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Autore: vampirella    31/03/2013    4 recensioni
Missing moment della coppia Natasha/Clint. Ri-editata.
'Sapevo che saresti venuto.'
'Mai abbandonare una missione'
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Natasha Romanoff era stanca. L’inseguimento l’aveva sfinita e la sparatoria aveva lasciato segni evidenti sul suo corpo pallido. Nella penombra del suo piccolo appartamento, ai margini della capitale ungherese, si tolse i vestiti impregnati di sangue, trattenendo le bestemmie che affioravano dalle labbra sempre più rapidamente per poi spegnersi in un sospiro.

Maledetto agente. Aveva deciso che lo avrebbe fatto fuori: nessuno le rovinava una missione come quella e rimaneva vivo. Era questione di principio. Poche ore per riprendere le forze e poi fuori, nella fredda Budapest, in cerca di quel maledetto. Ancora aveva davanti ai suoi occhi il suo sguardo deciso e le sue mani ferme, disposte in ordine su quell’arco. Era buffo trovare un assassino che prediligesse un’arma non tradizionale, per non dire desueta. Chissà chi era il suo fornitore, chi si dava pena di costruire un tale capolavoro di tecnologia come arma di morte.

La donna, ormai in reggiseno e slip, si diresse verso il bagno. Accese il faretto che illuminava lo specchio e si guardò. Il mezzobusto superiore era pieno di graffi e contusioni. Il braccio, coperto da un bendaggio di fortuna ormai lurido, era messo abbastanza male. Sospirando di nuovo prese una valigetta del primo soccorso e cominciò meticolosamente a ‘ripararsi’: alcool per disinfettare, cerotti per ferite lievi, bendaggi per quelle più profonde. Nessun organo in procinto di fuoriuscire, pensò sorridendo la rossa. Per lo meno c’era qualcosa di positivo in quella giornata.
Seduta sul bordo della vasca ormai rovinata dal troppo uso terminò di eseguire l’ultimo medicamento. Chiuse la valigetta e, a piedi nudi, raggiunse la porta del bagno e la spalancò di scatto.

Sentì il tipico rumore del naso rotto nel giro di pochi secondi.

Subito si piegò, udendo il sibilo di un braccio passarle sopra la testa. Mettendo tutto il suo peso su una gamba lanciò l’altra verso il nemico, che cadde supino sulla moquette dal disgustoso color senape. Natasha saltò su di lui, ricadendo con tutto il suo peso su quel corpo elegantemente modellato dal duro allenamento fisico.
- Sapevo saresti venuto. – disse lei, languida. L’uomo sorrise enigmatico sotto la benda che teneva legata al viso per rendersi irriconoscibile. La ragazza la strattonò via.
- Mai abbandonare una missione. – aggiunse lui appena lei le liberò la bocca. In pochi secondi lui fece perno sulle braccia e lanciò sé stesso e la donna lontano dal pavimento. Come un gatto Natasha si rimise in piedi e lanciò un pugno verso il basso ventre del nemico, ma l’uomo lo evitò, le prese il braccio e le fece compiere un giro su sé stessa. Si ritrovarono stretti in uno strano abbraccio, la schiena di lei appoggiata sul suo petto, il suo braccio intorno alle spalle, sopra il suo seno. La russa sentì il fiato dell’assassino sul collo.
- Stasera ti ucciderò. – soffiò fra i denti la donna prima di piantargli una gomitata fra le costole. L’uomo cercò di trattenerla nonostante il dolore, ma velocemente la rossa lo spinse verso il muro facendolo cozzare rumorosamente contro uno dei mobili della stanza. Dei bicchieri caddero con un rumore assordante e i cocci si sparsero per il pavimento, ferendo i piedi della donna. Nonostante la difficoltà in cui l’aveva messo quella mossa, l’uomo evitò il pugno che gli stava arrivando sul viso e capovolse la situazione: prese di peso la donna e come una furia la sbatté a sua volta contro il muro. Le imprigionò le mani con le sue e cercò di riprendere il fiato.

