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Autore: Nina Pierce    26/03/2013    2 recensioni
[Klefan centric. Post 4x15. What if...?]
Otto anni.
Nove mesi.
Sette giorni.
Fuggire da Mystic Falls, dalle sue responsabilità, dal suo ruolo, da tutti, è stato un obbligo. Una necessità. Non ha potuto farne a meno.
Elena amava Damon.
Damon amava Elena.
Non c’era più spazio per lui.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Klaus, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Otto anni. Nove mesi. Sette giorni.


Otto anni.
Nove mesi.
Sette giorni.

Stefan sospira. Oramai è divenuto un gesto abituale.
Nessuno più è lì pronto a riprenderlo, a sgridarlo per quella mancanza di forza e dignità.
Nessun precettore.
Marino è morto da troppo tempo. Ora è solo polvere seppellita sotto la dura terra di Mystic Falls.  
Nessun padre.
Giuseppe Salvatore è spirato tra le braccia di un figlio che non considerava più tale. Di un figlio che gli aveva arrecato una delusione. Di un figlio in cui, in verità, non aveva mai confidato. Morto a causa di un pezzo di legno che aveva reciso il polmone destro.
Nessuna madre.
La dolce Marianne Dubois in Salvatore è deceduta troppo presto. Aveva quattro anni quando l’edema cerebrale l’aveva strappata dalle sue braccia. Ora non riesce più nemmeno a ricordare il suo viso. Né il sorriso. Solo la ninna nanna che gli cantava quand’era bambino. È impossibile dimenticarla.
Nessun fratello maggiore.
Damon l’ha abbandonato a se stesso. O meglio, Stefan non si è premurato di avvertirlo. Era semplicemente fuggito. Non un saluto. Non un biglietto. Non un avvertimento.
Era semplicemente salito sulla sua Triumph, la sua amata motocicletta, unico bene rimastogli di Lexi, e aveva percorso gli USA.
S’era fermato solo per rifornirla di carburante. Era arrivato a Baltimore. Lì era rimasto per otto anni.
Solo.
Senza amici.
Senza la sua famiglia.
Non aveva instaurato dei rapporti umani soddisfacenti, non aveva frequentato il liceo, non parlava veramente con qualcuno. Non ha nessuno. Aveva acquistato, ammaliato i proprietari per farli andare ai Caraibi per un tempo indeterminato, un monolocale nei dintorni del porto.
È anonimo, spoglio, senza nulla di particolare.
Proprio come lui.
Se tenta di pensare al futuro, non vede che un buco nero.
Non c’è più nulla per lui.
Per quello non si stupisce quando si accorge che l’unica persona che sembra tenere a lui è la vecchietta dell’appartamento affianco.

Otto anni.
Nove mesi.
Sette giorni.

Fuggire da Mystic Falls, dalle sue responsabilità, dal suo ruolo, da tutti, è stato un obbligo. Una necessità. Non ha potuto farne a meno.
Elena amava Damon.
Damon amava Elena.
Non c’era più spazio per lui.
L’asservimento era scomparso, se mai era davvero esistito, quando Elena aveva perso la sua umanità.
Allora lui aveva capito.
Elena non era mai stata sua.
Damon avrebbe vissuto meglio senza di lui, il fratello che l’aveva condannato alla dannazione perpetua.
Caroline era abbastanza forte da potersi occupare di se stessa da sola. Era una vampira sicura e potente. Stefan non poteva essere più orgoglioso di lei.
Lasciarsi quella città maledetta alle spalle era stato il gesto più assennato che aveva compiuto da molto tempo.
Ne era pienamente convinto.
Non gli mancava nulla della sua vecchia vita.
Forse solo Damon.
Sì, tra le tante persone verso cui potere nutrire nostalgia, suo fratello era l’unico ad aver fatto breccia nel suo cuore oramai spoglio.
Non Elena, e il loro amore che aveva sempre sperato eterno.
Non Caroline, e la loro amicizia che gli faceva tornare alla mente la sua protettrice Lexi.
Solo Damon.
E Klaus.
Non l’avrebbe mai potuto ammettere, ma Klaus gli manca.
I suoi occhi blu, che sotto particolari luci sfumavano verso un azzurro più chiaro o verso un grigio scuro.
I suoi capelli biondi e ricci, indomabili.
Le sue labbra rosee e carnose.
Gli manca Klaus.
E ogni giorno trascorso lontano da lui è come un cancro che si insidia nei recessi più reconditi della sua anima.
Un cancro al cuore.
Non c’è cura per la sua malattia.
La cura è al tempo stesso il carnefice.
Ironico.
Stupido.
Inutile.
È assurdo pensare a lui, ma indispensabile farlo.
Ed è sempre il solito circolo vizioso.
Innamorarsi della persona sbagliata.
Così sciocco e insieme così dolce.
Stefan sospira ancora mentre osserva il soffitto bianco, disteso sul suo letto matrimoniale, l’unico mobilio di cui non ha voluto disfarsi.
Poi chiude gli occhi.
Non saprebbe affermare con certezza nulla riguardo l’ora, anche se nota che albeggia già sull’Oceano, il mondo intero e la sua persona stessa.
L’unica certezza che gli rimane sono gli occhi blu di Klaus.
Una costante.
Ciò che ritrova sempre quando abbassa le palpebre.
Occhi di chi ha dimenticato cosa significa la parola amore.
Occhi di chi ha sofferto.
Occhi di chi non prova più nulla di umanamente comprensibile.
Occhi che Stefan non può fare a meno di amare e odiare allo stesso tempo.
Serra lo sguardo.
Vive di sogni oramai.
Non ha più nulla.
Non prova più nulla.
Ricade in quel buco nero che lo sta inghiottendo giorno dopo giorno.
E tutto l’universo si riduce a un punto.
Klaus.
  
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