Cacciatori e Vittime
30.
La notte calò nella radura rossa di fronte alla chiesa, un tramestio. Un ululato di dolore. L’allarme era scattato, silenzioso nella radura ma lampante nella mente degli Infetti, che sbraitavano ordini e digrignavano i denti, agitati come piccole formiche mute nella loro frenesia. Nel mezzo del loro via vai Elisa, rivestita di succinte vesti, appoggiata in modo blando e scomposto, le sue grazie in mostra, zittì con un urlo mentale i suoi adepti. L’uomo dai capelli bianchi la guardò, e quel piccolo fulmine fece muovere la donna. Ancheggiò in modo vistoso, la coda sciolta e lenta nei suoi movimenti, la bava degli esseri colava e le fantasie si potevano scorrere come film sugli occhi degli schiavi e lei li vedeva tutti. Sogghignò, scoprendosi forte e irraggiungibile.
Uscì, il buio dominava tutto. Ma, in fondo, una macchia bianca. Una figura. Cassandra.
Scostò un ciuffo dai suoi occhi, e con un semplice battito di ciglia due dei lupi neri si scagliarono su di lei. Corsero come fulmini, raggiungendola in poche falcate. Un veloce movimento del bastone, un bagliore muto di luce ed eccoli riversi a terra, in forme umane.
In un battito di cuore cinque altri lupi si avventarono su Cassandra che lentamente camminava, gli occhi che la vedevano, al di là dell’oscurità, totalmente bianchi. Aveva raggiunto il maggiore contatto.
Cassandra impiegò pochi movimenti per fermare quei nuovi avversari con quelli precedenti. L’energia che la muoveva era la rabbia. Era il dolore.
Tradita.
Ingannata.
Non sai
quante persone hai deluso, per le tue azioni, per le tue parole.
«No!» urlò Giacomo, mentre il
suo braccio veniva fasciato con un’asta.
«Io non accetterò mai questo!
Lei non è una di loro! Non può esserlo! Devono averla manipolata!» urlava, le
lacrime agli occhi senza che avesse il coraggio di cacciarle via. Cassandra
giaceva inerme, avvolta ancora da quel lenzuolo ormai rotto e sporco di
polvere. Se respirava, poteva inspirare il suo odore. Era ancora lì, caldo,
rintanato nel suo cuore. Spine.
«Elisa non può essere una di
loro!» sbraitò ancora, stringendo forsennatamente la mano che ancora reggeva la
pistola.
«Non lo accetterò...mai...».
Cassandra, gli occhi vacui, persi nel fissare il nulla ricordò, a menadito, il
percorso delle sue labbra su di lei. Prima era dolce, confortante, eccitante.
Ora pungente. Il suo cuore urlò. Il bastone vibrò di energia. Gli occhi si
appannarono di bianco e vide.
Vide la luce.
Vide il buio.
Vide la verità.
Il velo silente e invisibile
della bugia scivolò via come polvere dai suoi occhi.
Si alzò nel silenzio generale,
si rivestì in velocità e uscì fuori, preda del vento soffiante e di una nuova
forza dettata dalla rabbia.
Di quanto
dolore hai inferto a questo cuore.
Elisa, da te,
un inganno simile, mai me lo sarei aspettato.
Ma dovevo
dedurlo forse.
Dopotutto sei
una di loro, un Cacciatore.
E io la
Vittima.
Ma ora vi
redimerò tutti. Vi distruggerò tutti.
...
Vi farò
capire che non bisogna farla arrabbiare, una sacerdotessa.
Elisa sogghignò. La sua risata riempì tutti i silenzi. Ed era agghiacciante, quanto uno stridio di denti su una lavagna madida di sangue.
Si scagliò su di lei a una velocità assurda, un attacco che sfiorava la perfezione, schivato al millimetro. Le unghie di Elisa aprirono solo lievi ferite sulla pelle candida e morbida di Cassandra, mentre lei concentrava la potenza del bastone in quel piccolo anfratto del suo ventre, per scagliarla lontano e con il maggior dolore possibile. La donna lo evitò, scivolando nell’aria, di nuovo, un altro graffio al volto, tentato, che la donna dagli occhi bianchi evitò con maestria e silenziosità, come se stesse vedendo i suoi movimenti a rallentatore. Elisa vide il fianco scoprirsi, e l’energia concentrarsi nelle mani di Cassandra. Il rumore dei calcinacci fu l’unico, di quel turbinare di movimenti, a propagarsi. Elisa riemerse, digrignando.
