveva seppelliti troppi, e non su campi di battaglia. Uomini che cadevano come mosche sotto gli occhi dei propri genitori, figli costretti ad assistere alle violenze sulle madri. Gli pareva d'esser tornato ai tempi dell'Impero. Del primo.
« Smettila con questa storia, Antonio. Tu non hai mai levato le ancore dal porto di Napoli semplicemente per delle richieste. Non bastano a convincere i nobili di un'intera nazione, figurati qualcuno con Napoleone. » Francia si passò i polpastrelli di entrambe le mani sulle tempie, replicando in tono seccato. Aveva perso il conto delle lettere e delle visite improntate sullo stesso concetto. Lui non era mai andato nella penisola iberica, le truppe napoleoniche avevano fatto da sé.
« Stai uccidendo anche me. »


La presa si strinse attorno alla vita del proprietario del letto, spiegazzandogli ulteriormente il pigiama già sufficientemente infagottato a dir dell'ispanico, mentre sentiva il naso del fratello premere contro la sua spalla e le ciglia sfiorargli appena la pelle del collo, facendogli venire la pelle d'oca ed i brividi.
« ¡Ay si te veré / si no te veré! » mormorò, al che l'altro allentò appena la presa, prima di stringerla ancora e spostar il viso ad affondar tra i capelli scuri e pregni d'odore di sole, polvere e mare dello spagnolo, sorridendo appena. « A mì no me importa nada / màs que tu querer. / ¿Guardas la risa de entonces / y el corazòn aquel?******* » un sussurro leggero, infilatosi tra le pieghe delle lenzuola, del vestiario e su, per le labbra e giù dritto per la gola, stringendo gli stomaci e permeando le anime.
Altro silenzio, esclusion fatta per il suono degli abiti che si sfiorano e toccano e di labbra sottili increspate in sorrisi tinti di dolcezza e di soli e lune passate a recitar a stelle e nubi di novelle parole e di tele nascoste all'ombra degli studi degli amici d'ognuno, quel tipo d'amici a cui sorridevano ai piedi d'un letto mortifero e che asciugavano le lacrime dai loro volti, immortali eppur così toccati dalla morte.
« Está listo. » un brontolio dopo lunghi minuti di caldo e rilassante silenzio, al che il francese si lascia scappare una risata lieve, scostando appena le lenzuola colorate e dirigendosi fuori dalla camera, mentre Spagna rantolava infastidito per l'aria fresca smossa dall'altro, portandosi prima le coperte oltre il capo e scendendo a sua volta dal materasso morbido ed ampio, seguendo il colpevole del suo freddo e lasciandosi cadere ancora assonnato sul divano sofficie e latteo.
« Démons et merveilles / Vents et marées / Au loin déjà la mer s'est retirée » recitò dalla cucina la voce morbida ed avvolgente del biondo, al che Antonio si portò le mani alle palpebre pigramente socchiuse, dandosi dell'idiota per non aver messo in conto un'ovvia quanto doverosa replica del fratello, ma era anche il modo migliore per risollevarne il morale. Maledetta la volta che gli diede le chiavi di casa.
« Et toi / Comme une algue doucement caressée par le vent / Dans les sables du lit tu remues en rêvant » continuò quindi Francia, con tono convinto e gesticolando teatralmente in cucina,  lo spagnolo poteva giurare di sentire la seta della camicia candida del fratello strusciare contro la pelle chiara di quest'ultimo per i movimenti che entrambi erano soliti accentuare in quelle situazioni.
« Démons et merveilles / Vents et marées / Au loin déjà la mer s'est retirée » ed ancora, mentre udiva il tintinnio delle tazze da te sulla superficie granitica delle cucine. Il moro si mise seduto, spettinandosi ulteriormente i capelli con le dita lunghe e callose, tentando di dar loro la solita forma priva di alcuna... forma. Contemporaneamente, mentre versava il caffé, Francis si riavviava le poche ciocche che si erano oltraggiosamente ribellate alla tipica quanto curata acconciatura bionda, setosa e brillante.
« Mais dans tes yeux entr'ouverts / Deux petites vagues sont restées / Démons et merveilles / Vents et marées » esclamò quindi, uscendo dalla porta della cucina e portando con sé le due tazze coloratissime e stracolme di caffé, i passi lunghi che seguivano la cadenza dei versi, al culmine dei quali porse la tazza all'ispanico, che la prese con un sorriso stanco sul viso.  
« Deux petites vagues pour me noyer. » concluse quindi Francis, chinandosi e baciando il fratello, sedendosi quindi alla poltrona posta ad angolo rispetto al divano sopra cui il secondo si era oramai rintanato alla ricerca di quel riposo strappatogli dal francese. Illuso.
« Che ci fai qui? » mugugnò quindi Antonio, prima di poggiare le labbra alla tazza e riempiendosi la bocca di liquido cocente. E ritrarsi subito dopo, inghiottendo la lava liquida con le lacrime agli occhi, grazie al cielo era passato del tempo da quando bolliva, come diavolo poteva essere ancora così calda?
Francis giò il cucchiaino nella propria tazza, proprio non capiva come poteva l'ispanico preferire la variante amara, ma era sempre stato quello che preferiva i metodi diretti e senza mezzi termini, nelle cose. Oppure ne era incapace.
« Non posso venire a trovare mon soleil? » replicò, appoggiando però la tazza sul tavolino di cristallo che rifletteva la luce dall'esterno, la reazione dell'altro lo aveva ben messo in guardia, come se non bastasse la temperatura percepita dalle dita contro la ceramica dei contenitori.
« Alle sei del mattino per prepararmi il caffé? » domandò in replica il padrone di casa, alzandosi e dirigendosi in camera per cambiarsi, prontamente seguito dal biondo che no, non avrebbe lasciato che l'accusa assestasse un sol colpo alla difesa della propria persona. Che poi di vera e propria accusa non si trattava, ma dopo un paio di stagioni di Profiling sotto casa sua iniziava a capire le piccole metafore poliziesche di Arthur e Alfred.
« Mi mancavi, è forse un reato? » per l'appunto. Antonio afferrò un paio di pantaloni abbandonati sulla sedia poco distante dal letto, sfilandosi senza sforzo quelli del pigiama e saltellando entro i jeans scuri, come un qualsivoglia bambino od adolescente che cerca divertimento nell'alzarsi dal letto e cambiarsi.
« Alle- Sei- Del mattino? » rispose quindi, costringendosi a pause obbligate ad ogni saltello per sistemarsi i pantaloni e procedere nell'individuazione del relitto di una maglietta. Ah, qual arduo incarico al Reino de España! Sotto la supervisione della repubblica francese, tra l'altro, comodamente appoggiata allo spigolo e quasi disperata del modo di fare accidentale ed approssimativo del parente stretto.
« Il sole sorge all'alba. » concluse quindi il biondo, conscio di aver definitivamente zittito il fratello, relegandolo in un universo parallelo di ragionamenti contorti e complessi che no, lo spagnolo non gli rivelerà. Francis sospirò, chinandosi e porgendo all'altro, disperso esploratore, la maglia tanto agognata.


