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Autore: mamogirl    13/10/2007    4 recensioni
Scritta insieme a Kia85. Sono passati qualche mese dalla battaglia contro Chaos e le Sailor speravano che quella potesse essere la loro ultima battaglia. Ma che cosa succede quando un nuovo nemico, alla ricerca di vendetta per la propria famiglia, decide che è giunta l'ora di placare la sua sete di vendetta?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

 

Beyond good and evil.

"Questa storia risale a 6 anni fa circa, quando io e

Kia85 decidemmo di metter mano al nostro talento e

scrivere una fiction a 4 mani. Da allora di tempo ne è

passato e, quasi per curiosità, l'abbiamo rispolverata

e deciso di pubblicarla. Ha subito un po' di

cambiamenti, qualche restyling generazionale ma speriamo che possa piacere lo stesso!"

Prologo

 

Era una calda giornata di fine estate. Il parco di Juuban era affollato di persone: i bambini correvano sul prato giocando a palla; molti studenti avevano approfittato del bel tempo per evadere dallo studio e dagli esami anche se si poteva notare qua e là qualche ragazzo con dei libri aperti davanti a sé. Ma molti altri ragazzi, e non solo, avevano voluto sfruttare la bella giornata per trascorrere un po’ di tempo con gli amici o con la propria fidanzata.

Tra i sentieri che costeggiavano il laghetto che si trovava al centro del parco, un gruppetto di ragazze passeggiavano tranquillamente, ridendo e scherzando tra loro. Quattro delle ragazze camminavano davanti al resto del gruppo, anche se questo resto era formato da una coppia.

"Mamo-chan! Me lo avevi promesso!" esclamò una delle ragazze, i lunghi capelli biondi legati in due codini. Si mise davanti al ragazzo, le braccia incrociate davanti al petto, lo sguardo imbronciato. Il ragazzo dovette fermarsi, non poteva fare altrimenti.

"Usako…" provò a pronunciare ma la ragazza non gli permise di proseguire.

"Niente ma o se. Me lo avevi promesso!" Esclamò ancora Usagi. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, insicuro su come poteva uscire da quella situazione. Il suo sguardo incontrò quello delle altre ragazze e, movendo solo le labbra chiese loro aiuto.

"Usako, so bene che cosa ho promesso. Ma non ti ho detto che non l’avrei mantenuta!" cercò di difendersi Mamoru. "Ho semplicemente sostenuto che non mi sembrava il caso di prendere un gelato. Ancora. È il terzo!"

"Mamoru, do quattro anni che ci stai insieme non hai ancora imparato che la tua ragazza è un pozzo senza fine?" s’intromise Rei, ricevendo per tutta risposta un’occhiataccia da Usagi.

"Ah, ah, ah. Molto divertente, Rei. Ma non avevi da fare al tempio?"

"No. E poi mi diverto di più qui con voi." Rispose Rei.

"Figurati se non trovava divertente rovinare i miei appuntamenti romantici!" sospirò Usagi.

"Ragazze, basta con le vostre solite discussioni." Disse Ami, chiudendo il libro che stava leggendo mentre passeggiava.

"Ami ha ragione." Aggiunse Minako.

"Ha incominciato lei!" esclamarono all’unisono le due ragazze prima di incominciare a farsi le linguacce.

"Ragazze! Ma quanti anni avete?" esclamò Makoto ponendo fine alla loro battaglia a suon di linguacce. Dopo qualche minuto le ragazze e Mamoru scoppiarono a ridere, contente solo del fatto che certe cose non sarebbero mai cambiate. Mamoru approfittò di quel momento per cingere da dietro Usagi, stringendola a sé. "Sei arrabbiata con me?" le chiese. Usagi si voltò per osservare meglio il ragazzo. "Certo che lo sono. Una promessa è una promessa. Quindi, non pensare di cavartela così a buon mercato!"

"Davvero?" disse con ironia il ragazzo, prima di mettere fine alla loro discussione, o pseudo tale, con un bacio. La ragazza all’inizio cercò di protestare ma poi si lanciò vincere dalla passione del bacio di Mamoru, rispondendo ad esso con altrettanta passione. Il bacio durò qualche buon minuto; nel frattempo, Minako e Makoto osservavano la coppia con sguardo sognante, Ami aveva riaperto il suo libro, imbarazzata per la scena amorosa che si teneva davanti ai suoi occhi mentre Rei aveva incominciato a guardare nervosamente l’orologio per prendersi nota di quanto tempo sarebbe servito ai due piccioncini per riprendere fiato.

