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Autore: Heartbreak    02/04/2013    1 recensioni
Elliot ha ventisei anni, dopo la morte di Steve pensa che la vita non ha più niente di bello da offrirle.
Il suo ricordo la tormenta, non riesce a sorridere più, non vive più. Ormai ha dimenticato cos'è l'amore e sopratutto come si ama. Ma è proprio quando tutto sembra andare a pezzi, qualcuno le insegnerà ad amare di nuovo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi giro e rigiro nel enorme letto a due piazze. Sprofondo con il viso, nel cuscino e cerco di non piangere. "Elliot, no. Almeno, non stanotte." mi imploro. Piango ogni notte, precisamente da quattro anni. Non riesco a farmene una ragione, è colpa mia, l'ho ucciso io. 'No! Non è vero. Lui era straffato.' commenta il mio subconscio. Si, è vero. No, non è vero. Si. E' solo colpa mia, se si è tolto la vita. Ricordo ancora le sue parole, piangeva, aveva la voce impastata. "Se riattacchi, El, mi uccido." Sono stata l'ultima persona a parlare con lui. Dio, quanto vorrei essere morta io al suo posto. Perché non sono riuscita a salvarlo? Salvarlo da quella merda e farlo stare bene? Perché? "El, ti prego, non lasciarmi ... non abbandonarmi." "L'ho già fatto, Steve" dissi io. Avevo un'immensa voglia di tornare da lui, abbracciarlo, stringerlo forte a me, e invece "Steve, lasciami stare". Ma come mi è saltato in mente? "Ora devo andare. Addio". "Se riattacchi mi uccido". "Ti prego, smettila." avevo urlato fra le lacrime. "Addio." "Ti amo, El. Ricordalo, sempre". Ed è stata l'ultima cosa che ha detto, perché alle sette di mattina l'hanno ritrovato morto. Si è suicidato. "Morto per impiccagione" mi aveva detto un agente. E da quel momento in poi sono morta anch'io, dentro.  Ho tentato diverse volte il suicidio, il dolore era talmente insopportabile, che non riuscivo nemmeno a parlare con Jamie, il mio migliore amico. La persona migliore che conoscevo, dopo Steve.  Abbiamo litigato l'anno scorso, be', lui ha litigato ... perché io non parlo con nessuno da quel stramaledetto 15 marzo 2010. Jamie, la sera in cui mi ha lasciata, era venuto qui, con una bottiglia di champagne, sprizzava felicità da tutti i pori. Ovviamente ha cercato di tirarmi su di morale, come aveva fatto per ben due anni. "Piccola, andiamo, vieni con me stasera, mi sono laureato stamattina e tu non sei venuta all'università. Ma ti perdono, comunque adesso usciamo e ci divertiamo un po'!" Ha appoggiato la bottiglia sul comodino, si è avvicinato e dopo diversi tentativi per cercare di farmi uscire fuori di casa, è andato su tutte le furie. "Sei qui dentro da tre anni, tre anni, cavolo! Vai solo a lavoro, ti fai una doccia e piangi. Ecco la meravigliosa giornata di Elliot. Hai tutta una vita davanti, non pensare che la tua vita è finita quando lui è morto. Sei grandiosa, e meriti una bellissima vita."  Mi ha guardata negli occhi,  e dato che non trovavo il coraggio di dirgli che volevo uccidermi, sono rimasta in silenzio. Lui mi ha guardata, mi ha accarezzato il viso e i capelli, poi è scomparso. Ma adesso, voglio cambiare, voglio ricominciare a parlare, voglio tornare da Jamie, dirgli che mi dispiace, che senza di lui non so stare, perché è la mia ancora di salvezza. Lo chiamo, sì, adesso. 'Ma se sono le tre e mezzo del mattino?' dice il mio subconscio. Lo ignoro.  Sta squillando. Uno... due...tre... "Ciao, sono Jamie, non posso rispodere, lasciate un messaggio dopo il bip." Merda, la segreteria. 