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Autore: DigitalGenius    02/04/2013    5 recensioni
«Eih, BB. Perché ti sei fermato?»
Beast Boy si sollevò indispettito, ripulendo le ginocchia da uno strato di sporco probabilmente inesistente. «C’è di nuovo quell’odore. Annusa, non puoi non sentirlo, adesso»
Cyborg annusò in giro un’altra volta. «Io non sento nulla» ribadì.
«Mi stai dando del pazzo?» lo fulminò l’amico.
Il robot scosse la testa. «Sto solo dicendo che io non lo sento. Forse tu lo senti per via del tuo potere»
Beast Boy si fermò a pochi metri dalla porta della sala principale. «Il mio superpotere, giusto. I miei sensi animali sono più sviluppati dei tuoi. Sento ancora la puzza del sudore di Robin»
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Beast Boy, Raven, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FUORI PROGRAMMA


Sembrava un pomeriggio come tanti. La baia di Jump City, vista dal salotto dei Titans, appariva come una cartolina, con le sue migliaia di luci che si specchiavano nell’acqua.
L’aria era tranquilla, mentre il sole calava all’orizzonte lasciando che la sera oscurasse la città. La T-Tower era l’unica luce dell’isola ed i suoi abitanti erano sparpagliati per le sue stanze, liberi di fare i propri comodi in un momento in cui nessun supercattivo disturbava la quiete dei cittadini.
Seduti comodi sul divano due ragazzi provavano il loro nuovo videogame, esultanti, estasiati ed emozionati oltre ogni immaginazione. Erano lì da un’ora buona, ma la concentrazione e la voglia di giocare non era ancora passata, tanto più che nessuno era ancora andato a disturbarli.
Senza distogliere lo sguardo dallo schermo Beast Boy strizzò gli occhi, agitò il joystick come un forsennato e strinse la lingua tra le labbra, rischiando quasi di mozzarsela quando, una volta vinta la partita, esultò saltando sul divano e sollevando le braccia al cielo.
«Ti avevo detto che avrei vinto» strepitò. Si risedette sul divano, completamente scomposto. Prese un grosso sospiro soddisfatto e si stiracchiò, mentre Cyborg grugniva di disappunto dall’altra parte del divano.
«Non è ancora detta! Voglio la rivincita, adesso!» si lamentò l’altro seccato, poi sorrise ampliamente e continuò: «E questa volta puoi essere sicuro che ti batterò»
Concentrati com’erano, impegnati nello scontro per tutto il tempo che il sole era calato, non si erano resi conto che la stanza era ormai rimasta al buio. Nessuno dei due si era preoccupato di accendere la luce, restarono quindi accecati e dovettero coprirsi gli occhi quando Robin si fece avanti, raggiungendoli dal corridoio e squadrandoli contrariato.
«State ancora giocando? Non state esagerando?»
I due scossero la testa convinti, poi sorrisero e si prepararono per tornare al loro passatempo preferito, ma Robin l’interruppe. «Ragazzi, che ne dite se andate in città a prendere qualche pizza?»
Beast Boy sbuffò. «Perché noi?»
Robin scrollò le spalle, attirando con un gesto l’attenzione sulle proprie condizioni; il costume gli stava appiccicato addosso per via del sudore ed i capelli scuri erano scesi, umidi contro la fronte ed il collo. Era evidente che fosse reduce da un duro allenamento. «Io devo farmi la doccia, ma potete chiedere a Starfire di andare al posto vostro. A vostro rischio e pericolo»
I ragazzi rifletterono sulle opzioni. Immaginarono la loro amica sorvolare la baia con i cartoni di pizza stretti tra le braccia, rischiando di farli precipitare in acqua per distrazione e comunque troppo esposti alle intemperie. Non era una situazione da prendere un considerazione. La loro cena avrebbe viaggiato al sicuro nel cofano dell’auto di Cyborg, al caldo.
«Stiamo andando», informò il robot chinando la testa ed iniziando a spegnere playstation e televisione.
«Non impiegateci troppo» raccomandò Robin vedendoli uscire dal salotto.
