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Autore: pandamito    29/03/2013    1 recensioni
« Papà, ho deciso! » intonò con la voce più autorevole che potesse ottenere. « Io voglio una ragazza che sia bianca come il latte e rossa come il sangue. »
A quelle parole, Scott non poté fare a meno di sorridere, divertito.

E' difficile trovare l'amore, ma è ancora più difficile trovarlo e poi esser costretti ad abbandonarlo per essere chiamati agli Hunger Games. E Rafe Donald, Distretto 6, questo lo sa bene.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il figlio di un Re mangiava un giorno della ricotta bianchissima. Si tagliò un dito e una goccia di sangue cadde sul formaggio. Disse allora a sua madre:
« Mamma, voglio una sposa che sia bianca come il latte e rossa come il sangue. »
« Figlio mio, sarà difficile che tu la trovi. Chi è bianca non è rossa e chi è rossa non è bianca. »
- L'amore delle tre melagrane.
 


 
Il signor Scott Donald uscì da sotto il macchinario, posando la chiave inglese nella cassetta degli attrezzi e pulendosi le mani oleose con la pezza. Abbassò la serranda dell'officina, spense la luce e chiuse la porta, percorrendo il piccolo corridoio che sbucava proprio nella sua umile casa, nel retro dell'officina, che era più simile ad un grande garage che ad un luogo di lavoro.
Quando sbucò nella piccola stanza che faceva da salotto, vide il piccolo Rafe, di otto anni, sdraiato a terra, intento a leggere un libro. Il signor Donald riconobbe subito di cosa si trattasse dalle pagine giallognole e dal bordo della copertina rossa; non poteva sbagliare, ma si accucciò lo stesso vicino al figlio e gli scompigliò i capelli.
« Hey, campione, che cosa leggi? »
Di certo non potevano permettersi di comprare libri, ma quando la signora Donald era ancora in vita, quella - quando era possibile - riusciva sempre a mettere qualcosina da parte per comprare un libro o qualche tela da dipingere, anche se con difficoltà.
Rafe mise un piccolo pezzetto di legno come segnalibro alla pagina dove si trovava e poi chiuse il libro, leggendone il titolo.
« L'amore delle tre melagrane. » rispose il bambino, per poi riaprire il libro al segno.
Scott si alzò in piedi e prese un piccolo tocco dalla legna accatastata ordinatamente vicino alla parete, per poi gettarlo dentro la piccola stufa ed aumentare la fiamma.
« Sai » incalzò il padre mentre con un ferro punzecchiava la legna che si trasformava lentamente in cenere, « era il libro preferito di tua madre. »
Subito il piccolo Rafe alzò la testa, interessato al discorso e con gli occhi che non si capiva se erano lucidi sul punto di piangere o pieni di entusiasmo.
« Davvero? » chiese, non riuscendo a trattenere lo stupore e la gioia. 
Erano ormai otto anni che Amanda Barrie-Liddell era morta giovane, di parto, dando vita alla spensierata creatura qual era Rafe. Erano otto anni che Scott non poteva più stringerla a sé, ma non aveva mai incolpato suo figlio, anzi, pensava che quello fosse il dono più grande che sua moglie gli avesse lasciato.
Il meccanico annuì al figlio, sorridente. « Sì, lei era proprio come una di quelle ragazze nate dal melograno: aveva la pelle bianchissima ed i capelli rossi. » si concesse di bearsi momentaneamente di quell'amato ricordo.
« E poi? » lo spronò a continuare il piccolo, desideroso di sapere qualcosa di più su sua madre. Lui, del resto, non l'aveva mai vista.
Scott sorrise, decidendo che era giusto condividere il ricordo della moglie col figlio. 
« Aveva gli occhi azzurri, chiarissimi, le sue labbra erano così in contrasto con la sua pelle che sembravano anch'esse rosse e non ti dico quando arrossiva! » E qui a Rafe sfuggì una piccola risata, seguita a ruota dal padre, che poi continuò: « Ed era una di quelle persone di cui ti innamori a prima vista, quelle belle sia dentro che fuori, con cui vorresti passare il resto della tua vita. Gentile, dolce e premurosa, non avrebbe mai voluto accadesse qualcosa alle persone a lei care; forse un po' troppo testarda, ma a me piaceva così, perché non avevo paura di essere giudicato. Lei ascoltava sempre. »
Il tono del signor Donald divenne più malinconico e nostalgico, come il sorriso che non abbandonava mai il suo volto, con gli occhi rivolti verso il basso, a fissare un punto impreciso del pavimento, mentre le braccia erano conserte ed i respiri emessi più pesanti. Gli mancava davvero tanto e nessuno avrebbe mai potuto negarlo.
Quando Rafe si alzò da terra, però, Scott fu costretto ad alzare gli occhi per guardare la figura piccola - ma già alta per la sua età -; era orgoglioso del figlio, che teneva i pugni chiusi, un po' distaccati dai fianchi, e lo sguardo deciso, rivolto dritto verso il padre. Gli occhi marroni del meccanico si immersero direttamente in quelli verdi di colui che - si sperava - un giorno avrebbe preso il suo posto, illuminati da una strana luce.
« Papà, ho deciso! » intonò con la voce più autorevole che potesse ottenere. « Io voglio una ragazza che sia bianca come il latte e rossa come il sangue. »
A quelle parole, Scott non poté fare a meno di sorridere, divertito.
 
