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Autore: spetra    18/10/2007    10 recensioni
Sanno fare tutto, hanno un'intelligenza fuori del comune, sono instancabili, obbediscono a qualunque ordine, fanno tutto ciò che gli si dice, possono anche buttarsi giù da un grattacielo se glielo chiedi. Ma non sono vivi. Non hanno sentimenti. ....o sì?
Genere: Romantico, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Grazie, Go! ^^ non mi stancherò mai di ringraziarti.

Titolo: -LUI, ROBOT ?-





****



Che seccatura i robot!

Non li ho mai sopportati.

Non capisco cosa ci trovino in loro di così bello.

Vabbè, sanno fare tutto, hanno un'intelligenza fuori del comune, sono instancabili, obbediscono a qualunque ordine, fanno tutto ciò che gli si dice, possono anche buttarsi giù da un grattacielo se glielo chiedi.

Ma non sono vivi.

Hanno l'aspetto umano ma dentro sono fatti di metallo e centinaia di migliaia di fili.

Non hanno sentimenti.

Quindi, secondo me sono inutili.

Una spazzatura.


Invece noi umani che ci crediamo le creature più intelligenti dell'universo, li accudiamo a casa nostra senza timore, come se fossero degli animaletti domestici.

Prima o poi loro si ribelleranno e saremo noi i loro giocattoli, i loro schiavi.

Ne sono sicuro.


Mi chiamo Kaede Rukawa, ho sedici anni e abito a Tokyo, la cosiddetta 'capitale dei robot'.

Fu proprio il Giappone a costruire la prima macchina con delle capacità fuori del comune, nell'anno duemila. Ora, dopo quasi cinquecento anni, i robot hanno gli stessi diritti di noi umani.

Assurdo, non credete?

Se non avessero un piccolo numerino di riconoscimento disegnato sul polso della mano, che assomiglia molto a un tatuaggio, non si distinguerebbero dagli umani.


Oggi è il fatidico giorno in cui anche i miei genitori acquisteranno un androide.

A scuola, ogni mio compagno ne possiede uno a casa, così, visto che mio padre e mia madre sono sempre impegnati al lavoro, non hanno il tempo per dedicarsi alle pulizie di casa, almeno così mi hanno detto.

In verità lo fanno solo per me, per trovarmi qualcuno con cui passare il tempo, con cui fare amicizia, parlare.

Il fatto è che non ho amici a causa del mio carattere. Sono silenzioso e distaccato, alcuni dicono che sono freddo e insensibile, ma non m'importa, che pensino pure quello che vogliono. Io sto bene così, davvero.


Sento il rumore della porta metallica che si apre e la voce di mia madre che mi chiama.

Sembra molto felice e se accetto di tenere quel 'coso' a casa mia è solo per lei.

Esco dalla mia stanza e scendo le scale che conducono nel salotto.

Lei mi saluta, baciandomi sulla guancia mentre spinge dolcemente una persona tutta incappucciata di cui non posso scorgere il viso ad entrare in casa.

Mi correggo, non è una persona... deve essere l'automa.


Dov'è papà?” le chiedo, ignorando l'oggetto del mio odio.

Lei scuote la testa, divertita e sorride in un modo strano.

Un'emergenza al lavoro – risponde, senza togliersi la giacca – Anch'io ora devo scappare per aiutarlo. Quindi lo affido a te. Sii gentile, mi raccomando” conclude, facendomi l'occhiolino.

Non capisco che le prenda ma preferisco non indagare. Mugolo un “Ok...” in risposta mentre mia madre ridacchia e dopo avermi scompigliato con affetto i capelli neri tutta felice, se ne va lasciandomi solo con quell'aggeggio.

Sbuffo infastidito e mi avvicino al robot, togliendogli il cappuccio.

Rimango a fissarlo per un attimo.

Adesso capisco il comportamento di mia madre.


Il robot in questione ha l'aspetto di un ragazzo più o meno della mia età. La cosa che mi colpisce fin da subito sono i suoi capelli.

Sono rossi. Rossi come il tramonto, bellissimi.

Lui ricambia il mio sguardo e mi osserva esitante e confuso ma poi i suoi occhi nocciola si illuminano e mi sorride raggiante.

Salve, io sono Hana. Tu sei il mio padrone?” mi chiede tutto contento e si dirige in cucina senza aspettare la risposta e ignorando l'occhiata gelida che gli ho lanciato.


Io lo lascio fare e mi sdraio sul divano davanti al grande monitor sottile della televisione. Sento dei rumori provenire dalla cucina e nonostante tutta la mia curiosità mi impongo di ignorare la presenza di Hana. Accendo la televisione e cerco di trovare fra migliaia di canali quello che serve a me.

In quel momento arriva il robot con una tazza di the bollente e sempre sorridendo in quel modo ingenuo lo mette sul tavolino davanti a me. Quando non ottiene alcun commento da parte mia si avvicina al televisore e appoggia la mano sullo schermo.

Cosa vorresti vedere?”

Una partita di basket.” gli rispondo con tono distaccato. In fondo mia madre mi ha pregato di essere gentile. Non posso ignorare quel robot per sempre.

