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Autore: zero2757    26/03/2013    1 recensioni
[Tratto dal Settimo Capitolo]
«Che. Cosa. Ci. Facevi. In. Quella. Parte. Della. Casa.» sibilò Hanabusa, mentre con sguardo di fuoco guardava il fratello. «Te l'avrò detto mille volte, c'era un ragazza e stavo per farci sesso. Fine della storia» era la millesima volta che lo ripeteva.
Attenzione: Questa è una rivisitazione più completa e dettagliata della mia vecchissima fiction su Vampire Knight, Small Pain, pubblicata agli inizi del 2008.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanabusa Aido, Sayori Wakaba, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Attenzione: Le canzoni che passerò per quelle dei  Tunder Blust sono dei Three Days Grace. I Contenuti e i testi di questo gruppo non mi appartengono assolutamente, ma sono serviti solo a farvi capire l'andamento della storia. Di fatti, prima del capitolo vi metterò il nome della canzone che potrete ascoltare durante la lettura. Questo è il penultimo capitolo di Small Pain, un pò mi dispiace che questa Rivisitazione della mia vecchia storia sia perdurato così poco, ma è anche bello pensare:"Wow, allora la storia era questa e nessuno se ne era accorto!" (per quanto era scritta male, nell'altra non si capiva bene i luoghi, le persone, gli intenti) spero che sia di vostro gradimento!
Qui riferiti ci sono dei posti realmente esistenti del Giappone!
Un Bacione, Micheila! XOXO


Small Pain

Three Days Grace - Anonyomus



Capitolo Undicesimo: Lovely Pain In The Street Of Life


Sfrecciavano da un tempo indeterminato sulla strada percostata da pini. Yuuki si strinse ulteriormente a Kaname quando questo accellerò, facendo aderire i loro corpi. Si sentiva disagio, Kaname era uno dei soci della Intreprises Holdings Co. Di cui suo padre era l'Amministratore Delegato.

Ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che, fra migliaia di persone, avesse incontrato proprio lui l'ex corteggiatore -o Amante- di Hikari. La modo ruggiva dolcemente, assieme al battito cardiaco di lui, Yuuki, cadde in una sorta di trance dove a sopravvivere non era il suo essere ma una miriade di ricordi.

 

 

 

Un piano suonava la Quinta Sinfonia di Beethoven, era arrabbiata per la poca attenzione datale dal padre e dalla madre, così, decisa a contrastarli, si era avviata all'uditorium del teatro comunale. Aveva un tremendo bisogno di suonare, di sfogare tutta se stessa, quando la sinfonia giunse, inesorabilmente, al termine Yuuki aveva la fronte imperlata di sudore.

Le piaceva il piano, era così profondamente passionale e liberatorio. Si caricò l'asciugamano , precedentemente posato sullo sgabello accanto a lei, sulla spalla destra recuperò la borsa adiacente il palco e si avviò verso l'uscita. Fin qui non ci fu niente di strano, il rumore del fruscìo del vento estivo fuori e l'odore della cera data erano gli unici compagni che aveva in quel luogo, finché due voci sussurrate non le giunsero alle orecchie fini.

Yuuki si spostò con grandissima calma, nascondendosi tra le pieghe del sipario, nascosta dal rosso carmìneo, Yuuki, poté finalmente distinguere i due abbracciati. Il primo, era alto e slanciato; i capelli corvini gli ricadevano morbidi dietro alla nuca, era vestito di tutto punto. Kaname, il primo socio della Interprises Holdings Co. Ad assere stato assunto alla mera età di diciassette anni, con laurea in economia aziendale e comunicazione, adesso, baciava appassionatamente una Hikari oramai sedicenne. Non appena il bacio andò a morire, Kaname, preso dalla passione le prese il volto e con voce costretta incominciò a parlarle. «Non possiamo, tutto questo non è giusto... né per tuo padre, né per quella sottospecie di fidanzato che hai...» ma non terminò la frase che Hikari, lo ribaciò se possibile con maggiore trasporto. «Lasciamo che la gente splarli di noi» sussurrò lei, ma che a Yuuki parve un urlo disperato. E mentre i due iniziavano la loro maratona d'amore, Yuuki, in maniera fredda e silenziosa lasciò quello che era stato da sempre il suo rifugio, ma che adesso le sembrava solo un luogo saturo di odori che non dovevano esistere.