Natasha lo guardò con tutto l’odio che poteva provare in quel momento: nessun uomo era mai riuscito a batterla e neanche questo ci sarebbe riuscito. Non quella sera. Osservò i suoi occhi verdi e il suo naso grondante di sangue.
- Tu morirai stasera. – ripeté la donna. Con un moto di soddisfazione poté costatare che anche lui aveva subito numerose ferite dallo scontro di quella giornata. I tagli gli ricoprivano le braccia lasciate nude dal giubbotto antiproiettile e dalla canotta nera che portava per confondersi nella notte.
- Non mi sembri nella posizione giusta per affermarlo. – replicò l’uomo, tranquillo. Dall’accento sembrava americano. Prima ancora che egli potesse finire la frase Natasha gli sputò in faccia. Lui chiuse rapidamente gli occhi per proteggersi da tale attacco ma non allentò la presa sul suo prigioniero. Non era stupido, chiaramente la rossa cercava di creare un diversivo, ma il livello di collera che appariva sul volto di lei contrastava con la freddezza del combattimento a cui aveva partecipato poco prima. Pian piano l’uomo riaprì gli occhi, sorpreso, e la baciò.
L’americano si allontanò da lei senza mollare la presa, e per qualche secondo i due si guardarono, sorpresi e ansanti. Poi lui lo fece di nuovo. Lei, incapace di liberarsi, gli morse a sangue il labbro inferiore, ma invece di causare una reazione all’uomo ed allontanarlo questo reagì avvicinandosi ancora di più a lei, intensificando le sue attenzioni.
Per la prima volta nella sua lunga carriera Natasha sentì il bisogno di arrendersi. Una strana sensazione s’impossessò della spia russa, un misto di frustrazione ed eccitazione la invase. Era come confusa, inebriata, incapace di un pensiero razionale mentre le mani di lui le prendevano delicatamente il viso. Ciò che provava in quel momento era completamente nuovo, eppure sentiva che anche lui stava provando lo stesso. Non erano più due combattenti, non eseguivano più gli ordini. Le loro fredde menti calcolatrici si erano come resettate nel momento in cui si erano guardati negli occhi.
Natasha ricambiò sempre con più trasporto. L’uomo la sollevò e la scaraventò sul letto.
- Scarica le armi. – disse lei, puntandosi sui gomiti per non perdere la visuale. Lui rise, poi lentamente tirò fuori ognuna delle sue pistole e le liberò dai proiettili, facendole infine cadere sul pavimento con un tonfo sordo. La donna le guardò silenziosamente, un po’ stupita che un sicario fosse così tranquillo nel liberarsi della sua attrezzatura. Quella sera non aveva il suo arco, constatò.
Improvvisamente Natasha si rese conto che l’uomo era sopra di lei e le stava accarezzando la gola con i suoi baci. Natasha gli sfilò delicatamente le giubbe. Lo liberò dai suoi vestiti, circondandolo con un abbraccio. Lui le scostò i capelli e s’immerse nel suo profumo. - Perché? – sussurrò lei. I respiri della coppia si confusero nella semioscurità della camera, mentre i pochi lampioni ancora accesi le permettevano di vedere giusto i lineamenti del corpo dell’uomo.
- Tanto vale divertirsi prima di morire, no? – Lei tentò di ridere al sarcasmo di lui ma le parole le si spensero sulle labbra. La spia e il sicario, la russa e l’americano non erano più nulla se non due persone, in quella notte che passava veloce sulle loro ferite, sulle loro vite.ù


 
- Sai, forse non ti uccido. –

- Forse neanche io. –

- Nemici come prima? –

Lui si alzò dal letto sfatto e cominciò a rivestirsi. La donna lo osservò in ogni suo piccolo particolare, pretendendo di scolpirne nella memoria il suo ricordo. Si rese conto che quella notte si era data completamente a un uomo che neanche qualche ora prima aveva cercato di ucciderla a sangue freddo. Sorrise fra sé nel pensare a quanto le era piaciuto stare intrecciata a quella macchina di morte, a sentire il suo respiro sulla pelle, a osservare quegli occhi maliziosi cercare il suo viso.

L’uomo prese le sue pistole, scariche, e le rimise nelle fondine. Si girò verso la donna e le concesse un sorriso. – Allora alla prossima, Vedova Nera. –

- Sì. – si limitò a dire lei, mordendosi un labbro. – Aspetta. –

L’uomo aveva aperto la porta della camera e stava per uscire quando Natasha lo aveva chiamato. Si girò curioso verso di lei.
- Come ti chiami? – la donna si pentì di avergli fatto una domanda tanto stupida, così da principiante. Si aspettò una risata di scherno dall’uomo, che però non venne.
Lui la osservò a lungo, assorto. Infine, mentre chiudeva la porta dietro di sé, sussurrò. – Chiamami Occhio di Falco. -




Prima storia dedicata a questa coppia di agenti segreti. Mi è venuta d'impulso quindi mi scuso se risulta scontata. So che girano molti missing moments su questi due (generalmente pre- Avengers) così ho deciso di dare una mia personale visione, sebbene molto parziale.
Niente, fatemi sapere se vi piace. Colgo l'occasione per pubblicizzare altre mie fic, sempre sugli Avengers: A prova di proiettile, Orgoglio e Pregiudizio: antologia a stelle e strisce, Avengers Assemble: la guerra dei Robot e alcune drabble e one-shots. Le trovate sulla mia pagina di Efp :)
Alla prossima!

   
 
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