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Autore: lafilledeEris    01/04/2013    2 recensioni
Sebastian era steso sull’erba, che iniziava a ricoprirsi di brina.
“Perché l’hai fatto?” Kurt ruppe il silenzio dopo un lungo sorso alla sua Guinnes.
“Cosa?” domandò il francese.
In quel momento erano stesi supini viso contro viso, coi corpi sistemati in sensi opposti, si passavano la stessa bottiglia. Come se quel gesto potesse aiutarli a condividere il dolore. In una bottiglia può starci tutto il dolore che sta in un cuore stanco?
Partecipa alla challenge indetta dal gruppo "I call him mine- Kurtbastian Italian Group" con il prompt Drunknight
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Luh, donnina tutta d’un pezzo
Con la speranza di essere una buona sorella maggiore;
A chi mi abbraccia da lontano;
A chi salva la notte da se stesso.

 
 
 

Pulviscolo di stelle
-Per colpa dell’alcool-

 
 

"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte."
(Edgar Allan Poe)

 
 
 
Ore 02:00

 
 
 
Kurt Hummel non avrebbe mai creduto che fosse possibile. Eppure, quella sera nulla – niente e nessuno- avrebbe potuto immaginare che si sarebbe trovato in una situazione come quella: era solo in un pub a bere. 
Si sentiva vuoto, con l’anima usata e consumata e un dolore all’ altezza dello stomaco che solo l’alcool poteva lenire.
Suo padre. Suo padre che non ci sarebbe stato perché qualcuno lassù aveva deciso che doveva andarsene prima del tempo.
Sarebbe rimasto solo. Come quella sera, in quel pub, arrampicato su quel vecchio sgabello consunto – come ci si arrampica alla vita- a fissare il nulla. 
Fissava il bicchiere, sperando che potesse infondergli speranza e risposte. Invano.
Perché in quel momento si trovava in quel vecchio pub strapieno di persone, ma si sentiva solo. Come quando in un mondo affollato e chiassoso lui vedesse solo le bocche muoversi, senza udire rumore.
Tutto scorreva lento. Lui si sentiva sempre più spento, mentre ogni volta che avvicinava il bicchiere alle labbra si concentrava sul gusto d’alcool che gli invadeva la bocca, la gola, giù sino allo stomaco.
Colmare la solitudine con Jack, Shirley e altre simpatiche persone [1] sembrava la cosa più giusta da fare.
Il barista lo guardava, come a domandargli tacitamente quanto ancora sarebbe rimasto al bancone.
Magari era lì da davvero tanto tempo. Troppo.
“Non dovresti essere qui da solo” si sentì dire.
Quando si girò, trovò davanti a sé l’ultima persona al mondo che credeva potesse trovarsi in un posto come quello.
Sebastian.
“Lasciami in pace” sussurrò, abbassando lo sguardo, rafforzando la presa sul bicchiere.
Il freddo del ghiaccio – chissà se anche lui sarebbe diventato così freddo una volta morto – gli intorpidì i polpastrelli.
“Non dovresti essere qui” ripetè Sebastian.
“E dove dovrei essere?”

 
Ore 03:45

 
 
