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Autore: pandamito    28/03/2013    1 recensioni
Il Distretto 3 era il posto più grigio di tutta Panem. Il Distretto 3 era la casa di due piccoli tributi che hanno combattuto fino alla fine, assieme.
Il fuoco divampava attorno a loro, l'erba secca bruciava come il sole e le fiamme rispecchiavano i loro colori sul Corno d'Oro che risplendeva nelle luci dell'alba. [...]
« Nizza, muoviti! » gridò Hermes, incitandola ad andarsene di lì.
Effettivamente dovevano fare in fretta: l'esplosione che avevano provocato aveva, sì, ucciso molti dei Favoriti, ma aveva anche attirato l'attenzione di chissà quali altri tributi. 
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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per Ivols,
perché non credevo di avere un lato così sadico.




Deianira, diventata sposa di Eracle, dovette trasferirsi, ma nel farlo i due amanti incontrarono un fiume in piena. Il centuauro Nesso, il traghettatore del fiume, con l'inganno rapì Deianira, ma venne prontamente ucciso da una freccia di Eracle. Il centauro rivelò a Deianira che il suo sangue, mischiato ad un buon profumo, avrebbe fatto sì che Eracle non avesse guardato nessun'altra donna se non lei. E così fece, spargendo il liquido su una veste del marito; ma quando egli la indossò, la donna si ricordò che il centuauro fu ucciso con una delle frecce avvelenate col sangue d'idra ed il marito morì bruciato. Così la vendetta di Nesso fu compiuta.
Deianira, ingannata e disperata, si tolse la vita anch'ella.
 
Il fuoco divampava attorno a loro, l'erba secca bruciava come il sole e le fiamme rispecchiavano i loro colori sul Corno d'Oro che risplendeva nelle luci dell'alba. 
L'odore della pelle ustionata era nell'aria, i cadaveri a terra;  Deianira cercava di evitarli e di racimolare quel che più poteva, benché odiasse toccare gli oggetti della gente morta. Di certo non era un bel vedersi: frugava fra le tasche dei loro giubbini inceneriti, riempiendo le proprie con piccoli coltelli, con provviste che non fossero ancora carbonizzate e con qualsiasi cosa che il suo ingegno potesse rendere utile. D'un tratto, inginocchiandosi davanti ad uno di quei corpi resi mostruosi e dalla faccia oramai praticamente inesistente, la piccola dodicenne col caschetto rosso tolse da una delle tasche dell'indumento che il cadavere indossava una fialetta e prese ad osservarla, come incantata. L'agitò, avvicinò l'orecchio ad essa e, sentendo il liquido all'interno che sbatteva contro le pareti di metallo, dedusse che fosse quasi piena.
« Nizza, muoviti! » gridò Hermes, incitandola ad andarsene di lì.
Effettivamente dovevano fare in fretta: l'esplosione che avevano provocato aveva, sì, ucciso molti dei Favoriti, ma aveva anche attirato l'attenzione di chissà quali altri tributi. 
La ragazzina del Tre si risvegliò dalla sua trance, alzandosi in tutta fretta ed infilandosi la fialetta nelle tasche assieme agli altri oggetti raccolti, quindi seguì il suo compagno e insieme presero a correre il più lontano ed al sicuro possibile.
 
La grotta era asciutta, naturalmente artificiale, ma sembrava proprio essere nata da una cavità fra le rocce. Era posta strategicamente sul pendio di una montagna che dava su uno strapiombo, lontana da occhi indiscreti e difficile da raggiungere. Fortunatamente, come Deianira aveva imparato, Hermes sapeva essere un ottimo scalatore e aveva un eccezionale senso dell'orientamento, così l'aveva aiutata a salire su quella parete rocciosa, facendola aggrappare a sé con una corda, per paura che potesse cadere. 
All'interno della grotta, entrambi svuotarono le rispettive tasche, rivelando così molti piccoli coltelli e pugnali e più provviste di quante ne avessero mai avute da quando erano entrati nell’Arena. Non era molto, solo qualche pacchetto di gallette secche, qualche frutto coperto dalla cenere ed alcune pagnotte di pane bruciato che, risparmiando, sarebbero potute durare anche per diversi giorni. 
Deianira, infine, titubante, estrasse dalla tasca la piccola fialetta trovata e l'agitò di fronte agli occhi del compagno.
« E' acqua? » chiese il riccio, protendendo la propria mano per afferrare il contenitore di metallo ed osservarlo meglio.
« Penso di sì. Cos'altro, altrimenti? » disse la rossa, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
L'altro fece spallucce, osservando ancora la fiala. « Con i Favoriti non si sa mai. » spiegò e quelle parole insinuarono il dubbio nei pensieri della piccola Drane. 
Quando Hermes le porse di nuovo il contenitore, lei lo afferrò incerta, rigirandoselo fra le mani. In effetti, fin da quando l'aveva trovato aveva avuto una strana sensazione su quell'oggetto, ma, in fondo, l'acqua era ciò che più mancava loro. Gli strateghi non si decidevano a far piovere e sulle foglie la rugiada si era prosciugata. La si poteva trovare solo il mattino presto, ma svegliarsi a quell'ora voleva dire rompere la quiete dell'Arena e perdere tempo prezioso per il sonno, cosa che di certo non avrebbe giovato loro, se si fossero trovati nel bel mezzo di un combattimento totalmente assonnati. 
