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Autore: allegretto    27/03/2013    7 recensioni
Ci vuole un incidente per far sì che tutti si rendano conto di quanto seriamente Jensen stia male. Ma come possono Jared, la famiglia Ackles e i suoi amici aiutarlo, quando lo stesso Jensen rifiuta ogni tipo di aiuto esterno? L'unico modo che essi conoscano, anche a costo di perdere per sempre la stima e l'affetto di questa persona!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Cinque

 

Se uno non faceva proprio caso all'odore di antisettico che aleggiava nell'aria poteva benissimo pensare di essere in un albergo piuttosto che in un ospedale. Le tinte uniformi sulle pareti, i quadri con soggetti naturalistici, le passatoie dal colore grigiastro e la mobilia scarna ma funzionale davano l'impressione di un ambiente elegante e allo stesso tempo informale e pratico; un albergo, appunto. Questi erano i pensieri di Jared mentre attraversava l'imponente atrio del nosocomio. Le vetrate schermavano i raggi solari ma permettevano di vedere chiaramente al di fuori le caratteristiche della tipica giornata texana: calda e secca. Un leggero venticello muoveva le fronde degli alberi, costituenti la parte integrante del giardino che circondava il monoblocco principale, e Jared sapeva che non avrebbe trovato fresco all'esterno ma fu colto dall'impulso di uscire fuori per sottrarsi a tutta quella angoscia.

Passando davanti al banco centrale dell'accettazione ebbe la consapevolezza di essere seguito da una serie di sguardi interessati da parte del personale medico ed infermieristico. Segno inequivocabile che nelle successive ore quella calma irreale sul fronte dei fans sarebbe scomparsa con tutte le implicazioni del caso.

Sospirò sconfitto. “Alan, vado un po' fuori. Viene con me?”, chiese all'improvviso al suo accompagnatore.

L'uomo più anziano annuì e lo seguì. Poco dopo erano seduti su una panchina di legno sotto l'ombra di una magnolia, cercando di rilassarsi un po'.

Jared, ho bisogno di sapere perché mio figlio si è ridotto in queste condizioni e solo tu me lo puoi spiegare!”, esclamò Alan, ad un certo punto, girandosi a guardare l'uomo più giovane.

Sapevo che prima o poi me lo avrebbe chiesto...”, sospirò Jared.

Un'espressione dolorosa apparve sul volto del padre di Jensen. In quel momento Jared si accorse che era proprio quello che voleva: un confronto con la persona responsabile di quell'immane caos che era diventata la sua vita.

Aspettavo che me lo dicessi tu...”, ribatté Alan.

Ha ragione ma non è facile parlare di ciò”, replicò Jared, cercando di mettersi comodo sulla panca di legno.

Quando ha iniziato a bere?”, chiese Alan.

Da quando l'ho conosciuto la prima volta, mi ha sempre dato l'impressione di un ragazzo a cui non piacesse l'alcol, quindi a parte qualche birra dopo il lavoro o guardando lo sport in televisione e qualche whisky alle feste del cast e della produzione, l'ho visto raramente ubriaco a tal punto da non reggersi in piedi”, spiegò Jared.

Allora quando le cose hanno iniziato a cambiare?”, domandò il padre di Jensen.

Dovrebbe saperlo, Alan!”, sbottò Jared.

Immaginavo. La decisione, però, l'avete presa solo voi due...”, rispose l'uomo, un po' infastidito.

Era l'unica possibile. Tutti ci stavano addosso, compreso le nostre famiglie e quindi, Alan, anche lei è responsabile quanto me”, esclamò Jared, freddamente.

Non abbiamo mai imposto nulla a nostro figlio. Tutto quello che ha deciso lo ha fatto per conto suo! E se avesse voluto, avrebbe potuto andare anche contro di no!”, replicò l'uomo più anziano, convinto,

Ahahah, Jensen andare contro il volere della propria famiglia!?”, ghignò ironico Jared,

Mio figlio non è mai stato un debole!”, replicò Alan, dando un colpo all'impiantito della panchina.

Si, infatti. Ma non sopporta l'imposizione altrui e se non riesce a vedere una via di fuga, allora si butta a capofitto nel lavoro oppure cerca un modo che gli consenta di tirare avanti senza pensare a ciò che lo rende così infelice”

Quindi è iniziato nel momento in cui avete deciso di sposarvi, giusto?”, domandò Alan, sconfitto.