Beast Boy fece un cenno con una mano, senza voltarsi. La porta scorrevole si chiuse alle sue spalle mentre l’amico lo precedeva in direzione dell’ascensore.
«Allora, che fai lì fermo?» lo richiamò l’amico impedendo alle porte di richiudersi. Beast Boy aveva sollevato il volto ed allargato le narici, annusando in giro. Gli lanciò un’occhiata confusa e tornò ad annusare. «Non senti anche tu quest’odore?»
Cyborg sollevò un sopracciglio, poi annusò a sua volta. «Quale odore? Io non sento nulla»
«No? Davvero? Eppure diventa sempre più forte…» si lamentò il mutaforma raggiungendo l’amico in ascensore.
«Amico, la fame ti fa avere le allucinazioni» lo schernì Cyborg premendo il tasto del piano terra. Le porte si chiusero davanti a loro e l’ascensore prese a scendere velocemente.

Robin abbandonò la stanza principale poco dopo. Aveva passato l’intero pomeriggio ad allenarsi ed ora aveva l’impressione di aver perso tutti i suoi liquidi con il sudore. In breve tempo si era scolato almeno un litro d’acqua. Sperava che questo non gli avrebbe rovinato l’appetito, ma aveva avuto talmente tanta sete che non gli importava davvero.
Appena davanti al corridoio incrociò Raven, che fluttuava nella sua direzione. «Eih», le disse accennando un sorriso.
«Eih» rispose lei apaticamente passandogli accanto e dirigendosi in cucina.
«Cyborg e Beast Boy sono andati a prendere le pizze» la informò il Ragazzo Meraviglia frettoloso. Non vedeva l’ora di liberarsi dell’odore del sudore in cui sembrava essere stato inzuppato di peso.
Raven afferrò la tazza per poggiarla sul bancone, riempì la teiera con l’acqua e la mise sul fuoco, aspettando.
La meditazione era indispensabile, in quel periodo del mese, ma riusciva talvolta ad essere anche alquanto inutile, se non affiancata da una buona tazza di tè bollente.
Raven incrociò le braccia in attesa, appoggiandosi di spalle contro il bancone, aspettando in religiosa attesa che la teiera fischiasse.

«Sono arrivate le pizze!» strepitò Cyborg uscendo dall’ascensore. Le sue grida si erano probabilmente sentite per almeno due piani, richiamando all’attenti tutti i compagni di squadra. Era lui a reggere le pizze tra le mani, mentre Beast Boy faceva strada con decisione. Ma il ragazzo verde si fermò di botto, in mezzo al corridoio, finendo per essere investito in pieno dal passo concitato dell’amico e ruzzolando per terra.
«Eih, BB. Perché ti sei fermato?»
Beast Boy si sollevò indispettito, ripulendo le ginocchia da uno strato di sporco probabilmente inesistente. «C’è di nuovo quell’odore. Annusa, non puoi non sentirlo, adesso»
Cyborg annusò in giro un’altra volta. «Io non sento nulla» ribadì.
«Mi stai dando del pazzo?» lo fulminò l’amico.
Il robot scosse la testa. «Sto solo dicendo che io non lo sento. Forse tu lo senti per via del tuo potere»
Beast Boy si fermò a pochi metri dalla porta della sala principale. «Il mio superpotere, giusto. I miei sensi animali sono più sviluppati dei tuoi. Sento ancora la puzza del sudore di Robin»
Si fecero strada ed oltrepassarono la porta scorrevole.
Cyborg si diresse immediatamente verso il divano, dov’era chiaro che avrebbero consumato la cena, ma sentì la presenza di Beast Boy che si allontanava rapidamente e lo cercò con lo sguardo, non riuscendo a trovarlo.
