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Autore: Eriok    03/04/2013    1 recensioni
Una nuova era. Il mondo dopo Il Giorno dell'Apocalisse. Gli esseri umani come sopravviveranno? Esseri mutanti, con le facoltà di animali selvatici si dividono tra Cacciatori e Vittime... ma uno di loro si mette dalla parte degli oppressi, e una nuova guerra ebbe inizio.
Tratto dal primo capitolo: "Compresi troppo tardi, nella mia corta vita, che ci sono solo due categorie d’esseri nel mondo: i Cacciatori e le Vittime.
E imparai troppo tardi a quale delle due categorie io appartenevo.
Troppo tardi."
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Sovrannaturale
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- Questa storia fa parte della serie 'Cacciatori E Vittime'
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Cacciatori e Vittime

30.

 

La notte calò nella radura rossa di fronte alla chiesa, un tramestio. Un ululato di dolore. L’allarme era scattato, silenzioso nella radura ma lampante nella mente degli Infetti, che sbraitavano ordini e digrignavano i denti, agitati come piccole formiche mute nella loro frenesia. Nel mezzo del loro via vai Elisa, rivestita di succinte vesti, appoggiata in modo blando e scomposto, le sue grazie in mostra, zittì con un urlo mentale i suoi adepti. L’uomo dai capelli bianchi la guardò, e quel piccolo fulmine fece muovere la donna. Ancheggiò in modo vistoso, la coda sciolta e lenta nei suoi movimenti, la bava degli esseri colava e le fantasie si potevano scorrere come film sugli occhi degli schiavi e lei li vedeva tutti. Sogghignò, scoprendosi forte e irraggiungibile.

Uscì, il buio dominava tutto. Ma, in fondo, una macchia bianca. Una figura. Cassandra.

Scostò un ciuffo dai suoi occhi, e con un semplice battito di ciglia due dei lupi neri si scagliarono su di lei. Corsero come fulmini, raggiungendola in poche falcate. Un veloce movimento del bastone, un bagliore muto di luce ed eccoli riversi a terra, in forme umane.

In un battito di cuore cinque altri lupi si avventarono su Cassandra che lentamente camminava, gli occhi che la vedevano, al di là dell’oscurità, totalmente bianchi. Aveva raggiunto il maggiore contatto.

Cassandra impiegò pochi movimenti per fermare quei nuovi avversari con quelli precedenti. L’energia che la muoveva era la rabbia. Era il dolore.

 

Tradita. Ingannata.

Non sai quante persone hai deluso, per le tue azioni, per le tue parole.

 

«No!» urlò Giacomo, mentre il suo braccio veniva fasciato con un’asta.

«Io non accetterò mai questo! Lei non è una di loro! Non può esserlo! Devono averla manipolata!» urlava, le lacrime agli occhi senza che avesse il coraggio di cacciarle via. Cassandra giaceva inerme, avvolta ancora da quel lenzuolo ormai rotto e sporco di polvere. Se respirava, poteva inspirare il suo odore. Era ancora lì, caldo, rintanato nel suo cuore. Spine.

«Elisa non può essere una di loro!» sbraitò ancora, stringendo forsennatamente la mano che ancora reggeva la pistola.

«Non lo accetterò...mai...». Cassandra, gli occhi vacui, persi nel fissare il nulla ricordò, a menadito, il percorso delle sue labbra su di lei. Prima era dolce, confortante, eccitante. Ora pungente. Il suo cuore urlò. Il bastone vibrò di energia. Gli occhi si appannarono di bianco e vide.

Vide la luce.

Vide il buio.

Vide la verità.

Il velo silente e invisibile della bugia scivolò via come polvere dai suoi occhi.

Si alzò nel silenzio generale, si rivestì in velocità e uscì fuori, preda del vento soffiante e di una nuova forza dettata dalla rabbia.

 

Di quanto dolore hai inferto a questo cuore.

Elisa, da te, un inganno simile, mai me lo sarei aspettato.

Ma dovevo dedurlo forse.

Dopotutto sei una di loro, un Cacciatore.

E io la Vittima.

Ma ora vi redimerò tutti. Vi distruggerò tutti.

...

Vi farò capire che non bisogna farla arrabbiare, una sacerdotessa.

 

Elisa sogghignò. La sua risata riempì tutti i silenzi. Ed era agghiacciante, quanto uno stridio di denti su una lavagna madida di sangue.