Si, più o meno. Non c'era altra scelta e per non farlo soffrire, gli ho detto che mi ero innamorato di Genevieve e che la volevo sposare. Continuare quella relazione in modo clandestino ci avrebbe rovinato, perciò quello era l'unica possibilità. Entrambi sposati e con la carriera intatta!”, ammise Jared. “Abbiamo smesso di frequentarci all'inizio della registrazione della sesta serie, ognuno andando dalle rispettive mogli nel fine-settimana”, continuò Jared.

Quindi non hai potuto più controllarlo, vero?”

No. Ho cercato di avvisare la moglie ma mi sono sentito dire che ero tragico. Poi Jason ha iniziato a raccontarmi delle feste a Los Angeles. Party dove la tequila scorre a fiumi...”

Tequila? Brutta cosa! Quanti amici si sono rovinati in quel modo”, esclamò Alan, rabbuiandosi in volto.

Già. A Jensen piace molto fare le gare a chi ne regge di più. L'ho visto una sola volta e mi è bastato. E' stato male per due giorni ed è dovuto stare a casa di Steve perché non riusciva a stare in posizione verticale!”, disse Jared, passandosi una mano sugli occhi, come se volesse cancellare quella visione così angosciante per lui. “Eravamo ancora assieme quando è successo e così gli avevo detto che se voleva rimanere con me, non avrebbe dovuto più ripetere un gioco simile. E così è stato....ma poi io non ero più lì a sorvegliarlo”, aggiunse, sconsolato.

Quando era un ragazzino ha passato un periodo di eccessi. Frequentava una brutta compagnia. Aveva anche rubato in un negozio di articoli sportivi per farsi vedere quanto fosse un duro. Si vantava di avere una famiglia che gli lasciava piena libertà. Era vero, poteva andare e venire quando voleva a suo piacimento, in cambio di un ottimo profitto scolastico. E così è stato finché non ha compiuto sedici anni e ha preso la patente. Da lì sono iniziati i guai...”, affermò Alan.

Si me lo ha raccontato. Non è fiero di quel periodo”, disse Jared, mentre si guardava in giro. Delle risate provenivano da una panca vicino a loro e si ritrovò a desiderare ardentemente di poter tornare a ridere di gioia anche lui in futuro.

A stento lo abbiamo recuperato e speravo che avesse imparato la lezione ma, a quanto pare, mi sbagliavo!”, replicò Alan, alzandosi in piedi. “Vado a prendere qualcosa da mangiare al self-service. Vuoi qualcosa, Jared?”, chiese Alan.

Una Diet Coke, grazie”, rispose Jared, allungando le gambe, intorpidite. “Andrò a vedere se in camera è tutto a posto. Ci troviamo qui fra mezz'ora. Ok?”, aggiunse, poi, alzandosi anche lui.

Alan annuì e si avviò verso l'ingresso dell'ospedale, mentre Jared si diresse verso l'ascensore posto all'esterno.

Trovò Danneel mezza addormentata con la testa appoggiata alle proprie braccia sul materasso accanto alla gamba destra di Jensen, mentre lui dormiva placidamente.

Tutto tranquillo?”, chiese, avvicinandosi al letto.

Si, si. Sono venute a lavarlo e a cambiarlo. Tutto a posto”, rispose lei un po' confusa. “Vuoi qualcosa dai distributori automatici o vuoi che vada a prenderti qualcosa alla caffetteria?”, chiese, lui, cercando di essere gentile.

No, grazie. Rimango qui con lui. Alle quattro ho il volo per Los Angeles”, replicò lei, guardando l'orologio.

Ah, pensavo saresti rientrata domani in tempo per l'audizione!”, esclamò lui, un po' sorpreso.

Devo fare un sacco di cose: andare dal parrucchiere, dall'estetista e comprarmi un vestito”, rispose lei, evasiva.

Giusto. Tutte cose che si fanno con un marito in coma...”, replicò lui, sarcastico.

Non iniziare, Jared. Lo sai che con me non attacca il tuo risentimento, vero?”, ribatté lei, riavviandosi i capelli con le mani.

Lui la guardò con odio, poi si chinò a baciare Jensen sulle labbra, gesto a uso e consumo di Danneel, la quale lo guardò con rabbia, e uscii dalla stanza senza degnarla di uno sguardo, augurandosi che il momento della sua partenza arrivasse in breve tempo in modo da non dover dividere Jensen con quella strega di moglie che si ritrovava. Sospirando pesantemente si allontanò da quella camera, anche se sentiva come un dolore fisico lo stare distante da colui che rappresentava il centro del suo universo.