Deianira era persa in questi pensieri, alzò lo sguardo solo quando vide una pagnotta di pane tesa verso di lei. 
« Non saremo buoni a nulla se combattiamo senza forze. » spiegò Hermes, affinché quella mettesse qualcosa sotto i denti.
Deianira accettò timidamente, ancora un po' intontita, dando un morso solo quando vide il compagno addentare una striscia di carne essiccata; Hermes porse il pacchetto di gallette alla rossa, lei ne prese un paio mentre il tredicenne mangiò anch'esso una pagnotta di pane, poi afferrò la fialetta e bevve un sorso. Hermes si immobilizzò, con la fialetta tenuta in aria con una mano, la guardava, bloccato; Deianira si fermò a sua volta, guardando la scena confusa e preoccupata.
« Porca puttana. » disse il tredicenne, facendo cadere subito dopo il contenitore a terra e sprecando tutto il liquido trasparente all'interno. 
Si portò le mani alla gola, cercando di tossire ma senza riuscirci, tutto quello che ne usciva era qualche sputo di saliva qua e là, e Deianira si accorse ben presto che il suo compagno non riusciva a respirare.
« Hermes! » gridò, mentre il pacchetto di gallette le cadeva dalle mani. Fece uno scatto per sorreggere il castano ed aiutarlo in qualche modo, anche se non aveva la benché minima idea di come fare. « Hermes, che ti succede? » domandò, mentre il panico si impossessava di lei.
Le mani le tremavano, gli occhi sbarrati, se normalmente la piccola Drane era una persona dal perenne gesticolare, ora sembrava in preda alle convulsioni, le quali invece iniziò ad avere l'altro, benché apparisse più tranquillo dell'alleata. Sembrava Deianira quella che stava per andare incontro alla morte, non il suo compagno. 
Hermes cercava di gonfiare il petto ma non ci riusciva, l'aria proprio non voleva entrare nel suo corpo, la gola gli bruciava ed era talmente secca da non permettergli di parlare, la stringeva con le mani per cercare inutilmente sollievo, sentiva gli arti deboli ma allo stesso tempo troppo rigidi ed il corpo tremante che si muoveva a scatti. Deianira era a fianco a lui, forse anche troppo vicino, con le mani cercava di sorreggerlo, benché il corpo dell'altro continuasse ad accasciarsi a terra, fin quando la ragazzina del Tre non fu costretta a lasciarlo dov’era, ponendosi sopra di lui terribilmente agitata e con le lacrime agli occhi, segno che stava per andare incontro ad una crisi di nervi. Hermes, intanto, la guardava dal basso verso l'alto, rifiutandosi di avere gli occhi lucidi e mordendosi l'interno della labbra per non emettere alcun suono e non far preoccupare la sua alleata, benché fosse evidente lo sforzo che stava sopportando. Deianira continuava ad abbassare ed alzare il petto troppo velocemente, il cuore sembrava volesse esploderle e continuava a ripetere frasi come « Non ti preoccupare, m'inventerò qualcosa! » ma le lacrime le stavano appannando la vista e frugare nervosamente fra i residui del loro bottino non stava producendo alcun risultato. Si avvicinò, quasi gattonando, alla fiala rimasta a terra, dov'era sparso ancora il liquido. Cominciò a singhiozzare molto rumorosamente e fu costretta a togliersi gli occhiali per non bagnarli, prendendo il contenitore di metallo in mano ed annusandolo: non aveva odore e questo non l'aiutava. Col braccio cercò di asciugarsi gli occhi, inutilmente, ed osservò più da vicino il liquido a terra, ma sembrava trasparente ed innocuo. Deianira si alzò col busto, tirando su col naso e voltandosi lentamente verso Hermes, che a fatica cercava di alzare la testa, guardandola come se entrambi avessero capito. Lui non poteva dirglielo perché la gola in fiamme glielo impediva, ma la piccola Nizza capì che quello non era nient'altro che veleno. Sicuramente qualche sponsor era riuscito a racimolare i soldi per mandarlo al suo protetto, facendolo passare come della semplice acqua. Era un'esca perfetta, i Favoriti non si sarebbero neanche sporcati le mani per uccidere le loro vittime. 
Nizza gattonò di nuovo verso Hermes, abbracciandolo con tutta la forza che aveva in corpo, tremando assieme all'altro, lei per il pianto isterico che aveva preso il sopravvento e lui... beh, per un altro motivo, ovviamente. Le ormai deboli braccia di Haypper la cinsero, cercando di aggrapparsi a lei come ad un’ancora. Nizza posò le sue labbra sulla guancia dell'alleato, facendovi finire anche qualche sua lacrima a bagnarla; aiutò di nuovo l'altro a distendersi per terra, senza sbattere, e poi gli tenne la mano, non riuscendo a capire chi dei due stringesse più forte quella dell'altro. 
