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Autore: rawronnie    29/03/2013    15 recensioni
Ma essere un autolesionista,non vuol dire solo prendere una lametta e passarla con forza nei polsi. Quello è solo l'inizio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Cutting.
 
Primo capitolo.
 
London, 6 December, 1999.
 
Caro Dan,
è da tempo che volevo scriverti questa lettera. Finalmente ho trovato il coraggio,ed eccomi qui. Come sai, dalla nascita di Ronnie, molte cose tra noi sono cambiate. Lei è stata come una rovina per la nostra relazione. Piano piano, ci siamo allontanati e tu per me sei diventato come un estraneo. In quella casa, ormai non c'era più amore. C'erano solo bollette da pagare, e i pianti della bambina. Anche se hai provato a riparare, ogni gesto è stato completamente inutile. Ormai il nostro matrimonio è stato distrutto. In questi quattro anni, mi sono sentita molto sola. Come esclusa da tutti e da tutto. Ma c'è stato un uomo,in questi anni,che mi è stato molto vicino. Si chiama Eric, lui mi ha appoggiata, e mi ha spinta a scriverti questo. Adesso ho deciso di partire per New York con lui, voglio cambiare vita, sono stata sola per troppo tempo. Ho ancora una vita davanti e vorrei godermela. Volevo ringraziarti per tutto, e mi scuso per ciò che sto facendo,ma così non si può continuare. Riguardo Ronnie,non mi importa. Occupatene tu, alla fine è più affezionata a te che a me. Ammetto di non avergli dedicato troppo tempo ma penso che tu ne sia capace più di me a crescerla. 
                                                                                                                                                                                               Rose.                
 
 
London, 11 September, 2010.
 
