Anime & Manga > Kuroko no Basket
Ricorda la storia  |      
Autore: Lux_daisy    30/03/2013    3 recensioni
"Da quando lo aveva rincontrato neanche un paio d’ore prima, tutta quella situazione aveva preso una piega sempre più assurda. Non riusciva a spiegarsi né i propri pensieri né il comportamento dell’amico e per di più detestava il fatto che la sua mente non smettesse di rimuginarci sopra."
Aomine e Kise si rincontrano in un anonimo campetto di basket e un temporale improvviso avrà conseguenze inaspettate... c'è forse il destino all'opera?
Genere: Erotico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti! questa è la mia prima volta nel fandom di KnB ^^ ad essere sincera ero un pò titubante all'idea di scrivere per paura di rovinare dei personaggi che amo, ma quando arriva l'ispirazione non ci si può tirare indietro e quindi eccomi qua, a scrivere su una coppia che ho iniziato ad adorare da poco, Aomine x Kise <3 la storia è ambientata dopo la partita Touou-Seirin, perciò se avete visto solo l'anime e non seguite le scan del manga c'è uno spoiler abbastanza consistente... auguro comunque a tutti buona lettura :D


“Forse dovrei proprio ringraziare il temporale”

 

La sensazione del sudore sulla pelle, i battiti accelerati del cuore, il respiro pesante, i muscoli che si contraggono, la palla ruvida sotto le mani, persino l’asfalto sotto le scarpe: da quanto tempo Aomine non riusciva a godersi questi piccoli piaceri del basket? Non lo sapeva neanche lui… forse da quando era diventato troppo forte da non venire mai sconfitto, da quando ogni avversario, per quanto ci provasse, finiva sempre annichilito dalla sua potenza. Aomine Daiki vinceva. Sempre. Ogni partita terminava con lo stesso risultato e per questo il fenomeno della Generazione dei Miracoli aveva perso ogni stimolo e interesse per quello sport che era stato una parte fondamentale della sua vita. Che gusto c’era nel giocare se sapevi già che avresti vinto? Quale sfida poteva mai essere quella in cui i tuoi avversari non riuscivano a fermarti? Il basket era diventato insignificante e lui, arrogantemente, si era convinto che “l’unico che può battermi sono io”. Tutto questo era però crollato nella partita Touou contro Seirin: il fenomeno di una squadra di fenomeni era stato battuto. Nell’istante in cui era accaduto, Aomine non era riuscito a razionalizzarlo subito: nella sua mente erano passati sorpresa, incredulità e delusione. Sentimenti che erano svaniti velocemente, lasciando il posto a una strana e contraddittoria soddisfazione. Certo, gli dispiaceva per i suoi senpai del terzo anno perché quella Winter Cup sarebbe stato il loro ultimo torneo e ne erano usciti da perdenti, ma, dal suo punto di vista, l’aver finalmente assaporato la sconfitta sul campo gli aveva fatto prender coscienza della sua arroganza. Non che non continuasse a ritenersi un giocatore eccezionale, molto ben al di sopra della media, ma adesso sapeva di non essere imbattibile e il basket aveva ricominciato a risplendere. E, a dirla tutta, se doveva essere battuto da qualcuno, era contento che quel qualcuno fosse stato Kuroko: erano stati la Luce e l’Ombra della Teikou e ora Aomine non poteva non dirsi soddisfatto che Tetsuya fosse migliorato tanto.

Daiki aveva perciò deciso di riprendere ad allenarsi, più per il personale ritrovato piacere di giocare a basket che non per una qualche necessità e ormai era più di un’ora che si allenava senza sosta nel campetto del parco. Il sole era vicino al tramonto e allungava sempre di più l’ombra del moro sul cemento.
Palleggio, finta a sinistra, destra, salto, schiacciata. Rimase appeso al canestro per qualche secondo prima di lasciarsi cadere; il pallone nel frattempo era rotolato via, finendo contro un paio di piedi.
<< Aominecchi… >>.
Daiki riconobbe immediatamente quella voce e quel nomignolo; si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli di Kise, fermo a bordo del campo. Il biondo raccolse la palla e sorrise.
<< Che sorpresa vederti qua! >>.
L’altro continuò a guardarlo. Era dalla partita che il Touou aveva giocato contro il Kaijo che Aomine non vedeva Kise. L’ultima volta l’aveva visto distrutto, le lacrime agli occhi, le gambe che avevano ceduto per lo sforzo eccessivo e non riuscivano più a sostenerlo. E Aomine ricordava ancora l’arroganza e la cattiveria con cui l’aveva trattato e adesso si sentiva in colpa. Ma, ovviamente, non aveva intenzione di scusarsi. Aomine Daiki non chiedeva scusa. Mai. E a nessuno. Neanche se si trattava di Kise.
 
<< Avevo solo voglia di fare due tiri >> rispose, scrollando le spalle, << tu come mai sei ancora in giro? >>.
Kise sorrise ancora di più e si portò una  mano sulla nuca, come faceva sempre quando era in imbarazzo. << Avevo un servizio fotografico qui vicino e ho finito da poco. Stavo tornando a casa e, passando di qua, ho notato del movimento, ma non avrei mai pensato che fossi tu. Da quando il grande Aomine Daiki si mette a giocare a basket in un semplice campetto di strada? >>.
L’ultima parte l’aveva pronunciata con un tono velatamente pungente che non sfuggì all’altro. “Che gli bruci ancora la sconfitta?” Ryouta era sempre stato un ragazzo solare e allegro, forse anche un po’ ingenuo, ma sicuramente di buon cuore e Aomine si ritrovò a chiedersi come mai in quell’istante lo sentisse così distante da sé. “Forse sono stato davvero uno stronzo con lui  e adesso mi odierà di sicuro…”. Quest’improvvisa consapevolezza lo fece sentire uno schifo.
 
