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Autore: but honestly    01/04/2013    5 recensioni
«Du-du-du-dum. Can you hear it? The sound of drums...». La discesa di un timelord verso la follia, l'agonia insopportabile di un innocente che lo conduce improvvisamente al peggiore dei crimini.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Master - Simm
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Delle volte se lo chiedeva.
Come sarebbe stata la sua vita, se fosse rimasto sul suo pianeta.
 
Se quella guerra non fosse mai iniziata, se la sua razza non si fosse estinta; se non avesse mai dovuto volgere lo sguardo verso il vortice del tempo, verso ciò che era stato, ciò che era e ciò che ancora avrebbe dovuto essere. Verso i tamburi.
 
Du-du-du-dum.
 
Una fitta lancinante gli penetrò il cranio, ogni volta l’intero universo sembrava collassare, piegarsi su sé stesso e crollare su di lui: intero, a gravare sulle sue spalle troppo esili e deboli per sostenerlo.
 
Can you hear it?
 
Eccole, loro, di nuovo. Sibilavano, sottili e taglienti, quelle piccole voci fastidiose: come lame acuminate erano, ecco come! Le sentiva, lo circondavano, gli affollavano la mente un dopo l’altra, senza mai ostruire la porta d’entrata e ben lungi dal fuggire via.
 
Du-du-du-dum.
 
Si prese la testa tra le mani, le palpebre strette tra loro in una morsa ferrea, i denti digrignati in una smorfia di dolore. I due cuori che, palpitando all’unisono, scandivano quello stesso ritmo che aveva significato la sua follia. Quattro rintocchi, sempre, sempre.
Non sarebbe finito mai.
 
Du-du-du-dum.
 
Can you hear the sound of drums?
 
Strinse le ciocche di capelli biondi tra le dita sottili, le lacrime che gli solcavano il viso sporco. Rannicchiato in un angolo della landa desolata in cui si trovava, il glorioso Maestro veniva così colto nel più vile degli atti che potesse immaginare.
Il più umano.
Lui, un signore del tempo che tanto aveva combattuto quella stirpe.
«Silenzio, silenzio, fate silenzio!» ordinò tutto d’un fiato, effettivamente senza rivolgersi a nessuna specifica presenza che non fosse rappresentata da quei fastidiosi sussurri. Non gli suggerivano nulla di particolare: per lo più erano frasi inarticolate, a volte sopraggiungevano urli acuti e grida. Lo assordavano.
Erano le voci di Gallifrey.
Il pianto della sua gente.
«Fate silenzio!» tuonò. Gli occhi lucidi spalancati verso il vuoto.
 
Du-du-du-dum.
 
«Voi non capite, non sapete…» balbettava quasi incomprensibilmente, chiudendosi sempre più in sé stesso, sempre più lontano da tutto ciò che lo circondava.
Il vortice del tempo distorceva le idee, deformava la realtà, la sua realtà. Con quale diritto lo avevano proiettato verso un’agonia simile?
A chi riservare una sorte simile, se non alla peggiore delle carogne?
Era solo un bambino.
Ormai non distingueva più i suoi pensieri da quelle voci che infestavano il suo intelletto. «Dottore…» dov’era lui? Viaggiava, spensierato, felice. La mente libera, tutta un’eternità a disposizione per svagarsi quanto più avesse desiderato.
Mentre lui soffriva, mentre il suo petto scoppiava e avrebbe voluto soltanto sparire, nel silenzio della fine.
 
Du-du-du-dum.
 
Silenzio, vuoto, poi più nulla. Soltanto la sconfinata armonia del non essere.
La fine del tempo. L’unico rifugio che gli avrebbe garantito la pace che tanto agognava.
Quella felicità che era sempre stata il suo unico anelito.
Sicurezza, stabilità, conforto.
«Non sto impazzendo… N-non…» no, non riusciva a capire. Anche le sue parole erano diventate un brusio lontano e soffocato dal suono di quei tamburi.
 
Du-du-du-dum.
 
E tu? Puoi sentirlo?
 
Riesci a sentire il suono dei tamburi?

 

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Note dell’autrice ~
 
Nghè ~ ci ritroviamo qui ancora una volta! No, in realtà non so perché ho scritto questo. Mi sono sentita improvvisamente ispirata e ho buttato giù qualche riga.
Il personaggio del Maestro mi ha sempre affascinata, la sua personalità ancora di più.
Stavolta ho voluto rappresentare una discesa simbolica di Master attraverso la sua follia, ciò che l’ha inconsapevolmente spinto alla “fine del tempo”.
Spero che abbiate gradito questo breve spezzone della sua vita reinterpretato brevemente da me, perché l’ho veramente scritto così, su due piedi.
Alla prossima!
 
River ~

   
 
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