I lupi fremevano, ma il chiaro comando era il non attaccare.
Lei era la prescelta.
Stavolta, l’impatto silenzioso sfiorò la spalla di Cassandra, scagliando la sua parziale protezione per terra.
La polvere non fece in tempo a rivoltarsi su se stessa che Elisa aveva già raggiunto la gamba di Cassandra, afferrandola per farle perdere l’equilibrio.
La donna usò il vuoto prima dell’impatto come appoggio per l’ennesimo attacco. Elisa schizzò in aria, colpita di nuovo, stavolta in volto. Gli spruzzi di sangue raggiunsero il volto della giovane sacerdotessa, ma non vi badò.
Gli occhi seguirono il percorso del corpo di Elisa, scattante e sensuale arrivare a terra e atterrare con dolcezza. Scattò di nuovo, attaccò di astuzia, fingendo un attacco a destra per colpirla a manca. Il bastone compì una giravolta, puntando alle ginocchia. La pantera si ribaltò su se stessa, appoggiandosi con le mani e spingendosi fuori portata. Si rialzò, elegante e femminile. Il sorriso sprezzante.
«I
felini cadono sempre sulle zampe, Cassandra.» la sua voce, strascicata e
sibillina si insinuò nelle sue orecchie come un dolce tessuto di seta
impregnato di profumo e ormoni.
Erano a
poche decine di metri di distanza, ma sapevano che sarebbe bastato poco per
ridurli a zero.
«Raggiunta
la Vista allora?» la riccia ancora non rispondeva alle insinuazioni della sua
nemica, mentre questa, parlando come per assaggiare e assaporare il sapore
delle parole, si muoveva in modo provocatorio, la coda sciolta come acqua in un
torrente. Cassandra la guardava con freddezza. Le parole per lei erano vacue e
inutili, in un combattimento.
«Guarda
che è scortese non rispondere.» una ferita si aprì senza motivo alla guancia
destra di Elisa, che era rimasta ferma immobile.
Cassandra
aveva puntato il bastone contro di lei in pochi istanti. I suoi occhi
vomitavano dolore.
Odio.
Rabbia.
Frustrazione.
Ma
nascondevano solo lacrime.
Cassandra,
in quegli occhi gialli, non ci vedeva niente. Nessuna bava di emozione, nemmeno
la paura, l’istinto più primordiale. Era come una scorza vuota. La donna si
passò il dito sul sangue versato, e lo leccò, un gioco di sguardi e intese.
Possibile
che dietro alle emozioni che tante volte aveva visto in Elisa non ci fosse
niente? Il vuoto?
Era
veramente questo, un Cacciatore? Solo desiderio, brama di sopravvivenza e
sangue?
Un
colpo di pistola sfiorò la testa di Elisa. Gli occhi raggiunsero in pochi
istanti il punto preciso da cui era stato sparato.
«Ah,
non sei sola, a quanto vedo...» l’intera squadra dei sopravvissuti si era
riunita, in opposto alla bianca chiesa occupata, per combattere.
Cassandra
non si era ancora mossa. I suoi sensi e la sua concentrazione erano su un’altra
scala.
«Rimarrai
ancora così impassibile anche di fronte ai tuoi “sudditi” che vengono
ammazzati?». Il fine della frase fece susseguire un intero flusso ininterrotto
di lupi neri che si scagliarono sul piccolo gruppo di giovani armati di pistole
e Infetti.
Una
piccola gemma in mezzo al carbone.
La
chiesa bianca vomitò tutto il nero che portava dentro, tutto il sangue e il
desiderio di morte, tutti i Cacciatori raggiunsero il piccolo fronte nemico, e
lo spaccò.
Cassandra
abbassò l’arme e raggiunse gli amici. Elisa la guardò girarsi e correre.
E sorrise
quando sentì il primo cranio fracassarsi, sogghignò alla prima ferita mortale
aperta, rise di gusto al primo ragazzino squartato vivo.
E la
riccia, nel suo incedere, nel suo combattere quei mostri che di malvagio
avevano tutto e niente, udì nel vuoto della sua anima la voce di Elisa
rimbombarle e disgustarla.
