YOZAKURA*
Ai membri dell’Akane House
Akane inspirò profondamente; i polmoni le si gonfiarono
di ossigeno pieni del dolce profumo dei petali dei ciliegi in fiore.
Quando espirò non fu solo l'aria a lasciarla ma anche
l'enorme macigno che le soffocava il petto. Passeggiava camminando a passi
lenti nel parco cittadino. Aveva girovagato per tutto il pomeriggio attraverso
le strade di Nerima ed il buio, insieme al calare
della temperatura, l’avevano colta impreparata in quella particolare sera a
cavallo tra l'inverno e la primavera.
La ragazza aveva celebrato
lo Shunbun no hi(**) a modo tutto suo. Sperava che la
solitudine e il silenzio l’avrebbero avvicinata più
facilmente alla madre scomparsa. Aveva un gran bisogno di sentire la sua
voce e ascoltare i suoi preziosi consigli. Osservò la grande luna piena. Sembrava sorriderle da
incredibilmente vicino e si sentì rassicurata.
Quella rara combinazione astrale le riportò alla mente i ricordi della
settimana precedente più vividi che mai.
Erano passati anni da quel
fatidico giorno in cui un enorme panda gigante e una ragazzina dai capelli
rossi avevano fatto irruzione in casa sua, ma alcune
cose non erano cambiate di una virgola.
Avevano litigato di nuovo,
come sempre. Il motivo? Nessuno in particolare. Ogni scusa era buona per
sfogarsi l’uno contro l’altra.
Altre cose invece
costituivano una novità. I sentimenti di lei da tempo erano
cambiati, lentamente, e poco a poco si erano trasformati in qualcosa di più,
che non aveva il coraggio di affrontare da sola.
Lei continuava ad insultarlo pesantemente scaricando
tutta la frustrazione che aveva dentro. In un modo o nell’altro doveva
difendersi e rispondere a tono alle accuse sbraitanti di lui. Purtroppo era il
solo modo in cui sapevano relazionarsi. Adesso ignoravano
perfino chi avesse cominciato quel gioco autodistruttivo.
-Chi vorrebbe mai stare
con una racchia come te? Sei solo un maschiaccio dai
fianchi larghi!-
Al momento cruciale del
diverbio, prima che entrambi si rifugiassero come topi nelle loro tane, Akane
lo mise con le spalle al muro con questo ultimatum:
-Se pensi davvero queste
cose…- non c'è la faceva a parlare, era una decisione troppo importante.
Celermente le famiglie Tendo e Saotome si radunarono sul pianerottolo ad origliare. Regnava il silenzio e Akane terminò la frase
nonostante temesse la fin troppo bene immaginata
reazione del ragazzo:
-Sparisci o mi sposi!-
Poche parole che
tagliarono il silenzio di quella stanza così affollata di presenze inopportune
e che risuonarono così forte da far vibrare i muri.
Un’affermazione che li
portava al bivio di una nuova vita e scuoteva le fondamenta di tutte le fragili
relazioni che reggevano il loro mondo.
Si chiuse in camera sua sbattendo violentemente la porta, il tempo sembrava
essersi fermato, faceva improvvisamente più freddo, in quelle quattro mura si sentiva in una bolla lontana mille miglia dal mondo reale
nel quale aveva paura di tornare.
La mattina dopo i suoi incubi divennero realtà. Ranma
aveva scelto la via della fuga.
Era sopravvissuta una settimana senza di lui con la speranza che tornasse ma ormai solo il pallido sorriso della luna la
rasserenava un po’. Era rassegnata ma non disperava. Anche se sarebbe stata
dura dimenticarlo lei ce l’avrebbe fatta, ma così... non
voleva.
Camminare le consentiva di
schiarirsi le idee e le sempre più frequenti passeggiate serali erano un
inconscio tentativo di ritrovare Ranma girando l’angolo di qualche strada.
Non voleva tornare a casa;
a passo incerto percorse gli ultimi cento metri del vialetto del parco che
conduceva fino a quella che era stata definita la collina dei ciliegi. La
primavera era appena iniziata e un ciliegio precoce mostrava al mondo la sua chioma
all’apice dello splendore.
Giunta ai piedi di uno di
quei possenti e meravigliosi alberi si accucciò fra le sue radici alla disperata
ricerca di conforto e protezione.
Si sentiva sciocca e
sperava tanto di non essere vista. Certo, una che piange sotto un albero di
ciliegio, per giunta da sola, non può essere altro che, sì, una sciocca.
La brezza leggera che le
agitava i capelli si trasformò in una ventata gelida che la costrinse a
stringersi in un abbraccio di solitudine.