<< La tua incredulità è esagerata, Kise. Non penso ci sia niente di male se faccio due tiri a canestro >> rispose con la sua solita aria arrogante. Togliersi quell’abitudine risultava più facile a dirsi che a farsi.
 
<< Infatti non penso ci sia niente di male, Aominecchi. Solo pensavo che ormai il basket fosse qualcosa di superficiale per te… >>.
 
Daiki lo fissò negli occhi con quel suo sguardo intenso e penetrante; avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma si disse che non aveva voglia di discutere. << Forse prima era così… >> si limitò a dire.
Kise rimase alcuni istanti in silenzio. << Allora essere stato battuto ti ha fatto bene >>.
Aomine gli lanciò un’occhiataccia. << Fammi indovinare, sei venuto fin qui per gongolare della mia sconfitta? >>.
Il biondo gli restituì lo sguardo serio. Quando Aomine era stato battuto da Kurokocchi e Kagamicchi, Kise aveva provato delle strane emozioni. Per tanto tempo il moro era stato il suo esempio, il suo modello, qualcuno da ammirare e da superare e, quando non era riuscito a sconfiggerlo, si era sentito a pezzi. Una nullità. Ci era voluto qualche giorno per riprendersi sia fisicamente che psicologicamente, ma la vittoria del Seirin contro il Touou l’aveva fatto sentire diviso in due: da un lato era contento per Kurokocchi, perché sapeva quanto significava anche per lui l’aver battuto Aominecchi, dall’altro non riusciva a non provare invidia. Già, era stato invidioso perché lui non era riuscito nell’impresa. Ci aveva provato. Diavolo se ci aveva provato, e con tutte le sue forze. Ma, come sempre quando si trattava di Daiki, Kise risultava inferiore. Era stato così al Teikou e continuava ad essere così anche adesso.
 
Il biondo scosse la testa. << Non sto gongolando >> disse sinceramente, << forse me lo sarei potuto concedere almeno un po’ se fossi stato io a batterti… certo, considerando anche la tua arroganza te lo saresti meritato, ma non mi sembra giusto infierire su un amico >>.
Kise parlò con un tono serio che alle orecchie di Aomine risultò quasi strano: era abituato a vederlo così sul campo da gioco, ma fuori Ryouta era il tipo dal perenne sorriso sulle labbra. Quella strana tensione che si era venuta a creare tra loro infastidì non poco il moro, ma non riuscì ad evitare una risata sarcastica. << Vuoi forse una  medaglia, Kise-kun? Vuoi far vedere quanto tu, nonostante la sconfitta, sia migliore di me, lo stronzo arrogante che ti ha battuto? >>.
Quelle parole gli uscirono dalla bocca con una voce più arrabbiata di quanto avrebbe voluto, ma per qualche strana ragione non poté impedirselo. Cosa cavolo gli stava succedendo? Gli stava forse dando fastidio il fatto che Kise non si comportasse con lui come al suo solito e lo trattasse freddamente?
 
L’altro sgranò gli occhi per un attimo, sorpreso anche lui da quella sfuriata improvvisa. Aomine ebbe la brutta impressione di averlo ferito e imprecò contro se stesso: si era lasciato trascinare dalle emozioni e non era certo da lui! Ma… un momento! Emozioni? Che genere di emozioni? Prima che arrivasse Kise, stava tranquillamente giocando a basket, con pochi pensieri fugaci ad attraversagli la mente, ma adesso che se lo trovava di fronte non riusciva a controllarsi. Daiki sbuffò irritato e fece fare alla palla un paio di rimbalzi. << Senti, lascia perdere. Non ho voglia di litigare, soprattutto con te >>.
Ryouta avanzò verso il centro del campo, fermandosi davanti al moro. Gli prese il pallone dalla mani e lo fece roteare abilmente su un dito, sul volto un sorriso che avrebbe provocato un infarto alle sue fans. << Che ne dici allora se risolviamo la cosa con un one on one? >>.
Questa volta toccò ad Aomine sgranare gli occhi, incredulo. Kise aveva ancora voglia di giocare contro di lui? Dopo tutto quello che era successo? Il richiamo del basket fu però più forte di qualsiasi tentennamento.
 
La partita divenne subito molto accesa e, anche se nessuno dei due stava facendo sul serio come l’ultima volta, non mancarono mosse strabilianti da entrambe le parti. Ma la cosa straordinaria, almeno dal punto di vista di Kise, fu rivedere il sorriso di Aomine. Il suo vero sorriso, quello genuino, sincero, quello che tante volte gli aveva visto quando erano entrambi alla Teikou e che era stato presto sostituito da quel ghigno arrogante che tanto detestava.  Perché Kise si era sempre detto che quel concentrato di arroganza e strafottenza con cui si era scontrato non era il suo Aominecchi. Non era il ragazzo che gli aveva fatto amare il basket, che era diventato un suo amico e allo stesso tempo un modello da ammirare e da superare. Non era il ragazzo di cui si era innamorato.
 