'Fa niente, gli lascio un messaggio, e domani mattina lo chiamo. "Ciao Jamie...sì, sono io El. Mi dispiace, di tutto. Voglio parlarti, mi manchi. Possiamo vederci? Domani? Ti prego, richiamami, non ce la faccio." e per la nostalgia, inizio a piangere. Squilla il cellulare. Dio, Jamie! E' lui! "Pronto?" dico asciugandomi le lacrime, ricomponendomi. "El, ciao!" dice sorpreso. "Mi manchi" dico. "Anche tu, tantissimo. Ma domani non posso, perché mi sposo." Sta arrossendo. Lo sento. E' rosso, dalla vergogna e dalla paura perché sa che sto per andare su tutte le furie. "Ti sposi? Jamie! Perché non me lo hai detto?"  lo rimprovero. "Perché non volevo... sai ...dopo ..." balbetta. "Ti perdono. Allora... posso venire? Voglio sapere chi è la fortunata."  dico iniziando a sentirmi meglio. Mi ci voleva, sì. "Certamente! Domani, alle 10 e mezzo, alla nostra chiesa. Ricordi? Quella dove ci siamo conosciuti." Mi mordo il labbro. "Come si chiama la sposa?" "Marta." dice, felice.  "Italiana?" mormoro.  "La madre, sì. Allora a domani, El?" sussurra. "Senz'altro." E riattacco. Ora che diamine faccio? Se scoppio a piangere nel bel mezzo della cerimonia? E se ho una delle mie crisi? No. La smetto. Domani mi diverto, questa è una promessa. Sono sveglia dalle sei e mezzo, ho dormito solo due ore. Di solito piango, fino a quando non sprofondo in un sonno profondo, molto, molto profondo, ma questa volta è diverso. Oggi si sposa Jamie. Strano, però. Credevo che la prima a sposarsi sarei stata io e invece... Corro in bagno, non ho voglia di fare colazione. Devo prepararmi, se no va a finire che arrivo in ritardo. Una doccia veloce e via in camera da letto. Apro ogni armadio e cassetto che c'è. Non ho la minima idea di cosa indossare, insomma è un evento importante, non posso mica presentarmi con un paio di jeans e una camicetta. Oppure posso? Dio, che confusione. 'E se indossassi quel vestito corto blu? Ti stava bene l'ultima volta!' dice il mio subconscio. Magari! Ma non ricordo dove l'ho messo, la solita storia. Lo cerco dappertutto, anche nei cassetti delle cucina, posti improbabili per tutti i comuni mortali, ma non per me. Ed ecco che lo trovo, sepolto sotto una montagna di maglie bianche, nell'armadio. E' pulito. Profuma. Ha solo bisogno di una stiratina qua e là. Sono davanti alla chiesa, alla nostra chiesa. Quella dove l'ho incontrato per la prima volta, avevamo sei anni. "Ciao, tu devi essere Elliot, la migliore amica dello sposo, io sono Marcus, il fratello di Marta." Un uomo magnifico mi sta sorridendo, e mi parla con la sua bellissima voce. Peccato però, che a prima vista sembra gay. "Piacere, Elliot." mormoro stringendogli la mano. Ha una pelle meravigliosa. Lui avvolge completamente la mia mano, e la stringe alla sua. "Jamie sta arrivando, mi aveva chiesto di venire a farti compagnia." Sorride. "Aveva intuito che saresti arrivata in anticipo." "Mmh..." Sto torturando l'orlo del mio vestito. "Quando arrivano tutti?" "Tra un po'." mormora. Dio, che imbarazzo. Non ho niente da dire. Logico, non ho una vera conversazione con qualcuno da ben quattro anni. "Sei bellissima." commenta lui, dopo un po'. Wow... non ci credo. Ha davvero detto...? Ora muoio. Sì. Sto arrossendo. Lo sento. Ho le guance che vanno a fuoco. "Ehm... Grazie Marcus." Sorride ancora. Insomma... non smette mai di sorridere questo? "Anche tu non sei niente male" riesco a dire in fine, seducente. Veniamo interrotti dal clacson di un auto. Sarà la famiglia di Jamie? Qualcuno scende dall'auto. E' lui. "Jamie!" urlo e gli corro incontro. "El!" e mi stringe forte a sé. "Mi sei mancato così tanto." sussurro. "Anche tu."
  
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