Ma il freddo clima esterno non era nulla paragonato
al gelo che sentiva crescere dentro di sé. Sentiva la testa e il petto
scoppiare ed aveva il viso tutto rovinato da una
settimana di lacrime e per cosa? Per uno che non la desidera, anzi scappa.
- Maledizione Ranma; dove
sei?- mormorò.
Per quanto cercava di
allontanarlo dalla sua mente l’immagine di lui era
vivida nei suoi pensieri, strafottente come suo solito del dolore che le
procurava.
- Ranma, Ranma, Ranma -
ripeteva sottovoce come una nenia.
Con lui se n’era andato anche
il suo orgoglio; non sopportava gli sguardi pieni di pena che tutti avevano nei
suoi confronti; le aveva portato via il suo orgoglio e adesso voleva solo
riaverlo indietro.
“Ti prego restituiscimelo
perché senza non vivo, non voglio che niente più mi faccia soffrire così, niente.”
pensò afflitta “Rinuncio a tutto l'amore che ho dentro
ma ridammi il mio amor proprio. Ridammi
le mie serate, i miei pomeriggi, le mie notti tranquille, senza questo
sentimento che mi sta trascinando giù fino in fondo. Rivoglio indietro tutta me
stessa. Ti odio.”
Semplicemente odiava ancor
più se stessa per essersi innamorata di lui.
- Ma
cosa ho fatto per finire in tutto questo casino? Me lo merito davvero?-
Si sentiva colpevole di
quel dolore, la scelta di quell’abbandono l’aveva innescata lei ma era
consapevole di aver preso la decisione giusta. Era ancora in tempo per
dimenticarlo. Ma si può dimenticare l’amore della
propria vita? Quello con la “A” maiuscola? L’uomo di cui nonostante tutto ti
senti complice e al quale affideresti la tua stessa vita.
Ranma era questo e molto
di più.
No, non avrebbe mai potuto
eliminarlo dal suo cuore. Amore vuole amore e se è quello
vero è sempre corrisposto. E allora, si chiedeva, perché se tutto questo è vero lui non la ricambiava?
- Perché? Perché a me?-
È come soffocare, avere una malattia incurabile o un fuoco dentro, dove la
linea fra il calore e il dolore è molto sottile. Stava bruciando dentro per lui,
per averlo e soprattutto per farsi volere da lui allo stesso modo. Annullata - ecco
come si sentiva - annullata completamente; impazzita
in piena caduta libera.
Dall’alto dei rami del
ciliegio una figura che si manteneva nell’ombra ascoltava in silenzio.
- Etchiù
- Akane starnutì e subito venne travolta da una
tempesta di petali di ciliegio.
Folle, tanto da poter
vedere Ranma davanti ai proprio occhi avvolto in un
turbine di petali rosa.
Si passò una mano davanti
al viso per asciugare le lacrime e recuperare un po’ di contegno. Era davvero
lui o solo un bellissimo sogno? Non fece in tempo a pronunciare il suo nome che
lui subito la rimbeccò riportandola alla cruda realtà.
-Ma ti sembra il modo di andare conciata a quest’ora della sera? E per giunta
da sola in un parco isolato? Sei sempre la solita ingenua e sprovveduta!-
Akane si fece rossa in
viso, un po’ per le lacrime, un po’ per essere stata colta in un momento di
debolezza e un po’ per la rabbia. Come osava sparire senza dire nulla e
ripresentarsi dopo una settimana con la bocca piena di veleno?!
-Lascia stare- riprese
Ranma - e per rispondere alla tua domanda, sappi che tu non hai fatto proprio
nulla, tutta questa situazione non è colpa tua, almeno non troppo.-
-Cosa!?
Mi stavi spiando?- si agitò lei.
-Sì! Ma,
NO! Cioè… io non volevo!- balbettò come suo solito alle arringhe della giovane.
-Tu non volevi, ma l’hai fatto... E poi che significa “non troppo”?- insinuò la
ragazza collerica.
-Ma mi fai finire Akane!?- sbottò infine.
La situazione stava
rapidamente degenerando nel solito litigio ma poiché solitamente quando litigavano si riferiva a lei con epiteti poco carini,
tacque.
-Grazie.-
Tirò un forte sospiro e si
accovacciò a terra di fronte a lei, occhi dentro occhi,
come se potesse scrutarle nell’anima. Lei era tesa e, per rompere
quell’atmosfera così intima e calda, rimise la maschera pronta a riproporre il copione di sempre:
-Allora!?-
disse con tono stizzito.
-Certo che tu ci tieni
proprio a rendermi le cose difficili!- si alterò il codinato.