« Mi porti all'Alhambra?******** »
« Perché? »
« Voglio vedere se l'ombra di noi stessi è svanita. »


« “Noi” non svanirà mai. »






Note

*= È pronto.
**= Scusami. Resta qui, per favore.
***= Nel 1540 Carlo I di Spagna (alias Carlo V del Sacro Romano Impero) e Francesco I di Francia siglarono, sotto mediazione di Papa Paolo III, avevano stretto una pace decennale allo scopo di mantenere lo status quo nella penisola italica.
****= L'ultimo atto da parte della Francia prima della pace decennale fu l'invasione dei Paesi Bassi Spagnoli, in quanto intimorita dall'essere circondata dai territori asburgiti tutti -e dico TUTTI- sotto unico controllo di Carlo I di Spagna (Spagna, Italia, Austria, Sacro Romano Impero, Paesi Bassi Spagnoli. E d'oltremanica gli inglesi. YEPPAH.)
*****= La Francia aveva conquistato la Corsica solo una manciata di anni prima della nascita di Napoleone, tant'è che suo fratello Giuseppe è nato come italiano. Successivamente il fratello minore ha cambiato il cognome all'anagrafe da Buonaparte a Bonaparte, per ottenere un suono più francofono, a suo dire. Ergo, nel caso saltasse fuori che la Merkel ha origini italiane, non ne rimarrei sorpresa, ce manca appena quella.
******= L'esercito napoleoniche schiacciarono ciò che restava del Sacro Romano Impero, distruggendolo. Il secondo Impero a cui si fa riferimento è, credo sia ovvio, l'Impero Romano.

*******= Bordone — Federico García Lorca
Ti vedrò?
Non ti vedrò?

A me importa
soltanto il tuo amore.

Hai sempre il riso di allora
e quel cuore?



********= Sable mouvants — Jacques Prévert
Demoni e meraviglie
Venti e maree
Lontano di già si è ritirato il mare

E tu
Come alga dolcemente accarezzata dal vento
Nella sabbia del tuo letto ti agiti sognando

Demoni e meraviglie
Venti e maree
Lontano di già si è ritirato il mare

Ma nei tuoi occhi socchiusi
Due piccole onde son rimaste
Demoni e meraviglie
Venti e maree
Due piccole onde per annegarmi.


********= la prima parte storica nel 1540 è ambientata a Alhambra, complesso palazziale d'origine araba a Granada, usata da Carlo I / V come abitazione. È favoloso, vi consiglio di dare un'occhiata a delle fotografie, anche solo via google image. Nello specifico, Antonio e Francia stavano discutendo nel Cortile dei Leoni. La simbologia è molto bella in questo posto, considerato dagli arabi la raffigurazione architettonica del paradiso e poi- e poi- e poi è una figata. Anche se considerando il fatto che si tratta di un posto d'origine arabeggiante antecedente alla Reconquista e la fantomatica Fontana dei Leoni è un dono da parte di un'autorità religiosa ebrea, quando il governo spagnolo ha espulso pure loro dai confini in seguito all'Inquisizione, è 'ironico' pensare che il più grande imperatore cattolico di Spagna abbia scelto proprio questo posto come casa.
VABENELAPIANTOCIAO.


A parte tutto, ff senza alcuna pretesa, tutt'altro. Spero vi sia piaciuta e, data l'ora, buonanotte, sogni d'oro. Diversamente, buongiorno, buonappetito, buonpomeriggio o buona sera <3


   
 
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