« Andrà tutto bene » continuava a ripetere, « andrà tutto bene. »
Ma entrambi sapevano che non era così e lo sguardo di Hermes fisso su di lei era come un sussurro a confermarlo. 
Deianira non riusciva a reprimere il pianto, benché volesse mostrarsi forte e tentare almeno di tranquillizzare il suo compagno. Sapeva che sarebbe stato comunque inutile: Hermes non era di certo stupido, anzi, fin dall'inizio sapeva a cos'era andato incontro. 
Dopo qualche attimo impiegato a fissare gli occhi blu velati di lacrime di Deianira, il ragazzo del Tre spostò lo sguardo, guardando di fronte a sé. In realtà non era importante dove guardasse, solo che non voleva che la compagna guardasse i suoi occhi mentre moriva. Le loro mani si stringevano di più, dalle labbra di Hermes iniziavano ad uscire rivoli di sangue per quanto forte le stesse mordendo per cercare di reprimere il dolore. Non riusciva a controllare il proprio corpo, che era diventato un enorme fremito impazzito. Continuò così per vari minuti, l'agonia era straziante e nessuno dei due poteva fare qualcosa. Ad un tratto un gemito sommesso riuscì ad uscire dalla bocca del tredicenne, mentre la sua schiena si incurvava e si spostava in avanti. Deianira si bloccò, sbarrando gli occhi per vedere cosa sarebbe successo. Il corpo di Hermes tornò adiacente al suolo, il suo corpo tremava più debolmente, ma gli scatti erano più evidenti; tornò a torturarsi le labbra e strinse gli occhi, mentre una lacrima scese sulla sua guancia. Il corpo si immobilizzò, le labbra si dischiusero, emettendo uno squittio. 
Era morto.
Deianira stringeva ancora la sua mano, in silenzio, mentre le lacrime bagnavano il suo viso ininterrottamente, poi, esplose, gridando come se lei stessa potesse provare il dolore di Hermes, buttandosi sul corpo del cadavere, non potendo fare più nulla.
Era sola.
 
Deianira si alzò di colpo, trattenendo il respiro e sgranando gli occhi. Si portò le mani alla gola, come se potesse provare realmente quello stesso bruciore di cui aveva sofferto Hermes. Voltò la testa prima a destra e poi a sinistra, ritrovandosi di fronte il ragazzo del Tre che la fissava con la sua solita espressione seria e dura, seduto contro la parete rocciosa tenendo saldamente la lancia in mano. 
Un sogno.
Era stato tutto solamente un orribile sogno. Possibile? Eppure lei quasi sentiva il veleno che si insinuava nella sua pelle. 
Ma questo ora non aveva importanza. Perse qualche battito quando vide gli occhi color nocciola del compagno fissarla così da vicino: lui era vivo, era questo che contava. Senza pensarci due volte, si gettò immediatamente al collo del ragazzo, stringendolo come non aveva mai fatto prima e trattenendosi dallo scoppiare in lacrime sulla sua spalla.
« Hey! » fece quello, quasi perdendo l'equilibrio, non capendo la sua reazione e rimanendone allibito. « Che diavolo ti è preso? » domandò, un po' infastidito ed in imbarazzo a causa di quel gesto inusuale.
A casa Haypper non c'erano abbracci, ma solo pacche confortanti tra fratelli, e Hermes non era pronto ad affrontare un contatto del genere, non gratuitamente e senza un apparente motivo. Vedendo però che quella non si staccava - anzi, aumentava la presa - si concesse di sciogliere giusto un po' il suo carattere da testardo e scontroso qual era e cercò di rispondere a quell'abbraccio il meno goffamente possibile. 
« Incubo? » chiese, intuitivo.
L'altra si staccò ed annuì debolmente, il compagno fece lo stesso, comprensivo.
Si alzò, aiutandosi con la lancia e guardando i colori violacei del cielo al di fuori della grotta. « Sarà meglio andare, si sta avvicinando l'alba. »
Deianira si alzò, battendo le mani l'una contro l'altra per ripulirsi, quando la lama di un coltello si presentò sotto gli occhi. Vedendo Hermes porgerle l'arma, le torno in mente il suo sogno e sentì un groppo alla gola al pensiero di quella pagnotta di pane che l'altro aveva insistito per farle mangiare. Cercò di mantenere la calma e di regolare il respiro mentre cercava i suoi occhi nocciola, giusto per accertarsi ancora una volta che fosse vivo e che non stesse ancora sognando.
« Nizza » la chiamò e lei annuì per rispondere, « so che la tua politica ti impedisce di uccidere, ma sarei più tranquillo se la prendessi. »
La rossa esitò. In realtà non lo fece perché non volesse uccidere, in altre circostanze l'avrebbe presa anche tranquillamente, per accontentarlo, solo che in quel momento era troppo scossa per capire, e qualsiasi cosa l'altro facesse, le serviva un bel po' di tempo per tranquillizzarsi sul fatto che non l'aveva mai lasciata e non l'avrebbe fatto per un bel po'. Ma ora stavano andando ad organizzare l'imboscata ai Favoriti ed il pensiero che tutto procedesse come nel suo sogno la tormentava costantemente.