Poco dopo si ritrovò con Alan sulla solita panchina al riparo dagli implacabili raggi solari texani.

Ritengo mio figlio abbastanza stupido per essersi cacciato in questo guaio, ma so cosa si può trovare a queste feste, oltre la tequila. Mi devo preoccupare anche di questo, Jared?”, chiese Alan, passando la bibita al giovane, dopo aver appreso che suo figlio era tranquillo.

No”, rispose perentorio Jared. “Non ha mai fatto uso di droga Jensen e mai lo farà!”, dichiarò Jared “Neanche una fumata di marijuana?”, chiese Alan, dubbioso.

No, sono sicuro. Jensen porta sempre al collo la collanina con il ciondolo che aveva regalato a quel suo amico quando ha compiuto diciotto anni e poi è morto travolto dall'auto guidata da uno strafatto che poi si è piantato contro un muro!”, rispose Jared. “La tiene per ricordarsi come è morto e quanto gli fosse affezionato!”, aggiunse, poi, commosso.

Alan annuì al ricordo di quel ragazzo, morto prematuramente. “Già, era un bravo ragazzo. Aveva contribuito anche lui a riportare Jensen sulla retta via. Travolto da un' auto guidata da un drogato, morto poi sul colpo. Avevano trovato un biglietto in auto. Si era suicidato per via di una storia d'amore finita male...”, spiegò Alan, fermandosi però all'improvviso, impallidendo. “Tu pensi che volesse fare la stessa cosa anche Jensen?”, chiese, poi, con voce affranta. Il pallore si accentuò ancora di più e il padre di Jensen iniziò a sudare copiosamente e a manifestare un certo affanno.

Jared allungò di scatto la mano che stringeva la lattina, ancora fredda, e la pose sulla fronte dell'uomo più anziano e contemporaneamente iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di un camice blu. Alan Ackles stava avendo più o meno gli stessi sintomi che aveva avuto suo padre quando gli era venuto l'infarto.

Alan, si calmi o si farà venire un colpo!”, esclamò Jared alzandosi in piedi e iniziando a massaggiargli la schiena. “Jensen non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Sicuramente ha perso il controllo dell'auto! Ne sono sicuro!”, affermò Jared, cercando di essere più convincente possibile, anche se in cuor suo sapeva che vi poteva essere anche una minima possibilità. La disperazione ti può far arrivare anche a queste estreme conseguenze!

Grazie, Jared”, disse Alan, grato per quelle parole. “Ne sono sicuro anche io”, disse poi, alcuni minuti dopo, mentre riprendeva colore in viso.

Jensen mi ha raccontato che è stato quel fatto a farlo decidere di andare a Los Angeles”, esclamò Jared, dopo un po'.

Mia moglie era convinta che tra Jensen e Jimmy ci fosse qualcosa ma mio figlio lo ha sempre negato. Della sua omosessualità lo abbiamo sempre sospettato ma Jensen lo ha ammesso solo quando la vostra storia è diventata seria. Non ne abbiamo mai parlato apertamente e comunque gli altri parenti non sanno nulla, nemmeno mia madre che è ancora viva”, spiegò Alan.

Jared annuì.

Aveva già preso la decisione di accettare la proposta del talent-scout che l'aveva avvicinato l'anno prima a una sua rappresentazione teatrale della scuola. Ero io che mi opponevo. Sapevo che mio figlio era troppo fragile e chiuso per quel mondo di pescecani che è Hollywood. La sua omosessualità latente, o così la definivamo mia moglie ed io, ne faceva un bersaglio eccellente”, continuò Alan. “Pensavo che il mio esempio fosse sufficiente per impedirgli di andare via. Io non avevo raccolto le lusinghe di quel mondo dorato. Avevo preferito rimanere qui, studiare e lavorare per il cinema ma in altri ambiti. Dal giorno in cui è morto Jim, Jensen si è chiuso in un assordante silenzio e dopo aver dato gli esami finali, se ne è andato senza neanche partecipare alla consegna dei diplomi”, concluse l'uomo più anziano, un po' provato per quella spiegazione così difficile da dividere con il giovane che era stato il compagno di suo figlio per oltre due anni e che se avesse continuato a esserlo, lui non sarebbe stato seduto su quella panchina così dura all'esterno di un ospedale, mentre suo figlio giaceva in coma all'interno.