“Patetico, vero? Innamorarsi di uno come lui…” questi erano i suoi pensieri da quando aveva accettato i propri sentimenti per l’ex compagno di squadra. E giocare di nuovo insieme a basket come ai vecchi tempi non faceva che renderlo ancora più consapevole del suo amore e allo stesso tempo del fatto che non sarebbe mai stato suo. Una vera e propria tortura; un dolce-amaro supplizio a cui era difficile sottrarsi.
 
 
Il sole era tramontato, mentre Aomine e Kise, le schiene appoggiate alla ringhiera del campetto, in mano due bibite prese al Kombini dall’altra parte della strada, se ne stavano in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
<< Perché l’hai fatto? >> domandò d’un tratto il biondo, spezzando quel silenzio che si era protratto a lungo.
Daiki lo guardò con la coda dell’occhio. << Fatto cosa? >>.
<< Farmi vincere >> rispose l’altro dopo aver bevuto un sorso dalla bottiglia.
<< Non ti ho fatto vincere >> mentì il moro, distogliendo lo sguardo.
<< Non prendermi in giro, Aominecchi. Non lo sopporto >> replicò gelido; se c’era una cosa che Kise detestava era che l’altro mostrasse pietà nei suoi confronti. << Non ho bisogno che mi tratti come un bambino a cui fare un piacere: non l’hai mai fatto e non voglio che inizi adesso! >>.
“Merda! Ho fatto un’altra cazzata!”imprecò il moro dentro di sé. Voleva essere gentile una volta tanto, magari per scusarsi inconsciamente del passato, ma alla fine non c’era riuscito. Si alzò in piedi. << Non c’è nessuno motivo >>.
Un’altra bugia. In realtà avrebbe voluto di nuovo vedere il suo sorriso, ma stupidamente non aveva pensato che far vincere Kise non avrebbe mai potuto renderlo felice.
“Che idiota che sono…”.Non capiva neanche perché si stesse preoccupando così tanto per Ryouta.
Quel pomeriggio era diventato fin troppo strano: meglio andar via. Aomine raccolse le sue cose e fece per andarsene. << Ci vediamo >> disse, alzando la mano in segno di saluto.
Kise lo guardò avviarsi: avrebbe voluto fermarlo, ma non sapeva cosa dirgli. Era conscio che, se lo avesse lasciato andar via ora, avrebbe dovuto aspettare chissà quanto per rivederlo, ma non riuscì comunque a trovare il coraggio.
 
Fu il destino a venire in suo soccorso.
 
Un improvviso rombo di tuoni annunciò un temporale che non fecero in tempo ad evitare. La pioggia si fece subito scrosciante e i due si ritrovarono fradici in men che non si dica.
<< Merda! >> imprecò Aomine, coprendosi la testa con la felpa.
<< Casa mia è qua vicino: se facciamo una corsa, arriviamo subito >> disse Kise a voce alta, coprendosi a sua volta con la borsa. Senza aspettare risposta, il biondo si avviò di corsa verso casa, seguito a ruota da Aomine. In cinque minuti furono nell’appartamento della famiglia Kise.
<< I tuoi non ci sono? >> domandò Daiki mentre si toglieva le scarpe all’ingresso.
<< Mio padre è fuori città per lavoro e mia madre fa il turno di notte in ospedale >>.
“Quindi siamo solo noi due…”pensò il moro e il suo stomaco fu attraversato da uno strano tumulto. “È solo la fame” si disse.
<< Vado a prendere delle asciugamani. Tu aspetta qua >> annunciò subito dopo, dirigendosi verso l’interno. Tornò poco dopo e, quando Aomine lo vide a torso nudo, con un asciugamano sulle spalle, sentì il calore diffondersi per tutto il corpo, nonostante il freddo causato dai vestiti bagnati.
Ryouta gli passò un telo azzurro. << Tieni >>.
Daiki lo afferrò e prese ad asciugarsi i capelli e la faccia. << Grazie >> sussurrò, senza curarsi dello sguardo fin troppo intenso che stava rivolgendo al padrone di casa.
Kise si sentì d’un tratto messo in soggezione da quegli occhi e solo in quell’istante si rese conto di essere a casa con lui… solo loro due…
“Pessima… pessima cosa!”pensò con ansia. << Ti prendo dei vestiti asciutti >> disse con un sorriso nervoso, quasi scappando verso la sua stanza. Prese una sua tuta dal cassetto e, quando si voltò per tornare da Aomine, lo vide sull’uscio della porta che lo fissava con uno sguardo che non riuscì a decifrare.
<< Aominecchi… >> disse in un soffio. Il cuore iniziò a battere all’impazzata e Ryouta maledisse con tutto se stesso quella pioggia improvvisa che aveva portato a tutto questo.
<< Quella è per me? >> chiese il moro, indicando i vestiti.
<< A-ah, s-sì. Ecco >>. L’altro si avvicinò e prese la tuta. Nel farlo, sfiorò le mani di Kise e sentì una scossa attraversargli il braccio, ignaro che il biondo aveva avuto la stessa sensazione.
 