Si scagliò su di lei a una velocità assurda, un attacco che sfiorava la perfezione, schivato al millimetro. Le unghie di Elisa aprirono solo lievi ferite sulla pelle candida e morbida di Cassandra, mentre lei concentrava la potenza del bastone in quel piccolo anfratto del suo ventre, per scagliarla lontano e con il maggior dolore possibile. La donna lo evitò, scivolando nell’aria, di nuovo, un altro graffio al volto, tentato, che la donna dagli occhi bianchi evitò con maestria e silenziosità, come se stesse vedendo i suoi movimenti a rallentatore. Elisa vide il fianco scoprirsi, e l’energia concentrarsi nelle mani di Cassandra. Il rumore dei calcinacci fu l’unico, di quel turbinare di movimenti, a propagarsi. Elisa riemerse, digrignando.

I lupi fremevano, ma il chiaro comando era il non attaccare.

Lei era la prescelta.

Stavolta, l’impatto silenzioso sfiorò la spalla di Cassandra, scagliando la sua parziale protezione per terra.

La polvere non fece in tempo a rivoltarsi su se stessa che Elisa aveva già raggiunto la gamba di Cassandra, afferrandola per farle perdere l’equilibrio.

La donna usò il vuoto prima dell’impatto come appoggio per l’ennesimo attacco. Elisa schizzò in aria, colpita di nuovo, stavolta in volto. Gli spruzzi di sangue raggiunsero il volto della giovane sacerdotessa, ma non vi badò.

Gli occhi seguirono il percorso del corpo di Elisa, scattante e sensuale arrivare a terra e atterrare con dolcezza. Scattò di nuovo, attaccò di astuzia, fingendo un attacco a destra per colpirla a manca. Il bastone compì una giravolta, puntando alle ginocchia. La pantera si ribaltò su se stessa, appoggiandosi con le mani e spingendosi fuori portata. Si rialzò, elegante e femminile. Il sorriso sprezzante.

«I felini cadono sempre sulle zampe, Cassandra.» la sua voce, strascicata e sibillina si insinuò nelle sue orecchie come un dolce tessuto di seta impregnato di profumo e ormoni.

Erano a poche decine di metri di distanza, ma sapevano che sarebbe bastato poco per ridurli a zero.

«Raggiunta la Vista allora?» la riccia ancora non rispondeva alle insinuazioni della sua nemica, mentre questa, parlando come per assaggiare e assaporare il sapore delle parole, si muoveva in modo provocatorio, la coda sciolta come acqua in un torrente. Cassandra la guardava con freddezza. Le parole per lei erano vacue e inutili, in un combattimento.

«Guarda che è scortese non rispondere.» una ferita si aprì senza motivo alla guancia destra di Elisa, che era rimasta ferma immobile.

Cassandra aveva puntato il bastone contro di lei in pochi istanti. I suoi occhi vomitavano dolore.

Odio.

Rabbia.

Frustrazione.

Ma nascondevano solo lacrime.

Cassandra, in quegli occhi gialli, non ci vedeva niente. Nessuna bava di emozione, nemmeno la paura, l’istinto più primordiale. Era come una scorza vuota. La donna si passò il dito sul sangue versato, e lo leccò, un gioco di sguardi e intese.

Possibile che dietro alle emozioni che tante volte aveva visto in Elisa non ci fosse niente? Il vuoto?

Era veramente questo, un Cacciatore? Solo desiderio, brama di sopravvivenza e sangue?

Un colpo di pistola sfiorò la testa di Elisa. Gli occhi raggiunsero in pochi istanti il punto preciso da cui era stato sparato.

«Ah, non sei sola, a quanto vedo...» l’intera squadra dei sopravvissuti si era riunita, in opposto alla bianca chiesa occupata, per combattere.

Cassandra non si era ancora mossa. I suoi sensi e la sua concentrazione erano su un’altra scala.

«Rimarrai ancora così impassibile anche di fronte ai tuoi “sudditi” che vengono ammazzati?». Il fine della frase fece susseguire un intero flusso ininterrotto di lupi neri che si scagliarono sul piccolo gruppo di giovani armati di pistole e Infetti.

Una piccola gemma in mezzo al carbone.