Il rossino chiude gli occhi e dopo un paio di secondi mi trova il canale che cercavo, dopodiché si gira verso di me con un sorriso trionfante come se avesse fatto chissà che.

Non lo calcolo nemmeno.

Odio i robot.

Anche se davanti a me si presenta come un ragazzo carino, dentro è una macchina senza sentimenti. Perché dovrei sprecare la mia voce con lui? Devo mantenere la mia reputazione di ragazzo freddo, giusto?

Bene.


Ma allora perché mi sento un verme quando lui abbassa il capo tristemente? Lui non può provare sentimenti.

Hana si allontana e io non lo seguo. E' solo un automa, nient'altro.


Dopo un'ora decido di tornare nella mia stanza. Si è fatto tardi e domani devo alzarmi presto per andare a scuola.

Salgo le scale e sento dei rumori provenire dalla mia camera da letto.

Apro la porta silenziosamente e vedo il ragazzo mettere l'ultimo quaderno in un cassetto sotto la mia scrivania.

Hana sospira soddisfatto e quando si gira verso di me, sussulta mettendosi una mano all'altezza del cuore. Mi viene quasi da sorridere se non fossi tanto arrabbiato.

Lui non ha un cuore.

Non è umano.

Perché quel gesto, allora?


Baka! Mi hai spaventato! - sbotta, fulminandomi con lo sguardo. Mi chiedo se ai robot è permesso insultare i loro padroni... - Comunque... Ho messo a posto la tua stanza!Sei felice?” mi chiede, sorridendo.

Io chiudo gli occhi cercando di mantenere la calma. Non permetto nemmeno ai miei genitori di entrare qui e lui invece sembra convinto di avermi fatto un piacere.

Ma è colpa mia.

Avrei dovuto dirgli fin da subito dove è il suo posto.

Esci.” sibilo e il mio tono duro gli fa spalancare gli occhi per lo stupore. Poi mi lancia uno sguardo arrabbiato.

Ho sbagliato di nuovo? Non ti va mai bene niente! Ma è così difficile dire un semplice 'grazie'?” borbotta, mettendosi le mani sui fianchi e fissandomi con uno sguardo truce.

Mi chiedo se i robot siano programmati anche a fare le risse...

Non ringrazio le macchine.”

E' tutto ciò che dico, indicandogli la porta in un chiaro invito ad andarsene.

Vedo un lampo di dolore passargli negli occhi e sento una fitta all'altezza del cuore.

Lui fa qualche passo e poi si ferma “Stai attento che la macchina in questione potrebbe accidentalmente avvelenarti la colazione.” e io ho la netta impressione che non stia scherzando.


Il giorno dopo esco di casa prima del solito, dirigendomi verso la scuola. Ho preferito non fare la colazione questa mattina.

Non per le parole del robot, sia chiaro! Ma perché non avevo proprio voglia di incontrare quel rossino fastidioso e di rovinarmi la giornata di primo mattino.

Tutto qui.


Ovviamente le voci corrono e tutti sono a conoscenza del nuovo arrivo in casa mia. Continuano ad assillarmi con mille domande sull'aspetto del mio robot. Naturalmente non mi preoccupo nemmeno a rispondere a sciocchezze simili.

Non sopporto i cyborg.

In particolar modo un certo ragazzo dalla pelle ambrata.

Padrone!” quasi cado giù dalla sedia quando sento quella ormai troppo conosciuta voce arrivare alle mie spalle.

E' lui, l'oggetto dei miei pensieri.

E' vestito con l'uniforme scolastica della nostra scuola e alcune ciocche rosse gli scivolano gentilmente sulla fronte ampia mentre mi sorride furbo porgendomi un sacchetto. Tutti i miei compagni si girano a fissarlo senza poter trattenere lo stupore.

Che ci fai qui?” gli chiedo senza perdere la mia maschera di indifferenza.

Ma come? Ho portato la colazione al mio padrone, ovvio no?” sottolinea la parola 'padrone' quasi con sarcasmo e il suo sorriso si allarga ancora di più. Sembra che si stia trattenendo dallo scoppiarmi a ridere in faccia.

L'avevo già detto che non sopporto i robot?

Smettila di chiamarmi così!” gli dico, afferrandolo per un polso e trascinandolo fuori dalla classe fino al terrazzo della scuola. I miei compagni lo stavano fissando con troppo interesse per i miei gusti. Non che io sia geloso, precisiamo. Solo che non mi va di sorbirmi altre tre ore di domande da parte degli altri.


Ti chiamo così perché non conosco il tuo nome.” mi dice liberandosi dalla mia stretta.

Kaede.” mormoro, incrociando le braccia sul petto.

Bene, Kaede... questa macchina inutile... - dice indicandosi e guardandomi come se si aspettasse le mie scuse - Ti ha portato qualcosa da mangiare dato che il signorino se l'è data a gambe, stamattina.”

Mugugno qualcosa di incomprensibile e faccio per prendere il sacchetto con la colazione quando Hana fa un passo indietro e mi fissa imbronciato.

Bè?” non capisco cosa vuole.