 
Sebastian era steso sull’erba, che iniziava a ricoprirsi di brina. 
“Perché l’hai fatto?” Kurt ruppe il silenzio dopo un lungo sorso alla sua Guinnes.
“Cosa?” domandò il francese. 
In quel momento erano stesi supini viso contro viso, coi corpi sistemati in sensi opposti, si passavano la stessa bottiglia. Come se quel gesto potesse aiutarli a condividere il dolore. In una bottiglia può starci tutto il dolore che sta in un cuore stanco?
“Mi hai portato via da quel bar” disse Kurt, mentre prendeva un altro sorso di birra, leccandosi le labbra, prima di porgere la bottiglia di nuovo a Sebastian.
“Ma non ti ho portato via da te stesso” sussurrò Sebastian, prendendo la bottiglia.
“Ma continuo a non capire il perché”.
“Perché nessuno deve stare solo. Non quando l’unica compagnia che ha è una bottiglia che si svuota più velocemente di quanto non faccia il cuore”
“Che ne sai del mio cuore?” 
“Fidati, ne so abbastanza”
Kurt si drizzò sui gomiti, per aprire un’altra bottiglia. 
Un’altra bottiglia. Altro dolore. 
“Sebastian Smythe, sei strano.”
“Perché?” il ragazzo chiamato in causa arcuò le sopracciglia, mentre prendeva una bottiglia di Jack Daniels, che aveva lì accanto.
“Perché mi aiuti. Tu” calcò sull’ultima parola “ che aiuti me” s’indicò.
“Tu” lo indicò “ che bevi qualcosa più pesante di uno Shirley. Questo è strano”.
Kurt sospirò pesantemente, lasciandosi andare di peso, contro il manto erboso.
Chiudendo gli occhi sentiva la testa leggera che veniva trascinata in un vortice. In quel posto – un luogo imprecisato del mondo ( forse solo nella sua testa) – i problemi non esistevano.
Il cuore non batteva perché non ne aveva bisogno. Perché era in quel momento – quell’attimo in cui le particelle del mondo collidevano – che la vita e la morte si scontravano. 
Una battaglia persa in partenza. Proprio come cercare di raggiungere le stelle sopra le loro teste. Così lontane, così beffarde. Erano lì e non si avvicinavano nemmeno grazie all’alcool. Kurt avrebbe voluto essere un bollicina, avrebbe preso per mano Sebastian e lo avrebbe portato su una stella. Lì avrebbero guardato il mondo con distacco. Avrebbero solo bevuto, fino a che non sarebbero diventati pulviscolo di stelle essi stessi.
Arrivare alle stelle era facile. Ma essere una stella, quello ero più complicato, sarebbe dovuto sparire – un po’ come morire – per far parte dell’infinito.
 

You and me and a bottle of wine 
going to hold you tonight 
Well we know I'm going away 
and how I wish, I wish it weren't so 
So take this wine and drink with me 
let's delay our misery 




 
Ore 05: 47
 
 
Kurt rideva. Rideva di gusto, come non succedeva da tempo immemore.
“E così alla fine abbiamo trovato Nick e Jeff…”
“Con le mani nel sacco” continuò Kurt.
“Avrei detto nel pacco” fece spallucce l’altro “ ma può andare bene lo stesso”.
“Sebastian!”
“Kurt!” gli fece il verso.
Non si seppe mai il perché, ma Kurt quella sera decise che aprirsi con Sebastian fosse la cosa migliore che potesse fare. Non erano mai andati davvero d’accordo, ma quella sera – complice l’alcool e qualcosa da dimenticare- era stato facile non opporre resitenza.
Così, eccoli, in macchina di Sebastian a parlare di tutto e niente. A camuffare il dolore e i troppi pensieri come abili Pierrot, con maschere di una notte.
“Kurt?” domandò Smythe mentre si allungava verso il ragazzo. Quando l’altro si voltò fu facile trovarsi occhi negli occhi. Sebastian poggiò la sua fronte contro quella dell’altro.
Stare in bilico sul filo di un paio di labbra era un modo per dare la possibilità a Kurt di scansarsi.
Ma stare così era già abbastanza. Forse la fine di tutto, o l’inizio di qualcosa.
Tutto merito – o colpa- dell’alcool.
 

Save tonight 
and fight the break of dawn 
Come tomorrow 
tomorrow I'll be gone 



 
 
[1] Nomi di liquori e drink                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   
 
 
Ho scritto questa storia in un momento un po’ critico, ma ho capito che c’è chi apprezza ciò che faccio, quindi se non lo faccio per me, lo faccio per loro.
Ho amato il prompt, davvero e dovevo farmi perdonare l’assenza all’ultimo. Se volete ditemi che ne pensate.
La canzone citata è “Save Tonight” degli Eagle Eye Cherry.
 
 
   
 
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