L’odio
cresceva sempre di più, e non retrocedeva.
«Serrate
i ranghi! Contrastateli con tutto! Non permettetegli di passare!» urlava Ros,
ferendo alla gola l’ennesimo lupo nero nella radura, scivolando sul terreno
ormai madido di sangue fresco. L’aria era pregna dell’odore di ferro e dolore.
Le urla
si alzavano di ottave, mentre i proiettili non si potevano più sentire nell’aria.
I tiratori erano stati eliminati quasi subito, impegnati in un corpo a corpo.
«Cassandra!»
chiamò la donna coi capelli rossi, stringendo l’impugnatura viscida del fucile,
sparando una raffica sterminatrice. Cinque lupi caddero nel dolore. La riccia
raggiunse il capo in prima linea con poche eleganti mosse.
«Mi
servono solo cinque minuti.» informò, per poi retrocedere. Raggiunse la
postazione di controllo di Giacomo, con un braccio fasciato e il sudore che colava
dalla fronte. Il colore azzurro dei suoi capelli stava sbiadendo ormai.
«Sono
pronto, quando vuoi!» urlò, e diede un comando a Cassandra. La donna spinse il
pulsante al segnale di Giulia, affiancata da Ros, entrambe madide di sangue e
tramutate in bestia.
Un
boato ruppe le file nemiche, il pavimento venne a mancare sotto le zampe dei
lupi, facendoli sprofondare nel livello sottostante, contornato di pali
acuminati.
Molti
rimasero trafitti, altri gravemente feriti. Il numero dei nemici venne
dimezzato.
I
ranghi dei sopravvissuti esultarono, poi un rintocco di campana si sentì
lontano. Cassandra mormorava in una lingua sconosciuta parole come una
preghiera, una litania dolce e suadente, le mani componevano simboli nell’aria,
il bastone fermo immobile nell’aria, sospeso nel nulla. Poi un rumore grondante
uscì dal pavimento, muri di bianca superficie lunare si spansero nell’aria,
stringendo i nemici in una presa micidiale, fatta di aculei e lame. Gli uggiolii
di dolore furono l’ultima richiesta di aiuto, prima del silenzio.
Elisa,
ferma sugli scalini della chiesa urlò di rabbia. Il ruggito della pantera si
espanse nella radura.
No,
Cassandra non poteva avere tutto quel potere.
Nella
sua mano si formò un aculeo dalla forma sottile, che la donna pantera scagliò
con rabbia nell’aria, trafiggendola e raggiungendo il muro vicino a Cassandra,
spaccandolo. Giacomo sussultò al colpo e la riccia si voltò. Sulla superficie
vi era inciso un messaggio.
I loro
occhi, a centinaia di metri di distanza, tra ossa rotte, urla di dolore, sangue
e sudore, si incrociarono e annuirono.
«Ritirata!»
urlò Cassandra, osservando come la luce fosse cambiata da prima, vi era più
chiaro nell’aria. Era ormai l’alba.
«Perché!?»
urlò Ros, dalle prime righe «Abbiamo vinto!».
«Sbagli.
Era solo un piccolo gruppo di principianti. Una squadra esplorativa.» a quelle
parole Ros e Giacomo sbiancarono. Anche se avevano vinto, la loro unità si era
dimezzata. Molti i feriti a cui prestare soccorso.
«Ho
accettato un accordo. Andrò solo io, e combatterò con il loro capo.» le parole
di protesta si elevarono alte, ma furono zittite dal suo sguardo. Era decisa,
Cassandra. Nessuno l’avrebbe fermata. Aveva il potere della Dea nelle sue mani.
Elisa,
dall’altra parte, sogghignò, gli occhi ripieni di giubilo. L’aveva ingannata.
Entrò dal
portone divelto, ingoiata dal buio della chiesa.
La
figura bianca ed eterea di Cassandra spaccò il buio della Chiesa, immersa nell’oscurità.
Osservò con freddezza lo stato di degradazione della chiesa, luogo di culto.
In fondo,
vicino a un piccolo altare, in mezzo ad un cerchio bianco, vide Elisa e un uomo
dai capelli bianchi. La tunica nera, i ricami rossi, facevano desumere un
sacerdote del culto del Dio del Sole.
