Libri > Orgoglio e Pregiudizio
Segui la storia  |       
Autore: Damson    29/03/2013    1 recensioni
Questa storia è un adattamento moderno del romanzo di Jane Austen Orgoglio e Pregiudizio. Speriamo che l'autrice non si offenda troppo per le eclatanti modifiche alla trama da noi apportate: purtroppo le abbiamo ritenute necessarie.
-------------
“Non sta evitando te, sta evitando Wickham.” cercò pazientemente di farla ragionare Giovanna.
“E, dato che ci esci in continuazione, non gli stai certo facilitando le cose.” rincarò la dose Carlotta.
Andrea guardò basito Elisabetta, dato che l'amica non faceva altro che offendere Darcy per lui era appurato che le facesse schifo: “Wow! Lisa ma cosa combini? È un super triangolo!” gongolò entusiasta, la cosa si stava facendo più interessante del suo programma preferito Cortesie per gli ospiti.
“Non c’è nessun triangolo chiaro!? Il triangolo è solo nel cervello di Giovanna e Carlotta!”
“Tua madre sarebbe al settimo cielo a sentire una storia così.”
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2.
Priorità.
 
“Fu giudicato definitivamente. Era l’uomo più orgoglioso e antipatico del mondo e ognuno sperò che non avesse a ripresentarsi mai più.”
(Orgoglio e pregiudizio, Jane Austen)
 
 
Era quasi ora di pranzo e il caldo iniziava a farsi insopportabile; tuttavia nessuno del personale, schierato di fronte all’ingresso della villa come un plotone d’esecuzione, osava anche solo emettere un suono o essere così poco professionale da accusare un qualsivoglia malore. I nuovi inquilini di Villa Campobasso dovevano arrivare da un momento all’altro: sarebbe stato imperdonabile aver atteso tanto per poi farsi trovare fuori posto.
Il capo del personale, un uomo distinto e impettito sulla cinquantina, controllò per l’ennesima volta prima l’orologio, poi la strada, ed infine i suoi dipendenti con aria compiaciuta: gli inglesi avrebbero apprezzato quell’accoglienza così old style; si sarebbero sentiti come nobili che tornano, dopo la stagione in città, al loro prezioso palazzo di campagna: una scena degna di quella serie tv così popolare.. come si chiamava? Down-qualcosa Abbey, forse.
Un poco educato vento di scirocco, non contento di rendere l’aria così pesante da rischiare di soffocare chiunque avesse tentato di respirare un po’ più profondamente, continuava a soffiare la terra sollevata dai campi circostanti sui vestiti scuri e inamidati del personale, all’ interno del quale stava iniziando a serpeggiare un certo malcontento.
Solo una improvvisa nuvola di polvere, che si alzava sempre più vicina attraverso il lungo viale di pini, salvò il loro comandante dal un sicuro ammutinamento. Ma il sollievo generale per la fine della tortura si tramutò in rumorose proteste di disappunto quando apparve all’orizzonte una Passat grigia.
“Ma porco cane!” Esclamò uno dei ragazzi, con un gesto stizzito “Com’è possibile che sbaglino sempre strada ‘sti turisti idioti!? Non leggono i cartelli?!”
“Alcuni sono veramente degli imbecilli” Rincarò un collega.
“Ma poi come può venì a mente di girà qui! Un lo vedono che è una strada privata?!”
“Secondo me usano la scusa di essersi persi per vedè la villa..”
“Il maiale sogna la ghianda! Nemmeno i marocchini c’hanno più macchine come quelle!”
“Bimbi, ora basta!” Li riprese, spazientito, il capo.
“Giancarlo, vai te a mandalli via allora!” Lo incitò una ragazza castana “Alla fine il capo sei te”.
L’uomo socchiuse gli occhi e imprecò mentalmente prima di avvicinarsi con passi rapidi alla macchina che, nel frattempo, si era fermata. Aveva già aperto la bocca per chiedere ai passeggeri cosa volessero, ma riuscì solo ad articolare un suono pietosissimo, a metà tra la sorpresa e la disperazione: dall’abitacolo era appena uscito un uomo alto, dallo sguardo duro e l’abbigliamento impeccabile, che lo squadrava con un’espressione che pareva tutto tranne che tollerante.
Le parole che il povero Giancarlo poté articolare parvero tutto tranne che inglesi.
 