Cosa ti avevo detto ieri?” mi spiega come se mi avesse letto nel pensiero.

Gli androidi non possono leggere nel pensiero, vero?

Che mi avresti avvelenato la colazione.” lo provoco ben sapendo che non è questo che vuole sentire.

Lui arrossisce. “Baka!”

Non riesco più trattenermi e scoppio in una leggera risata. Era da tanto che non mi lasciavo andare così.

Lui si arrabbia, fraintendendo ma non fa in tempo ad aprire la bocca.

Grazie, Hana.” gli sussurro chiamandolo per la prima volta per nome.

Il rossino, dopo un attimo di sorpresa, sorride felice.

E io mi sento bene.


Pranziamo insieme, chiacchierando del più e del meno. In verità è lui che parla e io ascolto.

Racconta della sua vita da robot e di come è stato felice quando ha saputo che una famiglia l'aveva scelto. Dice che nessuno lo voleva per il colore dei suoi capelli.

Dicevano che il rosso portava sfortuna.

Che stupidi! Il rosso è il colore più bello che esista e può avere tanti significati.

Tante sfumature.

Il rosso è il fuoco, è l'energia... è Hana.

Mi piace.

..

...


Ormai sono passate due settimane da quando Hana fa parte della nostra famiglia, della mia vita.

Non è cambiato quasi nulla. A parte che ora c'è sempre chiasso a casa nostra. Quel ragazzo non sta mai tranquillo, combina sempre qualche guaio. Ma quando fa qualcosa di buono, ogni volta mi porge la stessa domanda: 'Sei felice?'.

Non capisco perché me lo chieda sempre.

Ma non mi da fastidio.

Io, l'amante del silenzio e della tranquillità mi trovo bene con quell'uragano rosso.

Io, che odiavo i robot fin dalla nascita, ora considero Hana parte della famiglia... parte di me.

Da non crederci.

E mia madre continua a rivolgermi sempre quello sguardo di chi la sa lunga.


...

Oggi Hana non è venuto a scuola per portarmi il pranzo come fa sempre. In verità, non è il pranzo che mi interessa, ma lui.

La sua voce nelle mie orecchie, le sue chiacchiere, i suoi occhi, i suoi sorrisi.

Il rosso dei suoi capelli.


Strano.

Non è da lui, di solito mi avverte se ha qualche impegno.

Sono preoccupato? Per un automa?


Sì.



Torno a casa evitando a stento di correre. Ho un brutto presentimento.

Incontro mia madre che mi aspetta un po' pallida, seduta sul divano in salotto.

Dov'è Hana?” le chiedo subito e dalla voce si capisce tutta la mia ansia.

Ha fatto un incidente. - inizia a spiegare lei e io sento il battito del mio cuore rallentare – Una macchina l'ha investito mentre stava andando da te. Pare che sia stato uno di quei pazzi della squadra anti-robot...Ma non è nulla di grave, stai tranquillo.” mi assicura e io riprendo a respirare.


...


Corro per i corridoi della clinica senza badare alle imprecazioni delle persone che mi urlano dietro che non si può correre qui.

Non m'importa.

Lo voglio vedere.

Voglio convincermi di persona che stia bene.

Mi fermo davanti alla stanza 110, la sua stanza ed entro senza esitare.

La camera è piccola e pulita, profuma di fresco. Al centro c'è un letto su cui è sdraiato lui.

Decine di fili metallici sono attaccati ai suoi polsi e alle braccia, nutrendo il suo corpo con varie sostanze, grazie alle quale pian piano recupera le forze e i piccoli tagli sparsi sul suo corpo spariscono senza lasciare cicatrici.

Hana mi fissa rivolgendomi un debole sorriso.

Mi faccio più vicino e gli accarezzo la fronte, scostandogli un ciuffo di capelli rossi che gli dava fastidio.

Sembri preoccupato” mi sussurra, ridacchiando.

Do'hao.” gli dico con tono di rimprovero.

Non sono preoccupato, sono letteralmente terrorizzato all'idea di perderlo.

Hey, non si trattano così i malati!” mi rimbecca, tuttavia guardandomi serenamente.

Sono felice.” aggiungo piano.

Davvero? Perché?” mi chiede, stupito.

Perché stai bene.”

E' solo questo che conta per me. Voglio che Hana sia felice e che stia bene.

E voglio che resti con me per sempre.

Lui arrossisce leggermente e io mi affretto a cambiare l'argomento.

Non ti fa male?” gli chiedo, osservando i grossi fili piantati nella sua carne ambrata, ora un po' pallida.

Ho fatto una domanda stupida, lo so.

Gli androidi non sentono dolore. Non dovrebbero... tuttavia non posso fare a meno di chiederglielo.

No, mi sento solo senza energie.” mi assicura.

Riposati” gli dico, sedendomi accanto a lui su una sedia vicino al letto.

Hana sospira quasi sollevato. Voleva che io rimanessi con lui, lo so, ma non sapeva come chiedermelo.

Ma sarei rimasto al suo fianco anche senza il suo consenso.


Perché lui è mio.


E perché mi sono innamorato di un robot.




   
 
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