Senza preavviso, Daiki si tolse i vestiti, rimanendo in mutande; non riuscendo a reggere la vista, Ryouta si allontanò in direzione della porta.
<< Che succede, Kise? Non mi dire che ti sei imbarazzato >> lo provocò divertito. Non c’era niente da fare: punzecchiare Kise gli veniva naturale come respirare. Era una cosa comune tra amici… o no?
Kise si voltò stizzito, le guance rosso pomodoro. << Che cavolo dici, Aominecchi? >>.
Vedere uno col fisico di Kise imbarazzarsi come una ragazza provocò una risata nel moro, che intanto si era infilato la tuta del biondo, respirandone il profumo. Per un momento se ne sentì inebriato, ma il divertimento di mettere in difficoltà Kise tenne alta la sua attenzione. Si appoggiò alla cassettiera alla sua destra e incrociò le braccia con fare volutamente sensuale, sorridendo maliziosamente.
<< Che cavolo dico? Ma ti sei visto allo specchio? Hai la faccia tutta rossa! Non dirmi che non riesci a resistere alla bellezza del mio corpo! >>.
La faccia di Kise, divenuta color bordeaux, unita agli occhi sgranati e alla bocca aperta, gli diede un’aria buffissima e al tempo stesso dolce e sexy.
“Momento momento! Ho appena pensato che Kise è sexy? Cosa diavolo…”.Aomine si stupì dei suoi stessi pensieri. Non era possibile che stesse trovando attraente un ragazzo, giusto? Insomma, a lui erano sempre piaciuti i seni abbondanti delle ragazze, quindi era a dir poco assurdo che gli addominali dell’amico lo eccitassero.
<< Aominecchi, sei un idiota! >> sbottò Kise e uscì dalla sua stanza come una furia, fiondandosi in cucina. Aveva bisogno di un the caldo e magari di assestare un bel cazzotto all’amico.
Daiki rimase fermo sul posto, indeciso sul da farsi. Che avesse esagerato? Possibile che Kise si fosse offeso fino a quel punto? Non avrebbe mai pensato che se la sarebbe presa in quel modo… d’un tratto era diventato tutto ancora più strano. Dicendosi che era inutile restare fermo là, Aomine raggiunse il biondo in cucina e lo trovò intento a preparare il the.
 
Kise si sforzò di ignorarlo, pur sentendo il suo sguardo sulla schiena. Sapeva che il moro lo stava fissando, sicuramente chiedendosi che cosa gli fosse preso.
“Porca miseria! Non avrei dovuto reagire come una stupida ragazzina isterica!”si disse furioso con se stesso, mentre, dopo aver messo l’acqua a bollire, metteva tutto se stesso nell’osservare una macchia sul bancone come se fosse la cosa più interessante e incredibile dell’intero universo.
<< Hai intenzione di ignorarmi per tutto il tempo? >>. Se c’era una cosa che Aomine non sopportava era la mancanza di attenzione nei suoi confronti.
Kise strinse i pugni, ma non si voltò. << Non ti sto ignorando. Sto preparando il the >>.
<< L’acqua sta ancora bollendo. Fissare con ostinazione la teiera non la farà certo bollire più in fretta >> replicò il moro. Voleva provocarlo e allo stesso tempo voleva capire il perché del suo comportamento.
Ryouta sbuffò, spazientito. Non voleva guardarlo negli occhi. Aveva il terrore che se l’avesse fatto, non avrebbe più potuto tenere nascosti i suoi sentimenti. Voleva che Aominecchi capisse e contemporaneamente il solo pensiero gli faceva desiderare di scavarsi una fossa e restarci per l’eternità.
Si girò, ma si impose di non guardarlo. << Vado a mettermi qualcosa addosso >> disse invece, pensando che non fosse il caso di restare a torso nudo. Gli passò accanto per uscire dalla cucina, ma, contro le sue aspettative, si sentì trattenere dal polso.
<< Si può sapere che ti prende? Sei strano >>. Aomine lo teneva per il braccio e lo fissava come se volesse leggergli dentro. O almeno questa fu la sensazione di Kise, che sentì le gambe farsi deboli e lo stomaco tremare.
<< Non ho niente >> mentì il biondo, distogliendo lo sguardo.
Il moro affilò lo sguardo e strinse la presa sull’altro. << Pensi di potermi prendere per il culo? >>. La sua voce si era fatta d’un tratto nervosa e, per quanto la cosa sorprendesse anche lui, si sforzò di non cedere.
Kise lo fissò a sua volta, trovando, non sapeva neanche lui dove, la forza di non abbassare gli occhi. << Non capisco di cosa stai parlando. Sei tu quello strano! E ora lasciami andare! >>.
<< Hai ragione. Mi sento strano >> confessò d’improvviso Aomine, più a se stesso che all’altro. Da quando lo aveva rincontrato neanche un paio d’ore prima, tutta quella situazione aveva preso una piega sempre più assurda. Non riusciva a spiegarsi né i propri pensieri né il comportamento dell’amico e per di più detestava il fatto che la sua mente non smettesse di rimuginarci sopra. Il suo cervello non era abituato a riflessioni complesse e questo era anche uno dei motivi per cui non aveva mai avuto una storia seria con una ragazza. Le femmine erano troppo complicate: non capivi mai cosa passava loro per la testa e qualsiasi cosa dicevi o facevi sembrava sempre quella sbagliata. Un momento erano felici e quello dopo piangevano o ti urlavano contro. Aomine non riusciva davvero a capirle e, ad essere sinceri, non aveva neanche mai avuto voglia di provarci. Ma in quel momento non riusciva neanche a comprendere il suo amico… e dire che i ragazzi dovrebbero essere molto più semplici da gestire.
 
