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Autore: gialia96    26/03/2013    2 recensioni
A volte puoi trovare la tua storia in un sogno.
Ma quella storia può anche rivelarsi un incubo.
Genere: Azione, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Un caso come gli altri.


 

Quando Castle arrivò al Distretto quella mattina, trovò una confusione mai vista. E stiamo parlando del 12° Distretto di polizia di NY! Ma quel giorno sembrava che ogni cosa e persona fosse stata infilata in una centrifuga per verdure e sballottata ovunque: carte che volavano, donne che discorrevano gesticolando e leggendo dei fogli, uomini che correvano da una parte all’altra della grande stanza piena di scrivanie. Dovette schivare nel suo percorso decine di poliziotti in preda al panico che si dirigevano velocemente verso di lui. Teneva in mano (un mazzolin di rose e di viole… ndLeopardi; Giacomo, hai sbagliato posto mi sa.. ndAutrice; Oh, mi scusi signorina! ndLeopardi; *sussurrando all’autrice* Vorrei tanto un autografo.. posso chiederglielo? ndCastle; *sussurrando di rimando* Certo che no! Sei scemo? ndAutrice; E daaaaaaiiiii! ndCastle con gli occhioni da cucciolo bastonato; Qualcosa che non va? ndLeopardi; No, stavo solo dicendo a questo stupido di tornare al racconto e basta, vero Castle caro? ndAutrice con un coltello puntato alla schiena dello scrittore di gialli; Si si, ovvio… ndCastle; Apposto. ndAutrice) i due soliti caffè, ma dovette sollevarli sulla testa per non rischiare di farli cadere. Arrivò con fatica alla scrivania della sua bella fidanzata, ma non trovò nessuno con la testa china su varie scartoffie di cui egli ignorava il contenuto ad accoglierlo. Iniziò a guardarsi attorno spaesato cercando la sua amata dagli occhi verdi e dai capelli castani dai riflessi ramati e soffici, ma senza successo. Scorse un Kevin Ryan fuggire verso la stanza degli interrogatori e chiudersi la porta alle spalle. Girò lo sguardo e vide Javier Esposito giungere a passi veloci alla sua scrivania. Il vociferare, i telefoni che squillavano, il suono degli avvisi delle e-mail in arrivo sui computer creavano un frastuono omogeneo che la voce non faceva altro che alimentare. Javier non riusciva a sentire Rick che lo chiamava. ‘Non mi sente.. Devo raggiungerlo.. Ma come supero tutta questa gente?’. L’uomo era infatti letteralmente bloccato nello spazio dietro alla scrivania. Rick contemplò la collezione di elefantini color avorio che spiccava sul legno scuro del piano. E lì gli balenò la pazza idea di saltare la scrivania come nel film d’azione che aveva visto la sera precedente. Guardò la distanza, spostò la sedia, si preparò qualche passo più indietro con le gambe leggermente piegate.. e pensò che fosse l’idea più stupida che gli fosse mai venuta in mente, raddrizzando le labbra in una smorfia ridicola di ammissione. Ancora rigido nella posizione sopra descritta, si abbassò carponi sotto la scrivania e passò dall’altra parte, rialzandosi imperterrito e sistemandosi il vestito come se non avesse fatto niente di insolito. Acchiappò i caffè che aveva posato accanto alla tastiera nera e fuggì sgambettando velocemente verso Esposito, che nel frattempo si era seduto al computer e.. lo guardava. Aveva alzato lo il volto giusto in tempo per vedere la ridicola scena che Castle aveva appena fatto all’interno del Distretto nell’indifferenza di tutti. Ma Javier non poteva ignorare l’ormai grande amico e compagno di indagini e peripezie. Conoscendolo era riuscito a indovinare perfettamente i suoi pensieri e ora lo guardava serio, con la fronte corrugata, un sopracciglio inarcato e la bocca mezza aperta. Insomma, l’espressione di chi si sta chiedendo ‘Ma che cavolo...?’. Castle gli arrivò di fronte, passando tra il fiume di gente, e lo guardò. Si fissarono a lungo e in silenzio, poi Rick ruppe il ghiaccio.
- Hai visto tutto vero? -
Javier annuì a labbra strette con un vistoso movimento del collo.
- E hai intenzione di raccontarlo a tutti, vero? -
- Ci puoi scommettere, amico. -
