Un
paio di note prima di cominciare, nel testo è presente la
traduzione della canzone "Ninna nanna del
contrabbandiere" di Davide Van de Sfroos per vedere il testo originale
ed ascoltare il brano (ve lo suggerisco, visto che è nato
tutto da quello) potete cliccare qui
. Bene, per le altre note vi aspetto in fondo alla pagina
Apro gli occhi di scatto, urlando il suo nome e cercandolo disperatamente nella sua parte di letto che è rimasta intatta e fredda.
Senza nemmeno preoccuparmi di mettere una vestaglia, corro fuori dall’abitazione che ci è stata assegnata qui, nel Distretto 13. I corridoi sono illuminati solo da flebili luci al neon, tenute al minimo della loro potenza e l’unico rumore che si sente proviene dalle ventole del ricambio dell’aria.
Ho paura e inizio a correre per il corridoio, senza smettere di chiamarlo; non mi importa di svegliare le persone che stanno dormendo, non mi importa neppure quello che la gente potrebbe pensare di me, vedendomi in giro, di notte, con solo la divisa che funge da pigiama. Io ho bisogno di lui.
Continuo la mia corsa, senza sosta. Improvvisamente, una mano mi tappa la bocca, mentre l’altra mi tiene ferma, o almeno ci prova. Queste non sono le mani di Finnick, ne sono sicura, lui non mi stringerebbe mai così. Cerco di liberarmi, mentre la voce di Johanna prova a riportarmi alla ragione.
“Annie, se continui così sveglierai tutto il distretto” mi ripete, assicurandosi che io non provi ad urlare ancora, prima di togliere la mano dalla mia bocca.
“Dov’è Finnick?” domando. Lei non risponde; si limita a voltarmi nella direzione opposta e a scortarmi verso i lunghi corridoi. Non credevo di aver corso così tanto, ma l’unica cosa che volevo erano le braccia di Finnick attorno a me.
“Non mi hai ancora risposto” insisto, quando vedo che mi fa entrare nella mia abitazione.
“Siediti” mi dice, infine. Io eseguo perché sono stanca e vorrei solo sapere dove si trova mio marito. Vedo Johanna cercare qualcosa da potermi offrire, ma qui è vietato portare in casa qualsiasi cosa venga ritenuto commestibile, così deve accontentarsi di passarmi un bicchiere con dell’acqua del rubinetto. Bevo in silenzio, aspettando una risposta che non arriva.
“Johanna, – la chiamo – tu sai dov’è Finnick”.
Questa volta la mia non è una domanda. Lei mi fissa negli occhi e nel suo sguardo vedo qualcosa di strano; sembra triste, ma quando inizia a parlare la sua voce sembra quella di sempre.
“È andato a Capitol City”.
Inizio a tremare e il bicchiere scivola dalle mie mani, rompendosi in mille pezzi e begnando il pavimento con l’acqua che ancora conteneva.
“Aveva detto che saremmo stati sicuri qui, – singhiozzo, per poi continuare – che Snow non l’avrebbe più avuto”.
“Non è stato un ordine di Snow”
Sento le mani di Johanna stringermi le spalle e alzo il viso, cercando di assorbire il significato delle sue parole. Sono confusa, perché Finnick è andato a Capitol City, se non è stato Snow a chiamarlo?
Una brutta sensazione inizia a farsi strada in me, e voci lontane nel tempo iniziano ad affollare la mia mente.
Mi copro le orecchie con le mani e chiudo gli occhi, per difendermi da quelle urla, ma tutto si fa rosso: rosso come il sangue che si vede in televisione, durante gli Hunger Games; come quello che ho visto scorrere nell’arena; rosso come il sangue di Finnick, che forse sta scorrendo da qualche parte a Capitol City, lontano da me.
Gemo, mentre mi rannicchio su me stessa, sperando che quelle immagini spariscano presto dalla mia vista. Ancora una volta non sono le mani di Finnick a togliere le mie dalle orecchie. Johanna cerca di rassicurarmi ancora ed io mi aggrappo alle sue parole.
Quando è sicura che io non crollerò di nuovo, Johanna si dedica ai frammenti di vetro che sono ancora sparsi sul pavimento. Borbottando qualcosa, fa velocemente sparire tutte le schegge che potrebbero ferirmi.