Il pessimo umore di Caroline, messo alla prova dalla strada dissestata, poté essere placato solo alla vista della meravigliosa villa presa in affitto dal fratello. Certo, sarebbe stato meglio se quell’incompetente architetto l’avesse progettata in riva al mare invece che nella campagna dimenticata da Dio; ma, in fondo, Castiglione era a pochissimi chilometri e con essa i fastidiosi turisti.
A onor del vero il momento più imbarazzante e, senza ombra di dubbio, umiliante, per la bella inglese risultò essere l’arrivo alla villa e la discesa da quell’ammasso di ferraglia arrugginita, che pretendeva di essere chiamata automobile, accompagnata dagli sguardi sconvolti di quei pezzenti della servitù (si diceva sempre servitù?), talmente inebetiti da dover essere richiamati affinché salutassero i nuovi padroni e si affrettassero a portare le valigie nelle rispettive camere.
Caroline sostenne per giorni di aver sentito qualcuno di loro ridere; ma il fatto non poté essere comprovato e venne lasciato cadere, nonostante le ripetute richieste della donna di trovare e punire il colpevole di un tale infamante delitto.
Così, una volta preso possesso della stanza più bella della casa e dopo essersi accertata con premura che il suo caro Darcy trovasse luogo e arredamento passabili se non addirittura soddisfacenti, la stressata signorina Bingley poté finalmente accingersi a disfare la prima delle sue quattro valige.
Ma il piacere, si sa, non è destinato a durare a lungo.
Non aveva, infatti, fatto in tempo a sistemare il primo paio di sandali nella scarpiera che una voce la colse di sorpresa, facendole rischiare un infarto.
“Presto Caroline, mettiti il costume che andiamo in spiaggia!”
“Cosa stai blaterando Charles?” Rispose la donna senza degnarlo di uno sguardo,  continuando a tirare fuori dalla valigia una quantità imbarazzante di scarpe.
“Proprio quello che ti ho detto! Finirai dopo il tuo importante lavoro: non vedo l’ora di fare il bagno in questo mare meraviglioso!”
“Non lascerò che i miei preziosissimi vestiti si riducano come stracci appena usciti da una lavanderia a gettoni solo per soddisfare i tuoi capricci adolescenziali.”
“Ma dai!”
“No, Charles. Il momento in cui si disfano i bagagli è sacro e improcrastinabile.”
Caroline si maledisse mentalmente per aver usato una parola del genere in assenza di Darcy e si ripromise di inserirla alla prima occasione in un discorso con lui presente.
“Come sei antipatica!”
“Come sei infantile.”
“Va bene” Sospirò il giovane sconfortato voltando le spalle alla sorella e deciso ad abbandonarla con i suoi adorati vestiti “Vorrà dire che andrò solo con Darcy”.
“Prego?” Ribatté ironica Caroline, lasciando per un momento da parte il suo gradevole impiego per voltarsi verso il fratello “Credo proprio che ci andrai da solo, invece! Sono sicura che Darcy la pensa esattamente come me sulla priorità del dovere sul piacere. Se di piacere si può parlare riguardo a una spiaggia stracolma di bambini urlanti.”
“Veramente sarà già qua fuori che ci aspetta. Giusto il tempo di darsi una sciacquata, cambiarsi il vestito e prendere il suo ipad per lavorare.”
Forse per la prima volta nella sua vita Caroline decise che, nella sua scala di priorità, l’abito da sera di Versace sarebbe venuto al secondo posto.
 