Sul suo
volto si disegnò il disprezzo.
«Sei
ingenua, Cassandra. E disgustosamente superba.» la voce dell’uomo si unì all’aria
spezzarsi intorno a sé. Cassandra fu atterrata con un colpo alla nuca,
facendole perdere leggermente i sensi. Riversa a terra, gli occhi si
appannarono, la Vista persa. Intravide Elisa sogghignare, vicino a lei,
artefice del colpo basso.
Si
sentì sollevare per i capelli, un braccio ritorto all’indietro per metterla in
ginocchio. Tentò di liberarsi, ma il colpo ancora le impediva la vista e le
forze. Un lupo la teneva bloccata. Poteva sentire l’odore fetido della sua bava
attraverso l’aria.
«Non
dimenarti, il rito durerà poco.» Cassandra sbiancò, intuendo le sue intenzioni «Un
singolo colpo, e il tuo cuore sarà mio. Basterà solo quello, per liberarmi da
tutti voi. E così il Dio del Sole potrà governare su questa terra!» il
fanatismo si poteva intuire dal tono della sua voce. Si avvicinò, il pugnale
puntato al cuore. Gli occhi dell’uomo erano dilatati, il sudore e l’esaltazione
avevano scompigliato i suoi capelli laccati, bianchi per l’anzianità. Le mani
ruvide tremanti, per l’emozione che gli correva in corpo.
Furono
queste le ultime sensazioni che ricordò, prima di trapassare. Una mano
insanguinata spuntava dal petto dell’uomo, il cuore strappato dalla sua sede,
non più pulsante, nelle dita affilate della donna dagli occhi gialli dietro di
lui. Il rumore di ossa spezzate susseguì la caduta del corpo del sacerdote,
ormai morto.
Elisa
si scrollò il sangue di dosso, i lupi gorgogliavano confusi. Quell’uomo era il
loro capo, ma era morto. Era stato ucciso da Elisa.
Cassandra
rimase shockata dalla brutalità dell’assassinio, dalla freddezza delle sue azioni.
Da come
Elisa aveva impedito il suo omicidio.
Cuore, ancora sussulti alle azioni della traditrice?
Elisa
sogghignò. Il ragionamento dei lupi le era gradito.
Se lui
era morto questo sta a significare che lui era debole. Quindi Elisa è più forte
di lui, che era il capo. Adesso quindi il capo è lei.
Elisa
si appoggiò alla spalla della riccia, ora Cassandra poteva vedere con
chiarezza. Gli occhi castani incrociarono quelli gialli della pantera.
«È ora
che il rito cominci, giusto, sacerdotessa?» la riccia non capiva. Il tono di
della donna pantera era cordiale, morbida, come l’aveva sempre sentita. «È oggi
la data fissata per il nostro sterminio?».
No.
Non può essere.
Come può, un Cacciatore, essere a conoscenza del disegno
divino che io ho solo intravisto?!
«Il tuo
silenzio conferma i miei sospetti allora.» la presa sulla sua spalla si fece
più forte. Abbassò lo sguardo.
«Elisa,
non vorrai mica...» soffiò la riccia in un sussurro.
«Scusami.»
la interruppe Elisa. Un leggero sorriso solcò il suo volto.
Dall’esterno
la scena si consumò in pochi attimi. Ma nello spirito delle due donne quello fu
un combattimento all’ultimo sangue, all’ultimo spirito, durata millenni.
Rubare
una parte dell’altra era molto più difficile del concederla. Era già successo
più di una volta. Come quella volta che Cassandra rubò lo spirito della
pantera, su quel dirupo, mentre Elisa stava per morire per mano di quell’uomo
dai capelli bianchi.
Come
quella volta che Elisa rubò l’energia di Cassandra, quella della Dea, per
proteggerla dagli Infetti.
Perché
Elisa e Cassandra sono l’Eroe e il Sacrificio.
L’uno
non può esistere senza l’altro.
Entrambi
si supportano fino al giorno del giudizio, e compiono il volere della Dea.
Il
Sacrificio, giunto il giorno, avrebbe dato la sua vita per raggiungere lo scopo
comune.
L’Eroe
avrebbe protetto il Sacrificio fino a quel giorno.
Elisa
doveva proteggere Cassandra, fino al giorno del giudizio, e poi lasciarla
morire.