<< Aominecchi, ti senti male? >> domandò ingenuamente Kise, lo sguardo preoccupato, << dovresti farti un bel bagno caldo. Ti preparo la vasca >>. Provò a divincolarsi, ma l’altro non sembrava intenzione a lasciargli il braccio.
Dato che l’altro non rispondeva, il biondo sbuffò. << Vuoi restare in questa posizione ancora per molto? >> domandò seccato. Non voleva stargli così vicino. Doveva allontanarsi. E al più presto. Prima che fosse troppo tardi…
<< Sarebbe un problema? >>.
<< Eh? >>.
Aomine lo fissò intensamente e avvicinò il volto al suo. << Se restassimo in questa posizione, sarebbe un problema? >>.
Kise deglutì e le sue guance tornarono rosse. Che diavolo stava facendo Aominecchi? Strattonò il braccio per liberarsi dalla presa, ma il moro lo afferrò per  le spalle e lo spinse contro la parete.
<< Che cavolo… >> soffiò mentre colpiva il muro. Aomine teneva un braccio sul petto di Kise e un altro poggiato alla parete, accanto al suo volto. << Si può sapere che diavolo ti è preso? >>.
Il moro lo fissò dritto negli occhi, così intensamente che Kise si sentì d’un tratto sul punto di cedere. Voleva baciarlo, voleva sentire il suo respiro sulla pelle, voleva essere suo… << Perché mi fai questo? >>.
Daiki aggrottò le sopracciglia, ma non si mosse. Ryouta aveva distolto lo sguardo e lo teneva ostinatamente puntato per terra, irritando l’altro. Sbuffando, gli afferrò il mento, costringendolo a guardarlo e annullò la poca distanza che li separava con un bacio nervoso. Il biondo sbarrò gli occhi, incredulo e sentì ogni muscolo del suo corpo irrigidirsi per lo shock.
“Cosa…”la sua mente andò nel panico, mentre sentiva la lingua dell’altro cercare la sua. Per la seconda volta nella serata trovò una forza che non pensava di avere e con forza lo spinse via. << Sei forse impazzito? >> sbottò Kise, portandosi una mano alla bocca.
<< Non è forse quello che volevi? >> chiese di rimando Daiki, guardandolo serio.
A quelle parole Kise ebbe l’impressione di perdere un battito e sentì d’un tratto la bocca impastata. Di che diavolo stava parlando? Che avesse…
“No! No! E no! Non può essere… non può aver capito…”pensò con orrore, mentre l’altro continuava a fissarlo con una tale intensità da farlo tremare.
<< N-non capisco di che parli… >> mentì, abbassando gli occhi. Non riusciva a reggere lo sguardo di Aomine: temeva che se l’avesse guardato ancora avrebbe finito per confessargli i suoi sentimenti.
Come se avesse capito che l’altro stava mentendo, Daiki atteggiò le labbra in un sorriso che somigliava più a un ghigno di soddisfazione. << Mmh… davvero non capisci, Kise? >> lo provocò, avvicinandosi lentamente.
Il biondo sgranò gli occhi. “Non sta succedendo davvero…”.
<< A-aominecchi… ch-che stai facendo? >> balbettò confuso. Indietreggiò di alcuni passi, ma si ritrovò subito con le spalle al muro.
Continuando a sorridere, Aomine gli fu nuovamente vicino, talmente tanto che entrambi potevano sentire il respiro dell’altro sul volto.
<< Non lo so neanch’io… >> confessò il moro, il sorriso meno accentuato, << ma non riesco più a trattenermi >>. La sua voce era seria e calda e Ryouta socchiuse un momento gli occhi, beandosi di quel calore, mentre il suo cuore iniziò a battere come fosse impazzito.
Daiki annullò la poca distanza tra loro, ma invece di posare le labbra sulle sue, iniziò a baciarlo lungo il collo, assaporando quella pelle chiara e morbida, mentre con una mano gli stuzzicava un capezzolo e con l’altra gli accarezzava il fianco. Sentì l’altro sospirare e fremere sotto il suo tocco e questo non fece altro che spingerlo a continuare.
<< A-aominecchi… f-ferm-mo… >> sussurrò Kise, gli occhi chiusi, la testa poggiata alla parete, mentre l’altro continuava a baciarlo, passando dal collo alla clavicola per poi risalire verso l’orecchio e leccarlo e mordicchiandolo con una voluta lentezza che iniziò a far dimenticare a Ryouta tutte le paure e i dubbi che aveva covato fino a quel momento.
 
Un fischio acuto e fastidioso ruppe la perfezione del momento. Daiki si fermò e lanciò un’occhiata infastidita al bollitore sul fuoco. Il biondo recuperò il respiro e, liberatosi dalla presa dell’altro, si avvicinò ai fornelli e spense il gas. La sua mente era talmente vuota e sconvolta che non sapeva neanche come aveva fatto a percorrere quei pochi metri senza doversi appoggiare da qualche parte. Tolto il bollitore dal fuoco, non ebbe neanche il tempo di voltarsi che Aomine lo strinse a sé da dietro e prese a baciargli la nuca, lasciando ogni tanto dei piccoli morsi su quella pelle prima bianca. Non sapeva davvero cosa gli fosse preso: tutta quella situazione era pazzescamente assurda e una parte di lui ne era pienamente consapevole, ma poco importava. La sua parte razionale, se mai ne avesse fatto un gran uso, in quel momento era assolutamente assente. Aomine desiderava Kise come non aveva mai desiderato nessuno e non riusciva a pensare ad altro che non fosse lui e loro due, insieme. Forse sono impazzito… si disse mentre sentiva il corpo dell’altro sussultare lievemente al suo tocco.
 