* * *
 
Ci sono epoche caratterizzate da un unico pensiero, età in cui si devono ancora sperimentare alcune cose e poi ci sono quei momenti che vengono all'improvviso, in cui ti fermi e ti rendi conto di cosa succede attorno a te e di cosa invece vuoi fare tu. In realtà, quello per Rafe era un normalissimo giorno, uno dei tanti che si susseguivano nella sua vita; l'unica cosa che lo differenziava era la fine del primo giorno di scuola, ma essendo al secondo anno non aveva tanto timore, forse un po' scocciato perché ora sarebbe dovuto rimanere chiuso in un edificio a studiare ed ad ascoltare dei noiosissimi professori, ma il sorriso sul suo volto non sarebbe scomparso mai. Fuori da scuola alcuni erano desiderosi di ritornare a casa, altri di fermavano un po' a chiacchierare tranquillamente con gli amici e così faceva anche Rafe, che scambiava qualche stretta occasionale con le solite vecchie facce che si vedevano in giro per il Distretto 6. 
« Hey, zio, come stai? » chiese Peter battendogli il cinque. Moro con gli occhi grigi, bastava sapere solo questo di Peter. 
Rafe gli diede una pacca sulla spalla, alzando le sue. « Beh, come dovrebbe andare? Finché riesco a campare direi che va tutto bene. » rispose, col suo solito sorriso. « Tu, piuttosto, hai tagliato i capelli per l'occasione? » domandò, facendo un cenno della testa verso il capo dell'altro.
Peter si passò una mano fra i capelli lisci e più lunghi che ricoprivano la parte centrale della sua testa, mentre i lati erano completamente rasati. « Sì, merito di mia madre e delle sue forbici. Confesso però di aver avuto paura che mi tagliasse un orecchio. » 
Entrambi scoppiarono a ridere di gusto, prima che lo sguardo di Rafe si posasse ben oltre l'amico. E la vide: pelle bianca come il latte, lunghi ricci rossi come il sangue, occhi azzurri come il cielo che disegnano i bambini; se ne stava vicino l'entrata del cortile della scuola, chiacchierando tranquillamente assieme ad un paio di altre ragazze. Quel volto sembrava nuovo in quelle mura e Rafe era certo che l'anno scorso non l'aveva mai vista per le classi.
« Amico, cos'hai? » chiese Peter, leggermente preoccupato per la temporanea trance del giovane Donald. 
Rafe si destò dai suoi pensieri, per poi dare un'occhiata veloce al moro e ritornare sulla sua bella rossa, per paura di perderla di vista. « Chi è quella? » domandò, impaziente dal conoscere la risposta.
Peter si voltò verso la ragazza che il coetaneo gli aveva indicato con un cenno della testa e, osservandola per qualche secondo, la riconobbe: « Hai presente i signori Wibberly? »
Rafe annuì. « Quelli della panetteria? »
« Sì, è la figlia. Dev'essere al primo anno. » confermò l'amico. 
« Non me la ricordavo così. » spiegò il ramato, schiudendo la bocca e continuandola a fissare.
Quello fece spallucce. « Che vuoi che ti dica, è cresciuta. »
Sul viso del ragazzo con gli occhi verdi spuntò nuovamente il sorriso, anzi, forse più acceso di prima e, mentre sorpassava il moro, quest'ultimo iniziò a ridere, capendo le intenzioni del quindicenne. 
« In bocca al lupo! » gli gridò quanto bastasse affinché quello potesse sentire.
Rafe camminava deciso ed allegro verso il muretto che recintava l'edificio, poco distante dalla rossa, che non lo notò fino a quando non fu a qualche centimetri da lei, interrompendo la conversazione con le sue amiche come se nulla fosse. Un attimo prima il ramato aveva raccolto una rosa dal roseto che costernava tutta la recinzione della scuola ed ora gliela stava porgendo, mentre tutte e tre le quattordicenni lo fissavano. La rossa lo fissava con tanta severità che lo fece sentire come se fosse la maleducazione fatta persona, mentre le altre due iniziarono a sghignazzare, cercando di contenersi. 
« Ehm... Emma, noi andiamo, a domani! » la salutò una delle due, cercando un modo per congedarsi all'istante ed andare a spettegolare lontano da lì.
Emma si voltò di scatto verso le apparenti amiche, come per volerle fermare e pregarle di non lasciarla da sola con quello strano tizio, ma ovviamente anche ora era rimasta da sola, come sempre, e doveva affrontare quel ragazzo. 
« Emma, eh? » incalzò il maggiore, porgendole dolcemente la rosa colta qualche attimo prima e poggiando una mano al muro della recinzione. « Ha forse mai amato sinora il mio cuore? Negatelo, occhi, perché mai, sino ad ora, avevo visto la vera bellezza. »
Ed erano proprio queste le parole che pronunciò Rafe d'innanzi alla giovane Wibberly, la quale rimase di stucco, mentre l'altro faceva fatica a non scoppiare a ridere per le sue stesse parole. Aveva detta una cosa così tanto sdolcinata che persino lui non poteva fare a meno di trovarla ridico, in un qualsiasi altro momento sarebbe stata di certo una frase romantica ed estremamente dolce, ma in quell'attimo la quattordicenne pensò che il ragazzo di fronte a lei dovesse essere completamente pazzo.
« Mi stai prendendo per il culo? » domandò la rossa, alzando un sopracciglio, incredibilmente seria. 
