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Autore: Stories_of_a_reader    29/03/2013    2 recensioni
Ecco due piccole anticipazioni! Attenzione: SPOILER, PER CHI NON HA LETTO IL CANTO DELLA RIVOLTA/ MOCKINGJAY!
●"Tento di convincermi, con tutte le mie forze, del fatto che non devo avvicinarla a me. Ma ogni giorno è sempre più difficile, soprattutto quando arriva la notte, perché nonostante io sia qui da solo una settimana, non c’è stata notte in cui non mi sono ritrovato con gli occhi sbarrati e il cuore spezzato, dalle urla atroci che provenivano dalla sua casa.
La mattina mi limito ad osservarla, come facevo quando avevo solo 5 anni e già sapevo di amarla."
●"Ho le lacrime agli occhi, sto per esplodere! Gli getto le braccia al collo, lo stringo a me in modo che non possa fuggire, e gli passo una mano tra i morbidi capelli biondo cenere, e avvicinandomi al suo orecchio, gli sussurro:- Resta con me -.
Le sue mani fino ad un attimo fa ricadevano immobili lungo i suoi fianchi, ma quando mi risponde:- Sempre -, finalmente mi stringe forte a se. "
Spero vi piaccia e continuiate a leggere...
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell’autrice:
Allora, questa è la mia prima fan fiction, in assoluto. Non conosco le mie capacità, amo leggere e sono brava a farlo, ma non so cosa fare se si parla di scrittura, e non essendo una tipa egocentrica, non credo di aver creato un capolavoro. Quindi, se avete intenzione di insultarmi in tutte le lingue che conoscete, sappiate che non andrò a piangere con la testa fra le mani.
Comunque, sarei più che lieta di ricevere consigli e commenti costruttivi, anche perché ho il terrore di creare una FF identica a tutte le altre, ed è proprio quello che vorrei evitare.
Comunque, le parti scritte in NERO,narreranno la storia dal punto di vista di Katniss.
Invece le parti in BLU,narreranno la storia dal punto di vista di Peeta.
  
 

 

CAPITOLO 1

 
 
Sono tornato nel Distretto 12 da una settimana. Non c’è più nulla che mi ricordi il luogo della mia infanzia. È tutto distrutto, anche se adesso, la gente sta tentando di ricostruire gli edifici, proprio come tenta di ricostruire i pezzi della propria anima.
Sono qui da una settimana e non ho ancora incontrato Katniss. Il Dr. Aurelius dice che sto meglio. Però, ogni volta che provo anche solo a pensare di andarla a trovare, la mia mente beffarda, ancora sotto un qualche effetto delle torture di Capitol City, mi ripropone quel giorno. Quel giorno, quando nel distretto 13, l’ho quasi uccisa, tentando di soffocarla. Non posso permettermi di rifarlo.
Tento di convincermi, con tutte le mie forze, del fatto che non devo avvicinarla a me. Ma ogni giorno è sempre più difficile, soprattutto quando arriva la notte, perché nonostante io sia qui da solo una settimana, non c’è stata notte in cui non mi sono ritrovato con gli occhi sbarrati e il cuore spezzato, dalle urla atroci che provenivano dalla sua casa.
La mattina mi limito ad osservarla, come facevo quando avevo solo 5 anni e già sapevo di amarla. La guardo, trascinarsi alla finestra, tremante, con profonde occhiaie che cerchiano i suoi splendidi occhi grigi. E non smetto di fissarla, nonostante mi provochi un dolore immenso, neanche quando, come se non resistesse più, scoppia in un pianto disperato.
Nonostante i miei flash, per quanto dolorosi possano essere, non mi permetto di auto commiserarmi  neanche per un secondo, perché la mia mente è fissa su di lei, sul suo dolore che sembra inesorabilmente opprimere anche me.
 