«BB? Che stai facendo?» lo richiamò quando lo sentì guaire da dietro il tavolo della cucina. Il cane verde abbaiò un paio di volte prima di considerarlo. Riprese la sua forma umana e spiegò: «Sto seguendo l’odore, qui è davvero concentrato»
Cyborg fece roteare gli occhi, poi riprese a camminare e poggiò le pizze sul tavolino. «Lascia stare, Segugio. Prendi i bicchieri, che gli altri saranno qui a momenti»
Beast Boy chinò il capo, obbedì, ma l’odore invadeva ancora le sue narici attirando tutta la sua attenzione. «D’accordo» disse incerto spalancando l’armadietto.
Starfire irruppe nella stanza coinvolgendoli con il suo consueto entusiasmo, accompagnata da Robin, che si diresse immediatamente al divano.
«Allora, ragazzi, avete preso la pizza con la maionese?» domandò la ragazza esaltata.
I ragazzi deglutirono, immaginandone il sapore.
«Non esiste, sulla terra, qualcosa di simile. Dovresti saperlo, ormai» le disse Robin serio.
Il sorriso di Starfire si spense un istante, ma poi si riaccese più splendente di prima. Svolazzò sfrecciano affianco a Beast Boy, che stringeva con una mano cinque bicchieri di plastica colorati impilati uno nell’altro e stava raggiungendo gli altri con calma.
«Vorrà dire che la aggiungerò personalmente» annunciò la principessa aliena afferrando il vasetto di maionese dal mobiletto della cucina.
Robin rabbrividì, tentando di non immaginare il sapore dell’inconsueto miscuglio che ne sarebbe uscito. Si sedette sul divano in attesa, con l’acquolina in bocca, trattenendosi nell’attesa dell’arrivo dell’ultimo membro dei Titans.
Batté le dita sul cuscino del divano con impazienza e aprì la bocca per domandare dove fosse finita Raven, quando lei entrò nella sala con la sua solita tranquillità, attirando in un sol colpo tutta l’attenzione di Beast Boy, che non poté evitare di sollevare leggermente il volto ed inspirare forte.
Raven gli passò davanti ignorando la sua espressione persa e sistemandosi ad un estremo del divano, Cyborg le porse la sua pizza ed aprì la bottiglia di coca-cola, cercando sul tavolino il bicchiere in cui versarla. Ma BeastBoy era rimasto a distanza, e lo reggeva ancora in mano assieme agli altri.
L’amico lo richiamò corrucciato. «BB? Ti sei perso?»
Il mutaforma si riscosse improvvisamente e lo fissò confuso. «Cosa?» domandò.
Robin gli fece un cenno, indicandogli le mani impegnate. «I bicchieri, portali a tavola»
«Oh… giusto» borbottò il ragazzo imbarazzato spiccando un salto. Atterrò bruscamente affianco a Raven, che si mosse quel tanto che bastava per non perdere l’equilibrio. Distribuì i bicchieri e, mentre Starfire, Robin e Cyborg si avventavano sulla pizza, lui si fermò un istante a rimuginare.
Lanciò un’occhiata a Raven, tirando su con il naso. «Sei tu!» esclamò all’improvviso.
Cyborg lo squadrò confuso, e il ragazzo verde gli spiegò immediatamente: «È lei, è il suo odore che sentivo» poi si rivolse direttamente a lei, «Che profumo ti sei messa?» le domandò.
«Io non ho messo nessun profumo» rivelò Raven seria afferrando una fetta di pizza e mordendola con foga.
Ma il ragazzo non si diede per vinto, afferrandole un polso e fiutandolo sonoramente.
«Tu lo sai che questo non è educato, vero?» lo informò lei sospirando, riprendendosi la mano e strisciando sul divano per allontanarsi da lui.
Le orecchie di Beast Boy si abbassarono leggermente e lui chinò lo sguardo colpevole. «Hai ragione, mi dispiace. È solo che il tuo odore oggi è strano, ed è più forte di quello del sudore di Robin, dell’acqua di colonia di Cyborg e di quello del quintale di profumo in cui si è immersa Starfire tutti insieme!»
«Più forte anche del fetore di quella discarica che è la tua stanza?» lo prese in giro l’amico meccanico.
