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Autore: Harleen    26/03/2013    1 recensioni
Post Mockingjay - occhio agli spoiler!
“Have you ever wandered lonely through the wood?
Gli incubi tornano, ogni tanto.
[...]

Have you ever stared into a starry sky?
Le prime volte che gli veniva una crisi, doveva aggrapparsi a qualcosa.
[...]

Have you ever been out walking in the snow?
Haymitch detesta finire il liquore.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Mai visto, mai fatto, mai posseduto. Se Haymitch fosse mio sarei una donna felice; peccato non lo sia. Idem per Peeta. Un bell’harem da quelle parti non mi dispiacerebbe, ecco.
 
 
 

Have You Ever

 
 
 

Have you ever wandered lonely through the wood?
 
And everything there feels just as it should
 
You're part of the life there
 
You're part of something good
 
If you've ever wandered lonely through the woods
 
if you've ever wandered lonely through the woods

 
 
 
Gli incubi tornano, ogni tanto.
 
Katniss si sveglia e solo per miracolo riesce ad ingoiare l’urlo che premeva per uscire. Suda, trema, ed ancora vede Prim.
 
I ricordi si affievoliscono, durante il giorno; il colore dei capelli di sua sorella inizia a diventare una sfumatura annebbiata dagli anni, il suono della sua risata non le riecheggia più nelle orecchie. Deve scavare nella mente, cercare memorie a cui aggrapparsi. Ma di notte è tutto così vivido. Di notte le urla sono forti, nitide. La sofferenza di Prim è la stessa, il dolore nei suoi occhi e l’impossibilità di fare alcunché per salvarla le bruciano fin dentro l’anima.
 
Si alza e si veste velocemente, in trance. Si accorge di essere arrivata al limitare del bosco solo quando si accorge del vento fresco che le raffredda le lacrime sulle guance. Si seccano e tirano la pelle, mentre si sforza di adattare gli occhi alla luce dell’alba ed al sole che, giallo e vivido come non mai, si staglia tra le cime degli alberi.
 
Cammina e cerca il tronco cavo dove teneva l’arco, e per un istante rimane sorpresa quando non trova niente. Le armi sono a casa, nascoste, tenute sotto chiave. Per un istante la familiarità del luogo la investe e tutto sembra semplicemente perfetto. Era così che sarebbe dovuto andare: lei che cacciava di frodo nel bosco, il Forno, Sae che le offriva una ciotola di zuppa in cambio di una preda. Non si è mai sentita così al proprio posto come in quei giorni, dove era una ragazzina con una famiglia sulle spalle e rischiava arresto, fustigazione o, chissà, perfino qualcosa di peggiore.
 

***

 
“Dov’eri?”
 
“Nel bosco.”
 
“Ti avrei accompagnato, se me l’avessi detto.”
 
“Preferivo andare da sola.”
 
Katniss guarda Peeta, guarda la sua famiglia; due bambini che stanno facendo colazione e dovranno andare a scuola, un marito che porta lo stesso macigno sulle spalle e non dimostra di sentirne il peso, mentre lei si sente opprimere. Si sente come se tenesse tutto in equilibrio precario, ed ogni passo falso potrebbe far precipitare tutto fino a schiacciarla. Fa un sorriso quando Peeta allunga la mano per cercare la sua, e sente il peso scivolarle via dalle spalle e trovare un nuovo equilibrio.
 
Era perfetto quando aveva quattordici anni e rischiava la vita, quando la mandarono ad ammazzare ventitré ragazzini e finì col piangere sulla tomba dell’unica persona che avrebbe dovuto proteggere.
 
Ma questo, riflette guardando la cucina e sentendo le labbra di Peeta sulla sua tempia, questo è giusto. Come una tessera di un puzzle che finalmente ha trovato il suo posto.
 
“Dobbiamo sbrigarci,” sente dire, “oggi arriva il treno con i rifornimenti.”
 
 
 

Have you ever stared into a starry sky?
 