________________________________________________________________________________
 
“Lisa, un caffè al tavolo due. Veloce!”
“Quanto veloce?”
“Veloce veloce!”
Elisabetta sorrise mentalmente mentre poggiava la tazzina sul vassoio, pensando a quanto la sorella fosse gentile e paziente a casa, quanto agitata e stacanovista a lavoro.. forse di quei caffè se ne beveva una quindicina prima di iniziare il proprio turno.
Tuttavia Giovanna, a dispetto dello stato di perenne ansietà di fronte a qualsiasi incarico anche di minima responsabilità, era uno di quei rarissimi casi dove la bellezza interiore ed esteriore risultavano perfettamente armonizzati da pari grazia e dolcezza. I suoi occhioni azzurri, illuminati ancora di più da una matassa di lungi capelli biondi, erano rinomati a Castiglione sin dai lontani tempi del liceo; di questo, però, pareva che la ragazza non si fosse mai accorta, un po’ per modestia, un po’ perché aveva continuamente la testa tra le nuvole.
Se di lì fosse passato un trovatore se ne sarebbe irrimediabilmente innamorato.
Purtroppo, essendo oramai passati i secoli così cari alle arti, la maggiore delle sorelle Benetti non aveva potuto, con la sua laurea in sociologia, trovare un impiego migliore che lavorare al bar di uno dei più grandi stabilimenti balneari di tutta la costa castiglionese. A dire la verità quel lavoro nel le dispiaceva affatto ed il suo animo ben disposto nei confronti anche del peggior essere umano l’aiutava non poco in questa impresa.
L’unico problema a tormentarla era che la sua conoscenza dell’inglese era scolastica ed arrugginita. Per fortuna ai clienti stranieri ci pensava Elisabetta, quando trovava il tempo per venirle a dare una mano.
 