Beast Boy ci rifletté un istante. «Si, credo di si». Lanciò di nuovo un’occhiata all’amica, che ora aveva un dito nel colletto del suo body e lo allontanava dalla pelle come se le causasse fastidio. Non era una giornata fredda, ma neanche tanto calda da trovare scomodo un abbigliamento accollato tipicamente invernale, e quel gesto non era consueto, in Raven, che non si scomponeva mai e per nessuna ragione.
Continuò a fissarla, fino a ché lei non sospirò rassegnata. «Ti da tanto fastidio? Vuoi che vada a farmi una doccia?»
«No, non è un cattivo odore» le rispose il ragazzo. «È solo strano. Non è il tuo solito odore»
«Ho un solito odore?» si stupì curiosa Raven allora. «E qual è?»
Beast Boy ci rifletté un istante. «Non credo di poterlo definire. È solo il tuo odore, punto e basta»
Gli amici lo guardarono straniti, tanto confusi che sembravano aver dimenticato le fette di pizza che stringevano tra le mani. Lui si sentì chiamato in causa, quasi messo sotto torchio per tutta l’attenzione che aveva riservato a Raven nell’ultimo paio di minuti.
Starfire attirò la sua attenzione per domandargli: «Stai dicendo che Raven ha un cattivo odore?»
«Ho già detto che non è cattivo, solo… intenso…» si trattenne dal tornare ad annusarla e prese un intero cartone di pizza, concentrandosi sul condimento vegetariano per evitare di dare di nuovo spettacolo. Ma non poteva comunque evitare di percepire quell’odore persistente, che lo distraeva completamente da tutto il resto. Mandò giù un gran sorso di aranciata e trattenne il bicchiere contro il naso, in modo da poter verificare l’intensità della traccia che era rimasta sul suo palmo quando aveva afferrato la mano di Raven senza destare sospetti.
Normalmente gli odori troppo forti lo infastidivano particolarmente, a causa del suo olfatto fin troppo sviluppato, ma questo era inebriante in una maniera che non avrebbe mai immaginato; cancellava dalla sua testa ogni altro odore presente nella stanza e distraendolo da tutto il resto. Era come se Raven gli stesse gridando dentro ad un orecchio: eccomi, sono qui.
Come se lui potesse non accorgersi della sua presenza, come se in quello o in qualunque altro momento lui potesse ignorarla o dimenticarsi di lei.
Rosicchiò il labbro nervosamente, scuotendo la testa nel constatare che si era imbambolato un’altra volta. All’improvviso la sua pizza non aveva più tutta la sua attenzione e probabilmente, quella sera, non l’avrebbe mai avuta.
Lanciò uno sguardo di sbieco a Raven, attento a non farsi beccare intento a contemplarla. Non riusciva a distogliere la sua attenzione da lei. La sua parte animale premeva sul fondo del suo stomaco e della sua testa, reclamando la ragazza come sua proprietà. Lui non poteva impedirlo ed allo stesso tempo non poteva permetterlo.
Si alzò serio piantando i palmi sul tavolo, a testa bassa. «Ragazzi, io vado in camera mia» annunciò cupo stringendo tra le dita il suo cartone di pizza pieno, sollevandolo per metterlo via.
Cyborg lo guardò stranito. «Non hai neanche finito, ti senti bene?»
«Sto bene. È solo che non ho molta fame»
Ed era vero; il suo stomaco era chiuso. Non sentiva la fame, o almeno non quel tipo di fame. Depositò la sua cena nel forno vuoto e si avviò all’uscita. Tutti lo guardavano preoccupati.
«B, sei sicuro?» domandò ancora Robin. Il suo sguardo lo accompagnò fino all’ingresso assieme a quello degli amici.
Starfire si alzò preoccupata, probabilmente pronta ad alzarsi e raggiungerlo per controllargli la temperatura, ma Beast Boy la fermò prontamente. «Sto bene, è solo che per ora non ho voglia di mangiare. Più tardi, se mi verrà fame verrò a farmi uno spuntino» Uscì, e quando fu certo che nessuno era in grado di sentirlo aggiunse sottovoce: «Quando Raven non sarà lì a profumare di Garfield-saltami-addosso»
Trattenne un brivido e si diresse rapidamente nella sua stanza, desideroso di fare una doccia fredda, sperando che fino al momento del suo ritorno l’odore si sarebbe dissipato nell’aria.