Ma quella settimana di isolamento gli era servita per
mettere in ordine le idee e calmare i bollenti spiriti, quindi decise per una
volta che sarebbe stato lui a cambiare le cose e si buttò.
-Grazie per tutto il tempo
che mi hai dato Akane - disse tutto d’un fiato -sono
un pessimo fidanzato.-
Usando il tempo presente
voleva forse far intendere che sparire per una settimana non equivaleva ad una rottura? Akane era dubbiosa ma lo ascoltò
attentamente, sapeva quanto gli erano costate quelle parole.
-Forse non migliorerò mai
e ti capirei se non fossi più disposta a sposarmi. Dopo quello
che ti ho fatto passare in questi anni… e, lo so, in quest’ultima settimana. Ma anche tu sei stata davvero terribile. Ti sei mai chiesta
cosa è significato per me fermarmi, mettere radici, creare legami?-
-Dove vuoi arrivare Ranma?- chiese titubante e, per la
prima volta, Ranma scorse la placida natura di Akane.
-Mi perdoni?- domandò ad occhi languidi pregando per un sì. -Ora sono pronto.- Affermò per rafforzare la sua tesi nel tentativo di
convincerla.
-Per cosa?- chiese acida Akane.
-Perché fai così?-
-Così come? L’importante è che sei tornato.- Lo arronzò la ragazza che non sapeva che altro dire pur di non
esporsi, di non illudersi nuovamente e fare la parte della sciocca. Distolse lo
sguardo dal mare tempestoso che erano gli occhi di Ranma e alzò il capo cercando
sostegno nel pallido volto lunare e per non mostrare al ragazzo che i suoi
occhi a stento trattenevano il pianto.
-Non vuoi provare a
cambiare le cose? Poco alla volta.- Disse Ranma abbastanza sicuro –Insieme.-
continuò in un bisbiglio.
Lei sorrise teneramente e
come due magneti i loro occhi si cercarono creando un legame che non avrebbero più voluto spezzare. Come due sconosciuti che si incontrano per la prima volta questo era il loro colpo di
fulmine.
Il corpo di Ranma cercava
un contatto con la ragazza e la sua mano sfiorò la guancia di
lei, un dito le asciugò una lacrima fuggitiva poi la passò dietro la sua
nuca e l’attirò a sé in un disperato e possessivo abbraccio che nascose il
rossore di entrambi. Akane avvolse le spalle del ragazzo tra le sue braccia,
poteva sentire il respiro irregolare di lui sul collo finché le sue labbra non
si posarono sulla sua pelle. Un dolce tepore la pervase quando Ranma disse:
-Ti amo. Smettiamola di farci del male.-
Le strinse forte la mano
ed ella ricambiò per fargli capire che non era più
solo.
- Ok.- bisbigliò lei in un fremito. Altre parole le si spezzarono fra i denti.
Lui sentiva un vuoto allo
stomaco, lei non aveva risposto alla sua dichiarazione. Poi ripensò al suo
ultimatum “Sparisci o mi sposi!”. Era quello che voleva e lui era pronto a
tutto pur di non perderla.
- Akane sono solo un
ragazzo e non so come andranno le cose. Ma se è quello
che vuoi…- era uno dei discorsi più lunghi che le aveva mai fatto. Sciolse
l’abbraccio e la fissò in un modo che la fece sentire nuda
poi abbassò lo sguardo per l’imbarazzo e si ritrovarono in ginocchio uno di
fronte all’altra.
Ranma afferrò dolcemente
la mano di Akane e le strofinò il dorso con le dita in una timida carezza
cercando in quel contatto di infondersi coraggio.
-Io credo che abbiamo
bisogno di ancora un po’ di tempo, per noi, per conoscerci.-
Quella settimana di isolamento gli era servita, stava cercando di ricordarsi
che prima di parlare doveva collegare il cervello. Doveva smettere di ripetere sempre
gli stessi errori, per smetterla di farla soffrire ed arrabbiare,
per cercare di esprimere ciò che veramente pensava senza essere frainteso e
mandato in un solo colpo a fare compagnia alle trote.
Akane per la prima volta
si rese conto di quanto fosse bella la voce di Ranma quando non sputava
sentenze e stranamente si sentì bene, rassicurata. Con un sorriso incoraggiato
e incoraggiante lo invitò a continuare. Il codinato
era rosso per l’imbarazzo e si grattò dietro la nuca come suo solito. Per lui
era un successo quella reazione della sua ragazza violenta.
Liberò la mano che teneva
quella ragazza e se la portò alla tasca fino a svelarne il contenuto: una
piccola scatolina di velluto blu.