La chiesa bianca vomitò tutto il nero che portava dentro, tutto il sangue e il desiderio di morte, tutti i Cacciatori raggiunsero il piccolo fronte nemico, e lo spaccò.

Cassandra abbassò l’arme e raggiunse gli amici. Elisa la guardò girarsi e correre.

E sorrise quando sentì il primo cranio fracassarsi, sogghignò alla prima ferita mortale aperta, rise di gusto al primo ragazzino squartato vivo.

E la riccia, nel suo incedere, nel suo combattere quei mostri che di malvagio avevano tutto e niente, udì nel vuoto della sua anima la voce di Elisa rimbombarle e disgustarla.

L’odio cresceva sempre di più, e non retrocedeva.

 

«Serrate i ranghi! Contrastateli con tutto! Non permettetegli di passare!» urlava Ros, ferendo alla gola l’ennesimo lupo nero nella radura, scivolando sul terreno ormai madido di sangue fresco. L’aria era pregna dell’odore di ferro e dolore.

Le urla si alzavano di ottave, mentre i proiettili non si potevano più sentire nell’aria. I tiratori erano stati eliminati quasi subito, impegnati in un corpo a corpo.

«Cassandra!» chiamò la donna coi capelli rossi, stringendo l’impugnatura viscida del fucile, sparando una raffica sterminatrice. Cinque lupi caddero nel dolore. La riccia raggiunse il capo in prima linea con poche eleganti mosse.

«Mi servono solo cinque minuti.» informò, per poi retrocedere. Raggiunse la postazione di controllo di Giacomo, con un braccio fasciato e il sudore che colava dalla fronte. Il colore azzurro dei suoi capelli stava sbiadendo ormai.

«Sono pronto, quando vuoi!» urlò, e diede un comando a Cassandra. La donna spinse il pulsante al segnale di Giulia, affiancata da Ros, entrambe madide di sangue e tramutate in bestia.

Un boato ruppe le file nemiche, il pavimento venne a mancare sotto le zampe dei lupi, facendoli sprofondare nel livello sottostante, contornato di pali acuminati.

Molti rimasero trafitti, altri gravemente feriti. Il numero dei nemici venne dimezzato.

I ranghi dei sopravvissuti esultarono, poi un rintocco di campana si sentì lontano. Cassandra mormorava in una lingua sconosciuta parole come una preghiera, una litania dolce e suadente, le mani componevano simboli nell’aria, il bastone fermo immobile nell’aria, sospeso nel nulla. Poi un rumore grondante uscì dal pavimento, muri di bianca superficie lunare si spansero nell’aria, stringendo i nemici in una presa micidiale, fatta di aculei e lame. Gli uggiolii di dolore furono l’ultima richiesta di aiuto, prima del silenzio.

Elisa, ferma sugli scalini della chiesa urlò di rabbia. Il ruggito della pantera si espanse nella radura.

No, Cassandra non poteva avere tutto quel potere.

Nella sua mano si formò un aculeo dalla forma sottile, che la donna pantera scagliò con rabbia nell’aria, trafiggendola e raggiungendo il muro vicino a Cassandra, spaccandolo. Giacomo sussultò al colpo e la riccia si voltò. Sulla superficie vi era inciso un messaggio.

I loro occhi, a centinaia di metri di distanza, tra ossa rotte, urla di dolore, sangue e sudore, si incrociarono e annuirono.

«Ritirata!» urlò Cassandra, osservando come la luce fosse cambiata da prima, vi era più chiaro nell’aria. Era ormai l’alba.

«Perché!?» urlò Ros, dalle prime righe «Abbiamo vinto!».

«Sbagli. Era solo un piccolo gruppo di principianti. Una squadra esplorativa.» a quelle parole Ros e Giacomo sbiancarono. Anche se avevano vinto, la loro unità si era dimezzata. Molti i feriti a cui prestare soccorso.

«Ho accettato un accordo. Andrò solo io, e combatterò con il loro capo.» le parole di protesta si elevarono alte, ma furono zittite dal suo sguardo. Era decisa, Cassandra. Nessuno l’avrebbe fermata. Aveva il potere della Dea nelle sue mani.

Elisa, dall’altra parte, sogghignò, gli occhi ripieni di giubilo. L’aveva ingannata.

Entrò dal portone divelto, ingoiata dal buio della chiesa.

 

La figura bianca ed eterea di Cassandra spaccò il buio della Chiesa, immersa nell’oscurità. Osservò con freddezza lo stato di degradazione della chiesa, luogo di culto.