Dal canto suo, Ryouta credette davvero di stare per impazzire. Se fosse stato per la felicità, l’eccitazione crescente o lo shock non sapeva dirlo con certezza, ma sentiva che stava per perdere il controllo. Aveva desiderato Aominecchi in quel modo tante di quelle volte che temeva fosse tutto un sogno, ma aveva anche avuto paura dei suoi stessi sentimenti. L’aveva sempre ammirato, sempre inseguito, ma per quanto tendesse la mano nel cercare di raggiungerlo, l’altro era sempre troppo distante. E l’aveva visto allontanarsi, diventando quasi uno sconosciuto. Adesso, invece, era là, con lui e lo abbracciava e baciava, facendogli capire che lo voleva, che desideravano le stesse cose. D’improvviso sentì il panico invaderlo per la portata di tutte quelle emozioni e si allontanò da lui, sottraendosi alle sue braccia e alla sua bocca.
<< Ehi! Che ti prende? >> gli domandò il moro, la voce un misto di sorpresa e disappunto.
Kise si voltò e piantò gli occhi nei suoi. << Non possiamo farlo >> disse serio.
Aomine inarcò un sopracciglio. << Di che stai parlando? >>.
<< Di… di questo! >> esclamò il biondo, indicando loro due.
<< Perché? >>. Il suo tono non era né arrabbiato né provocatorio: sembrava che stesse davvero cercando di capire il perché di quella reazione.
Kise sgranò gli occhi e aprì la bocca come per rispondere, ma non gli uscì alcun suono. In effetti non riusciva a trovare una risposta a quella domanda.
<< Perché a te piacciono le ragazze con le tette grandi! >> scoppiò il biondo, consapevole, il secondo dopo averle pronunciate, che quelle parole rappresentavano la risposta più idiota sulla faccia del pianeta.
Daiki lo fissò alcuni istanti, confuso, poi scoppiò in una fragorosa risata che risuonò per tutta la casa.
<< Che cacchio hai da ridere? >> si lamentò Kise, guardandolo torvo. Va bene che aveva sparato la prima cosa venutagli in mente, ma non c’era bisogno di ridere in quel modo.
<< Ahahah, scusa, scusa, non te la prendere, ma quella frase è troppo stupida persino per uno come te >> sghignazzò il moro.
Cosa?<< Che cavolo vuol dire “troppo stupida persino per uno come te”? Stai insinuando che sono stupido? >> sbottò Ryouta, chiaramente infastidito.
<< Non lo farei mai! >> si difese il moro, ma dato che si stava sforzando di non scoppiare nuovamente a ridere, fu chiaro che lo stesse prendendo in giro. Beh, sarebbe stato chiaro a chiunque altro fosse stato in quella stanza. Chiunque non fosse Kise che, invece, ci cascò con tutte le scarpe.
<< Se c’è uno stupido tra noi due, quello sei tu, Aominecchi! >> replicò stizzito.
Beccato!<< Ah, davvero? >>. D’un tratto il suo sorriso si trasformò nel ghigno di un cacciatore che aveva appena catturato la sua preda e la sua voce si fece più bassa e sensuale. La prima impressione di Kise fu quella di avere di nuovo davanti l’Aomine sicuro di sé e delle sue capacità; la seconda fu quella che, in un modo non del tutto chiaro, era caduto in una trappola. Come un idiota.
Senza smettere di sorridere, Daiki gli si avvicinò nuovamente, portò la bocca al suo orecchio e in un sussurro disse: << Se pensi di potermi sfuggire, forse sei davvero uno stupido >>.
 
Ryouta sentì il cuore salirgli in gola e uno strano calore diffondersi in tutto il corpo; deglutì un paio di volte e quel suo volto confuso e incredulo, ma anche arrossato, provocò una marea di emozioni nuove e improvvise nel moro. Desiderio ed eccitazione di sicuro, ma anche qualcosa di strano… qualcosa che andava oltre la semplice bramosia sessuale. Un sentimento che non aveva mai provato e che lo spingeva a voler stringere a sé Ryouta e a non volerlo più lasciare, come un bisogno esistenziale senza il quale non avrebbe potuto sopravvivere. E così, ormai deciso che non gli avrebbe più permesso di scappare, riprese le attività da dove le avevano interrotte. Si accanì di nuovo sul suo orecchio, per passare poi alla bocca, lasciando che le lingue si cercassero e giocassero una partita che non vedeva né vincitori né vinti. Sentì l’altro gemere nel bacio e si staccò leggermente per leccargli le labbra. Kise rispose mordendogliele delicatamente; gesto che eccitò ancora di più Aomine.
 
Prestando solo attenzione a non colpire qualcosa, uscirono dalla cucina e si spostarono verso la stanza di Kise, rimanendo incollati. Una volta dentro, Ryouta si separò giusto quanto bastava per togliere la sua felpa al moro, il quale, subito dopo, spinse l’altro verso il letto e gli si distese di sopra. Il tutto continuando a baciarsi come se da questo fossero dipese le loro vite. A ogni tocco Kise aveva l’impressione che il suo corpo andasse a fuoco, mentre Daiki adorava assaporare quelle pelle perfetta e provocare nell’altro sospiri e gemiti trattenuti. Andarono avanti così per un po’ fino a che entrambi non capirono che tutto quello, per quanto maledettamente piacevole, non avrebbe potuto soddisfarli a lungo. Dopo essere sceso con la lingua lungo il petto di Kise ed essere arrivato fino a sotto l’ombelico, Aomine si accorse del rigonfiamento ben visibile nei pantaloni dell’altro e non poté non sorprendersi per un attimo al pensiero che il biondo fosse già così eccitato.
Non ho ancora fatto niente di speciale… si disse e gli angoli della sua bocca si atteggiarono in un sorriso. Direi che è arrivato il momento…
 