Lei è sempre stato più supportivo con Jensen per quanto riguarda il discorso dell'omosessualità, rispetto a mio padre, ma in pratica lo avete ostacolato comunque e forse più di quello che hanno fatto i miei genitori”, esclamò Jared, secco.

Molti miei amici sono gay. Li ho sempre trattati come persone di tutto rispetto, senza giudicare o criticare. Il mondo dello spettacolo è un altro discorso. Ti preclude molte strade. Non volevo accadesse a mio figlio!”, esclamò Alan con ardore.

Quindi la disapprovazione era l'unica strada?”, chiese Jared, sbigottito.

Io non l'ho mai disapprovato. Forse mia moglie può aver calcato la mano sul concetto della delusione di non poter fare un matrimonio in chiesa o di aver un nipotino come le altre signore della nostra congregazione religiosa. A volte è dura con lui su questo argomento ma..”, replicò Alan, cercando di giustificare il suo operato e quello della moglie.

Mi vuol dire che non avete mai fatto pressioni su di lui?”, chiese Jared incredulo.

Alan si passò la lingua sulle labbra e si strisciò le mani sudate sui pantaloni. Era imbarazzato e cercava di sottrarsi a quel fuoco di fila di domande da parte di quel giovane che, volente o nolente, era entrato nella vita della sua famiglia.

Io sono più tollerante, mia moglie lo è di meno. Lei è nelle associazioni di volontariato della nostra chiesa e noi battisti, non vediamo di buon occhio gli omosessuali. Sarebbe stato imbarazzante per lei, per noi, se la storia fosse uscita fuori”, cercò di giustificarsi Alan.

Lo so. Jensen me lo ha spiegato quando gli ho detto che avrei preferito fare 'coming out' per la mia bisessualità piuttosto che sposare Genevieve”, replicò Jared, sbuffando.

Forse non saremmo in questa situazione”, ammise, a quel punto, Alan.

Jensen mi disse che non sarebbe mai uscito allo scoperto, non solo per la sua famiglia, per il rischio di far morire di crepacuore la sua nonna paterna, ma anche per la sua carriera e io mi sono adeguato”, esclamò Jared con la voce incrinata.

Jensen non ha ancora capito cosa sia importante per lui”, esclamò Alan, all'improvviso, come se avesse compreso solo in quel momento chi era, in realtà, suo figlio.

Se lo avesse appoggiato prima, invece di criticarlo...”, sbottò Jared, incredulo davanti a tale confessione. “Le uniche cose che gli ripete sempre sono 'la carriera e la famiglia' Non può negarlo, Alan!”, aggiunse sullo stesso tono.

Hai ragione, Jared. Jensen mi ha sempre temuto. Sono l'unica persona che riesce a imporsi su di lui. Quando l'ho minacciato di disconoscerlo come figlio se avesse continuato la relazione con te, ha scelto di schierarsi dalla mia parte piuttosto che incorrere nella mia furia”, ribatté Alan, sconsolato.

Con la vista annebbiata dall'ira, Jared guardava con astio quell'uomo seduto sulla panchina, con un atteggiamento consono solo a un indiziato di omicidio che aveva appena ammesso la propria colpa. Non si sentiva, però, sollevato da tale confessione. La sua angoscia e rabbia lo stavano per sopraffare. Non era nel suo stile picchiare le persone, men che meno quelle più vecchie di lui, ma in quel momento lo avrebbe preso a pugni. Forse era meglio allontanarsi un po'.

Vado da Jensen”, esclamò Jared, voltandosi di scatto e allontanandosi. Giunto quasi dall'ascensore, si sentì richiamare indietro da Alan. Si girò lentamente, vedendo il padre di Jensen a metà strada tra la panchina e il luogo dove era lui. Il suo viso, stravolto dalla consapevolezza del danno arrecato al figlio e all'uomo che si trovava davanti, era inondato dalle lacrime. “Per quello che valgono le mie parole, Jared ti chiedo perdono. Ammetto la mia colpa. So di aver fatto pressioni su mio figlio. Pensavo di agire per il meglio...”

Jared annuì ma non proferì parola. Se avesse parlato, avrebbe potuto dire cose che, in seguito, avrebbe potuto pentirsi. Non appena si aprirono le porte dell'ascensore, vi entrò di corsa e schiacciò il pulsante del piano dove era ricoverato Jensen.