Lying on your back you're asking why
 
What's the purpose, I wonder who am I
 
If you've ever stared into a starry sky
 
Have you ever stared into a starry sky

 
 
 
Le prime volte che gli veniva una crisi, doveva aggrapparsi a qualcosa. Una sedia, il lenzuolo, qualsiasi cosa. La testa pulsava di ricordi deformati, luci pulsanti e suoni che da soli sarebbero bastati a piegarlo. Le urla non se ne sono mai andate. Si affievoliscono, arretrano in un angolo remoto del proprio cervello fino a dargli l’illusione di essere sparite e poi, semplicemente, tornano.
 
“Papà, perché tremi?”
 
Peeta si sente morire, quando volta la testa verso sua figlia – sua figlia – e potrebbe giurare di vedere davanti a sé un ibrido. Uno dei lupi dell’arena, forse. O forse una creatura delle fogne di Capitol. Le luci pulsano e gli feriscono gli occhi, ed il dolore delle ginocchia che sbattono contro il pavimento è un sollievo. “Papà?” Chiede con voce tremante la bambina, facendogli mancare il fiato. Vai via, supplica mentalmente, chiama la mamma. Non restare qua.
 
Non è la mano di Katniss, quella sulla sua spalla; Katniss è fuori, ignara. Peeta intreccia le dita e stringe tanto forte da sentire le nocche scrocchiare. Potrebbe spaccarsi ogni singolo osso, e la cosa gli andrebbe bene. Tutto, ma non quelle voci. “Vai di fuori a schiarirti le idee.”
 
Sa che non è quella di Snow. Non può essere. Ma il suono quasi metallico, la voce di chi si è finito le corde vocali ad urlare e le ha corrose con lacrime che non sono mai uscite, gli riporta alla memoria altre crisi, altre torture. “Peeta, vai via. Ora.”
 
Esce ed avverte l’erba gelida dall’umidità contro la schiena e finalmente, sotto i primi fiocchi di neve, sente il cervello smettere di pulsare. Le luci si fanno meno dolorose, al punto da poter distinguere il sole nascosto dietro le nubi che muore tra le montagne, e le voci smettono di ferirgli i timpani. Sono un’eco lontana, il rombo di un temporale che scompare all’orizzonte, un tumulto che riesce a gestire. Può soffocarlo. Può farcela.
 
Il problema con i ricordi, è che per un doloroso istante Peeta ci crede. Sempre. E non ci sono scusanti che possa darsi da solo o farsi sputare in faccia da chicchessia, la vergogna arriva sempre. Quando si accorge di aver ceduto di nuovo alla parte più irrazionale di sé, alle proprie paure, quando si accorge di aver dimenticato chi è e chi ha attorno, si sente come se li avesse traditi tutti, di nuovo, dal primo all’ultimo.

 

***

 

“Mi avevano detto che stavi facendo l’idiota sotto le stelle, ma non volevo crederci.” Una pausa studiata ad arte. “Sei sempre pieno di sorprese, ragazzo.”
 
Peeta sbuffa una risata, mentre un fiocco di neve gli cade precisamente sull’occhio aperto, causandogli seri problemi per qualche istante.  “Non ci sono le stelle.” Risponde dopo essersi ricomposto.
 
Haymitch ride con voce bassa e roca, senza allontanarsi dal confortevole riparo del salotto. La finestra aperta starà facendo gelare la casa, e Katniss vorrà la testa di qualcuno su un ceppo, se i piccoli prenderanno di nuovo il raffreddore. “Già, e sta nevicando e tu sei in camicia.”
 
Si puntella sui gomiti, rivolgendo un’occhiata scettica ad Haymitch. “Hai preso proprio a cuore questa cosa di farci sopravvivere, mh?”
 
“Muoviti, imbecille!” Gli abbaia contro il suo vecchio mentore, incapace di nascondere un certo imbarazzo.
Peeta si alza e gli cammina incontro, scrollandosi i capelli dalla neve e dalla terra che, inumidita, gli si è appiccicata addosso. “Se Kat ti sentisse usare queste parole davanti ai bambini…”
 
“Se Kat ti vedesse qua fuori, idiota.” Rimbrotta molto velocemente Haymitch, facendogli effettivamente riconsiderare la sua minaccia di fare la spia.
 