Rafe non poté fare a meno di scoppiare a ridere a quelle parole, trovandole terribilmente divertenti, specialmente se pronunciate da una ragazza dall'aspetto così raffinato come Emma.
« Lo sapevo, sei come tutti gli altri. » sputò, facendo per andarsene.
Ma, appena gli occhi verdi del ragazzo videro i ricci della giovane voltarsi e dargli le spalle, quello scattò prontamente in avanti, afferrandole una mano ed Emma si sentì pervasa da una strana sensazione, provocatole dalle loro dita che si intrecciavano.
Si voltò nuovamente, guardando la sua espressione che ora somigliava a quella di un bambino stupito, più preoccupata che qualcuno potesse abbandonarlo. 
« Sono stato abbastanza ridicolo? » chiese il diciassettenne, che, benché il suo tono era dolce ed estremamente rilassato, nascondeva una maschera di verità in fondo a quelle parole. 
Emma non sapeva cosa dire, neanche se parlare, così si limitò ad annuire. « Sì. » Era sorpresa da quella reazione perché di solito tutti gli altri ragazzi la schernivano e poi la lasciavano andare via, mentre lui sembrava avere altre intenzioni, sembrava più voler schernire sé stesso che lei.
Sorrise ed Emma si aspettò ancor meno questo gesto, ma presto avrebbe capito che Rafe sorrideva quasi sempre.
« Comunque » incalzò una conversazione, stupendo il ragazzo ed addirittura sé tessa. Davvero stava cercando di tenere una conversazione? « la frase era "sino a stanotte". »
Rafe storse il capo, inclinandolo leggermente, simbolo che non aveva afferrato immediatamente i concetti.
 « La frase era "perché mai, sino a stanotte, avevo visto la vera bellezza." » continuò con la spiegazione.
Rafe ride, di nuovo, stavolta proprio di gusto. « Lo so, ma non è notte. »
Emma alzò il capo verso il cielo, come a voler verificare, poi lo chinò nuovamente e si costrinse a fare un piccolo e timido sorriso. 
« Sei la figlia del panettiere, giusto? » La sedicenne annuì, un po' più cupa rispetto a prima. « Non mi ti ricordavo così. »
Emma alzò le spalle, noncurante. « Diciamo che nell'ultimo periodo cerco di non dare nell'occhio. » 
Ed aveva detto bene, la sedicenne, perché oramai stare nelle classi medie era un inferno: le ragazzine invidiose non la smettevano di mettere voci infondate su di lei, benché non avesse fatto assolutamente nulla. "La puttanella", così la chiamavano, anche se Emma era vergine, anzi, forse più pura di lei lì non vi era nessun altro. Di certo non si aspettava che Rafe facesse il finto tonto, ovviamente era anche lui a conoscenza della sua fama, almeno per aver sentito dire, ma il giovane non era tipo da pregiudizi, per lui erano tutti uguali, per lui con nessuno valeva la pena di iniziare una relazione, perché nessuno riusciva a comprenderlo. Ceto, Rafe di relazioni ne aveva avute eccome, ma si stufava sempre, per il semplice fatto che nessuna ragazza del Distretto 6 sapeva tenere una conversazione sensata con lui. Pazzo, lo definivano, una volta conosciuto un po' di più. Pazzi, erano loro, per Rafe, a vivere la vita con troppa superficialità. 
Rafe annuì, mentre stavolta era l'altra a prendere parola: « Tu sei Rafe Donald, il figlio del meccanico, vero? » 
Anche stavolta annuì, rispondendo a sua volta con una domanda: « Come facevi a sapere il verso della poesia? » 
Emma si strinse nelle spalle, aggiustandosi la borsa in spalla e premendo i libri in mano sul petto, arrossendo lievemente. « Vado spesso nella biblioteca perché non posso permettermi di spendere soldi per dei libri, mia madre come minimo mi picchierebbe. » sospirò al pensiero di una madre che non riusciva a comprendere quanto lei tenesse alla cultura.
Fu lì che il sorriso di Rafe s'illuminò come mai prima d'ora. Prese un ricciolo della minore e lo osservò, assorto nei suoi pensieri. « Come fai ad essere così? Non l'avevo mai visto prima d'ora. »
Emma inclinò la testa, confusa. « Come? »
Rafe sospirò, anche se un po' divertito. « Sì, sai, sei bianca come il latte, eppure rossa come il sangue. » recitò quelle parole impresse nella sua mente, che lo ossessionavano da... praticamente una vita.
Gli occhi azzurri della giovane sgranarono, fissi su quelli verdi del ragazzo di fronte a lei, e le sue labbra si schiusero. Non le pareva possibile che qualcuno potesse aver letto storie che conosceva anche lei. Beh, non le sembrava proprio possibile che qualcuno nel Distretto 6 potesse leggere, visto che tutti avevano cose più importanti e faticose da fare, come diceva sua madre. 
« E tu, come mai conosci certe frasi? » domandò, seria.
Rafe inspirò, scrollando le spalle e poi espirando. « Anch'io amo leggere. » confessò, con sempre il solito sorriso che caratterizzava le sue labbra.
Emma ne rimase impressionata, per poi donargli un piccolo e sincero sorriso, uno di quelli che non puoi fare a meno di rivolgere quando capisci di aver trovato una persona capace di comprenderti.
Rafe tese una mano verso l'altra. « Ti accompagno a casa? »
Emma congiunse le sue dita con quelle del ramato. « Se lo desideri. »
 