Nel corridoio incontrò Jim dai distributori automatici dove stava prendendo dell'acqua fresca. Si scambiarono due convenevoli e poi Jared proseguì per la stanza, dove trovò suo fratello che stava leggendo una rivista di automobili accanto al letto di Jensen.

Ciao, Jeff. Danneel?”, chiese sorpreso, non vedendola da nessuna parte.

E' andata via, non appena siamo arrivati noi. Ci aveva chiamati affinché arrivassimo un po' prima in modo che riuscisse a prendere il volo delle quattro”, rispose il fratello maggiore di Jared. “Mi sembri un po' stanco, Jared. Sarà meglio che vai un po' a riposare. Oggi è una giornata particolarmente calda. Non vorrei che ti ammalassi anche tu. Alan?”, aggiunse, poi, osservando bene il fratello minore che appariva particolarmente scarmigliato e sudato.

E' giù nel giardino”, rispose evasivo il giovane, con lo sguardo piantato su Jensen. “Posso rimanere un po' solo con lui?”, chiese poi a suo fratello, con la voce incrinata, indicando quella figura inanimata sul letto.

Jeff si alzò e andò vicino Jared. “Tutto bene, fratellino?”, lo apostrofò, un po' preoccupato.

Jared annuì, grato per quella dimostrazione di affetto da parte del fratello.

Non sono riuscito a stare un po' con lui....solo questo....”, mormorò, sentendo il bisogno fisico di toccare Jensen.

Jeff non disse nulla ma fece una leggera carezza sulla spalla del fratello, prima di uscire dalla stanza.

Non appena fu solo, Jared si sedette accanto a Jensen e scoppiò a piangere, mormorando dapprima parole incomprensibili e poi via via sempre più intelligibili: “Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...”

Quando si fu un po' calmato, si rese conto che il profumo che sentiva e che lo faceva inebriare era il dopobarba di Jensen: un misto di agrumi e chiodi di garofano e ciò lo riportò indietro con i ricordi all'ultima volta che si erano baciati, a quel giorno di inizio marzo del 2010, pochi giorni dopo il proprio matrimonio, quando Jensen aveva liberato la casa di Vancouver dai propri effetti personali.

 

Da circa un'ora Jensen era nella sua camera al piano di sotto a finire di riempire gli scatoloni con gli ultimi oggetti che ancora erano rimasti nella stanza. Jared non sentiva alcun rumore e decise così di scendere a dare un'occhiata. Inconsciamente non fece alcun rumore nel scendere le scale e si avvicinò molto lentamente alla porta che era socchiusa. Da lì osservò colui che era stato il centro del suo mondo negli ultimi due anni e dal quale ormai si era staccato definitivamente e ciò gli causava ancora un dolore indicibile.

Jensen sorseggiava il caffè dalla sua tazza preferita e guardava fuori dalla finestra. Era assorto, perso nei suoi pensieri. Probabilmente stava ricordando i bei periodi passati nel giardino; i barbecue con gli amici, le corse con i cani, le partite di football o anche quei semplici momenti quando restavano a guardare le stelle sdraiati nell'erba uno accanto all'altro.

Nella stanza cinque scatoloni erano già completati. In cima ad essi campeggiava la calligrafia ordinata di Jensen: libri, DVD, fotografie, riviste, soprammobili. In pratica quella stanza era diventata il ripostiglio di tutto ciò che aveva accumulato in quei due anni, in quanto poco dopo il suo trasferimento in quella casa, loro due avevano deciso di dormire nello stesso letto. Solo quando le loro fidanzate erano presenti, ognuno di loro assumeva il ruolo che la società pretendeva da ambedue.

Stai bene?”, chiese Jared, a quella figura, immobile davanti alla finestra.

Jensen si girò a guardarlo. Non rispose ma la risposta albergava nitida sul suo volto. No, non stava bene affatto e non provava minimamente a fingere che lo fosse. Non poteva, perché il motivo del suo malessere era appena entrato nella stanza.

Jensen era stanco di fingere. Stanco di giocare al ruolo di migliore amico davanti alle loro fans. Voleva sentire il sapore delle sue labbra sulle proprie, percepire la pienezza di lui dentro di sé, abbandonarsi al suo abbraccio e alla sua sicurezza. Era esausto di volere ciò che aveva perso per sempre. Quello che aveva lì ogni giorno ma che non poteva raggiungere. Non ce la faceva più a stare accanto a lui.