Lo liberò dei vestiti e risalì per baciarlo ancora – perché di quelle labbra non si sentiva mai sazio – mentre la sua mano si insinuava in basso, lì dove l’eccitazione di Kise non aspettava altro. A quel contatto così intenso il biondo non poté trattenere gemiti e grugniti che venivano soffocati nel bacio, mentre un calore quasi infernale partiva dal bacino e si diffondeva in tutto il corpo. Ormai nessuno dei due era più grado di pensare con lucidità: tutto ciò che li guidava in quel momento erano le sensazioni travolgenti che li inondavano, soprattutto Kise, la cui mente aveva perso ogni contatto con la realtà. Inarcò la schiena e non appena Aomine spostò le sue labbra verso il suo collo, Ryouta si portò una mano alla bocca e quasi si morse un dito per impedirsi di gridare. Intanto il moro, divertendosi a stuzzicargli i capezzoli con la lingua, poteva sentiva il corpo dell’altro scosso da fremiti continui, che divennero spasmi quando raggiunse l’apice del piacere e nel farlo gli sfuggì un “Aominecchi” quasi urlato.
 
Dopo essersi ripulito e aver dato al biondo il tempo di riprendere fiato, Daiki riprese a baciarlo, lasciandogli l’ennesimo succhiotto, ma poco dopo Kise, deciso a soddisfare l’altro, lo attirò di più a sé per poi spingerlo di lato e mettersi a cavalcioni su di lui. Il moro aggrottò le sopracciglia, stupito da quel gesto inaspettato, ma appena quello iniziò a riservargli le stesse attenzioni che aveva ricevuto, non ci fu più posto nella sua testa per qualcosa che non fosse il calore della lingua di Ryouta e le sensazioni che gli provocava. Si sentì togliere a sua volta i pantaloni, diventati ormai stretti, e una volta che la bocca dell’altro prese a stimolare la sua intimità, aiutandosi con le mani, Aomine quasi si sconvolse per quelle sensazioni così forti e del resto abbastanza nuove.
 
Talmente presi da quei momenti, a malapena si accorsero di un lampo e un tuono così violenti che fecero tremare la finestra della stanza; alcuni istanti dopo un black-out improvviso spense tutte le luci della casa. Non che a loro importasse; del resto non avevano bisogno della luce per fare quello che stavano facendo, ma neanche un minuto dopo sentirono chiaramente dei rumori provenire dall’ingresso. Chiavi che giravano nella toppa, la porta che si apriva, passi.
<< Ryouta, tesoro! Sono a casa! >> esclamò una voce femminile.
Kise, sconvolto, si staccò da Aomine. << Cazzo, è mia madre! >> imprecò, mettendosi a cercare i vestiti.
<< Ma non era a lavoro? >> fece l’altro, infastidito da quell’interruzione proprio sul più bello. In preda al panico, si rivestirono il più fretta possibile.
<< Infatti! >> rispose concitato il biondo, infilandosi i pantaloni.
<< Tesoro, dove sei? Perché la casa è tutta buia? >>.
<< Sono qui, mamma! >> esclamò il ragazzo, << c’è stato un black-out un momento fa>>.
Appena finì di parlare, la luce fece ritorno e nello stesso istante la donna entrò nella stanza del figlio, trovandolo in piedi accanto al letto.
<< Aomine-san! >> disse sorpresa appena vide il ragazzo seduto sul bordo.
Il moro abbozzò un sorriso. << Buonasera, signora Kise >>.
<< Che succede? >> s’informò curiosa la donna, alternando lo sguardo tra i due. Oltre al fatto che il figlio avesse la maglietta al rovescio e che l’altro indossasse la tuta di Ryouta, era convinta che i rapporti tra i due si fossero freddati molto da quando erano entrati in licei diversi. Le sembrò quindi strano trovarli insieme.
Il figlio si passò una mano sulla nuca, sorridendo imbarazzato. << Beh, ecco, ci siamo incontrati al campetto qua vicino, il temporale ci ha beccati in pieno e così ho invitato qua Aominecchi… >>.
La madre annuì e sorrise. Guardandola, Aomine notò come Ryouta fosse molto simile alla madre, stessi occhi, stesso colore di capelli e stesso sorriso: se Kise fosse stato una ragazza, sarebbe stata una versione più giovane della madre.
<< A proposito, tu che ci fai a casa? Non avevi il turno di notte? >> domandò subito dopo il figlio.
<< Infatti, ma una mia collega mi ha chiesto di scambiarci i turni: lei fa il mio sta notte e io la sostituisco domani >> spiegò la signora.
I due ragazzi maledissero mentalmente quella tizia sconosciuta, mentre la donna, con un sorriso più ampio, disse: << Non è una fortuna? Proprio questa sera che c’è anche Aomine-san! Così posso preparare una bella cenetta per tutti e tre! >>.
Kise e Aomine provarono a replicare, ma vennero interrotti. << Ormai ho deciso: resti a cena da noi! Non voglio sentire un no come risposta! >>. Con un sorriso a trentadue denti, la donna uscì dalla stanza, lasciando i due senza parole.
 