“Domani mattina ti faremo dare dei bicchieri di plastica, così eviteremo altri danni” spiega, accompagnandomi verso il letto e mettendomi sotto le coperte, quasi fossi una bambina.
“Adesso dormi” mi dice, cercando di non sembrare troppo scontrosa, prima di uscire dalla stanza e spegnere la luce.
Rimango sdraiata, con gli occhi fissi al soffitto sopra di me. Il buio mi avvolge completamente. Sento una leggera fitta al basso ventre e vi poso sopra una mano; a quanto pare non sono l’unica a non riuscire più a prendere sonno.
Muovo più volte la mano su quella parte del mio corpo, alla ricerca di qualche segno, ancora impalpabile di quello che la Signora Everdeen mi ha confermato. Un senso di ansia m’invade, all’idea che Finnick potrebbe non saperlo mai. Adesso, sola in questa stanza, inizio a dubitare di averglielo confessato; potrei essermi sbagliata e averlo fatto solamente in uno dei miei tanti sogni.
Rabbrividisco e cerco di scacciare quei cattivi pensieri. Finnick tornerà a casa, deve farlo, me lo ha promesso. Continuo a ripetermi questa specie di rassicurazione, prima di iniziare a cantare una ninnananna per il mio bambino. A bassa voce intono le prime note, mentre la mente vola lontana, a Capitol City.
Senza smettere di accarezzarmi la pancia, continuo a cantare.
Adesso siamo qui, nascosti per poter vivere quella vita che alla luce del sole non ci sarebbe stata permessa. Noi, che abbiamo dovuto nascondere i nostri sogni, perché qualcuno non li gradiva. È per questo che tuo padre è partito, per non doverci più nascondere. Ed è per questo che, questa notte, nascosta sotto queste coperte, prego. Prego che lui si salvi, che riesca a tornare da noi e che, finalmente, possiamo essere felici. Insieme.
Note dell'autrice: eccomi di nuovo qui, spero che questa one-shot vi sia piaciuta. Come ho già accennato il tutto è nato dalla canzone usata, una canzone che mi ha sempre affascinata, soprattutto dopo la spiegazione che il cantautore ha dato durante uno spettacolo (in pratica sarebbe la risposta che la moglie di un contrabbandiere da al figlio, quando lui gli chiede perchè il padre non è a casa) e l'ho trovata perfetta anche per la situazione di Annie e Finnick. In un primo momento ho immaginato Annie cantarla al figlio già nato, ma non volevo stravolgere la storia originale (e volevo che Finnick fosse ancora vivo, diciamo che si potrebbe collocare più o meno quando Peeta arriva al campo dei ribelli, spedito dalla Coin stessa), così è nata questa storia. Che altro dire, buona Pasqua a tutti!
Pensando a te
Apro gli occhi di scatto, urlando il suo nome e cercandolo disperatamente nella sua parte di letto che è rimasta intatta e fredda.
Senza nemmeno preoccuparmi di mettere una vestaglia, corro fuori dall’abitazione che ci è stata assegnata qui, nel Distretto 13. I corridoi sono illuminati solo da flebili luci al neon, tenute al minimo della loro potenza e l’unico rumore che si sente proviene dalle ventole del ricambio dell’aria.
Ho paura e inizio a correre per il corridoio, senza smettere di chiamarlo; non mi importa di svegliare le persone che stanno dormendo, non mi importa neppure quello che la gente potrebbe pensare di me, vedendomi in giro, di notte, con solo la divisa che funge da pigiama. Io ho bisogno di lui.
Continuo la mia corsa, senza sosta. Improvvisamente, una mano mi tappa la bocca, mentre l’altra mi tiene ferma, o almeno ci prova. Queste non sono le mani di Finnick, ne sono sicura, lui non mi stringerebbe mai così. Cerco di liberarmi, mentre la voce di Johanna prova a riportarmi alla ragione.
“Annie, se continui così sveglierai tutto il distretto” mi ripete, assicurandosi che io non provi ad urlare ancora, prima di togliere la mano dalla mia bocca.