Jared vide tutto ciò attraverso i suoi occhi e si sentì tremendamente triste.

Non devi farlo”, Jared esclamò, fermo sul ciglio della porta, appoggiato allo stipite.

La sua voce incrinata dalla paura e da un vago senso di supplica diede a Jensen l'urgenza di finire al più presto e di andarsene velocemente.

Jen, non devi andare!”, ripeté Jared.

Jared, ne abbiamo già parlato!”

No, non lo avevano fatto, ma nel momento in cui Jared gli aveva detto che si era innamorato di Genevieve, Jensen aveva compreso che la loro storia era finita e conclusa e non aveva senso rimanere ancora là.

Si, ma ancora penso che non dovresti andartene. La casa è grande”

Non grande abbastanza”, Jensen replicò, guardando ancora fuori dalla finestra, la voce impastata e udibile a malapena. Poi aggiunse: “Non più, oramai!”

Non la sentiva più sua, non più come il suo 'rifugio'

Jared sospirò: un pesante e tormentato respiro e Jensen sentì una pugnalata di rabbia attanagliargli lo stomaco. Lui non era quello che aveva troncato quella loro sottile e fragile ma intensa relazione per legarsi a una persona solo perché lui gli aveva detto che non sarebbe mai uscito allo scoperto. Jensen avrebbe voluto continuare nella finzione perseguendo la strada del matrimonio di convenienza per stare assieme alla persona che amava. Jared non aveva accettato perché non avrebbe sopportato tale tensione. Jensen si era sentito tradito ma allo stesso tempo responsabile perché aveva lottato troppo poco. Aveva lasciato andare Jared troppo facilmente.

Sotto lo sguardo scrutatore di Jared, Jensen afferrò un'altra scatola e iniziò a riempirla di altre foto che erano appese sui muri di quella stanza.

Non vedi l'ora di andartene, vero?”, esclamò Jared, calcando sulla parola 'andartene' quasi fosse una sentenza di morte.

Ciò ferì profondamente Jensen: “Non è come sembra”, mormorò, continuando, imperterrito, a infilare portafotografie nella scatola. Una, in particolare, lo costrinse a fermarsi. Loro due con i loro cani sul set di Supernatural. Uno di quei rari momenti in cui Jared riusciva a stare fermo in posa. Inconsciamente Jensen passò le punta delle dita sul viso sorridente di Jared e alzò lo sguardo verso di lui.

O forse lo è”, disse, con amarezza. 'Noi due non esistiamo più e quindi è inutile stare qui. Sento come se non riuscissi a respirare...come se tutti questi ricordi mi stessero per soffocare....come se la tua vicinanza, il tuo odore onnipresente mi annientassero', pensò poi, non avendo il coraggio di pronunciare quelle parole a voce alta.

Jared annuì lentamente mentre si avvicinava a Jensen. “Lo vedo che non stai bene e ne sono dispiaciuto”

Starò bene”

Davvero?”

Si”

Quando?”

'Quando divorzierai. Quando tu tornerai da me. Per favore, Signore fai tornare tutto come prima', pensò Jensen, mentre rispondeva come un automa che sarebbe stato bene appena uscito da quella casa.

Jared si accorse degli occhi lucidi e del tremore alle mani dell'altro.

Jensen, sono...odio vederti così. So che è colpa mia. Ma...sono ancora tuo amico e a me importa di te. E io vorrei...Vorrei che ci fosse qualcosa di più di quello che posso fare ora...Sei sicuro che io non possa fare qualcosa d'altro?”

Jensen sbatté le palpebre e iniziò a iperventilare. Jared si era tutto a un tratto avvicinato. Troppo vicino. Caldo e familiare, odorante di bagno schiuma di frutti tropicali e di dentifricio alla menta. I suoi capelli ancora umidi e tirati indietro che gli davano un'aria di estrema vulnerabilità. Era bellissimo. E Jensen non era forte abbastanza. Tutti i suoi muri protettivi stavano tremando, crollando rovinosamente a terra.

Perché nessuno si era preso la briga di avvisarlo che nel cast di Supernatural ci sarebbe stato qualcuno di cui si sarebbe follemente innamorato? Perché non aveva avuto le palle per fare quello che gli aveva chiesto? Perché si era arreso così facilmente e lo aveva consegnato a quella donna?