Steso sul materasso inferiore del suo letto a castello, ancora con la pelle umida e solo un paio di boxer addosso, Beast Boy respirava sonoramente con gli occhi chiusi, intento a tentare ignorare ciò che aveva provato nell’ultima mezz’ora e cercando di dimenticare ciò che gli aveva fatto venire in mente.
Era rimasto immobile per una buona mezz’ora, sperando che gli istinti animali si calmassero e che la sua parte umana riprendesse il controllo. Inspirò forte, gioendo del conforto che in quel momento gli dava l’odore quasi pestilenziale del tappeto di spazzatura che ricopriva il suo pavimento.
Quello era in grado di fargli dimenticare ogni altro profumo ed odore, quasi come se formattasse il suo naso proteggendolo dai vari odori troppo persistenti provenienti dai vari abitanti della torre. Era in uno stato mentale simile alla meditazione di Raven, un tentativo improvvisato che sembrava stare funzionando, specialmente se al posto del classico mantra della ragazza Beast Boy si ripeteva forzatamente: «Inspira, espira. Inspira, espira. Inspira, espira»
Si rigirò su un fianco voltandosi contro il muro con un gesto secco. «Inspira, espira. Inspira, espira. Inspira, espira»
Tirò un calcio alla parete, finendo solo per farsi un gran male al piede nudo. «Maledizione!» gemette rannicchiandosi su se stesso per trattenere un gemito. Trattenne il fiato per il dolore, percependo il passo felpato di Raven che passava davanti alla sua porta per raggiungere la sua stanza.
La folata superò inaspettatamente l’ostacolo della porta serrata e questo non lo aiutava a mantenere il controllo. Si voltò a pancia in giù e seppellì il viso nel cuscino, sperando che la ragazza se ne andasse in fretta.

Diede due colpi secchi alla porta, sbrigativa. Seppure non fosse davvero convinta di ciò che stava facendo sapeva di non poter andare a dormire senza sapere se Beast Boy stesse bene. Doveva essere davvero scombussolato per essere andato a letto senza cena.
Il ragazzo le rispose con un grugno. «Sto bene, Raven. Tranquilla. Vai a dormire»
Lei strabuzzò gli occhi un istante. «Come sapevi che ero io?» gli domandò confusa. «È stato il mio odore…» intuì colpita.
«Buonanotte Raven» la liquidò in fretta il ragazzo.
Lei sollevò una manica per annusarsi il braccio, domandandosi se il suo odore fosse davvero così repellente e lui troppo gentile per dirglielo, senza sapere quanto lui avrebbe voluto che lo fosse. Non riusciva a sentire nulla, fuori dall’ordinario, così sospirò e si arrese.
«Buonanotte, Beast Boy»
Si allontanò lentamente, lasciandosi un solo sguardo alle spalle prima di richiudere la propria porta dietro di se. Ci ripensò un istante e, seppure fosse contro ogni sua convinzione e regola non detta, chiuse gli occhi ed espanse la sua coscienza per toccare con l’empatia la mente dell’amico, solo per capire se potesse essere d’aiuto.
Si ritrovò in un ambiente soffocante, umido e pressante. Sentiva confusione e frustrazione, accompagnate da un consueto strato di negazione e rifiuto. Beast Boy stava cercando di cancellare qualcosa dalla sua testa e lo stava facendo con tanto impegno da impedirle addirittura di capire cosa fosse. L’unica cosa che riusciva a percepire era che ciò aveva direttamente a che fare con lei.
Sospirò e si arrese, decidendo che una volta che l’amico avesse voluto parlarne lei non avrebbe fatto storie e sarebbe stata ad ascoltarlo senza fare problemi. Si liberò delle scarpe e lasciò scivolare per terra il mantello. Aprì la doccia e regolò la temperatura dell’acqua, lasciandola correre.
