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Autore: Ombra Oscura    30/03/2013    3 recensioni
Storia Interrotta
Avete sempre creduto che la Morte fosse una sola.
E se non fosse così?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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L'OMBRA DEL BUIO

 

 

Come ti senti quando hai tutto il mondo contro?
Cosa vuol dire per te non riconoscere il posto che hai in mezzo alla gente?
Hai provato a non avere mai l'appoggio dei tuoi genitori, ad essere considerata una nullità proprio da chi ti ha messa al mondo?
Hai ricevuto qualcosa in cambio del bene che hai donato se non una persona in più che non riusciva a comprenderti?
Sai cosa vuol dire non saper vivere, non sentirti ardere dentro la magia della vita?
Se hai provato questo allora sei a conoscenza di un'entità che pian piano ti avvolge fino a farti sua, sai cosa vuol dire perdersi nell' ombra.

Era l'ennesima volta, l'ennesima volta che discutevo con mia madre. Non avevo più lacrime da versare, non avevo più voce per urlare.
Sentivo il cuore battere a mille, quella sensazione che ti fa bruciare il petto.
No, non è quell'emozione che ti provoca l'amore o un'innocente cotta, ma il dolore, la sofferenza di non riuscire in alcun modo ad uscire da quel buio che ti avvolge senza accorgertene. Forse te ne rendi conto pian piano, lo vedi avanzare verso di te, ma gli altri non lo vedono, non sanno cosa ti sta succedendo.

<< Non sei mia figlia, mi vergogno di te. Non sai passare un minimo esame, sei un'incapace. Mi costringi a mentire alla gente, dicendo che vai bene, che sei brava a scuola. Io alla tua età mi rinchiudevo in camera... >>

Le sue parole ormai scivolavano come le gocce di pioggia che tentano di arrampicarsi sui vetri, ma precipitano, lasciando una piccola scia destinata a scomparire, non rimane nulla di loro, non rimane nulla di quelle parole ormai sentite e risentite migliaia di volte.
Era come se attraversassero il vuoto che ormai viveva nel mio corpo, non avevano più dimora, non avevano più importanza.
Mi avvicinai alla porta di casa, le dita stringevano le chiavi della macchina con una stretta via via maggiore.
Fissavo quel legno rettangolare, scuro. Non mi era consentito andarmene, non potevo uscire quando avevo voglia, ero rinchiusa in casa mia, la mia prigione.
Accarezzai la maniglia dorata, mentre la voce di mia madre raggiungeva note più alte con parole che neanche comprendevo, la mia mente era altrove.
La aprii. Un profumo di libertà inebriò i miei sensi. Era così bello poter decidere io per una volta, potermene andare di mia spontanea volontà, senza essere costretta o senza aver pregato per qualche ora di svago.
Mi accorsi dei suoi passi. Non erano aggraziati, ma pesanti, come se ogni appoggio fosse un ulteriore sfogo di rabbia. Forse questo ero per lei, uno sfogo, un modo per liberarsi dei suoi problemi quotidiani, delle sue litigate con mio padre. Ma io che c'entravo in tutto questo?

<< Se esci da quella porta sappi che la troverai chiusa al tuo ritorno >>

Sorrisi, per la prima volta in vent'anni le mie labbra si inarcarono verso i miei occhi, non ci credevo ma le stavo sorridendo.
Mi chiusi la porta alle spalle ignara di cosa mi sarebbe successo. Quel vuoto si riempì di adrenalina ed iniziai a correre verso la macchina.
La pioggia batteva forte sulla mia pelle, l'odore di bagnato era piacevole al mio olfatto, le gocce picchiettavano sul mio braccio spoglio, ero uscita a maniche corte.
Guardai mia madre sul balcone un'ultima volta e salii in macchina, una vecchia auto ormai da rottamare.
Il motore faceva una fatica enorme, i tergicristalli rilasciavano uno stridulo orribile mentre ondeggiavano sul parabrezza.
Non credevo ancora a quello che stavo facendo. Il cellulare vibrava sul cruscotto, era lei.
Ormai la strada si faceva sempre meno trafficata, stavo andando fuori città.
Ero pazza forse, senza meta, senza un posto dove andare, per non parlare di cosa mi sarei dovuta aspettare al rientro, sempre se mai sarei rientrata.
Non sentivo però tanto il peso della preoccupazione, la mia vita sembrava non essermi poi così cara.
Non avevo uno stereo, il silenzio era rotto dalla pioggia sempre più insistente. Mi immaginai per un attimo il parabrezza infrangersi.

<< Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa >>

Urlai, urlai con tutta la voce che avevo dentro, nessuno poteva ascoltare, ero libera, ero me stessa, ero Fuinir.
Scoppiai a ridere.

<< Chissà cosa diresti adesso, mamma. Sto urlando, perchè non mi sgridi? Perchè non mi dici di stare zitta e di rinchiudermi in camera a studiare? >>

<< Beh, ti direbbe che sei una disgraziata, senza cervello, pazza... >>

Girai la testa improvvisamente attirata da quella voce ipnotica e notai un ragazzo seduto di fianco a me.

<< T-u cccos-a...? >>

Mi distrassi per un attimo e la macchina scivolò sulla strada stretta. Una ruota finì nel canale parallelo e la macchina si ribaltò.
Il buio calò su di me.

  
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