« Almeno per difenderti. » aggiunse il riccio.
Deianira annuì, prendendo il coltello e sistemandolo nella cintura dei pantaloni, vicino alla sua adorata fionda.
 
Le due piccole figure erano nascoste dal buio fra gli alberi, ma ancora per poco, visto che di lì a breve sarebbero spuntate le prime luci del sole ed allora la notte non sarebbe stata più dalla loro parte. Hermes tornò dalla ragazza - già in posizione - facendo il minor rumore possibile, cercando di evitare i rametti scricchiolanti a terra.
La Cornucopia era al centro dello spiazzo d’erba di fronte a loro. All’interno di essa c’erano sia le provviste, sia il gruppo di Favoriti che dormiva, mentre uno di loro faceva da sentinella.
Nizza si voltò verso il compagno e notò che la stava squadrando da capo a piede per vedere se aveva ancora il coltello che le aveva dato, così quella fece lo stesso, anche se per lei non cambiava nulla vedere il coltello nella cintura di Hermes o la lancia stretta nella sua mano, sapeva perfettamente che il tributo del Tre avrebbe ucciso senza pensarci due volte, al contrario di lei.
Il tredicenne aprì il palmo della mano sotto gli occhi della rossa, mostrando alcune palline di colore grigio. 
« Pronta? » domandò, premuroso.
Nizza annuì; in effetti, era più determinata che mai a farlo, così prese tre proiettili ricchi di polvere da sparo - per produrre i quali il riccio era stato impegnato tutto il suo turno di guardia - e li posizionò sull'elastico della propria fionda.
« Quando vuoi. » la spronò il suo compagno.
« Lo so. » lo zittì lei, cercando la concentrazione necessaria.
La presa delle sue dita sull'elastico tesò si allentò, staccando velocemente il contatto e quei tre esplosivi saettarono veloci all'interno della Cornucopia.
Fu un attimo: il fuoco avvolse il Corno d'Oro, le provviste esplosero, alcune saltarono in aria, altre bruciarono come i corpi di quei poveri tributi ed il getto d'aria arrivò fino agli artefici di quel misfatto, costretti a coprirsi con le braccia per non essere travolti da quel vento bollente. 
Il tempo di sentire l'atmosfera stabilizzarsi attorno a loro e si voltarono nuovamente verso lo spiazzo e videro il Corno totalmente integro - le loro previsioni sul fatto che fosse fatto di materiale indistruttibile, ovviamente, erano corrette - ma all’interno di esso le provviste che non si erano disintegrate stavano bruciando, mentre ciò che rimaneva dei corpi dei Favoriti era steso a terra.
Hermes scattò subito verso quel luogo di distruzione e Deianira lo seguì a ruota, iniziando a raccogliere le armi e le provviste rimaste, come da loro piano. 
Solo quando Deianira frugò fra le tasche della giacca di uno dei tributi e ne tirò fuori una fialetta di metallo, s'immobilizzò. Per lei pareva che il tempo si fosse fermato, anche se non era così, semplicemente non riusciva a muoversi, sopraffatta dalla paura dei suoi incubi. Restò a fissare quel contenitore, non seppe neanche lei perché: l'unica cosa da fare era gettarlo via e scappare, avrebbe messo fine a tutto, ma, stranamente, era incapace di farlo.
« Nizza, muoviti! » gridò Hermes, incitandola ad andarsene di lì e fu come un orribile deja-vu.
La dodicenne non mosse un muscolo, ma stavolta non era come quando cercava di analizzare la situazione, forse stavolta non riusciva nemmeno a farlo per quanto era scioccata. 
« Deianira! » il secondo richiamo da parte del compagno la destò dai suoi pensieri e finalmente le fece riacquistare un po' di lucidità.
La ragazza frugò ancora fra le tasche del tributo sotto di lei, estraendo solo un coltello, e poi gettò la fialetta il più lontano possibile, quando un Hermes terribilmente preoccupato urlò un’ « Attenta! » nella sua direzione e lei fu costretta a voltarsi. Un tributo era riuscito ad alzarsi: sopravvissuto all'esplosione, si era finalmente ripreso dall'impatto. Doveva essere quello del Due, il suo coltello era pronto a colpire la rossa, che immediatamente parò il colpo con l'arma appena rubata. Diede al tributo un calcio al ginocchio, facendogli perdere l'equilibrio, vista la sua andatura già barcollante a causa delle ferite riportate. Deianira cercò di appoggiarsi con le mani a terra e di fuggire via da lì, alzandosi velocemente. L'altro, però, non si arrese e si avventò su di lei, cercando di raggiungerla. Qualche passo dopo, però, scivolò nuovamente a terra, inciampando sul cadavere di un suo ex-alleato, mentre una lancia sovrastò la sua testa e si andò a conficcare proprio nello stomaco della ragazza del Tre.
Nizza abbassò lo sguardo verso quella lama che la trapassava da una parte all'altra, evitando di toccarla, poi alzò i suoi occhi blu e li immerse in quelli spaventati e color nocciola di Hermes. Il tredicenne farfugliò qualcosa col labiale, ma Deianira rimase a fissarlo per alcuni secondi, facendo fatica a realizzare ciò che stava accadendo, e poi cadde sulle ginocchia.