 

«Piccola Yuuki» sussurò Kaname allegro, mentre con una mano alzata fece per scrollarle i capelli, cosa che in passato, forse, le avrebbe fatto piacere data quella piccola attenzione. Ma adesso, lei vedeva quella mano come fosse stata tinta di un rosso così cupo e così attaccabile, che schiaffeggiò via la sua mano. «Non. Toccarmi» gli sibilò mentre, con una lentezza inusuale per un essere umano, lo superò facendolo rimanere di pietra. Per la prima volta, Kaname, sentì un sussulto al cuore che non era di paura, ma cui, ancora, non sapeva dare nome.

 

«Piantala!» urlò sua sorella maggiore, mentre il padre la scuoteva.

Stavano di nuovo litigando, il motivo era sempre lo stesso: Zero Kiryu.

Lui, un esponente della media borghesia non poteva certo prendersi la figlia più appetibile, più viziata, più tutto.

Yuuki li guardò distratta, continuando a succhiare i suo ghiacciolo al limone, con le orecchie, oramai stra ricolme di urla, si diresse al patio.

 

Suonava una melodia triste, da giorni sapeva una terribile verità. Sua sorella non solo frequentava due uomini, non solo diceva di amarli entrambi mentendo loro spudoratamente sui suoi sentimenti in più era incinta di ben due mesi. Curiosando per l'enorme villa, Yuuki, trovò le ecografie billantemente (e intelligentemente) disposte a regola d'arte sulla tavola da pranzo di legno d'amascato, dove ancora giaceva quella che doveva essere la cena.

La servitù mancava da giorni, e adesso sapeva finalmente il perché.

Per la prima volta dopo tempo, Yuuki, pianse per Zero, perché sul certificato, del bambino o bambina, il nome scrittovi sopra era: Kuran. Il cognome di Kaname.

Tutto le tornava, le notti in cui sentiva la sorella scappare dal patio sul retro non erano per incontrare il suo Dìo personale, ma per vedere il socio del padre.

Pianse per Yuyu, che nonostante che sia lei che Hanabusa provavano, non potevano stare assieme per la medesima sua ragione. Hikari, lo considerava di sua proprietà.

Le sembrava tutto un brutto, bruttissimo sogno dove per quanto tu ti sforzi di trovare la soluzione quella ti sfugge sino a che non muori disperato.

Pianse tutta quell'amarezza che da quando compì cinque anni le riversavano addosso i suoi genitori.

Pianse per tutto l'amore che voleva donare ma che non poteva dare loro o a Zero, perché, come l'aveva più e più volte minacciata la sua "Sorellina", erano di sua proprietà.

Pianse per Kaname che era stato vittima -mica tanto- del piano diabolico di Hikari, di incastrare il più grande socio in affari del padre per mettere in ginocchio questo.

Pianse per sua madre, che non la capiva e le dava della "Pazza" quando tentava di spiegarle come realmente fosse Hikari, congendandola con: «La mia bambina, questo, non lo farebbe mai. Pazza!»

Pianse perché per la prima volta avrebbe voluto che Maria fosse lì con lei.