"Ladies and gentleman, il premio come coppia dell’anno, del secolo, del millennio e per l’eternità va a… Mamoru Chiba e Usagi Tsukino!" sbottò dopo tre minuti buoni, interrompendo così il bacio appassionato.

"Gelosa, Rei?" disse Usagi, ancora con lo sguardo trasognante. Mamoru teneva ancora il suo braccio attorno alla sua vita, meravigliandosi ancora una volta di quanto quella ragazza l’aveva cambiato. Solamente qualche anno prima, un gesto di quel genere non era mai stato nelle sue corde, non avrebbe mai baciato una ragazza, con quella passione, in pubblico e con persone che potevano guardarlo. Era proprio vero che l’amore aveva il potere di cambiare le persone!

"Per favore, non ricominciate! Perché non continuiamo la nostra passeggiata? Anche perché Luna ed Artemis ci aspettano fra un’ora per il consueto meeting settimanale." Affermò Ami.

"Non ho ancora capito il motivo di questi meeting. Non abbiamo avuto nemici da mesi ormai." Commentò Minako mentre il gruppo ricominciava a camminare.

In effetti, erano passati quasi sei mesi dall’ultima battaglia, quella contro Galaxia e Chaos, e, a parte qualche sporadico mostro, la pace e la tranquillità erano tornati a regnare su Tokyio. Lentamente, le ragazze erano tornate ad occuparsi delle piccole cose quotidiane ed a fare tutte quelle piccole azioni che, tra battaglie e crisi, erano state messe da parte: Ami s’era buttata, come sempre, nello studio con l’obiettivo di poter saltare un anno di superiori ed entrare direttamente in università; Rei aveva incominciato a seguire con più attenzione suo nonno al tempio, consapevole del fatto che un giorno sarebbe toccato a lei prendere le redini del tempio; Makoto, inutile dirlo, aveva incominciato a seguire dei corsi di cucina e stava cercando un ristorante in cui intraprendere un apprendistato; Minako, invece, s’era imputata nel veder realizzare il suo sogno, ovvero quello di diventare un idol e quindi cercava di presentarsi al maggior numero possibili di casting ed audizioni. Mamoru, una volta ritornato dal mondo dei morti, aveva rinunciato a proseguire gli studi a Harvard ed era tornato stabilmente Tokyo. Usagi aveva avuto paura che un giorno avrebbe rimpianto di essersi lasciato scappare quell’occasione, soprattutto perché sapeva che la ragione principale della sua decisione era lei. Ma, d’altra parte, era felice di quella scelta perché, finalmente, potevano avere il tempo necessario per rendere più salda la loro relazione.

"Sapete… mi mancano però i 3lights!" esclamò all’improvviso Minako. Le altre ragazze la guardarono stupita.

"Perché mi guardate in quel modo?" aggiunse poi, notando l’espressione delle sue compagne.

"Come mai ti è saltato in mente?"

"Non so… era bello averli in giro ed, inoltre, avevamo sempre la possibilità di andare ai concerti, alle loro prove, alle registrazioni in studio…" rispose Minako, interrotta però da Rei. "Abbiamo capito, Minako, non c’è bisogno che continui."

"Qualcuno ha notizie delle Outers?" chiese Mamoru, cambiando discorso ed aumentando la stretta del suo braccio attorno ad Usagi. Parlare dei 3lights significava parlare, naturalmente, anche di Seiya e, nell’unica occasione in cui l’aveva conosciuto, aveva immediatamente notato lo sguardo, il modo con cui aveva salutato Usagi e non gli era affatto piaciuto. Saperlo lontano in un’altra galassia era un sollievo.

"Michiru mi ha mandato una mail scrivendomi che il suo tour era terminato e sarebbero presto tornate a Tokyo." Rispose Ami.

"Beh, potremmo organizzare una festa. È da tanto che non festeggiamo!" esclamò Minako.

"Minako, dovresti pensare a studiare invece che festeggiare!" la rimproverò Ami, facendo apparire alle ragazze una goccia megagigante. In qualunque situazione, il primo pensiero d’Ami sarebbe sempre stato lo studio!

"Oh Ami, troppo studio e pochi divertimenti rendono una ragazza triste e scontenta!" ribatté prontamente Minako, lasciando totalmente esterrefatte le ragazze.

"Ragazze, che cosa c’è? Perché fate quella faccia?" chiese innocentemente Minako.

"Minako, lascia stare… tanto noi non possiamo più farci niente!" ammise Rei.

"E’ così da 1000 anni…" aggiunse Usagi.

"…speriamo che non continui così anche nel futuro!" Terminò la frase Mamoru. E così, chiacchierando e scherzando (e molti degli scherzi ruotavano attorno a Minako), il gruppo decise di andare al tempio di Rei, dove Luna ed Artemis li aspettavano per una riunione.