In fondo, vicino a un piccolo altare, in mezzo ad un cerchio bianco, vide Elisa e un uomo dai capelli bianchi. La tunica nera, i ricami rossi, facevano desumere un sacerdote del culto del Dio del Sole.

Sul suo volto si disegnò il disprezzo.

«Sei ingenua, Cassandra. E disgustosamente superba.» la voce dell’uomo si unì all’aria spezzarsi intorno a sé. Cassandra fu atterrata con un colpo alla nuca, facendole perdere leggermente i sensi. Riversa a terra, gli occhi si appannarono, la Vista persa. Intravide Elisa sogghignare, vicino a lei, artefice del colpo basso.

Si sentì sollevare per i capelli, un braccio ritorto all’indietro per metterla in ginocchio. Tentò di liberarsi, ma il colpo ancora le impediva la vista e le forze. Un lupo la teneva bloccata. Poteva sentire l’odore fetido della sua bava attraverso l’aria.

«Non dimenarti, il rito durerà poco.» Cassandra sbiancò, intuendo le sue intenzioni «Un singolo colpo, e il tuo cuore sarà mio. Basterà solo quello, per liberarmi da tutti voi. E così il Dio del Sole potrà governare su questa terra!» il fanatismo si poteva intuire dal tono della sua voce. Si avvicinò, il pugnale puntato al cuore. Gli occhi dell’uomo erano dilatati, il sudore e l’esaltazione avevano scompigliato i suoi capelli laccati, bianchi per l’anzianità. Le mani ruvide tremanti, per l’emozione che gli correva in corpo.

Furono queste le ultime sensazioni che ricordò, prima di trapassare. Una mano insanguinata spuntava dal petto dell’uomo, il cuore strappato dalla sua sede, non più pulsante, nelle dita affilate della donna dagli occhi gialli dietro di lui. Il rumore di ossa spezzate susseguì la caduta del corpo del sacerdote, ormai morto.

Elisa si scrollò il sangue di dosso, i lupi gorgogliavano confusi. Quell’uomo era il loro capo, ma era morto. Era stato ucciso da Elisa.

Cassandra rimase shockata dalla brutalità dell’assassinio, dalla freddezza delle sue azioni.

Da come Elisa aveva impedito il suo omicidio.

 

Cuore, ancora sussulti alle azioni della traditrice?

 

Elisa sogghignò. Il ragionamento dei lupi le era gradito.

Se lui era morto questo sta a significare che lui era debole. Quindi Elisa è più forte di lui, che era il capo. Adesso quindi il capo è lei.

Elisa si appoggiò alla spalla della riccia, ora Cassandra poteva vedere con chiarezza. Gli occhi castani incrociarono quelli gialli della pantera.

«È ora che il rito cominci, giusto, sacerdotessa?» la riccia non capiva. Il tono di della donna pantera era cordiale, morbida, come l’aveva sempre sentita. «È oggi la data fissata per il nostro sterminio?».

 

No.

Non può essere.

Come può, un Cacciatore, essere a conoscenza del disegno divino che io ho solo intravisto?!

 

«Il tuo silenzio conferma i miei sospetti allora.» la presa sulla sua spalla si fece più forte. Abbassò lo sguardo.

«Elisa, non vorrai mica...» soffiò la riccia in un sussurro.

«Scusami.» la interruppe Elisa. Un leggero sorriso solcò il suo volto.

Dall’esterno la scena si consumò in pochi attimi. Ma nello spirito delle due donne quello fu un combattimento all’ultimo sangue, all’ultimo spirito, durata millenni.

Rubare una parte dell’altra era molto più difficile del concederla. Era già successo più di una volta. Come quella volta che Cassandra rubò lo spirito della pantera, su quel dirupo, mentre Elisa stava per morire per mano di quell’uomo dai capelli bianchi.

Come quella volta che Elisa rubò l’energia di Cassandra, quella della Dea, per proteggerla dagli Infetti.

 

Perché Elisa e Cassandra sono l’Eroe e il Sacrificio.

L’uno non può esistere senza l’altro.

Entrambi si supportano fino al giorno del giudizio, e compiono il volere della Dea.

Il Sacrificio, giunto il giorno, avrebbe dato la sua vita per raggiungere lo scopo comune.