Hermes voleva gridare, piangere, disperarsi, ma il suo avversario ora stava andando verso di lui, armato, così il castano dovette recuperare tutta la sua sanità ed avventarsi contro l'altro. Il biondo del Due cercò di mettergli le mani al collo, per soffocarlo, ma il riccio estrasse il coltello dalla sua cintura e provò a colpirlo, provocandogli solamente uno squarcio sulla pancia. Il ragazzo del Due lo prese per la vita, con una testata, e lo atterrò, stringendogli forte il polso e costringendo il povero tributo del Tre a lasciar cadere il proprio coltello. Il biondo tentò di soffocarlo nuovamente, ma l'altro combatteva per allontanargli le mani dal viso. Alla fine il castano morse la mano dell'altro, il quale gridò in preda al dolore mentre sentiva i canini di Hermes affondare nella sua carne. Si levò dal corpo del più piccolo, gridando ancora e stringendosi la mano per cercare di alleviare il dolore, ma Hermes riuscì ad afferrare velocemente un ciottolo delle macerie e, sovrastandolo, iniziò a colpirlo più volte alla testa.
Una.
Due.
Tre.
Quattro...
Non le contava, in realtà, lui colpiva e basta, non dando importanza al sangue che iniziò ad espandersi e a schizzare ovunque, mentre il cranio del povero avversario si deformava e veniva spappolato fino a creare una conca. Quando sentì che la sua vittima oramai non opponeva più resistenza, Hermes si fermò, ansimante, ed osservò il corpo privo di vita sotto di lui.
Non ci si soffermò molto, scattò velocemente verso l'esile figura di Deianira poco più in là, che stava accasciata su sé stessa in un bagno di sangue sgorgante dal suo busto che non faceva altro che sputare colore rosso. 
« Nizza! » voleva essere un sussurro tranquillizzante, ma dalle labbra di Hermes fuoriuscì solo un grido disperato. 
Si accucciò accanto a lei, tenendo ferma la lancia con una mano e spezzandone il legno da entrambi i lati, fino a lasciare solo il pezzo incastonato nella sua carne. L'urlo di dolore della ragazza fece morire il giovane, che mentalmente si ripeteva che non se lo sarebbe mai perdonato.
« E' per impedire che ti venga un'emorragia. » la rassicurò. « Fidati, ti farà meno male. »
Ed era vero, Deianira gli credeva perché non aveva mai avuto motivo di dubitare di lui. Certo, forse era un po' egoista, testardo, scorbutico, voleva averla sempre vinta, non gli andava mai bene niente, il suo sarcasmo mandava ai nervi, poteva farlo un sorriso ogni tanto, e non solo per sfottere gli altri e... Beh, forse il ragazzo non era la persona più bella del mondo, ma chi lo era, specialmente nell'Arena? E poi riusciva a sopportare Deianira, con tutto il suo movimento frenetico, le sue idee strampalate, la sua snervante parlantina, l'insopportabile minuziosità con la quale faceva notare le cose, le sue battutine intelligenti e fastidiose. Insomma, che litigassero spesso era evidente, ma che avessero dubitato l'uno dell'altro, questo mai.
Hermes la fece distendere delicatamente a terra, ora poteva farlo, senza il lungo bastone della lancia che la trapassava. Lei strinse con la presa più forte che potesse avere una mano del riccio, come a dirgli di non abbandonarla, perché, in effetti, Deianira non aveva mai avuto così tanta paura come in questo momento.
Ansimava, cercando di boccheggiare, gli arti tesi e tremanti e la schiena che continuava a curvarsi in avanti e poi accasciarsi di nuovo a terra, cercando sollievo ma trovando soltanto ulteriore dolore. 
Era colpa sua, pensò Hermes mentre la guardava con la sguardo più rassicurante ed audace che potesse sostenere. Se solo quel maledetto tributo non fosse scivolato a terra, ora la sua Deianira sarebbe stata bene e più petulante di prima. No, non se lo sarebbe mai perdonato, il suo fantasma che l'avrebbe perseguitato per tutta la vita. 
« Non ti preoccupare, andrà tutto bene. » sussurrò, accarezzandole il viso pallido che iniziava a sudare.
Deianira riconobbe quelle parole ed una fitta al cuore - che di certo non proveniva dalla lancia - la trapassò. Lei le aveva sognate, ma stavolta non era lei a pronunciarle, stavolta non era lui a morire. E, in effetti, di questo era felice e sollevata, in fondo non avrebbe potuto scegliere morte migliore se non sacrificarsi per la vita di colui che le era rimasto a fianco fino alla fine. Se la sua morte significata la vittoria e la vita di Hermes, allora sarebbe andato veramente tutto bene. Se lo meritava, pensò, cercando di scacciare via dalla mente le preoccupazioni riguardanti il futuro dei suoi genitori, dei suoi nonni e del piccolo Brithos. Che cos'avrebbero fatto senza di lei?