 

La stanza era nell’oscurità, anche se alle pareti, da enormi candelieri dorati, la flebile luce delle candele rischiarava nel buio. La stanza non aveva finestre, soprattutto perché si trovava al piano interrato di una vecchia villa orma abbandonata da anni. La gran porta d’ebano s’aprì ed un uomo entrò nella stanza, lasciando che la porta si richiudesse da sola. Fece qualche passo e s’avvicinò all’imponente trono che si trovava al centro del locale, sul quale c’era seduta una donna. O, meglio, una ragazza che avrebbe potuto avere vent’anni, i lunghi capelli rossi legati in stretta treccia, anche se alcuni ciuffi erano stati lasciati sciolti. I capelli erano l’unico dettaglio che l’uomo riusciva a vedere, visto che il resto del corpo si trovava nell’oscurità. Ma conosceva bene la persona a cui si stava inginocchiando.

"Mia padrona." Disse l’uomo, aspettando qualche minuto prima di alzare lo sguardo. Non aveva scordato che cosa era successo l’ultima volta, quando aveva sbagliato il momento esatto per alzare lo sguardo.

"Che notizie mi porti?"

"I suoi genitori hanno appena avvertito della loro partenza. Considerando il viaggio, saranno qui in non meno di una giornata."

"Una giornata? Se la vogliono prendere proprio comoda!" commentò la ragazza, il tono della voce così freddo quasi da far venire i brividi all’uomo. "Hanno dato qualche disposizione?" chiese la donna.

"Solamente di incominciare con il piano." Rispose l’uomo. Nessuno, almeno chi non era ammesso al piano, sapeva di che cosa si trattava. Sapevano solamente lo stretto necessario e le conseguenze di una probabile spia non erano umanamente immaginabili. La ragazza fece cenno all’uomo di lasciarla da sola quindi l’uomo abbandonò la stanza. Con un altro gesto della mano, la ragazza chiamò a rapporto uno dei suoi generali. L’uomo apparve dopo qualche secondo.

"In che cosa posso esserle d’aiuto, mia padrona?" domandò l’uomo. Era alto e con un fisico possente, corti capelli castano chiaro ed occhi dello stesso colore.

"I miei genitori hanno appena dato l’avvio al nostro piano. Per cui, prendi qualche mostro e dirigiti verso Crystal Tokyo. Dai nostri informatori, il re e la regina dovrebbero essere fuori città per una riunione. E tu sai che cosa devi fare." Gli ordinò la ragazza.

"Lo consideri già fatto." Rispose semplicemente l’uomo e, dopo qualche secondo, scomparve.

 

 

"Serenety! Sei pronta? Siamo in ritardo!" esclamò Endymion, controllando per l’ennesima volta il suo orologio. Da quando avevano creato Crystal Tokyo, Serenety era maturata e cambiata parecchio anche se, infondo, era rimasta la sua testolina buffa dei vecchi tempi. Così, ogni tanto, in lei riaffioravano le sue vecchie abitudini come inciampare in qualsiasi cosa le capitasse davanti oppure essere in ritardo. Proprio come oggi; anche se quel giorno non era proprio quello adatto per essere in ritardo. Avevano un importante incontro con i governatori del regno vicino e, nonostante sapesse che avrebbe potuto occuparsene lui, Serenety aveva voluto esserci a tutti i costi. Le alleanze erano legate ad un sottile filo che poteva spezzarsi in qualsiasi momento.

"La mamma non è ancora pronta?" Chibi-Usa spuntò dalla porta ed andò a sedersi sull’ampio letto matrimoniale dei genitori.

"Come vedi, piccolina, non ancora." Rispose Endymion, sedendosi accanto a sua figlia. Notò che indossava ancora il pigiama e trovò il fatto strano visto che Serenety voleva anche la presenza di Chibi-Usa. Sin dalla sua nascita, Serenety aveva sempre voluto la Piccola Lady con sé, nonostante l’ottimo sistema di sicurezza del palazzo. La sua preoccupazione nasceva da tutto ciò che era accaduto in passato e Serenety, come del resto anche lui, non volevano lasciare le cose al caso.

"Preferirei rimanere a casa, papà." Disse Chibi-Usa, notando l’espressione del padre ed immaginando che cosa stesse pensando. "I governatori non hanno figli con cui giocare, di conseguenza io m’annoierei e basta." Aggiunse. Quello che non aggiunse, a suo papà, fu che aveva già in mente come passare il pomeriggio ed a loro non sarebbe piaciuto.