"Il vestito è meraviglioso papà." 
Erano le dieci in punto, e mio padre ha avuto questa fantastica idea di comprarmi questo vestito che desideravo da tempo. E' a tubino, sembra fatto apposta per me. Il suo colore argento mi da un senso di luce, e quel pizzo poi, ci sta d'incanto. Ma comunque mi sembrava un pò strano. Mio padre è un uomo fantastico, ma che mi svegli con un regalo del genere è assurdo. Doveva esserci qualcosa sotto,per forza. Ciò mi è stato confermato quando si sedette nel mio letto con uno sguardo un pò confuso. Cercai di capire dal suo sguardo titubante cosa c'era sotto, ma non riuscivo proprio a decifrare i suoi pensieri. Decidetti di sedermi vicino a lui. Non era sicuramente il suo giorno migliore, ma comunque sapevo che voleva fare finta di essere felice. Mi guardò e sorrise. Un sorriso cupo, che nascondeva tanto dolore. Lo capivo dai suoi occhi, un pò rossi. Si creò come un senso di disagio. Mi prese dalla fronte e mi diede un bacio, poi si alzò e andò a prendere il materiale per andare a lavoro. Sapevo che nascondeva qualcosa, e dovevo scoprirlo assolutamente. Ma intanto, avevo cose importanti a cui pensare. Come per esempio, che l'indomani mi sarebbe ricominciata la scuola. La scuola non è il mio forte, ho quindici anni e devo fare il primo superiore. Ma non è il problema di studio, ma è il socializzare con gli altri che mi rende insicura. Non sono,come dire,molto accettata. Visto che mia madre è morta, mi considerano tutti una povera orfana,ma di questo non intendo parlare. Dopo essermi persa in questi pensieri,mi alzai e andai a cercare per tutta la stanza le mie cuffie. Mi sento sola, ma la musica è l'unica a farmi sentire speciale,non riesco a stare senza di essa. Ma senza auricolari, tutto ciò non è possibile. Cercai nel mio cassetto, dove metto di tutto e di più. E' assurdo, contiene un immensità di roba. Cercando,trovai una vecchia foto. Avevo più o meno dodici anni, ed ero con una mia vecchia amica. L'unica migliore amica che abbia mai avuto. E' strano come finisca ciò che tu pensi che duri per sempre. E quando giungi al termine, ti rendi conto che è stato solo un illusione, qualcosa di inesistente a cui ho creduto tutti quegli anni. Lì,si ero felice. Era il mio compleanno, il cinque dicembre. Non avevo molti amici a causa della mia inutile insicurezza, ma non ero un asociale assoluta. Avevo deciso di passare un pomeriggio con Nadia, solo noi due. E questa foto, è stata scattata quando la serata è finita. Eravamo abbracciate, il mio sorriso mostrava la mia felicità,ma nascondeva la mia tristezza. La tristezza che quella serata fosse finita. Ma non è stato lì che ho capito che tutto ciò che sia piacevole,prima o poi finisce. Ancora ero una ragazzina piena di sogni, che credeva nel per sempre,nel solito 'e vissero tutti felici e contenti'. Adesso sono solo un adolescente che non crede in nulla,neanche in se stessa.A parte il fatto che stava con me solo perchè le facevo pena, la Nadia che conoscevo io era fantastica. Ma poi, in realtà non era lei. Non sapevo neanche io chi avevo di fronte. Ma comunque quello era ormai passato, quindi posai la foto e continuai a cercare. Finalmente saltono fuori le mie adorate cuffie, le attacco al cellulare e scelgo la solita canzone malinconica. Che comunque mi tiene in compagnia. Scesi le scale, e vidi mio padre che di fretta beve uno Starbucks e vola via. Lui fa lo scrittore. Non fa altro che scrivere,scrivere e scrivere. Ogni pagina bianca che si trova davanti,la riempie di pensieri, di parole. Parole che per lui contano molto, e trovo meraviglioso il suo modo di esprimersi. Così libero. Ma dietro il suo libro che ha pubblicato da poco, Paura d'amare,ho capito che dietro quei sorrisi, quegli occhi fiduciosi, c'è qualcosa. Qualcosa che lo porta a sfogarsi scrivendo. Lui non è un tipo che ti dice chiaramente ciò che ha, lui vuole farsi vedere come un tipo forte. Ma in realtà non è così. Comunque lo ammiro molto, fin da piccolo è stato il suo sogno e adesso lo ha realizzato. Senza mai arrendersi, il che adesso è molto complicato. Continuai a scendere le scale e arrivai in cucina, e vidi che mi aveva preparato la colazione. Ma ovviamente,non avevo fame. Ma non era sorpresa di questo,visto che succede la maggior parte delle volte. Ma ecco che la mia canzone preferita viene interrotta da una telefonata. Risposi, ed ero un pò incredula di chi fosse. 
"Pronto?" 
"Sei Ronnie?"
A questa domanda avrei voluto rispondere con un 'non lo so',visto che ormai,non so più chi sono.
"Si,sono io."
"Sono Ryan."