Proprio quest’ultima aveva appena consegnato il caffè veloce veloce e stava tornando a prendere le altre ordinazioni, quando scorse tra i clienti nientemeno che il suo amichetto preferito.
“Andrea!” Urlò per attirare l’attenzione del ragazzo, rischiando nella foga di far cadere le tazzine sporche dal vassoio.
“Lisa!” La riconobbe lui dopo qualche secondo, avvicinandosi per salutarla “E’ da un mese che non ti fai vedere brutta stronza! Che ci fai qui?”
“Come vedi lavoro.”
“Mi prendi in giro?! Sei sempre a rompere le scatole col tuo master all’Università!”
“Il dottorato Andre! Dottorato! Si vede che mi ascolti quando parlo.”
“Fa lo stesso, non fare la saccente! La domanda resta invariata!”
“Sto dando una mano a Giovanna qui al bar, almeno racimolo qualcosina. Tanto, se devo aspettare che mi paghi l’università posso anche morire di fame. Tu invece? Non ti eri barricato in casa in queste settimane perché avevi un esame?”
Il ragazzo assunse un’espressione molto vaga, facendole intendere che avrebbe preferito rispondere ad una eventuale domanda di riserva.
Lisa sorrise di cuore: Andrea non era cambiato una virgola da quando frequentavano il liceo assieme. Il soprannome “Piccolo lord”, che gli aveva dato i primi giorni di scuola, calzava ancora perfettamente a quel giovane elegante, un po’ snob, ma irrimediabilmente adorabile.
“Allora” riprese Elisabetta con fare complice “ti posso chiedere dove stai andando tutto azzimato?”
“Missione segreta per il Rotary.” Rispose lui facendo l’occhiolino.
“Chi devi uccidere?”
“Nessuno, anzi! Devo incontrare degli inglesi proprio qui al bar, dare loro il benvenuto a nome del nostro club e, successivamente, presentali ai soci.”
“Sarebbe perfetto se non fosse per un insignificante particolare..”
“E quale, di grazia?”
“Tu non sai l’inglese!”
“Più o meno..”
“Ti voglio ricordare di quella volta che alla professoressa traducesti monk come ‘scimmia’. Credevo le partisse un embolo.”
Elisabetta a quel ricordo scoppiò in una fragorosa risata, rischiando per la seconda volta la vita della tazzine imprudentemente arroccate sul bordo del vassoio.
Andrea, in risposta a questa vergognosa insinuazione, si mascherò di un’espressione sconvolta e ribatté, cercando di imitare la voce di lei “Ti voglio ricordare, invece, che so perfettamente il francese (lingua molto più utile e bella del vostro stramaledetto inglese) e si dà il caso che due di questi tre inglesi sappiano perfettamente tale lingua!”
“Allora, monsieur, vi lascio al vostro importante appuntamento. La sguattera va a finire di pulire i tavoli.”
“Buon lavoro Cenerentola, io vado a fare il diplomatico. A presto! Chiamami che andiamo a fare colazione assieme una di queste mattine!”
“E’ meglio.. Se aspetto che ci pensi te, faccio prima a diventare professore ordinario!”
“Ahahah.. Come sei piagnucolosa!” E, dopo un saluto veloce, si allontanò rapidamente in direzione della terrazza: evidentemente era impaziente di incontrare altri piccoli lord della sua specie.
Nemmeno a farlo apposta, Elisabetta aveva appena pronunciato mentalmente quella parola che scorse in un tavolino isolato proprio un tizio che aveva tutta l’aria di essere un lord. E lo stupore crebbe non poco quando si accorse che quell’uomo seduto era nientemeno che l'erede dell'impero cinese, nonché delfino della fantomatica Lady De bourgh e unico, vero, indiscusso amore (dopo la vecchia, si intende) del cugino Colli.
Spinta per la prima volta dalla curiosità oltre che dallo stipendio, si avvicino all’oggetto delle sue attenzioni con un sorriso gentile stampato in faccia.
Hello sir, do you want something to drink?
La sua curiosità venne spazzata via da una notevole incazzatura, quando l’uomo non ebbe nemmeno la buona educazione di staccare gli occhi dal suo ipad, limitandosi a fare un cenno di diniego con la testa accompagnato, si presume con enorme sforzo, da un laconico No.
But if you want to sit here you have to take something.” Rispose Lisa spazientita: certo che la gente più è ricca più è tirchia!
L’uomo non si scompose, continuando a fissare imperterrito la schermata: o quell’affare era ipnotico o doveva esserci scritto qualcosa di interessantissimo.
My friend is going to take my drink.
Ah… ok.” Si limitò a biascicare Elisabetta, affrettandosi ad andarsene di lì prima che la voglia irrefrenabile di sfracassare il prezioso ipad in testa a quello snob maleducato prendesse il sopravvento.
 