"Piccola Lady, ne abbiamo già discusso. Sai come la pensa tua madre a questo riguardo." Affermò Endymion, sguardo e tono serio.

"Come la penso su che cosa?" domandò Serenety, uscendo (finalmente) dal bagno adiacente.

"Chibi-Usa desidererebbe rimanere a casa invece che venire con noi." Rispose Endymion, alzandosi dal letto ed aiutando sua moglie ad allacciarsi la collana. Indossava un lungo vestito grigio perla con le maniche che arrivavano ai gomiti; i lunghi capelli erano raccolti nella sua solita pettinatura. Endymion le allacciò la collana e poi la baciò dolcemente sulla spalla. "Sei bellissima, koibito." Le sussurrò in un orecchio, facendola sorridere.

"Ohi, io sono ancora nella stanza!" esclamò Chibi-Usa, interrompendo il loro momento da piccioncini.

"Scusaci, Piccola Lady." Risposero entrambi i genitori. "Piccola Lady, non mi sembra il caso che tu rimanga qui da sola. Non sarei tranquilla…" disse Serenety, mettendosi in ginocchio per poter guardare negli occhi sua figlia.

"Ma io mi annoio! E poi non sono sola. Ci sono le Sailor e Mercury mi ha promesso di aiutarmi con una ricerca per scuola."

"Serenety, prima o poi dovrà imparare a camminare da sola." Disse Endymion a sua moglie. Serenety non rispose subito e in quel momento Chibi-Usa mise in atto la sua tattica segreta, quella con cui sapeva di poter ottenere tutto quello che voleva: lo sguardo da cucciolina. (n.d.a.: per chi ha visto Shrek2, mi riferisco allo sguardo del gatto con gli stivali!)

"Okay, hai vinto! Puoi rimanere a casa. Ma, mi raccomando, non uscire, rimani con le Sailor e…"

"Serenety, onegai, siamo in ritardo! Chibi-Usa sa benissimo che cosa può o non può fare!" disse Endymion, facendole notare di quanto erano in ritardo. Serenety si voltò verso di lui facendogli una boccaccia e poi diede un bacio a sua figlia prima di rialzarsi in piedi.

"Okay, okay! Andiamo!" sbuffò Serenety, prendendo in mano i documenti necessari ed uscendo con Endymion dalla stanza.

Chibi-Usa saltò giù dal letto ed andò verso l’ampia finestra, aprendola in modo da poter andare sul terrazzo. Da lì osservò i suoi genitori uscire dal palazzo e dirigersi verso la loro auto, scortati da Sailor Mars e Jupiter. Finalmente era riuscita nel suo intento, dover presenziare a quelle riunioni era così noioso! Inoltre aveva programmato quel giorno nei minimi dettagli… per la prima volta avrebbe potuto uscire dal palazzo e giocare con i suoi amici in tutta libertà. Ma prima doveva liberarsi di Sailor Mercury, che a minuti sarebbe arrivata per controllarla. Ed infatti…

"Piccola Lady, Serenety mi ha avvisato che non saresti andata con loro. Che cosa hai intenzione di fare?" le chiese Sailor Mercury, apparendo dalla camera.

"Credo che ritornerò nella mia stanza. Mi hanno fatto svegliare presto per poter partire con loro e sono ancora un po’ assonnata."

"Hai. Ma se hai qualche programma, fammelo sapere. Se ti dovesse accadere qualcosa, preferirei non trovarmi nella condizione di non sapere che cosa è successo."

"Non ho nessun programma. Magari verranno qui i miei amici a giocare…" aggiunse Chibi-Usa, non rivelando il fatto che sarebbe stata lei ad andare.

"Non c’è nessun problema. Ma ricordati l’unica regola a cui non puoi trasgredire: uscire dal palazzo. Non ho idea di che cosa possa fare tua madre se scoprisse che sei uscita dal palazzo e non ci tengo a scoprirlo!" le rispose Sailor Mercury, dandole un buffetto sui capelli rosa. "Se hai bisogno di qualcosa, sono nel laboratorio." Le disse prima di ritirarsi e lasciare sola nella stanza.

Chibi-Usa aspettò qualche minuto prima di ritornare nella sua stanza dove si cambiò velocemente: Momoko, Juiro e Mei la stavano aspettando proprio sotto la finestra della sua stanza. Da cui sarebbe uscita, anche se sapeva perfettamente che se sua madre l’avesse scoperto, l’avrebbe spedita in punizione per almeno un mese. Mentre stava uscendo dalla finestra si ricordò d’aver dimenticato la sua spilla sulla scrivania ma preferì non ritornare indietro: d’altronde, a che cosa le sarebbe servita?