Forse una doccia l’avrebbe aiutata a liberarsi di qualunque cosa stesse dando fastidio al suo compagno di squadra, e probabilmente avrebbe dato sollievo anche a lei, in un momento in cui la sua sindrome premestruale scombinava i suoi ormoni mandando all’aria tutti i tentativi di meditazione.

Quando si accorse di quello che stava facendo stava grattando con le unghie sulla porta di Raven da alcuni minuti, guaendo come un cucciolo ferito e agitando la coda nervosamente. Era stato talmente preso da quella sensazione di euforia che non si era neanche reso conto di aver lasciato la sua stanza e di essersi trasformato in un cane. I suoi istinti animali comprimevano il suo cervello e reclamavano il controllo del suo corpo. E mentre dormiva erano riusciti a coglierlo di sorpresa.
Era immobile in corridoio a fissare il vuoto quando la porta si aprì e Raven lo colse sul fatto guardandolo assonnata.
«Che stai facendo? Ma lo sai che ore sono?» si lamentò sbadigliando. Beast Boy tornò umano, ma rimase seduto sul pavimento a gambe incrociate ed evitò il suo sguardo.
Quando lo guardò soppresse un sussulto, i capelli scuri si sollevarono sulla sua testa come se fosse ferma in cima ad uno sfiatatoio. Iniziò a fissare la parete oltre il ragazzo, sistemandosi la canotta che le si era sollevata scoprendole la pancia, ben decisa a non soffermarsi troppo sull’abbigliamento del ragazzo, che era anche più scoperto di lei, e riprese il controllo.
«Io… mi dispiace» balbettò il ragazzo imbarazzato. Non aveva una buona scusa per ciò che aveva fatto, almeno non una che non l’avrebbe messo in imbarazzo e nei guai.
«Senti, è tutta la sera che ti comporti in modo strano, se ne vuoi parlare ok, altrimenti ci vediamo domani mattina. Che ti sta succedendo?» disse Raven rassegnata. Aspettò da Beast Boy una risposta che non arrivò. Fece per chiudere la porta, ma il ragazzo si alzò di botto, pronto a fronteggiarla.
«Cosa succede a me? Cosa succede a te piuttosto. Quello che succede a me è la diretta conseguenza di quello che sta succedendo a te» la guardò esasperato e cominciò a gesticolare, sperando che lei capisse la gravità della situazione. «Ho DNA animale, ho i sensi più sviluppati delle comuni persone! Sento il tuo odore e lo sai quanto mi devo trattenere per non mettermi ad annusarti il sedere? Per non comportarmi come farebbe un animale in questa situazione? Tu sei… Tu sei…» gemette frustrato e ringhiò, abbandonando le mani contro i fianchi. «Mi rifiuto di dirlo, mi rifiuto anche solo di pensarlo. Perché? Dimmelo? Perché ti sta succedendo? È qualcosa per via del tuo sangue di demone? Senza offesa. Le ragazze normali non mi fanno questo effetto! Perché mi fai fare questi pensieri? Perché mi stai riducendo così?»
«Non lo faccio apposta» si giustificò lei. Aveva il tono fermo, ma le sue guance arrossate la tradivano. «È la sindrome premestruale, è normale che io abbia certe voglie, c’è scritto anche sugli assorbenti. Mi dispiace solo che tu ci sia finito in mezzo»
«Finito in mezzo?» strepitò lui. «Finito in mezzo? Mi sento come se un bulldozer mi avesse investito in pieno e spiaccicato su una parete! Per la miseria! Ci spingerei te contro una parete, adesso!» sospirò, poi si tappò il naso e fulminò Raven con un’occhiata; la ragazza lo guardava interessata rosicchiandosi il labbro. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma lui glielo impedì. «Non è così che doveva andare»
«Garfield, stai straparlando» provò a fargli notare la ragazza, ma lui proseguì imperterrito.