“Dov’è Finnick?” domando. Lei non risponde; si limita a voltarmi nella direzione opposta e a scortarmi verso i lunghi corridoi. Non credevo di aver corso così tanto, ma l’unica cosa che volevo erano le braccia di Finnick attorno a me.
“Non mi hai ancora risposto” insisto, quando vedo che mi fa entrare nella mia abitazione.
“Siediti” mi dice, infine. Io eseguo perché sono stanca e vorrei solo sapere dove si trova mio marito. Vedo Johanna cercare qualcosa da potermi offrire, ma qui è vietato portare in casa qualsiasi cosa venga ritenuto commestibile, così deve accontentarsi di passarmi un bicchiere con dell’acqua del rubinetto. Bevo in silenzio, aspettando una risposta che non arriva.
“Johanna, – la chiamo – tu sai dov’è Finnick”.
Questa volta la mia non è una domanda. Lei mi fissa negli occhi e nel suo sguardo vedo qualcosa di strano; sembra triste, ma quando inizia a parlare la sua voce sembra quella di sempre.
“È andato a Capitol City”.
Inizio a tremare e il bicchiere scivola dalle mie mani, rompendosi in mille pezzi e begnando il pavimento con l’acqua che ancora conteneva.
“Aveva detto che saremmo stati sicuri qui, – singhiozzo, per poi continuare – che Snow non l’avrebbe più avuto”.
“Non è stato un ordine di Snow”
Sento le mani di Johanna stringermi le spalle e alzo il viso, cercando di assorbire il significato delle sue parole. Sono confusa, perché Finnick è andato a Capitol City, se non è stato Snow a chiamarlo?
Una brutta sensazione inizia a farsi strada in me, e voci lontane nel tempo iniziano ad affollare la mia mente.
Mi copro le orecchie con le mani e chiudo gli occhi, per difendermi da quelle urla, ma tutto si fa rosso: rosso come il sangue che si vede in televisione, durante gli Hunger Games; come quello che ho visto scorrere nell’arena; rosso come il sangue di Finnick, che forse sta scorrendo da qualche parte a Capitol City, lontano da me.
Gemo, mentre mi rannicchio su me stessa, sperando che quelle immagini spariscano presto dalla mia vista. Ancora una volta non sono le mani di Finnick a togliere le mie dalle orecchie. Johanna cerca di rassicurarmi ancora ed io mi aggrappo alle sue parole.
Quando è sicura che io non crollerò di nuovo, Johanna si dedica ai frammenti di vetro che sono ancora sparsi sul pavimento. Borbottando qualcosa, fa velocemente sparire tutte le schegge che potrebbero ferirmi.
“Domani mattina ti faremo dare dei bicchieri di plastica, così eviteremo altri danni” spiega, accompagnandomi verso il letto e mettendomi sotto le coperte, quasi fossi una bambina.
“Adesso dormi” mi dice, cercando di non sembrare troppo scontrosa, prima di uscire dalla stanza e spegnere la luce.
Rimango sdraiata, con gli occhi fissi al soffitto sopra di me. Il buio mi avvolge completamente. Sento una leggera fitta al basso ventre e vi poso sopra una mano; a quanto pare non sono l’unica a non riuscire più a prendere sonno.
Muovo più volte la mano su quella parte del mio corpo, alla ricerca di qualche segno, ancora impalpabile di quello che la Signora Everdeen mi ha confermato. Un senso di ansia m’invade, all’idea che Finnick potrebbe non saperlo mai. Adesso, sola in questa stanza, inizio a dubitare di averglielo confessato; potrei essermi sbagliata e averlo fatto solamente in uno dei miei tanti sogni.
Rabbrividisco e cerco di scacciare quei cattivi pensieri. Finnick tornerà a casa, deve farlo, me lo ha promesso. Continuo a ripetermi questa specie di rassicurazione, prima di iniziare a cantare una ninnananna per il mio bambino. A bassa voce intono le prime note, mentre la mente vola lontana, a Capitol City.
Ninna
nanna dormi bimbo
che tuo padre ha un sacco in spalla
e si arrampica sulla notte …
Finnick,
amore mio, cosa stai facendo? Anche tu, col favore del buio ti stai
addentrando in una città che, tuo malgrado, conosci
così bene, ma che è anche così
insidiosa? O forse, sei al sicuro, al campo con la tua
squadra? che tuo padre ha un sacco in spalla
e si arrampica sulla notte …
Prega la
luna di non farlo catturare,
prega la stella che vegli il suo cammino,
prega il sentiero di riportarmelo a casa.