Non riuscì a trattenere delle piccole lacrime, mentre si sforzava di sorridere per far capire al compagno che era giusto così. Il moro osservò le sue labbra piegate verso l'altro e gli occhi blu che gli scavavano dentro; era una menzogna, non stava andando bene e di certo la situazione non sarebbe migliorata, perché lui la stava perdendo e Deianira l'aveva capito. No, non era giusto.
Il tredicenne alzò lo sguardo verso il cielo, nella speranza di scorgervi qualche aiuto. Ma niente, ovviamente.
Capitol City voleva il suo martire.
No, non era affatto giusto.
Tornò a posare il suo sguardo sulla compagna, cercando di farle alzare il busto delicatamente, senza scuoterla troppo per non farle male, e l'abbracciò , posando la sua fronte su quella dell'altra ed accarezzandole i capelli. Deianira sentiva freddo, maledettamente freddo, e neanche il tocco caldo delle braccia di Hermes riusciva a farla sentire bene. 
« E' vero, non va tutto bene » confessò, « anzi, è tutta una merda. » Sospirò e si rese conto di aver paura di poterla perdere sul serio. Aveva sempre saputo che tutti - tranne uno - sarebbero morti, ma lo scontroso Haypper non aveva calcolato di potersi affezionare a qualcun'altro. 
Che fine ha fatto la tua politica, Tre? Non avevi intenzione di infischiartene di tutto - come avevi sempre fatto, del resto - e tornare a casa, beffandoti della gente di Capitol City? Ma, purtroppo, ce l'avevano avuto sempre loro il coltello dalla parte del manico ed ora guarda: avresti fatto di tutto affinché lei vivesse. 
« Certo che fa proprio schifo la vita, vero? » e suonava un po' più come uno scherno personale, infatti sorrise amaramente e lei fece lo stesso, ma ai suoi occhi era il sorriso più bello e puro che avesse mai visto.
Portò la mano di Deianira - ancora stretta saldamente nella sua - sulla bocca, posandovi un semplice bacio, poi chiuse gli occhi, sperando di svegliarsi improvvisamente e di realizzare che tutto non era altro che un terribile incubo. Ma stavolta non ci sarebbe stato nessun risveglio, stavolta nessuno stava dormendo e quello non era di certo un sogno, perché quando sei tra il sonno e la veglia puoi decidere come andrà a finire ed a quel punto Hermes avrebbe potuto far arrivare un paracadute, curare Deianira e far proclamare entrambi come vincitori degli Hunger Games e poi tornare a casa - insieme, vivi - e vedere cosa sarebbe successo in seguito. Quindi no, quello non era un sogno, semplicemente un incubo che si materializzava nella realtà. 
Aprì gli occhi solamente quando le dita fredde della rossa gli sfiorarono debolmente la guancia e poi le labbra della ragazza che tagliavano faticosamente le distanze e si univano alle sue, timidamente. Era dolce, leggero e dannatamente triste. Fino a quando la dodicenne non si scostò velocemente e vomitò sangue sugli indumenti lerci di Hermes, per poi cercare di allontanarsi e tingere l'erba di rosso. Il ragazzo del Tre scattò immediatamente avanti, cercando di sostenerla, ma l'altra non riusciva a prendere il fiato necessario, né a tossire ed a rigettare tutto quel sangue che le si stava fermando in gola. Continuando di quel passo si sarebbe soffocata col suo stesso sangue, ma il legno nel suo stomaco le impediva di muoversi liberamente, di respirare il necessario e le provocava un dolore lancinante. Il grido di dolore della ragazza era così forte che Hermes si sentì soffocare assieme a lei, aveva così paura del suo dolore che avrebbe voluto tapparsi le orecchie fino a che non sarebbe tutto finito e dovette trattenersi faticosamente dal farlo. Quell'urlo, però, le fece rigettare ancora altro sangue, impedendole così - almeno per il momento - di soffocare. 
Si accasciò a terra, ritornando distesa per cercare l'aria che non riusciva a trovare e voltandosi leggermente verso il moro.
« Non mi abbandonare, ti prego. » Non lo disse, in realtà, era solo il labiale perché quelle parole erano così flebili e prive di forza che mai nessuno sarebbe riuscito a percepirle.
« Mai. » promise Hermes con convinzione, scuotendo piano la testa e riprendendo il contatto con la sua mano. 
Vide gli occhi lucidi di Nizza, le lacrime che non riusciva più a controllare, sembrava che il blu mare delle sue iridi stesse per provocare un enorme tsunami. Hermes si accucciò, posando la sua fronte su quella dell'altra e chiudendo gli occhi, sforzandosi di non urlare per non impazzire. 
Non si rese conto che il cannone sparò subito dopo che i fremiti sotto di lui cessarono, né udì la voce che annunciava che il tributo del Distretto 3 era il nuovo vincitore. Lui, semplicemente, continuò a piangere.
 
Ora se lo poteva permettere uno smoking - come si era potuto permettere di pagare un degno funerale alla famiglia Drane - ma non lo indossò; si limitò a confondersi con tutte quelle tonalità di grigio e nero dei migliori vestiti che la gente del Tre poteva permettersi. C'era un bel po' di gente, anche quelli che ritenevano la dodicenne una ragazzina pestifera. In fondo, chi non era affezionato alla piccola inventrice del Distretto? 