«Yuuki, -Per la prima volta, dopo il tentato suicidio di poche settimane addietro, Yuuki, pensò di avere le allucinazioni. Maria non poteva essere lì con lei, era a Toronto per un viaggio di lavoro che suo padre le aveva commissionato. Quindi non poteva, non doveva essere lei.- vieni con me. - Sentì che il braccio le veniva afferrato, alzò lo sguardo e gli occhi color mare di Maria la investirono, pieni di rabbia e preoccupazione- Hai finito di stare in qeuesto posto... Adesso saremo felici!» esclamò con rabbia. L'aveva trascinata via, per tutto il tragitto non seppe nemmeno cosa le accadeva in torno era come se fosse in stato catatonico. Solo quando vide l'appartamento 257, con su scritto Kurenai Maria, si mise a piangere dal dolore. «Posso davvero rimanere con te?» chiese la piccola Yuuki, ripiegata su se stessa alle soglie della porta. «Sì.» rispose Maria, con tono dolce, mentre la guardava con fare preoccupato. «Non tornerò più in quella casa vero?» domandò Yuuki, «No.» conferò i suoi desideri, i suoi bisogni. Maria, si accocolò accanto a lei, carezzandole amorevolmente i capelli disse ciò che mai Yuuki si sarebbe aspettata. «Ti ho adottata. Adesso sei una Kurenai e non più una Cross.» a quelle parole, Yuuki, alzò il volto lavato dalle troppe lactime e, con uno slancio ben mirato, si gettò tra le braccia di Maria con la consapevolezza che i suoi genitori l'avevano buttata via.

Il giorno dopo, Maria, lesse sui giornali di un tragico incidente avvenuto vicino alla metropolitana di di Imadegawa. Il nome che, non per cattiveria bensì per lo sciock, la fece sorridere fu: Hikari Izumi Cross. Era il 21 Settembre 2004 e la vita di Yuuki, in quel momento dormiente, sembrò prendere la retta via. Il mondo, rincominciò a girare, dopo quella tragica scomparsa.

Lo vedeva, in ginocchio, il viso cosparso di lacrime. Kaname piangeva di fronte alla tomba della donna che amava e del figlio che mai avrebbe avuto. Di fronte a quell'angelo in pieta che, invece che pace, trasmetteva una grande soggezione. I presenti al funerale erano spariti, seguiti dai suoi ex-genitori e dai due fratelli Kiryu. «Kaname...» sussurrò Yuuki alle sue spalle, era appena giunta quando lo vide. «Perché compiangi chi per primo mentiva sui sentimenti?» gli chiese, si comportava come fosse stata un'adulta matura anziché una appena undicenne. «Non è vero che non mi amava! Lei aveva Nostro figlio dentro di lei! Non è vero che non CI AMAVA!» lo aveva urlato talmente forte che credeva che i morti presenti nel cimitero del templio Eikando di sarebbero svegliati e lo avrebbero trascinato sottoterra con loro per la sua irrispettosità. Ma quando si girò verso di lei -aspettandosi una bimba in lacrime- vide soltanto tanta pena. Ma non pena per sé stessa, per lui, per il suo amore non ricambiato. Per quel figlio-stratagemma. «Capisco, allora porgo le mie condoglianze a loro -disse lei accennando all'angelo in pietra- e a te. Addio.» Yuuki si girò, un groppo in gola, le lacrime che stavano per cadergli dagl'occhi. La consapevolezza che non sarebbe mai stata una Bambina, ma soltanto Una Donna Bambina già da quel momento, rovinandole tutti gli anni a venire. Scese la collina, il suo vestito bianco svolazzò, il sole la trafisse con i suoi raggi giocherelloni. Perfino il mondo non piangeva una ragazza così sporca. Per il restante anno Yuuki sparì dalla circolazione, non contattando neanche Sayori.

Stava leggendo delle sue prodezze sessuali, Zero e i Tunder Blust erano divenuti assai popolari in quell'ultimo anno. La foto di lui e la cantante la assillava, più e più volte aveva passato i suoi polpastrelli su quell'immagine maledetta. Stava male, lo voleva rivedere, ne sentiva il bisogno. Guardò l'orologio, segnava le venti e ventotto di sera, sorrise, il suo bisogno stava per essere soddisfatto. Si vestì con gran furia, parlava di questo concerto al Vampire High da settimane. Prese una gonna plissettata nera, un top anch'esso nero e la sua giacca di pelle. Marcò il suo volto da quattordicenne con un trucco pesante ed era pronta per uscire. Nonostante fosse Gennaio, il suo abbigliamento variava di poco. Salutò Maria, scese le scale e prese la tramvia di Imadegawa (l'ultimo luogo dove Hikari vide la luce) e scese a poche stazioni di distanza. Era emozionata, lo avrebbe rivisto. Quando la scritta al lead verde smeraldo si accese, Yuuki, notò Yuyu che la guardava con occhi ricolmi di lacrime, certamente Maria l'aveva avvertita. Erano quasi due anni che non si vedevano, ma né Yuuki né Yuyu erano arrabbiate, avevano solo voglia che il loro corpi si rincontrassero. Era una cosa quasi innata per loro, necessitavano l'una dell'altra, infatti si corseso in contro e si abbracciarono. Yuyu pianse, Yuuki si disse che le sue lacrime erano finite tempo addietro e adesso presagiva solo sorrisi. Sia per lei che per sé stessa. E con le mani che tremavano a tutte e due, si presero per mano e si persero in quel mare di musica. Li avrebbero rivisti.


