Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: xjoshsarms    28/03/2013    1 recensioni
"Hey" disse una dolce e calda voce familiare alle mia spalle. Mi voltai e di fronte a me c'era Josh Hutcherson.
"Oh My Josh" me ne uscii con la mia esclamazione più ricorrente " Tu sei Josh Hutcherson !"
"Direi di sì, e tu sei una ragazza meravigliosa" Al suono di quelle parole, uscite dalla bocca del mio idolo, con la voce più perfetta della Terra mi dovetti trattenere per non svenire nel mezzo del bar e risposi con un banale e balbettato "G-g-grazie"
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Quando quella mattina mia madre mi aveva autorizzato a fare il viaggio non si era resa conto
di ciò che avrebbe scatenato. Mi ero messa a correre e urlare per la casa e in meno di un’ora
avevo preparato i bagagli per l’imminente partenza. Quel viaggio avrebbe segnato la mia vita.
Sarei andata 6 settimane a vivere in una casa a Los Angeles con la mia migliore amica. Avrem-
mo iniziato l’università e solo se le cose fossero andate bene, saremmo rimaste lì più a lungo.
Avremmo preso il volo delle 18.00 Milano-Los Angeles e saremmo partite per iniziare la nostra
avventura.
 Chiamai subito Lottie, la mia compagna di viaggio, la conoscevo dalla prima elementare e dopo
che la nostra amicizia alle medie si era rafforzata, non ci eravamo separate più, rimanendo in
contatto durante il liceo, esultammo insieme e ci demmo appuntamento davanti all’aeroporto per
le 16.00. Preparai tutto ciò che ero abituata a preparare da quando ero piccola e avevo iniziato a
viaggiare, un iPod, un buon libro e tutto il necessario che mi avrebbe permesso di condurre una
vita di alto tenore. Così misi nel bagaglio a mano il mio portafortuna e uscii, salutando mia madre
con più affetto di tutto quello che le avevo dato in tutti gli ultimi anni, ero maggiorenne e avevo tutto
quello che mi serviva, ero diventata indipendente e per la prima volta in vita mia mi sentivo libera
da ogni dovere, andavo incontro al mio più grande sogno, lasciare l’Italia per il paese in cui avrei
voluto passare il resto della mia vita, gli Stati Uniti.
 Quando la vidi, scoppiai in lacrime era lei, come sempre, la mia migliore amica, che mi aspettava
lì, con quel suo visetto da svampita e quel sorriso ebete stampato sulla faccia, sempre invariato da
quando eravamo piccole, era magra e molto alta, sul suo viso erano evidenti gli zigomi e le labbra
evidenziate dall’onnipresente burrocacao, il suo trucco era molto naturale, aveva soltanto un velo di
mascara quasi impercettibile e le gote colorate da una leggera spolverata di blush, appena mi vide
mi corse incontro e mi strinse in un caldo abbraccio sincero , quell’abbraccio che non lasceresti
mai, quell’abbraccio che solo una vera amica ti sa dare, quell’abbraccio che ti fa sentire davvero
a casa. Parlammo per un sacco di tempo, raccontandoci ciò che non ci eravamo potute dire in
quell’ultimo mese, la struggente lontananza mi aveva amareggiato e così recuperavo, solo con
la sua presenza, l’unica cura al mio dolore, la medicina per la lontananza.
Lei era la mia metà, quella che mi consolava sin dalla mia infanzia, quella che sapeva capirmi
e quella che conosceva ciò che provavo e mi diceva sempre ciò che avevo bisogno di sentirmi dire.
Dormimmo solo le ultime tre ore di volo per riprendere le innumerevoli ore di sonno che avremmo
perso a causa del jet lag. Così le ultime parole che sentii prima di addormentarmi furono quelle
dolci parole che mi ero sentita ripetere un numero infinito di volte da quella calda voce ‘ti voglio bene’
le tre parole migliori mai esistite a parer mio, che rincuorano  maggiormente se sentite pronunciare
in modo sincero.
Ci svegliammo per qualche turbolenza che ci fu durante l’atterraggio ma per il resto dormimmo sonni
tranquilli.  Prendemmo le nostre borse e ritirammo i nostri bagagli colmi e pesanti dirette all’apparta-
mento che avevamo stabilito di affittare per quelle settimane. Arrivate in taxi  davanti allo stabile ci
stringemmo la mano, la sua tenera e sudaticcia mano familiare, stringeva la mia, ancora, come
aveva fatto tante volte, eravamo pronte ad affrontare quell’avventura, insieme, di nuovo.
La verità era che mi era terribilmente mancata e con lei ero più forte. Sistemammo i nostri effetti perso-
nali nel trilocale immaginando cosa ci avrebbe aspettato e dopo aver svuotato completamente le valigie,
ci cambiammo e ci mettemmo dei vestitini per andare in uno dei bar centrali alla città. Appena arrivate
ordinammo due semplici lattine di thè.
LA NOSTRA AVVENTURA AVEVA AVUTO INIZIO.
  
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