Jen, cosa vuoi che faccia?, Jared domandò, in tono supplicante.

'Non lasciarmi andare via', pensò Jensen. Poi disse a voce alta: “Onestamente? Nulla. Tu non puoi più darmi quello che io voglio. Ormai è troppo tardi! Tu appartieni a tua moglie. No, non c'è più niente che tu possa fare!”

Io non appartengo a lei. Sei tu quello che vorrei aver vicino...”, Jared replicò, avvicinandosi ancora di più all'altro e mettendogli una mano sul braccio.

Direi che la tua scelta dica diversamente”, ribatté Jensen, cercando di non farsi venire un altro attacco di panico.

Immaginavo che fossi d'accordo con me. Potevi dirmelo che...”

Ti ho lasciato percorrere quel sentiero perché, in fondo, ero io quello che non voleva fare il grande passo, perciò come potevo criticare la tua scelta?”, esclamò Jensen, stremato. “Rimane il fatto che potevi seguire la linea che avevo tracciato io”, aggiunse, poi, con un filo di voce.

E' vero ma non avrei mai retto alla pressione”, replicò Jared.

Ma non c'è stato questo problema. Ti sei innamorato dell'attrice con cui lavoravamo sul set. Dimmi cosa ha lei che io non ho?”, chiese, poi, mostrando la sua gelosia.

Jared non disse nulla.

Lei è bellissima, dolce, sexy e....donna!” E' questo che fa la differenza, Jared?”, chiese Jensen, con amarezza. Poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di Jared, i quali erano ricolmi di colpa.

Jensen si rese conto che non era l'unico che stava male. Entrambi erano in quello stato. E Jared, forse, era quello messo peggio. Jensen aveva sempre pensato che il sacrificio maggiore lo aveva fatto lui. Per assecondare famiglia e carriera aveva rinunciato all'amore della sua vita. In quel momento, percepiva altro provenire da Jared.

Jensen...io volevo vivere una vita senza finzione...con te sarebbe stata quella la strada e io non me la sentivo...mi dispiace...”, cercò di spiegare Jared, con gran fatica.

Lo so. L'ho sempre saputo. Così puoi essere con lei senza nasconderti! D'altronde non potevi fare altrimenti”, replicò l'altro.

Ti avevo detto che per te sarei uscito allo scoperto. Era una cosa che mi terrorizzava altamente ma per te lo avrei fatto”, esclamò Jared, avanzando di un passo verso Jensen.

Lo so. Lo so. Non potevo. Non dopo le minacce di mio padre. Se dice una cosa del genere, so per esperienza che la mette in pratica. E non me la sono sentita di mettermi contro di lui”, ammise Jensen, con lo sguardo a terra.

Jared, ormai a un passo dall'altro, allungò le mani e le posò sul viso dell'altro. Il dopobarba di Jensen, così speziato, lo mandò in confusione. Lo voleva e lo voleva in quell'istante.

Jensen, con la schiena contro la libreria, non aveva via di scampo. Vide il desiderio sul volto di Jared ma non voleva dargliela vinta.

Sai cosa vorrei adesso?”, sbottò, improvvisamente, spingendo Jared indietro, mettendogli le mani sul torace. “Vorrei che per una volta fossi veramente sincero con me e mi dicessi se veramente sei innamorato di tua moglie o lo sei ancora di me! Io percepisco altro nei tuoi occhi e non è proprio un pensiero casto quello che gira nel tuo cervello in questo momento!”, aggiunse, poi, dando un altro colpo contro Jared.”Tu hai detto che eri innamorato di tua moglie ma tutte le volte che ti ho vicino, vedo altro nel tuo sguardo. Mi merito di sapere la verità”, continuando a tempestare di colpi l'altro, il quale si lasciava picchiare senza rispondere.

Ogni. Dannata. Volta. Che. Mi. Guardi. Jared. Vedo. Altro”, ogni parola, sottolineata con un colpo.

Nessuna reazione da Jared. Era là in piedi davanti a Jensen incapace di parlare.

Grandioso. Come pensi io possa sposarmi fra qualche mese. Come?”, gridò Jensen. “Perché tu vuoi ancora che noi due stiamo insieme, vero? Tu mi vuoi ancora!”

Jared distolse lo sguardo ma le lacrime iniziarono a scendere giù lungo le guance, copiose. Guardò in basso, sperando che si aprisse un baratro dove cadere per nascondere la sua colpa.