 
Sento un urlo disperato squarciare la tranquillità della notte. Mi rendo conto che sono io. Mi tappo la bocca con una mano, mentre sento che inizio a piangere copiosamente. Non riesco a trattenermi, non dopo tutto questo tempo, non ce la faccio più. So che i miei incubi non mi abbandoneranno mai, so che mi tortureranno tutta la vita, ma speravo che in notti come queste avrei potuto avere Peeta. Un dolce Peeta, che mi avrebbe stretto a se, come la sua cosa più preziosa e mi avrebbe calmato come nessuno sa fare.
Mi scopro imbarazzata da questi pensieri, ma poi mi rendo conto che è del tutto inutile continuare a prendermi in giro, ormai l’ho capito.
Amo Peeta Mellark, l’ho sempre amato, ma non volevo concedermi di crederci. Eppure lui adesso è tornato, ma le sue braccia non sono qui a consolarmi. Sicuramente mi odia ancora, ma nonostante questa certezza, non riesco ad avercela con lui, e non lo meriterebbe comunque. Non dopo tutto quello che ha fatto per me, ottenendo in cambio solo dolore.
Mi alzo dal letto in cerca di aria, e come sempre apro la finestra.
Questa volta però, il mio cuore perde un colpo.
Davanti la mia casa al Villaggio dei Vincitori, c’è una piccola panchina, che riesco a scorgere anche dalla finestra della mia camera.
Proprio su quella panchina c’è Peeta.
Mille pensieri mi invadono la mente, ha uno sguardo così smunto, triste e preoccupato, che vorrei andare a consolarlo. Ma mentre formulo quel idea, un’altra mi piomba in mente con la violenza di un fulmine.
E se fosse venuto per uccidermi?
No, no, scuoto la testa insistentemente, chiudendo gli occhi. Non può essere. Quando li riapro, e alzo lo sguardo, smetto quasi di respirare. I suoi bellissimi occhi azzurri mi stanno fissando, luccicanti alla luce della luna.
Non so cosa fare. Insicura, come poche volte lo sono mai stata, gli faccio un cenno di saluto con la mano, abbozzando quello che nella mia testa immagino essere un sorriso, ma che probabilmente somiglia più ad una smorfia.
Sorprendendomi, lui ricambia.
La mia bocca parla prima di aver avuto il consenso dal mio cervello, dicendo:- Fa freddo! Entra in casa, vengo ad aprirti -.
Il mio è un tono che quasi non ammette repliche, e mi rendo conto che fin da quando è tornato nel distretto ho un estremo bisogno di agire, di almeno solo provare a riavvicinarlo a me. Così non aspetto neanche che mi risponda e scendo le scale praticamente correndo, fino quasi a schiantarmi contro la porta. La spalanco, e mi immergo nell’azzurro dei suoi dolci occhi, che sembrano gli stessi da sempre.
Però sembra così tormentato. Mi sbrigo ad aggiungere, nel modo più dolce e calmo possibile:- Su entra… -.
Ma lui quasi mi urla:- No! Non sarei dovuto neanche venire! E che, urlavi in quel modo! Soffrivi così tanto! Vorrei stringerti, consolarti, ma so che con un solo mio flash back, potrei farti più male di tutti i tuoi incubi messi insieme! -.
Adesso sta tremando. Cerco di accarezzargli una guancia, ma lui si ritrae, così continuo:- Ma Peeta, io ho bisogno di te! Me ne sono resa conto adesso, troppo tardi! Senza di te, non posso sopravvivere. Dobbiamo stare insieme, possiamo superare tutto, INSIEME! Ma ti prego, non lasciarmi sola -.
Ho le lacrime agli occhi, sto per esplodere! Gli getto le braccia al collo, lo stringo a me in modo che non possa fuggire, e gli passo una mano tra i morbidi capelli biondo cenere, e avvicinandomi al suo orecchio, gli sussurro:- Resta con me -.
Le sue mani fino ad un attimo fa ricadevano immobili lungo i suoi fianchi, ma quando mi risponde:- Sempre -, finalmente mi stringe forte a se.
 
  
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