«Avrei dovuto bussare alla tua porta a San Valentino o qualcosa di simile, e vincere l’imbarazzo per dirti quanto mi piaci, poi saremmo dovuti uscire un paio d’anni e poi…»
Tirò un calcio alla parete, rifiutandosi di completare il pensiero, grugnì di rabbia e di dolore.
Raven si trattenne dal sorridere. Non poteva evitare di trovarlo particolarmente attraente, in quella situazione. Gli sfiorò una spalla per attirare la sua attenzione e lo guardò timidamente negli occhi.
«Ok, le cose non sono andate come programmavi, ma avresti potuto risolvere la situazione se non avessi sputato fuori tutto in questo modo»
Solo allora il ragazzo sembrò rendersi davvero conto di ciò che aveva detto. Stampò una manata sugli occhi e la lasciò scorrere sul viso, per poi lasciare scivolare il pugno contro la gambe.
«Me ne vado» annunciò iniziando a camminare. «Vado a dormire sul tetto, o sulla spiaggia. Ovunque basta che sia lontano da te. Fai finta che questo non sia mai successo, ti prego, dimentica completamente questa conversazione»
Non era neanche arrivato a metà strada per le scale quando sbatté la faccia contro una parete di energia nera. Si voltò gemendo, tenendo una mano stretta sul naso dolorante che presto iniziò a sanguinare.
«Cosa?» domandò seccato. Il dolore lo distrasse da tutto il resto.
Raven gli sorrise flebilmente. «Va bene, non è andata come avevi programmato ma, sinceramente, quando mai qualcosa va come programmato?»
Beast Boy non rispose, limitandosi a mugugnare qualcosa di incomprensibile che avrebbe potuto essere considerato come un assenso. «Avrei voluto sapere cosa mi avresti risposto in quella situazione»
«Davvero vuoi saperlo? Non riesci ad immaginarlo? Ti saresti presentato alla mia porta e mi avresti detto che ti piaccio, allora io mi sarei costretta ad ammettere davanti a te che mi piaci, poi saremmo usciti un paio d’anni e poi…» lasciò la frase eloquentemente in sospeso, come lui aveva fatto prima. Sembrava inaspettatamente divertita e Beast Boy chinò le orecchie colpevole ed imbarazzato. Poi si rese conto di ciò che Raven gli aveva rivelato e sorrise. «Davvero?» «Davvero, ora, dato che le cose raramente vanno come programmato potremmo risolvere il tuo piccolo problemino al naso e passare alla fase finale del tuo programma, in cui risolviamo anche il problemino che ci ha colti entrambi questa notte. Cosa ne pensi?»
Gli fece un cenno lieve che doveva essere un invito ad entrare nella sua stanza. Era evidentemente imbarazzata ed anche lui arrossì di colpo.
«Ne sei sicura?» le domandò preoccupato.
Lei annuì. «Allora?» insistette lei. «È ok per te?»
Lui ci rifletté un istante, poi sorrise ampliamente e si lanciò in camera.
Raven controllò il corridoio, per verificare che nessuno li avesse sentiti discutere e stesse venendo a controllarli, poi sorrise soddisfatta e richiuse la porta dietro di sé.




Salve a tutti, come la mia collega Digital aveva già annunciato ad alcuni di voi io sono Genius. Ora, ci tengo a precisare che non mi considero davvero un genio. Magari ho qualche buona idea ma non sono esattamente un genio, non nel vero termine della parola, anche se ammetto che mi piacerebbe vivere in una lampada, e non sono super intelligente (ultimamente uno dei miei incubi peggiori è ritrovarmi all’improvviso intrappolata in un giorno del passato, alle superiori o alle medie, e non ricordare l’argomento dell’interrogazione perché sono lì solo a causa di un viaggio nel tempo. Questa notte non ricordavo le espressioni…). Ma evitiamo distrazioni, avete letto la mia shot e spero che vi sia piaciuta, se mi lasciaste un commentino mi fareste davvero felice, anche perché sono terrorizzata da cosa possiate pensare al riguardo. Spero di non aver sconvolto nessuno…
Aspetto il vostro responso. Con affetto e terrore, Genius.

  
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