La famiglia Drane era in prima fila attorno alla piccola, ovviamente, ed il piccolo Brithos non riusciva a smettere di piangere - com'era giusto che fosse - mentre sua madre gli stringeva saldamente una mano e la donna si faceva cullare dalle braccia del marito. 
Lui, invece, se ne stava dietro tutti, più in là, appoggiato ad uno dei secchi alberelli del cimitero. Persino i suoi fratelli erano venuti, anche se lui non l'aveva chiesto a nessuno, consapevoli di quanto il dodicesimo nato tenesse a quella piccola combina guai. 
Eros e Helios erano fra la folla, anzi, forse erano proprio fra le prime file, ma era comprensibile da parte loro, che riuscivano sempre ad infondere il sentimento giusto alla gente; a seguirli vi erano Kronos ed Aelus, mescolati come la comune gente che era venuta ad assistere, e poco più in là Odinn, che si tratteneva addirittura dal fumare per rispetto degli altri; in ultima fila, invece, vi era Bacchus, che teneva la mano al piccolo Apollon ed aveva scelto quella posizione per non spaventarlo; di fianco a lui c'erano Ouranus, Zephyroque ed Ares tutti in riga, forse costretti da Bacchus a venire, ma stranamente non si lamentavano e si limitavano a stare rigidi e seri l'uno di fianco all'altro, mente dall'altra parte il piccolo e diligente Neptune stava composto vicino al fratellino minore, tenendogli saldamente l'altra mano; Iupiter se ne stava dietro, timoroso, tentando di nascondere la sua ansia, ma fu avvicinato in seguito da Ouranus al resto del gruppo, che gli posò una pacca sulla spalla; c'era persino Ades, il più lontano di tutti, appoggiato ad un altro alberello a fumare e Bacchus era certamente fiero che fosse venuto - tralasciando tutto il resto - perché non faceva altro che girarsi e guardarlo di sottecchi, non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso compiaciuto sulle labbra. 
Hermes osservava la scena attentamente, non perdendosi neanche un dettaglio, ma la realtà era che voleva fuggire il più lontano possibile, perché di lì a poco i rimorsi avrebbero preso il sopravvento su di lui. Si destò solamente quando lo scricchiolare dei passi sull'erba secca di Hephaistos giunsero fino al suo orecchio e quello posò la sua mano sulla sua spalla, dandogli un paio di complici pacche comprensive. Fra tutti, lui era il primo che aveva alzato la mano quando il nome di Hermes venne estratto alla Mietitura. 
Nessuno parlò, perché non ce n'era bisogno, tutto ciò di cui avevano bisogno era restare lì, l'uno per l'altro. 
Dopo che la bara fu ricoperta dalla terra, la signora Drane continuava a cercare gli occhi castani del tredicenne, ma quello distoglieva subito lo sguardo per non incrociarli; avrebbe continuato a mandare una parte della sua vincita alla famiglia finché avrebbe potuto, ma non poteva di certo affrontare un discorso con i famigliari della sua ex-alleata, non l'avrebbe potuto sopportare. Restò finché non se ne furono andati tutti, nel suo angolino, e si avviò verso la tomba solamente quando rimase da solo. Dopo di che, non ebbe la minima idea di quanto tempo passò a fissare immobile quella lapide, in silenzio, però quando alzò la testa si accorse che si era fatto buio.
 
Un urlo raggiunse le orecchie del povero Haypper, che chiuse ancora più saldamente gli occhi e cercò di ignorare quel baccano, rigirandosi dall'altro lato del letto e coprendosi la testa con le coperte. 
« Papà! » gridò una voce femminile. « Papà! »
Hermes sbuffò, emettendo un sospiro esasperato e rigirandosi ancora nel letto.
« Papà, guarda cosa mi hanno combinato Tyche ed Iris! » una Maya inviperita scostò bruscamente le coperte dal corpo del padre, il quale rabbrividì.
« Hey! » esclamò, contrariato, un attimo prima di sgranare gli occhi alla vista dei capelli azzurri di Maya. 
« Cosa c'entro io? » domandò Iris sulla difesa, mentre una Tyche mortificata entrava in camera a ruota.
« Scusa, scusa, scusami tanto! » la supplicava la maggiore, congiungendo le mani in preghiera. « E' che a me era uscito tanto bene! » cercò di giustificarsi, prendendo una ciocca dei suoi capelli castani che ora andavano sfumando verso il biondo sulle punte. Poi il suo sguardo si posò sui capelli della sorella e ne prese una ciocca. « Su, alla fine non è male, il colore è ottimo, forse è su di te che lascia a desiderare, dovresti curare un po' più i tuoi capelli. Quand'è l'ultima volta che te li sei pettinati? »
Maya digrignò i denti, allontanando bruscamente la mano di Tyche e spingendola via. « Non mi toccare! » le ringhiò contro, furibonda.
« Papà, io non c'entro! » continuò a discolparsi Iris.
Sull'uscio della porta passò casualmente Nexos che, incuriosito dal baccano, si affacciò, mentre dietro di lui faceva capolino la testa di Achelous. 