"Ragazze, siete pronte?" esclamò Juiro. Quel giorno avevano deciso di andare nel boschetto subito fuori le mura del palazzo, dentro il quale si estendeva un delizioso laghetto. Momoko, Juiro e Mei avevano portato tutto il necessario per fare un pic-nic, giocare con la palla e macchina fotografica per immortalare quella giornata, a suo modo speciale. Mentre uscivano dal cancello del palazzo, Chibi-Usa si sentì lievemente in colpa: sapeva che non era giusto disubbidire a sua madre e che lei lo faceva solamente per proteggerla. Ma che cosa avrebbe fatto di male a trascorrere una giornata in compagnia con i suoi amici? Non avrebbero fatto tardi, sapeva benissimo a che ora i suoi genitori sarebbero tornati, di conseguenza bastava che tornassero prima di loro e nessuno avrebbe scoperto il suo segreto.

Il viaggio al laghetto non durò molto, ci si impiegava un quarto d’ora a piedi ed i bambini, non appena arrivarono al luogo ideale, decisero di fare subito un bagno.

Chibi-Usa rimase ferma per qualche minuto ad osservare il paesaggio davanti a sé. Era così simile al luogo in cui era solita incontrare Helios nei suoi sogni: la vegetazione era simile, al centro del laghetto c’era anche la stessa piccola isola.

"Chibi-Usa? Ti sei incantata?" esclamò Juiro, riportandola dai suoi pensieri con degli schizzi d’acqua.

"E’ la guerra quella che cerchi, Juiro? E guerra avrai!" ribatté Chibi-Usa, incominciando a schizzare anche lei di rimando Juiro.

I bambini giocarono fino a quando fu mezzogiorno, quando decisero di fare il pranzo. Juiro, Momoko e Mei approfittarono di quel momento per fare a Chibi-Usa delle domande sulla Terra del passato. Chibi-Usa aveva detto loro dei suoi viaggi in quella che era il passato di Crystal Tokyo, grazie soprattutto della chiave datole da Sailor Pluto, la guardiana del tempo. Erano molto curiosi di sapere tutte quelle cose, quelle curiose informazioni che non si trovavano sui libri di storia. Dopo quel momento di scambio culturale, i ragazzi ritornarono a giocare: giocarono a nascondino, con la palla e passarono il tempo facendosi mille fotografie per poter ricordare, in futuro, quella speciale giornata.

All’improvviso, Chibi-Usa ebbe l’impressione che ci fosse qualcun altro insieme a loro lì al laghetto. Incominciò a guardarsi in giro con diffidenza, alla ricerca di qualsiasi cosa ma sembrava che tutto fosse normale.

"Chibi-Usa, qualche problema?" le chiese Momoko, avvicinandosi alla sua amica.

"M’è sembrato di sentire qualcosa…" rispose lei, rimproverandosi mentalmente di aver lasciato a casa la sua spilla! Anzi, quasi si sentiva in colpa di essere uscita dal palazzo senza avvertire. Certo, a volte si lamentava della prigione dorata in cui viveva ma, dall’altro lato s’era sempre sentita protetta. Aveva quasi la sensazione che sua madre l’avesse contagiata con le sue paranoie!

"Forse è meglio se tornassimo a casa." Avanzò Mei.

"Iie. Sarà stato il fruscio delle foglie. Continuiamo a giocare, onegai." Rispose loro Chibi-Usa, prendendo da Juiro la palla e incominciando a giocare. Solo quando videro il sole incominciare a scendere, s’accorsero che era tardi e che dovevamo tornare assolutamente a palazzo. Così, ritirarono le loro cose ed incominciarono ad avviarsi verso il boschetto. Ormai sapevano di essere in grossi guai perché il re e la regina erano di certo già tornati. Chibi-Usa rimase dietro al gruppo di proposito, quasi volesse assaporare fino in fondo quegli ultimi momenti di libertà. Altro che punizione! Sua madre l’avrebbe rinchiusa a palazzo fino a quando sarebbe diventata maggiorenne! Questa volta l’aveva fatta veramente grossa, anche perché la sicurezza, specialmente la sua, era un argomento su cui non transigeva.

Mentre camminava sentì ancora degli strani rumori dietro di lei ma, prima che potesse richiamare l’attenzione dei suoi amici, un braccio viscido spuntò da un cespuglio e le tappò la bocca, impedendole di urlare.

"Questa volta sono veramente nei guai." Fu l’ultimo pensiero di Chibi-Usa prima che una lieve ma potente scossa elettrica le face perdere i sensi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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