L’Eroe avrebbe protetto il Sacrificio fino a quel giorno.

Elisa doveva proteggere Cassandra, fino al giorno del giudizio, e poi lasciarla morire.

Questo era il Disegno Divino della Dea.

Ma tu, Elisa, nel tuo ceco egoismo, non lo hai accettato.

Non sopporti di separarti dalla persona che ami.

E ti capisco, un poco.

Ma sei folle, nel volerti prendere le responsabilità di due esseri sulle tue sole ed uniche spalle.

 

Elisa vinse la battaglia. Contornata da una luce aurea, avvolta in morbide vesti bianche, i capelli diventati lunghi erano sciolti, ricci, e si librava nell’aria come senza gravità. Gli occhi non più gialli, ma castani. Nella mano il bastone che prima era di proprietà della sacerdotessa Cassandra, ora riversa a terra sconfitta e distrutta, vestita solo di una blanda tunica bianca.

Cassandra si sentì strappare una parte di sé, vedendo come metà del suo mondo precipitava nel buio. I capelli persero il loro naturale colore, diventando bianchi. L’occhio si appannò, diventando cieca per metà.

«Elisa...no!» urlò, liberandosi e lanciandosi in modo disperato verso la donna avvolta nella candida protezione della Dea. Vi era stato uno scambio. Una cosa proibita.

Un onda silenziosa si disperse nella chiesa, e tutti i lupi gracchianti si riversarono a terra, liberi e purificati. Ora vi erano solo i corpi degli ignavi vittime, perse in un sonno collettivo. Il rito disgustoso dell’uomo venne purificato.

Cassandra piangeva, disperata.

Elisa ora era la sacerdotessa.

L’Eroe e il Sacrificio, tutto in uno.

Due spiriti in un unico corpo.

Cassandra ora sapeva. Aveva capito tutto. Le azioni di Elisa, il suo odio, i suoi comportamenti, le sue emozioni.

Ma era troppo tardi. Aveva capito tutto troppo tardi.

Fu con disperazione vedere come Elisa recitava con drammatica voce e un sospiro di malinconia l’incantesimo finale. L’ultimo compito del Sacrificio.

Il Risanamento. La distruzione totale dell’umanità.

Ma le parole erano diverse, l’intento dell’incantesimo era diverso. Elisa si tagliò il polso. Il sangue sgorgò, per poi cristallizzarsi nell’aria ed evaporare. L’ultima parola dell’incantesimo venne soffiata con malinconia. Gli occhi di Elisa si adagiarono per un istante in quelli di Cassandra. E si persero in quell’istante.

 

Ho fatto tutto questo per un unico motivo.

Mi sono fatta odiare, mi sono trasformata in un essere disgustoso, mi sono fatta toccare, giudicare. Mi sono trasformata in serva e padrona. In giudice e giustiziere.

In combattente e condottiera. Da amica a nemica.

Da donna a mero oggetto.

Avrei persino toccato i fondi dell’Ade o degli inferi per avere quello che desideravo: il potere di fermarti.

Di non permetterti di morire. Di non morire vedendoti sparire nell’aria.

Ti giurai una volta che ti avrei protetta, qualsiasi cosa fosse successa.

Ti sei forse dimenticata? Io no. Io non dimentico mai una promessa.

Tutte le persone che ho amato se ne sono andate.

Non avrei più accettato la vita, se tu fossi morta.

Quindi ho fatto la mia scelta, ho corrotto la mia anima, il mio corpo, il mio spirito, il mio cuore, la mia mente.

Tutto, tutto, pur di non vederti morta.

E ora, ce l’ho fatta. Vivi, ama, sorridi in un mondo dove non ci saranno più Cacciatori.

Vivi, almeno tu, anche per me.

 

Un sorriso, una lacrima, un bagliore, un onda d’aria e magia.

La luce del sole segnò l’inizio di una nuova era.

 

Ora erano solo loro due, in mezzo a un luogo indefinito, contornate solo dal bianco.

«Ho delle domande che non hanno ancora avuto una risposta, Elisa.» la voce di Cassandra era seria e Elisa, sollevata in quello spazio senza gravità la ascoltava, assorta. Sapeva che quei pochi minuti le sarebbero costati.

Sorrise, dolcemente, come non aveva fatto mai.

«Allora domanda, e io risponderò.».

 

 

   
 
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