-Io ho accettato il
fidanzamento imposto dai nostri genitori da molto tempo ormai. Io non so se
questo è il momento giusto per noi. Me se è quello che vuoi lo voglio anch’io.-
Il cuore della ragazza le si strinse in petto fino a farle male.
-Oh, Ranma. Grazie,
grazie, grazie.-
Akane pose con decisione
la sua mano su quella di Ranma che custodiva la scatolina e scosse
delicatamente la testa in senso di diniego.
-Hai ragione, non è il
momento.-
-Co-cosa?-
farfugliò Ranma preso in contropiede. Era confuso e non capiva in che
situazione si fosse cacciato.
-Scusami tu, Ranma. Io non
avrei mai dovuto metterti con le spalle al muro. Ero solo arrabbiata.-
-Diciamo pure furiosa.-
sputò Ranma mordendosi la lingua subito dopo.
Lei si accigliò. Erano
dannatamente cocciuti.
Capendo che le cose non
sarebbero mai cambiate, decise di soprassedere, infondo poteva sopportare le
sue frecciatine.
-Lasciami continuare baka. Tu davvero mi ami?- chiese lei.
-Io… beh ecco… come dire…-
l’indole timida e impacciata di Ranma si mostrò al meglio. Akane rinunciò a
ricevere una risposta verbale e cercò i suoi occhi, limpidi e sinceri. Quel
legame così forte che li univa sopperiva alla mancanza di parole e un cenno col
capo abbinato ad un “sì” appena sussurrato fugarono
ogni dubbio.
Akane dischiuse le labbra
in un bellissimo sorriso.
-Anche io ti amo baka. E quella mettila via.- disse indicando la scatolina
–Ci sarà tempo per quella, ma non oggi; un giorno, promettimelo.-
Ranma di nuovo annuì,
sembrava diventato incapace di parlare.
Entrambi si sentirono
molto sollevati, avevano ancora tempo per essere giovani e spensierati, liberi.
Avevano appena posato un tassello importante per la loro felicità ma c’era
tempo per completare il puzzle.
Ranma si alzò in piedi ed aiutò la fidanzata a fare lo stesso. Poi allungò un
braccio verso il ramo più basso è colse un fiore di ciliegio.
-È cominciata la
primavera- constatò porgendole il fiore. In quel gesto
le loro mani si intrecciarono e Ranma chiuse la
distanza premendo le sue labbra su quelle della ragazza.
-Ti amo.- ripeté con voce chiara e decisa. Lei doveva
capirlo, doveva esserne sicura. –Davvero.-
-Ti amo.- gli fece eco Akane. Infine quel contatto di
labbra si trasformò in un vero bacio.
Ranma la spinse con il suo
corpo contro il tronco dell’albero, premeva il suo torace contro il petto della
ragazza, le loro mani si cercavano, e lingue danzavano come in un vortice. Assaporarono
sensazioni fino a quel momento inedite: piacere, desiderio, dolcezza,
sensualità, Amore. Erano a casa l’uno nelle braccia
dell’altra. Le loro menti avevano smesso di farsi la guerra.
Rimasero lì ancora un po’
a respirare l’aria l’uno dell’altra poi udirono un
suono di campana. Si era fatto molto tardi, il parco stava per chiudere.
Faceva ancora freddo e
Ranma cinse le spalle di Akane. Fronte contro fronte i loro nasi si sfioravano, le guance imporporate.
-Avremmo dovuto fare
questa cosa molto tempo fa.- constatò
Ranma.
-Siamo due testoni, eh?- canzonò
Akane.
-Già.-
Mano nella mano si diressero verso casa. Al dito nessun
anello ma in tasca un fiore di ciliegio e una promessa. La promessa di un cambiamento, di un futuro migliore, di una nuova
vita.
Una promessa di primavera.
Fine
Note dell’autrice:
(*) Yozakura (夜ノ桜
lett. "La notte del Ciliegio")
La fan
fiction è ambientata del Parco di Ueno, a Tokyo, luogo rinomato per la celebrazione dell’ Hanami, la tradizionale usanza giapponese di godere
della bellezza della fioritura primaverile degli alberi, in particolare di
quella dei ciliegi da fiore giapponesi, i sakura
(lett. "ciliegio"). Lo spettacolo dei sakura in fiore occupa gran parte della
primavera e si può ammirare da inizio Aprile fino a metà Maggio.
(**) Shunbun no hi (春分の日
) In Giappone il giorno dell'equinozio
di primavera è una festa nazionale
ufficiale che si trascorre visitando le tombe di famiglia e celebrando le
riunioni di famiglia.