Nell’esatto momento in cui ogni romantico sogno sul perfetto gentlemen inglese veniva distrutto nella mente della povera Elisabetta, Giovanna stava per avere un approccio diametralmente diverso col mondo anglosassone.
La lavastoviglie si stava di nuovo testardamente rifiutando di funzionare e la povera ragazza, più che tentare di capire dove fosse il problema, cercava con parole ora gentili ora perentorie di convincerla a ripartire.
Ma, come è risaputo, gli elettrodomestici sono dotati di una propria satanica personalità e funzionano solamente a loro piacere e discrezione.
“Can I help you, miss?”
Giovanna rischiò di procurarsi un trauma cranico sfiorando con la testa il piano della lavastoviglie per la fretta di alzarsi e servire il cliente.
Una volta di fronte al bancone si pentì amaramente di non sapere l’inglese come Lisa.
“Ehm.. no need, thank you. I call the boss now”
Non riuscì ad articolare nessun’altra parola, così si limitò a sorridere al ragazzo dai capelli rossi che la osservava con aria gentile e simpatica.
Da parte sua, Bingley ritenne di trovarsi di fronte ad una delle più graziose ragazze che avesse mai visto.
Stettero per una quantità esagerata di secondi ad osservarsi con reciproca ammirazione ed un certo imbarazzo, tanto che Elisabetta, la quale aveva osservato da lontano la scena, si chiese se avessero guardato negli occhi Medusa mentre lei era distratta.
“So..” Provò a riprendere in mano la situazione Giovanna “What do you want, sir?”
“I’m Charles. And it’s a pleasure to meet you..miss?”
“Giovanna..”
“Jane”
“What?”
“In English, Giovanna is Jane.”
La ragazza, sempre più imbarazzata, gli sorrise di nuovo.
“But Giovanna it’s cooler!”
“Ehm…Thank you… Charles.”
Pronunciò così male il nome che il giovane si sentì in cavalleresco dovere di farle una breve lezione di dizione. Passarono così cinque buoni minuti a ripetere la solita parola; pochi ma sufficienti a Lisa, che aveva approfittato dello show per sedersi (visto che era da quella mattina che non aveva ancora avuto occasione di riposarsi) per mettere mano al cellulare, pronta a chiamare il 118 ed a farli internare in una clinica psichiatrica.
Giovanna, in un inglese un po’ zoppicante, cercò stoicamente di sostenere una conversazione col nuovo arrivato, che la tempestava di domande di ogni tipo: dal perché non si può bere un cappuccino dopo le dieci e mezza del mattino, all’intera biografia scolastica e lavorativa di miss Benetti. La ragazza si limitava a rispondere con gentilezza, invogliando il giovane (come se ce ne fosse bisogno) alla conversazione, ma senza fargli domande. Non lo riteneva troppo educato.
Mentre aveva luogo questo delizioso cameo, una fila di clienti sufficientemente scocciati si era accumulata dietro il signorino inglese: così Elisabetta decise che era l’ora di entrare in azione, ma con tatto: altrimenti Giovanna avrebbe avuto un infarto. Scivolò di soppiatto dietro il bancone e si materializzò (parola utilizzata testualmente da Giovanna nel raccontare l’episodio) di fronte ad una delle due casse aperte, alla destra della sorella.
“Lisa” l’apostrofò a metà tra l’imbarazzato e il felice Giovanna “ti presento il signor Bingley.”
“Nice to meet you” Lo salutò la giovane, dandogli la mano con una stretta decisa, per poi rivolgersi di nuovo alla sorella con un sorriso “Se vuoi fare due chiacchiere vai pure, alla cassa ci sto io”
“O Dio mio!” Esclamò sconvolta Giovanna, accorgendosi finalmente della fila che l’intemperanza di Bingley aveva creato “Non l’avevo visto! Oddio… sono una stupida! ..Meno male ci sei te! Mamma mia!..”
“Giò, smetti di avvilirti” rise Lisa, dandole una pacca sulla spalla “e vai a fare due chiacchiere con l’inglesino.”
“Ma ti dispiace? C’è troppa gente, non ce la fai da sola.”
“Ovvia! Come se non l’avessi mai vista veramente una fila come si deve!”
“Sicura?”
“Vai prima che di cacci fuori con le cattive!” Le intimò, per poi rivolgere un cenno d’intesa al rossetto inglese, il quale aveva vagamente intuito il senso della conversazione.
Mentre osservava i due giovani che si sedevano a un tavolino poco lontano, un sorriso mefistofelico apparve sul volto di Elisabetta al pensiero che quell’antipatico snob dell’amico di Charles Bingley avrebbe aspettato in eterno il suo ordine.
 
Non erano passati che pochi minuti ed una decina di cappuccini quando la secondogenita Benetti scorse anche Andrea parlare fitto fitto con la compagna dei due inglesi: l’ammirazione dipinta negli occhi dell’amico era inenarrabile e la donna, da parte sua, pareva apprezzare non poco di essere oggetto di tali attenzioni. Evidentemente o era una situazione che non si presentava molto di frequente o lei era una bella gattamorta… o tutte e due le cose assieme.
Elisabetta si sentì catapultata in un’opera di Mozart dove gli unici fuori luogo erano lei e il feticista dell’Ipad al tavolo in fondo.
 

 



Un ringraziamento particolare a chi ha recensito, inserito la storia nelle preferite/ricordate/seguite od anche a chi ha solo letto. 


  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Orgoglio e Pregiudizio / Vai alla pagina dell'autore: Damson