Questo
era il Disegno Divino della Dea.
Ma
tu, Elisa, nel tuo ceco egoismo, non lo hai accettato.
Non
sopporti di separarti dalla persona che ami.
E
ti capisco, un poco.
Ma
sei folle, nel volerti prendere le responsabilità di due esseri sulle tue sole
ed uniche spalle.
Elisa
vinse la battaglia. Contornata da una luce aurea, avvolta in morbide vesti
bianche, i capelli diventati lunghi erano sciolti, ricci, e si librava nell’aria
come senza gravità. Gli occhi non più gialli, ma castani. Nella mano il bastone
che prima era di proprietà della sacerdotessa Cassandra, ora riversa a terra
sconfitta e distrutta, vestita solo di una blanda tunica bianca.
Cassandra
si sentì strappare una parte di sé, vedendo come metà del suo mondo precipitava
nel buio. I capelli persero il loro naturale colore, diventando bianchi. L’occhio
si appannò, diventando cieca per metà.
«Elisa...no!»
urlò, liberandosi e lanciandosi in modo disperato verso la donna avvolta nella
candida protezione della Dea. Vi era stato uno scambio. Una cosa proibita.
Un onda
silenziosa si disperse nella chiesa, e tutti i lupi gracchianti si riversarono
a terra, liberi e purificati. Ora vi erano solo i corpi degli ignavi vittime,
perse in un sonno collettivo. Il rito disgustoso dell’uomo venne purificato.
Cassandra
piangeva, disperata.
Elisa
ora era la sacerdotessa.
L’Eroe
e il Sacrificio, tutto in uno.
Due
spiriti in un unico corpo.
Cassandra
ora sapeva. Aveva capito tutto. Le azioni
di Elisa, il suo odio, i suoi comportamenti, le sue emozioni.
Ma era
troppo tardi. Aveva capito tutto troppo
tardi.
Fu con
disperazione vedere come Elisa recitava con drammatica voce e un sospiro di
malinconia l’incantesimo finale. L’ultimo compito del Sacrificio.
Il Risanamento.
La distruzione totale dell’umanità.
Ma le
parole erano diverse, l’intento dell’incantesimo era diverso. Elisa si tagliò
il polso. Il sangue sgorgò, per poi cristallizzarsi nell’aria ed evaporare. L’ultima
parola dell’incantesimo venne soffiata con malinconia. Gli occhi di Elisa si
adagiarono per un istante in quelli di Cassandra. E si persero in quell’istante.
Ho fatto tutto questo per un unico motivo.
Mi sono fatta odiare, mi sono trasformata in un essere
disgustoso, mi sono fatta toccare, giudicare. Mi sono trasformata in serva e
padrona. In giudice e giustiziere.
In combattente e condottiera. Da amica a nemica.
Da donna a mero oggetto.
Avrei persino toccato i fondi dell’Ade o degli inferi per
avere quello che desideravo: il potere di fermarti.
Di non permetterti di morire. Di non morire vedendoti
sparire nell’aria.
Ti giurai una volta che ti avrei protetta, qualsiasi cosa fosse
successa.
Ti sei forse dimenticata? Io no. Io non dimentico mai una
promessa.
Tutte le persone che ho amato se ne sono andate.
Non avrei più accettato la vita, se tu fossi morta.
Quindi ho fatto la mia scelta, ho corrotto la mia anima, il
mio corpo, il mio spirito, il mio cuore, la mia mente.
Tutto, tutto, pur di non vederti morta.
E ora, ce l’ho fatta. Vivi, ama, sorridi in un mondo dove
non ci saranno più Cacciatori.
Vivi, almeno tu, anche per me.
Un
sorriso, una lacrima, un bagliore, un onda d’aria e magia.
La luce
del sole segnò l’inizio di una nuova era.
Ora erano
solo loro due, in mezzo a un luogo indefinito, contornate solo dal bianco.
«Ho
delle domande che non hanno ancora avuto una risposta, Elisa.» la voce di
Cassandra era seria e Elisa, sollevata in quello spazio senza gravità la
ascoltava, assorta. Sapeva che quei pochi minuti le sarebbero costati.
Sorrise,
dolcemente, come non aveva fatto mai.
«Allora
domanda, e io risponderò.».