 

«Eccoti arrivata... Piccola Yuuki. Io vado» e detto questo, Kaname, dopo averla squadrata bene bene se ne andò. Yuuki non lo ringraziò, era intrinseco già di per sé in quel gesto. Il suo sguardo fu colto dalle grandi scalinate del Templio di Eikando, con un sospiro si accinse a salire i gradini. Vedendo con la coda dell'occhio la Kawasaki Er-6F di Zero.


 

Non era più in camera, Yori era nel panico esattamente come Ichijo e Hanabusa che, adesso, le cingeva amorevolmente le spalle minute. «Non c'è più. Non c'è più» lo ripeteva come fosse stato un canto liturgico che, miracolosamente, avrebbe fatto riapparire la cugina. Ma così non fu e, dopo un'ulteriore stretta di quello che adesso pareva il suo Uomo, ebbe un'illuminazione: il cimitero. «So dove sono finiti» pigolò lei, che si fece stringere ulteriormente tra le maschie braccia di Hanabusa, anche se non seppe fino in fonto il perché utilizzò il plurale. «Sono al Templio...» non servì aggiungere niente, perché tutti i presenti in quella villetta sapeva cosa avrebbe voluto dire: Il momento decisivo era giunto.

Yuuki osservò Zero, era inginocchiato e piangeva. Le sembrava un deja vu solo con l'uomo sbagliato. Senza far rumore gli arrivò alle spalle e con lo stesso tono che utilizzò tre anni fà domandò: «Perché compiangi chi per primo mentiva sui sentimenti?» Zero sorrise, ma non per gioia, quasi se l'aspettava. Lei era come un fantasma che appariva e scompariva magicamente come fosse stato di alto calibro. «Perché amavo una donna che portava con sé mio figlio» rispose semplicemente, mentre alzava la testa per guardare quell'angelo che -teneramente?- sorrideva, dandogli più un'aspetto macabro che letizio. «Non era tuo...» Yuuki cacciò la bomba, sperava con tutto il cuore che in quei tre anni non si fosse incolpato per la morte di una pesona che doveva morire. Che del male ne aveva fatto abbastanza nonostante i suoi sedici anni di età. «Che vuoi insinuare?» esclamò alterato, mentre con fatica si alzava dal terreno umido di pioggia passata. «Esattamente quello che ho detto, il figlio che portava in grembo... Hikari -non volle dire la parola sorella perché lei non lo era mai stata, ma soprattutto perché ora lei non era più una Cross bensì una Kurenai. Quindi quel'affari non erano più un suo problema. Ma Zero, Zero sì. Era un suo problema- Era gravida di due mesi quando morì. In quel periodo vedeva spesso Kaname, mentre a te e a tuo fratello aveva rifilato la scusa di un viaggio a Dublino» concluse la frase come fosse un'arringa, un'ultimo discorso prima che la giuria prendesse la sua decisione ed esponesse il suo verdetto. Zero scoppiò a ridere, non le credeva. Yuuki sospirò, si voltò e se ne andò ma a metà strada rimarcò le sue precedenti parole: «Non dispiacerti per qualcosa che non era tuo, a cominciare dal cuore marcio di lei» e con quella frase liberatoria. Quello, per entrambi, equivaleva ad un'addio. Un addio ad amori impossibili. Un addio a una storia che si era perpetuata nel tempo. Un addio ad un legame stranamente potente, da trascendere il tempo.

   
 
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