A quelle parole, mi bloccai completamente. I miei occhi, piano piano,si riempirono di lacrime. Lacrime che non volevo versare per un idiota come lui, ma non riuscivo. Non risucivo a parlare. Volevo chiudergli, ma ovviamente sono troppo debole per fare una cosa del genere. Ma era il minimo che io possa fare,visto tutto quello che mi ha fatto passare. E lui doveva essere il mio migliore amico, intanto fu lui a indurmi al suicidio. Ma sfortunatamente, sono ancora qui.Mi presi di coraggio, feci un profondo respiri e provai a parlare.
"Cosa vuoi?"
Cercai di non balbettare,ma mi risultava difficile visto la mia agitazione. Lui restò in silenzio, e fece alcuni sospiri. Dopo un pò,si decise e parlò. 
"Cosa fai oggi pomeriggio? Ti andrebbe di uscire,come ai vecchi tempi?" 
I ricordi si fecero padroni della situazione.
"Quali vecchi tempi? Quelli in cui hai detto a tutta Londra i miei segreti? Quelli in cui hai lasciato che tutti mi umiliassero, e mi picchiassero? No,grazie."
Volevo solo urlare. Mi ci era voluto un anno per cercare di calmarmi, ma adesso è tutto iniziato da capo.
E poi, con una voce decisa mi disse "Scusa." 
Chiusi il cellulare e lo lanciai sul divano. Non volevo fare lo stesso sbaglio. Non potevo fidarmi. Corsi in camera mia, presi il vestito che mi aveva regalato mio padre, e lo indossai. Non volevo pensare al passato. Dovevo distrarmi. Ma provare quel vestito, non fu d'aiuto. Mi misi davanti allo specchio. Qualsiasi ragazza avrebbe sorriso dicendo che il vestito è meraviglioso. E' vero,lo è, il punto è che non sono io ad essere bella. Tendo all'anoressia, per questo il vestito non sta stretto come dovrebbe stare. Io rovino tutto. Mi guardai in faccia. Non ero abbastanza bella, non ero abbastanza. Non ero abbastanza per essere accettata dalla società. Ero solo una ragazza dai capelli rossi, il rosso peggiore che esista. Quei boccoli che mi cadono sulle spalle,non mi donano per niente. I miei occhi azzurri, non venivano mai messi in evidenza,erano sempre nascosti da lacrime. Comunque non riuscivo ad accettare ciò che vedevo. E poi vidi i miei polsi. E lì inizio a tremare. Ogni cicatrice aveva un ricordo, un ricordo che ormai restava indelebile. Ma essere un autolesionista,non vuol dire solo prendere una lametta e passarla con forza nei polsi. Quello è solo l'inizio. Dal primo taglio, passi al secondo,e poi al terzo,e poi al quarto. E poi diventa un abitudine. Un ossessione,una droga. Un incubo di cui non riesci ad uscirne. E non sei più come le altre. L'estate è tua nemica,perchè tu non puoi uscire normalmente come le altre a maniche corte. Gli altri si accorgerebbero di quei tagli, e ti allontanerebbero, definendoti 'diversa'. Non puoi andare a mare con le amiche. Devi uscire con una camicietta, fingendo di avere freddo. E se ti chiedono di fare un bagno, ti inventi che hai dimenticato il costume. E tagliarsi porta a questo,a mentire. E ciò ti fa odiare ancora di più, e allora continui. Questo mi ha condizionata per due anni. Ma guardando quei polsi, iniziai a piangere,perchè sapevo che sarei tornata a quella vita. Avevo smesso da un pò di mesi,ma dopo tutti i ricordi apparsi nella mia mente, non rifarlo è impossibile. Ma soprattutto, non potrò mettere mai questo vestito. E' a maniche corte. Non renderò mai orgoglioso mio padre. Lui non sa di questa mia vita, anzi,di questo incubo in cui sono condannata a vivere. Ormai è impossibile uscirne. E' come se fossi rinchiusa in una stanza buia,senza uscite. E sono intrappolata lì. Ma ormai,avevo fatto l'abitudine. Mi ero abituata a sentirmi diversa dalle altre, a sentirmi esclusa,e insicura. Ma comunque non potevo rimanere lì a guardarmi e piangere,tolsi il vestito e misi qualcosa di pesante, qualcosa che soprattutto copriva i miei polsi. Decisi di uscire. Presi il telefono e mi avviai verso il parco. Misi le cuffie alle orecchie. Sembrava di essere in uno di quei video musicali, mi persi completamente nei miei sogni. Se fossi in un film,a quest'ora un ragazzo sarebbe venuto da me, e mi avrebbe amata per quello che sono. Ma nella vita reale, non succede proprio questo. Anzi, chiudere gli occhi per immaginare ciò,non è stata proprio una buona idea,visto che adesso mi trovo per terra. Per un attimo non ho capito proprio nulla. Mi girai, e vidi un ragazzo di fronte a me. Restai incantata, a fissare i suoi boccoli d'oro, i suoi occhi verdi,misteriosi, profondi. 
"Alzati,sfigata!" 
E quando sentii quelle parole,capii che non ero in un film,ma nel mio incubo. Raccolsi tutti i fogli che gli erano caduti - cosa che non dovevo assolutamente fare -, mi alzai, e glieli consegnai, facendo un sorriso falso. Me li strappò via dalle mani,dicendo qualche bestemmia e andando via correndo. Aveva ragione a reagire così, chi è che voleva parlare con me? Sono solo un insignificante persona che invece di vivere,sopravvive,ogni giorno. Perchè io non sono il tipo di ragazza di cui i ragazzi si innamorano. Ma comunque cercai di dimenticarmi dell'accaduto, e continuai a perdermi nei miei sogni. 
   
 
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