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Autore: La Mutaforma    31/03/2013    2 recensioni
Resti stesa, nella sabbia, come gli scogli affranti, che si coprono di verdi ricordi, ripensando alla natura a cui sono stati strappati via, ai fiori che non cresceranno mai accanto a loro, ma alle dita velenose delle anemoni che bruciano come fiele in questo mare di petrolio.
È perché siamo fragili.
E anche la tempesta tace. Il mare si ritira, e trascina via i cocci.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Verrà una tempesta.
E sarai lì, con l’ombrello chiuso, mentre la pioggia cade in rivoli lunghi come lava, tra i capelli e vestiti.
Verrà una tempesta.
E tu sarai lì, bambina mia bella, a guardare come il mare si gonfia e si riversa sulla spiaggia. A rifuggire le forti onde e il vento imperioso, per ritrovare la terra, suo unico e impossibile amore.
Perché non possono fare a meno di toccarsi, pur non potendo diventare un’unica cosa.
E quando viene la tempesta, tu gridi e tiri calci alle onde, e ricadi nella rena bagnata, piangendo a gridando il tuo sconforto, la tua inquietudine, la tua rabbia.
E la spiaggia è sola, bambina mia, quando si riversa la burrasca sui poveri resti fumanti della tua città bruciata, sul tuo misero corpo di cenere.
Quando la spiaggia è abbandonata, nessuno può sentire. Allora si può urlare sottovoce, perché il mondo è sordo e non ci capisce.
Resti stesa, nella sabbia, come gli scogli affranti, che si coprono di verdi ricordi, ripensando alla natura a cui sono stati strappati via, ai fiori che non cresceranno mai accanto a loro, ma alle dita velenose delle anemoni che bruciano come fiele in questo mare di petrolio.  
Vorresti dormire, bambina, ma il mare non è il tuo lenzuolo, e i tuoi capelli non sono sabbia.
E tu sei lì, che navighi in un cielo grigio che brucia, nella devastante luce di un sole troppo lontano e che non esiste per nessuno. 
 
Gli occhi chiusi che hanno l’odore del sale piangono.
Piangono perché pungono, perché si stringono, perché si chiudono.
Perché sono occhi ciechi che vedono la terra che brucia, il mare che si gonfia, le onde che scappano e stringono nelle loro sottili dita bianche di spuma la riva sfuggente.
Non c’è nessuno sulla spiaggia quando piove. Si può gridare, e si può pensare.
E tu pensi a quanto sei fragile, perché nemmeno la pioggia ti rasserena. Nemmeno la tempesta lascia che tu pianga, che tu grida, perché il mare copre la tua voce.
Ha il rumore di un violino scordato. Il mare nero sotto la pioggia. Una corda solitaria che suona note che nessuno può sentire.
 
È perché siamo fragili.
E anche la tempesta tace. Il mare si ritira, e trascina via i cocci.
Perché sei fragile. Ti frantumi. E non fai rumore.
   
 
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