È solo dopo, con un paio di bambini ben stretti tra le braccia ed una moglie che si è appena liberata di arco e frecce, che Peeta riesce a distinguere perfettamente cosa è vero da cosa è falso.
 

 

Have you ever been out walking in the snow?
 
Tried to get back where you were before
 
You always end up not knowing where to go
 
If you've ever been out walking in the snow
 
If you'd ever been out walking you would know
 

 
 

Haymitch detesta finire il liquore.
 
Non è solo per la sindrome d’astinenza – certo, quella non è piacevole, ma negli anni ha iniziato a considerarlo un passaggio obbligato durante alcuni periodi della sua vita. È per l’improvvisa chiarezza del mondo che lo circonda.
 
Le cose assumono contorni nitidi, i pensieri iniziano a disporsi in file ordinate e logiche, i ricordi tornano.
 
Non ha dimenticato una sola edizione degli Hunger Games. Perfino quelle in cui era talmente ubriaco da arrivare a vomitare per ore consecutive, mentre il corpo non si rassegnava a tutto quel veleno e lo risputava al mittente; quando il suo fisico si ribellava a quella patetica morte che Haymitch si era scelto, e l’unico punto fermo erano un paio di mani gelide come l’acciaio ed altrettanto forti che lo sostenevano e lo costringevano a lavarsi la faccia, e a ricomporsi, e a uscire, Haymitch, ci sono dei ragazzini che sperano che tu tolga la testa dal culo e faccia qualcosa per salvarli.
 
La neve che gli si posa delicatamente addosso ha lo stesso effetto: è gelida, e lo porta bruscamente alla realtà.
 
Cammina con le mani sprofondate nelle tasche senza sapere dove andare. Almeno, riflette con una risata amara, la ragazzina ha un posto dove correre a rifugiarsi. Alla sola idea di andare anche lui a farsi un giretto nel bosco, Haymitch sente la nausea salire.
 
Forse dovrebbe andare a dar da mangiare alle stupide oche; fare come il ragazzino, portare il proprio dolore appeso al petto come un distintivo e mostrarlo al mondo, senza aver bisogno di fuggire allo sguardo degli altri.
 
Sono talmente tanti anni che Haymitch sente dolore da essersi dimenticato quale sia il comportamento più consono, quando non puoi annullarti dentro un bicchiere. Cosa fanno le persone normali.
 
“Ma sei diventato idiota tutto d’un botto?!”
 
Sobbalza e si guarda attorno, senza sapere quando e come sia tornato al portico della propria casa. La neve ha quasi del tutto coperto le sue tracce – non sa nemmeno quanto è rimasto là impalato, perfetto. La demenza senile è finalmente arrivata. È riuscito a bruciarsi le ultime cellule sane rimaste nel cervello.
 
(E allora perché senti ancora quelle urla, Haymitch? Perché li senti tutti, quelli che piangevano nell’Arena e ti supplicavano guardando verso il cielo? Rivolgevano le loro preghiere vuote ad un dio pagano che non aveva un centesimo per poter procurare loro acqua o medicine, e c’era una sola domanda nei loro occhi. Perché, Haymitch? Perché non ci aiuti? Perché ci hanno mandati al macello?)
 
“Idiota!” Abbaia di nuovo quella voce tutt’altro che amichevole, riscuotendolo per l’ennesima volta dai propri pensieri. “Si può sapere cosa ti dice la testa? Si gela! Ed il cretino se ne sta sotto la neve che cade!”
 
Haymitch non capisce esattamente come – che novità! – ma si trova sotto al portico della propria casa, strattonato e stretto ad un mucchietto d’ossa bardate dentro una coperta cenciosa di dubbia provenienza. “Io volevo l’alcol.” Si lagna con tono querulo, scartabellando tra stoffa e capelli per arrivare alla pelle. “Oggi col treno doveva arrivare il mio liquore.”
 