* * *
 
Il corpo mozzato cadde a terra in un sonoro tonfo, l'ascia bipenne insanguinata veniva sorretta faticosamente in una mano del giovane e lasciata penzolare tranquillamente vicino al fianco, mentre nell'altra reggeva ancora la testa della sua ultima vittima, tenendola per i capelli. Quel contatto gli faceva schifo, ma era stato necessario per non far fuggire il tributo ed avere la possibilità di ucciderlo; così lo aveva decapitato.
Uno in meno, pensò il tributo del Distretto 6.
Lasciò cadere la testa sull'erba, mentre lui continuava a guardare di fronte a sé, incamminandosi verso un luogo non necessariamente preciso, evitando di calpestare i vari cadaveri che erano stati coinvolti in quella battaglia non programmata.
Le sue mani erano sporche di sangue e Rafe non si sforzò neanche di chiedersi di quale era fra le tante vittime. Continuò a camminare e basta, quasi trascinando la propria arma, senza la voglia di assistere ad un altro massacro, ma con la determinazione di tornare a casa.
In quell'arena c'era troppo sangue per i suoi gusti, oramai vedeva rosso ovunque; Rafe amava il rosso, era di certo uno dei suoi colori preferiti, ma amava anche il bianco e in quell'Arena non ce n'era. 
Lui amava il rosso ed il bianco assieme, ma lì vi era solamente troppo rosso, così se gli avessero concesso solo un po' di bianco lui si sarebbe accontentato, perché voleva dire tornare a casa. Il rosso ed il bianco assieme volevano dire Emma. E lei, sì, era la sua casa.










pandabitch.
Domani parto.
Dovrei aggiornare tante cose.
Sono una merda.
Torno il giorno bao.
Ehm.. cioè... tipo che non ci sarò fino a martedì o qualcosa del genere.
Rafe Donald è il mio tributo del Distretto 6 della fanfiction Everything's gonna be alright di BlueCoral.
E, naturalmente, Emma Wibberly è la sua ragazza strafignocca. Ovvero figa e gnocca alla massima potenza.
Ha un'aurea potentissima!
Oggi JackieCobain mi ha regalato(?) una fan art di Rafe e Jess, un altro tributo della fanfiction.
Mammamia come li shippo. çwç
Che poi è ispirata alla mia one-shot 'Allies?' quindi rjghiu3trhogtrthhwrjt9.
Vi ricordon che sono Pandamito EFP on feisbuc e @pandamito on twittah.
Sciao bella, tu volere rosa?
Ehm... no, grazie.
Oghei, fangulo.
.................... Baci e panda, Mito.

   
 
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