Nexos scoppiò subito a ridere fragorosamente. « Sei ridicola! » esclamò il maggiore, schernendola.
Maya non fece altro che ringhiargli contro maggiormente, mentre Tyche si accucciava vicino all'undicenne e gli domandava dolcemente: « E tu che ne pensi, Ache? »
Il ragazzino guardò la sorella inespressivo, come se non gliene importasse granché. « Sembra un alieno. » affermò.
« Taci, tu! » sbottò l'altra, furibonda.
Hermes alzò gli occhi al cielo e decise che se la dovevano sbrigare da soli ed assolutamente fuori da quella stanza, così si coprì nuovamente con la coperta e si voltò dall'altra parte, chiudendo gli occhi e sperando che gli venisse il sonno pesante, perché di sentire lamentele varie lui non ne aveva proprio voglia. Ma neanche il tempo di rilassarsi che due piccole figure vispe, ridacchianti e - soprattutto - bagnate strisciarono nel suo letto e gli saltarono addosso. In un primo momento sospirò, esasperato, per poi aprire nuovamente gli occhi e ridacchiare alla vista di quelle piccole teste rosse ed insaponate che erano Atlas ed Althea. Abbracciò il bambino fra le sue braccia - che ora erano diventate più forti di un tempo - e cercò di alzare piano il busto per non far cadere l'altra che si era seduta sul suo petto. 
« Papà! » gridarono in coro Iris e Maya, che stavano ancora litigando, ma lui non vi badò e ridacchiò mentre la minore delle sue figlia strusciava il piccolo nasino contro il suo, insaponandoglielo. 
Un Heracle preoccupato entrò correndo in camera così velocemente che Tyche fu costretta ad attirare prontamente a sé Ache, per non farlo investire dal maggiore; Nexos la circondò alle spalle con una presa sicura per non farla sbilanciare, per poi lasciarle un dolce bacio sulla guancia che la fece rilassare, mentre dalla porta spuntava la figura del piccolo Evandros col suo solito viso angelico.
« Scusa, papà, è che mi sono scappati! » cercò di giustificarsi il primogenito dai capelli rossi e gli occhi blu, che ansimava per la corsa.
Hermes non diede importanza a quelle parole, tanto oramai ne aveva sentite tante di giustificazioni in quella mattinata, e poi era troppo impegnato a ridacchiare con i gemelli per tenere conto degli altri.
Il riccio - che ora aveva molti anni in più rispetto ad un tempo - si voltò leggermente verso la donna dall'altro lato del letto, rivolgendole un dolce e complice sorriso, mentre Deianira era ancora sotto le coperte, con gli occhi blu che lo fissavano, felici di ciò che avevano.
 
Hermes aprì gli occhi, ma nel suo letto non c'era nessuno. Era solo, come sempre. Deianira era morta anni ed anni prima e lui non aveva nessun figlio. La casa dei vincitori che gli avevano affidato alla sua vittoria era così vuota, ora che i suoi fratelli si erano tutti sposati e trasferiti, rimaneva solo lui ad abitare in quella casa troppo grande per una persona sola. Certo, avrebbe potuto rifarsi una vita, c'era ancora tempo, ma lui non ne voleva sapere di sposarsi ed avere figli, non più, almeno. 
Continuava a sognare la sua vita con la donna che aveva perso, vivendo nei rimorsi e cercando di allontanare chiunque volesse interagire con lui, ad iniziare dai vicini nel Villaggio dei Vincitori con cui non aveva la minima intenzione di dimostrarsi gentile. Come se lo fosse mai stato. Già doveva sopportare una vita nella solitudine e nell'agonia, con una coppia di tributi che ogni anni doveva allenare per poi vederli sgozzati al Bagno di Sangue. No, grazie, altra rogna in giro ad Hermes non serviva.
Si alzò a fatica dal suo letto, grattandosi il mento e notando la barba incolta che prudeva; scese le scale e si diresse in cucina, dove una bottiglia di vino era diventata la sua migliore amica al mattino, cercando di dimenticare. Si spostò verso la finestra, osservando il cielo ed il paesaggio: come sempre il Distretto 3 era grigio, ma non c'era più nessuna ragazzina combina guai che andava correndo a vendere le sue invenzioni.









pandabitch.
Bao a tutti!
Eccomi sulla centesima one-shot su tributi random che non si platanerà nessuno.
La dedico ad Ivola, mia alleata e mia futura collaboratrice. <3
Un grazie infinite va anche a lu_ perché senza di lei ci sarebbero stati così tanti errori che avreste dovuto mettermi bandierina rossa a prescindere.
Ricordo che potete trovarmi come Pandamito EFP su facebook e @pandamito su twitter.
Per altre cose o bao, contattatemi pure quando volete, oramai sono su ogni social network immaginabile.
Deianira Drane e Hermes Haypper sono i tributi del Distretto 3 rispettivamente di Ivola e la magnifica me, partecipanti alla fanfiction interattiva Kill or die.
Penso che la vita sia troppo corta, quindi ari-bao.
Baci e panda, Mito.

   
 
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