Finnick,
chi veglierà il tuo sonno, o i passi che stai compiendo?
Cosa vedi, amore mio? Un tetto sopra la tua testa o quella luna che, da
troppo tempo, io non vedo più? Non posso fare nulla per te,
se non pregare di rivederti presto. Pregare che la luna che ti
protegga, chiedere alla luce tremolante delle stelle di indicarti la
strada sicura e implorare il cammino di riportarti da
me. prega la stella che vegli il suo cammino,
prega il sentiero di riportarmelo a casa.
Senza smettere di accarezzarmi la pancia, continuo a cantare.
Ninna
nanna dormi bimbo
che tuo padre ha un sacco in spalla
che è pieno di tante cose:
ha dentro il suo coraggio,
ha dentro la sua paura
e le parole che non può dire
Dormi
piccolo mio, mentre il tuo papà è lontano. Tu non
puoi saperlo, ma è partito col cuore pesante e con la mente
carica di pensieri. Perché io lo so, Finnick, che quando mi
hai salutata si agitavano dentro di te mille sentimenti diversi, te lo
leggevo negli occhi. Hai trovato il coraggio di partire, di unirti ai
ribelli, è così che vi chiamano, qui nel 13. Ma
io ho visto che in te c’era anche la paura: paura di
lasciarmi sola, in un distretto al quale noi non apparteniamo, paura di
non vedermi più. Hai portato con te anche i tuoi segreti,
quelli più brutti, che non hai mai voluto rivelarmi.
Sì, Finnick, conosco bene il tuo interesse per i segreti e
so bene che anche tu ne hai. Li vedevo nel tuo sguardo, ogni volta che
tornavi da Capitol City, anche se non hai mai voluto svelarmeli. Forse,
un giorno me li racconterai, penso, prima di continuare con la
ninnananna.che tuo padre ha un sacco in spalla
che è pieno di tante cose:
ha dentro il suo coraggio,
ha dentro la sua paura
e le parole che non può dire
Ninna
nanna dormi bimbo
che ti sogni con un sacco in spalla
per arrampicarti dietro tuo padre
Piccolo,
adesso devi dormire, devi crescere e diventare forte, per seguire il
tuo papà; così lui ti insegnerà a
nuotare, lo potrai imitare nella pesca, lui ti insegnerà
tutto questo, ti insegnerà a diventare grande, ad essere
buono, ma adesso, piccolo mio, devi dormire.
che ti sogni con un sacco in spalla
per arrampicarti dietro tuo padre
In questa
vita che viviamo di nascosto
in questa vita che sogniamo di nascosto
in questa notte che preghiamo di nascosto
in questa vita che sogniamo di nascosto
in questa notte che preghiamo di nascosto
Adesso siamo qui, nascosti per poter vivere quella vita che alla luce del sole non ci sarebbe stata permessa. Noi, che abbiamo dovuto nascondere i nostri sogni, perché qualcuno non li gradiva. È per questo che tuo padre è partito, per non doverci più nascondere. Ed è per questo che, questa notte, nascosta sotto queste coperte, prego. Prego che lui si salvi, che riesca a tornare da noi e che, finalmente, possiamo essere felici. Insieme.
Note dell'autrice: eccomi di nuovo qui, spero che questa one-shot vi sia piaciuta. Come ho già accennato il tutto è nato dalla canzone usata, una canzone che mi ha sempre affascinata, soprattutto dopo la spiegazione che il cantautore ha dato durante uno spettacolo (in pratica sarebbe la risposta che la moglie di un contrabbandiere da al figlio, quando lui gli chiede perchè il padre non è a casa) e l'ho trovata perfetta anche per la situazione di Annie e Finnick. In un primo momento ho immaginato Annie cantarla al figlio già nato, ma non volevo stravolgere la storia originale (e volevo che Finnick fosse ancora vivo, diciamo che si potrebbe collocare più o meno quando Peeta arriva al campo dei ribelli, spedito dalla Coin stessa), così è nata questa storia. Che altro dire, buona Pasqua a tutti!