“Ed invece ti becchi me.” Risponde, acida e sulla difensiva come sempre mentre scosta il lembo portante del bozzolo di lana al cui interno è nascosta ed ingloba Haymitch. “Dio, sei gelido. Se ti ammali e mi attacchi qualcosa ti ammazzo.”
 
“Sarà difficile nascondere il cadavere, tesoro.”
 
“Ti ho detto di non chiamarmi così!” Strilla con voce acuta ed isterica, ricomponendosi subito dopo. “Potrei sempre darti in pasto alle tue stupide oche.”
 
La porta si apre, Haymitch trova la maniglia e trova perfino la coordinazione per spingere dentro la donna senza necessariamente staccarlesi di dosso.
 
Non è decisamente una bottiglia di liquore.
 
Ma non si può dire che non riesca a scaldarlo.

 

***

 

“Hai qualche consiglio?”
 
“Non hai un mentore, tesoro?”
 
“Johanna Mason. No, non- non c’è nessuno, dal mio Distretto.”
 
“Il sette, eh? Bella sfortuna, tesoro.”
 
Johanna Mason.Qualche consiglio per l’Arena?”
 
“Cerca di restare viva, tesoro.”
 
“Ti ho detto che mi chiamo Johanna Mason!”
 
“Tesoro, se dovessi ricordarmi il nome di tutti i bambini morti che ho incontrato negli anni, non vivrei più.”

 

***

 

Qualche ora dopo, Johanna gli tira una gomitata al costato.
 
“Mi hai chiamato bambina morta.”
 
Haymitch alza a fatica la testa dal cuscino, rimbecillito dal sonno, dalla mancanza di alcol con cui irrorare le sue vene, stanco dalla rimpatriata con Johanna. “Cos-” biascica a fatica.
 
“La prima volta. Quando ti ho chiesto qualche consiglio su come sopravvivere nell’Arena. Mi hai chiamato bambina morta.”
 
Haymitch si stringe nelle spalle. “Lo sembravi.”
 
Johanna assottiglia gli occhi, ed ora come non mai ha l’aria di chi sta per strapparti gli intestini a mani nude. “Com’è che sembravo, scusa?”
 
“Sembravi insulsa, debole e stupida.”
 
Il braccio sul suo fianco la stringe di più, portandola ancora più addosso al suo stupido proprietario. Non si sono mai chiesti se si ricordavano episodi particolari delle varie edizioni degli Hunger Games; è ovvio che ricordino tutto. “Adulatore.” Scandisce lentamente e con un sorriso poco raccomandabile la donna, prima di rotolargli nuovamente sopra.
 
La differenza è che insieme, forse, possono concentrarsi su quei rari momenti di spensieratezza.

 
 

End

 

Note!
You guys, quanto amo Hunger Games. E quanto amo Johanna. Cioè boh, ho imprintato ed ora è il mio personaggio preferito ç_ç
Non che gli altri non lo siano. Li amo tutti, tutti, tuuuuuuutti.
 
La canzone è “Have you ever” di Brandi Carlile. Vi invito tutti ad andare a sentirla, perché dura a malapena due minuti e mezzo ed è dolcissima <3
Io l’ho scoperta guardando Suburgatory – altra cosa che vi consiglio di guardare, perché merita tanto – e mi sono innamorata ** poi l’ho ascoltata facendo attenzione al testo e mi sembrava perfetta per scrivere su Hunger Games :°D
 
Spiegazione idiota di cui nessuno sente il bisogno :D!
Immagino che si capisca, ma la voce che intima a Peeta di uscirsene a schiarirsi le idee è quella di Johanna; non l’ho specificato perché speravo di ottenere un micro effetto sorpresa <3
 
Commenti graditissimi!
(Davvero, graditissimi. Amo Hunger Games e sa il cielo quanto io abbia paura di aver mandato OOC i personaggi o aver scritto stupidaggini)
Bramo i feedback! <3

 
 

Harl <3

   
 
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