La falsa serietà del discorso rendeva il tutto esilarante a vedersi, ma il pubblico del Distretto era troppo impegnato per prestare loro attenzioni di alcun genere.
- Ok... Dov’è Kate? -, si rassegnò lo scrittore. Chi avrebbe mai potuto distogliere l’ispanico dal poter rendere ridicolo qualcuno di fronte alle persone conosciute?
Javier a quella domanda gli mandò un’occhiataccia.
- Che c’è? - Castle rispose con viso innocente.
- Che c’è? Ma sei cieco per caso? Non noti niente di diverso nel Distretto oggi? -. Esposito lo guardò di sbieco attendendo una risposta. Castle aprì la bocca guardandosi intorno.
- Eeeer.. La Gates ha avuto un incidente e si sono sentiti tutti liberi in un sol colpo? -, ma dopo aver posto questa domanda azzardata si girò di scatto per controllare che la Gates non gli fosse arrivata alle spalle.
- No, intelligentone. Stiamo riarredando il Distretto. E sai perché? -
- Ehm.. no.-
- Ma scusa, Beckett non ti ha raccontato niente della telefonata del sindaco alla Gates? Ieri non eravate assieme? -
- Sì.. ma.. non abbiamo.. esattamente.. parlato. - Rick si irrigidì nell’imbarazzo.
- Non dire a Kate quello che ti ho detto. -
- Contaci. - e alzò la mano sul cuore come giuramento.
- Bé, spiegami tu cosa è successo allora. -
- Il sindaco ha chiamato la Gates per informarla che il 12° Distretto ha vinto il premio per il maggior numero di casi risolti nell’ultimo anno. –
-Ma è.. fantastico! E conoscendolo scommetto che sarà lo stesso Rob a premiarvi. –
- Hai indovinato. Ha versato un bel numero di zeri sul conto del Distretto e di comune accordo, cioè per volere delle donne, abbiamo deciso di utilizzarli per sistemare e rendere il nostro edificio un posto più accogliente.. – Javier lo guardò accigliato. Non si era mai sentito di un posto accogliente in cui venivano portati i criminali. Ma Castle aveva altro nella testa e non gli diede retta più di tanto.
- Bene, bene.. Vabbé, io vado da Kate… mi sto ustionando la mano col caffè! –
E corse via senza che Javier avesse il tempo di dire ma o ba. Dopo aver dovuto sopportare varie gomitate sui fianchi, Rick riuscì a raggiungere la propria meta. Lì lo spazio era più sgombro dagli andirivieni dei dipendenti. Alla vista della sagoma sinuosa e snella della propria musa in risalto davanti al bianco lucido della lavagna, accelerò il passo con un sorriso luminoso stampato in faccia. Non si accorse, però, concentrato com’era al ricordo del profumo di ciliegia della donna, di un cavo in mezzo al suo cammino. Si catapultò in men che non si dica a terra, ritrovandosi lungo lungo steso con la guancia sul freddo pavimento. I caffè gli erano volati di mano ed erano atterrati poco avanti ormai vuoti del loro contenuto.. che era arrivato proprio sulla detective Beckett. Dalla bocca della donna si levò un urlo di sgomento e rabbia. Di certo intenta com’era a riflettere sul nuovo caso non si aspettava una cascata di liquido bollente sulla schiena. Si voltò a vedere il volto dell’autore di quell’atto e rimase impietrita a guardare il corpo steso a terra.
- Castle! - urlò, o meglio ringhiò tra i denti.
Sentendosi nominare con tale ira, Rick iniziò a pregare. “Forse se mi fingo morto mi soccorrerà, invece che straziarmi di botte..” e rimase a terra senza muovere un muscolo. Kate intuì il suo intento e si avvicinò a lui, mettendogli il piede, che intanto batteva a terra, davanti agli occhi. Lo scrittore capì di non avere speranze di fuga e alzò il volto con un sorriso ebete.
- Che dici? Ti alzi? Non è ancora il momento di spazzare il pavimento. -, incitò la detective.
L’uomo si raddrizzò e si ritrovò a fissare gli occhi smeraldini dell’amata. “Quanto è bella quando si arrabbia, cavolo!”. Lo sguardo amorevole e trasognato intenerì Kate, che si dimenticò della schiena ustionata e ricambiò con un sorriso i pensieri del fidanzato. Lo conosceva da più di 4 anni, ormai sapeva capire ciò che frullava in quella testolina pazza.
- Bé, grazie per il caffè, comunque. – e accompagnò la frase con una risata divertita. Adorava prenderlo in giro, come chiunque lo conoscesse del resto. E lui non sembrava fare granché per evitare di infilarsi in situazioni imbarazzanti. Poi aggiunse seria:
- Ma ora  prendi lo straccio e asciuga tutto. –
In quel momento Kevin si accostò allo scrittore.
- Ecco la cartella, Beckett. –
- Grazie, Ryan. –
- Ehi, Kevin! –
- Ehi, Castle! Quando sei arrivato? –
- Circa 10 minuti fa.. Ah, non ti dispiace prendere lo strofinaccio e asciugare il pavimento, vero? Grazie, sei un amico! – Gli diede una pacca sulla schiena e si dileguò seguendo Beckett davanti alla lavagna. Su questa erano appuntati il nome Enrica Molbins accanto a una foto. Poco distante era stata disegnata la linea della sequenza temporale, di cui era stata evidenziata una parte in rosso. La ragazza era morta la mattina precedente fra le 10 e le 11. Castle si avvicinò al rettangolo cartaceo e osservò la figura bianca: il corpo era stranamente integro e privo di ferite evidenti, i capelli rossi sparsi a corona sotto la nuca e gli occhi neri sbarrati. Una didascalia sottostante diceva: ‘Niente sangue’.
- Come sarebbe ‘Niente sangue’? -, chiese accigliato.
- Quello che ho scritto, niente sangue. Nessuna pozza, nessuno spargimento, nessuno schizzo.. nada de nada. –
- Ma quando ti hanno affidato il caso? Non me ne hai parlato.. e non mi hai neanche chiamato. –
- Come, come?? Ti ho chiamato al cellulare ben tre volte stamattina alle 6! Non hai visto i messaggi? –
Castle la guardò. Il cellulare? Infilò la mano in tasca e uscì l’aggeggio scoprendo la causa del malinteso. Spento. Lo aveva lasciato in quello stato dopo il giorno precedente passato con la stessa detective, per non essere disturbati. Arrossì e mostrò i denti alla sua bella che intanto lo guardava con la stessa aria della professoressa che ti ha beccato senza compiti per casa svolti.
- Eh, ehm.. Quando è stata ritrovato il corpo? – Lo scrittore decise di proseguire nel caso e lasciar perdere gli inconvenienti.
- Ieri sera. I vicini erano passati per portarle una torta e hanno trovato la porta aperta. E lei dentro distesa sul letto come nella foto che vedi. –
L’uomo notò i fiorellini azzurri del lenzuolo sottostante al corpo rigido e la camicia da notte rosa che indossava la povera vittima.
- Per quale motivo ti hanno affidato il caso solo stamattina alle 6? –
- Perché non pensavano fosse un omicidio. Enrica Molbins, 33 anni, era stata appena licenziata come commessa in un negozio di abbigliamento del centro commerciale Macy’s. Era orfana e viveva da sola, non aveva fidanzato e frequentava poche persone, tra cui i vicini, Jessica Birlon e Alfred Girbit, neo-sposini. Abitano all'incrocio tra 3rd avenue e E 10th street. Soffriva di disturbi emotivi e prendeva degli antidepressivi.. Per questo hanno pensato subito a un suicidio. In effetti anche l’assenza di tracce di sangue o ferite hanno fatto pensare a un atto volontario. Ma hanno cercato possibili tracce di contenitori di farmaci.. Nessuno fuori posto o sparso accanto al letto e soprattutto tutti quasi pieni. Non era un tipo che si ammalava facilmente, hanno detto i vicini. Hanno affermato di trovarsi entrambi ai rispettivi lavori nella fascia oraria della morte. - Guardò la cartella che Ryan le aveva consegnato. – E a quanto pare i loro alibi sono stati confermati. Non abbiamo nessuna pista.. e stiamo aspettando le analisi di Lanie. -
- Intanto credo che potremmo andare a parlare con i dipendenti del negozio al Macy’s, che ne dici? Magari sanno qualcosa. –
- Ci avevo già pensato e stavo per dire la stessa cosa. –
Si guardarono e si sorrisero. Poi la detective prese il suo giubbotto e insieme si avviarono all’ascensore. Entrarono e le porte iniziarono a chiudersi. Ormai soli e isolati, si scambiarono un lungo e tenero bacio.








- Angolo pensieri.

Eeee... ho ricominciato a scrivere, sì. 
Parto col dire che la storia (strano a dirsi) l'ho sognata la notte tra il 21 e il 22 Marzo, quindi se dovessero esserci storie simili in giro per Efp... non è plagio, ma opera del mio subconscio pazzo D:
Questo è il primo capitolo della storia :) 
Buona lettura :P

  
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