Maledizione a mio padre! A Genevieve! A te e soprattutto a me!”, sbottò Jensen, spingendo via Jared con un poderoso colpo ma Jared improvvisamente lo abbrancò con le braccia e lo abbracciò forte, quasi facendogli mancare il respiro.

Jensen”, mormorò a pochi centimetri dal viso dell'altro, il quale rabbrividì, tradito dal suo stesso corpo.

Jared...no...questo...non va bene!”, cercò di sottrarsi Jensen dalla morsa dell'altro e anche dal desiderio di lui. Sapeva benissimo quanto potesse essere forte Jared ma tentò lo stesso.

L'altro lo guardò intensamente.

Jensen si rese conto che quello era quello che voleva di più in assoluto. Un'ultima volta in quella casa. Nella loro casa. Toccarlo e baciarlo. Lo voleva con ogni fibra del suo corpo.

Il bacio fu la diretta conseguenza di quella situazione. Violento, passionale, troppo a lungo nascosto, voluto. La punta della lingua insinuata tra i denti di Jensen, il quale aveva le mani sotto la maglietta dell'altro e le mani di Jared a slacciare il bottone dei jeans di Jensen.

Improvvisamente Jensen realizzò cosa stavano per fare. Non era quello che voleva. Non voleva che Jared tradisse la moglie. Neanche per lui. Si staccò da Jared, il quale lo lasciò andare, non prima di averlo baciato nuovamente, teneramente sulle labbra. Era il bacio dell'addio.

Vorrei che me lo avessi detto. Avrei lottato per convincerti a seguire quello che voleva fare io. Ci sarei stato io ad aiutarti a reggere la tensione”, esclamò Jensen, con la voce impastata dalle lacrime, mentre con le dita tremanti si abbottonò i pantaloni e si tirò giù la maglietta, cercando di recuperare un po' di contegno.

Verrò domani a prendere le altre scatole...”, esclamò, cercando di non dare libero sfogo ai singhiozzi che ormai facevano capolino dal suo essere.

Jensen..Jen...”, la voce di Jared si spezzò. Allungò una mano e con il pollice cercò di asciugare le lacrime che sgorgavano da quelle pozze di verde smeraldo così ricolme di infelicità.

Non piangere. Dio, per favore, non voglio vederti così...”, Jared lo implorò.

Più parlava con quel tono e più le lacrime sgorgavano dai suoi occhi e più si sentiva male. Dolore quasi fisico.

Non posso. Devo andare”, Jensen gridò, uscendo di corsa dalla stanza, lontano da Jared e dalla sua presenza.

Il 'Jensen, ti amo e ti amerò per sempre!' si sparse per la casa, mentre lui correva su per le scale di quel luogo che aveva significato così tanto per lui e soprattutto da quella persona a cui aveva voluto bene.

Mentre la macchina sgommava via impetuosa, Jared si lasciò travolgere dal pianto.

 

Con il viso inondato di lacrime, le proprie mani strette su quella di Jensen, continuava a mormorare quello che gli aveva detto quel giorno, mentre Jensen fuggiva via da quella casa. Si rendeva conto che, in quel momento, era pronto a buttare tutta la sua vita alle ortiche per Jensen. Solo che aveva timore che quella situazione avrebbe potuto prendere una piega che non gli avrebbe permesso di perseguire quella scelta. Aveva la sensazione che avrebbe dovuto usare quel potere che gli dava la procura legale per costringerlo ad andare in clinica. E quel gesto Jensen non glielo avrebbe mai perdonato!

 

Angolo di Allegretto

Molte delle informazioni inerenti la vita di Jensen sono vere. Sono tratte dalle sue interviste o durante i vari panel alle conventions. (La morte dell'amico; la catenina che ha sempre al collo; il furto e il periodo buio dei suoi sedici anni, ecc.)

Capitolo molto intenso e pieno di pathos. Cercherò di inserire poi qualche flashback più leggero. Ve lo prometto!

Come sempre ringrazio di cuore coloro che mi seguono, leggono e commentano questa storia. Ho deciso di pubblicare questo capitolo in segno di ringraziamento per il vostro supporto e per augurare Buona Pasqua a tutti voi!

Questa volta nessuna domanda ma ho cercato di seguire i vostri suggerimenti. Aspetto con gioia ogni vostra indicazione e consiglio.

A presto!!

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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