Subito dopo, appena i loro occhi s’incrociarono, l’imbarazzo per quello che stavano facendo prima di essere interrotti fece calare un pesante silenzio tra di loro. Evitarono di guardarsi negli occhi finché Kise, per risolvere la situazione, afferrò uno dei joystick della console accanto al televisore e sorrise all’altro. << Neh, Aominecchi, ti va una partita? >>.
Daiki inarcò un sopracciglio, perplesso, ma alla fine acconsentì e afferrò il joystick dalle mani di Kise, mentre questi preparava la console. Si sedettero sul letto, uno accanto all’altro e iniziarono a giocare, sempre restando in silenzio. Nessuno dei due sapeva cosa dire o come affrontare tutta la faccenda. Ryouta era ancora sconvolto, incredulo, ma soprattutto felice; felicità che però gli sembrava più fragile di un cristallo di ghiaccio. Sarebbe bastata una sola parola di Aomine per distruggere tutto definitivamente. E se lui si vergognasse di quello che avevano condiviso? E se stesse ringraziando gli spiriti per essere stato interrotto ed avere così evitato di fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito? E se adesso provasse disgusto nei suoi confronti? Per quanto ci provasse, non riusciva a non provare una paura quasi folle.
Dal canto suo Aomine era altrettanto sconvolto: non riusciva quasi a credere di aver fatto certe cose, con un ragazzo per giunta. La sua parte razionale era andata a farsi un giretto chissà dove e l’unica cosa che aveva sentito era stato l’istinto, il desiderio. Non gli importava che Kise fosse un maschio: in quei momenti sapeva solo di volerlo come mai aveva voluto qualcuno. Non poteva negarlo, ma non voleva neanche ammetterlo. Era… imbarazzante, cavolo!
Perso in questi complicati pensieri, si salvò per un soffio dall’essere ucciso da Kise che sospirò deluso nel vedere che non aveva ancora vinto. Dopo qualche altro minuto, Ryouta parlò. Non seppe neanche lui cosa lo avesse spinto, dove avesse trovato il coraggio, ma lo fece. Forse perché nel suo ottimismo congenito c’era la speranza che l’altro non lo mandasse gentilmente verso altri lidi; anche se stavamo parlando di Aomine, perciò non si poteva mai dire…
<< Neh, Aominecchi >> iniziò, continuando comunque a giocare, gli occhi fissi sulla tv, << forse dovrei proprio ringraziare il temporale… >>.
L’altro gli lanciò un’occhiata, ma dovette tornare a concentrarsi sul gioco, non prima di averlo visto abbozzare un sorriso.
<< Sono contento che abbiamo parlato di nuovo e che abbiamo giocato insieme come ai vecchi tempi. È stato… bello >>.
Che cavolo sta dicendo? Sembra uno stupido discorsetto d’addio!<< Già… >> convenne però, curioso di capire dove l’altro stesse andando a parare.
<< Sai, Aominecchi >> riprese Kise dopo alcuni secondi, << non voglio che tu ti senta a disagio… perciò, sì, ecco, se tu… sì, insomma, se tu vuoi far finta che non sia successo niente, per me… per me va bene… possiamo sempre essere amici come prima… >>. Gli sembrò di sentire il suono del suo cuore che si spezzava e pensò che fosse assurdo visto che era stato lui a pronunciare quelle parole, ma sapeva di essere sincero. Se non poteva avere Aomine come avrebbe voluto, si sarebbe accontento di essere suo amico.
“È sempre meglio che essere odiato…”.
 
Per poco a Daiki non cadde il joystick di mano. Non poteva credere alle sue orecchie! Come cavolo aveva potuto uscirsene con una cosa del genere dopo… beh, sì, dopo che l’avevano quasi fatto? Kise era proprio uno stupido certi momenti…
Dato che il moro non era molto bravo in faccende del tipo parlare dei propri sentimenti – che a lui sembravano robe da shoujo manga – voltò leggermente il busto, afferrò il viso del biondo con la mano libera e lo baciò, cercando di trasmettere in quel bacio tutto ciò che provava: amore, desiderio, complicità, ma anche una paura che voleva essere alleviata dalla presenza dell’altro. Quando si separarono, Ryouta si ritrovò con quell’espressione da cucciolo innamorato che fece venir voglia ad Aomine di mandare al diavolo il videogioco e riprendere da dove erano stati interrotti, ma al pensiero della signora Kise che preparava la cena in cucina si trattenne e tornò a giocare, mentre l’altro impiegò qualche istante prima di riprendersi. Aveva sempre ammirato Aomine, l’aveva inseguito, aveva provato a superarlo, ma adesso voleva semplicemente essere al suo fianco e anche se forse era ancora presto per parlare di cose come essere partner o anche solo dirsi ti amo, adesso erano insieme e questo bastava.
<< Ehi, Kise >> disse dopo un po’ il moro, << mi sa che ringrazierò anch’io il temporale >>.
L’altro non rispose, ma il sorriso sul suo volto fu talmente bello e luminoso che, se ci fosse stato un altro black-out, avrebbe potuto illuminare tutta la stanza.


Note finali:
ad immaginarmi questo splendido sorrido di Kise, mi viene da sorridere a mia volta :D ma quanto sono carini! io li trovo molto dolci ma anche sexy u.u beh, fangirleggiamenti a parte, spero che vi sia piaciuta e se vorrete lasciarmi un commento per dirmi cosa ne pensate, mi farebbe piacere ^^

 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Lux_daisy