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Autore: deadjoke    03/04/2013    0 recensioni
Questa è una storia di amicizia durante il tempo, i protagonisti non sono altro che lo specchio dell'amicizia di tutti i giorni, amici d'infanzia che, durante il corso della vita, si sono dovuti dividere, ma che non hanno mai perso l'animo di potersi incontrare e ricordare i bei momenti passati insieme.
Genere: Comico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quattro amici si ritrovano il sabato sera per una cena dopo anni passati senza vedersi, gli abbracci e le lacrime di gioia non mancano, le battute e le novità degli ultimi anni sono il loro antipasto, aspettando la cameriera per poter ordinare. Una volta finite le novità e ordinato da mangiare, per questi vecchi amici cresciuti insieme e poi separati dai vari percorsi della vita l’unica cosa che rimane da fare e iniziare a raccontare storie su vecchi ricordi vissuti insieme.

Il più anziano di loro, Al, sorseggiando un goccio di birra fu il primo a esordire dicendo “ragazzi, vi ricordate quando eravamo alle scuole medie?... bene, vi ricorderete anche di quel ragazzo della classe vicino alla nostra, quello sempre circondato dalle ragazze che fumava di nascosto dietro la scuola facendosi volontariamente vedere dai suoi compagni per far pensare che fosse più maturo degli altri. Beh, se non vi ricordate bene di lui vi rinfresco la memoria su quel breve periodo”.

Ricordo che un giorno, appena usciti da scuola, io e Frank vedemmo quel ragazzo.. cavolo, non mi ricordo neanche il nome... chiamiamolo K, per evitare confusione.
Io e Frank avevamo appena visto K nel parcheggio della scuola un giorno d’inverno, come al solito volevamo tornare subito a casa per poi vederci tutti insieme a giocare nella neve, ma quel giorno ci fermammo qualche minuto per vedere meglio cosa facesse dopo la scuola, così lo osservammo da lontano per qualche minuto, la sua sigaretta sembrava eterna, il fumo che usciva dalla sua bocca si faceva strada davanti a lui per almeno un metro prima di dissolversi nel nulla, una ragazza gli si avvicinò guardandolo con ammirazione, ricordo ancora che mi domandai il perché, la ragazza mise davanti a lui ed iniziarono a parlare, non sentii cosa si dicessero, sta di fatto che dopo un minuto K buttò via la sigaretta e la baciò senza alcun preavviso.
Frank rimase a bocca aperta per qualche secondo e poi mi domandò come facesse la ragazza a non vomitare per il disgustoso sapore della sigaretta, rimanemmo immobili a fissarli mentre si baciavano per qualche istante, poi decidemmo di allontanarci, in fin dei conti non eravamo dei maniaci, ok, non avevamo ancora dato il primo bacio, ma ciò non vuol dire che volevamo prendere anche noi la prima ragazza carina di turno per baciarla, almeno, io non lo feci, Frank invece ci provò d’impulso con la ragazza a cui andava dietro ed il risultato fu una ginocchiata nei testicoli e una voce da coro per almeno un mese, ma questa è tutta un’altra storia, se vorrà ve la racconterà lui dopo.
Tornando a K, stavamo per andarcene quando non sentimmo un urlo provenire dal parcheggio, ci precipitammo a guardare cosa fosse successo e vedemmo K mettere le mani nelle mutande di quella ragazza tenendola ferma da dietro, la cosa più intelligente che ci venne in mente al momento fu quella di lanciargli una palla di neve per distrarlo e far si che la ragazza potesse scappare, così, prendemmo un po’ di neve e gliela lanciammo contro, Frank colpì un’anziana signora mentre portava a casa la spesa, la quale cadde e si fratturò un osso, io invece ci andai più vicino, colpii la ragazza, non sarebbe successo nulla di grave se, a mia insaputa, dentro quella palla di neve non avessi beccato un sasso.
La ragazza cadde a terra svenuta, K pensò che la ragazza fosse svenuta per altri motivi, così continuò con lei a terra, arrabbiato per la mia pessima mira scesi le scale e tirai un pugno a K facendolo cadere a terra.
Ricordo che iniziò a insultarmi e poi mi attaccò con un tirapugni, inutile dire che me le presi, così mi ritrovai sdraiato a terra con un occhio gonfio, e la scritta “FUCK” stampata sulla fronte per colpa del tirapugni, rimasi sdraiato per

 

qualche minuto, Frank era andato ad aiutare la vecchina, quando tornò indietro e mi trovò così accadde la cosa più divertente, la ragazza si svegliò con i pantaloni calati e la brutta faccia coperta di brufoli di Frank e un povero coglione svenuto e sanguinante di fianco. Iniziò ad urlare come una pazza, lui cercò di spiegarle cosa fosse successo e, dopo poco, gli disse che K aveva cercato di aiutarla a togliere un insetto schifoso che le era entrato nei pantaloni mentre gli stava parlando prima, disse che lei iniziò ad urlare per quello e che K la stesse tenendo da dietro per non farla dimenare rischiando di essere punta dall’insetto, mentre la mano che entrava nelle sue mutande non era altro che la sua.

Quando mi risvegliai lei era ancora li a urlare contro, si rimise i pantaloni e tirò uno schiaffo a Frank, poi, non contenta, mi guardò in faccia e mi tirò un calcio che mi fece cadere nuovamente nella neve.
Fummo convocati dal preside per dare una spiegazione a tutta questa storia, i genitori della ragazza e anche quelli di K chiamarono i nostri rispettivi genitori per metterli al corrente dell’accaduto, rimanemmo in punizione per settimane e io andai a scuola per circa un mese facendomi odiare per la scritta “FUCK” stampata sulla fronte.

Quell’anno non ottenni neanche la sufficienza in inglese.

Le risate erano tante alla fine della storia, tutti quanti erano solo all’inizio della seconda birra mentre aspettavano la seconda portata, Frank e Josh si fecero da parte qualche minuto per andare in bagno, mentre Al e Brad rimasero seduti a tavola a chiacchierare ancora.

Dopo pochi secondi di silenzio Brad disse:
“erano tanti anni che non ci vedevamo tutti e quattro...”
“già, sono passati almeno quarantacinque anni sai?... sono un’eternità”
“diavolo, non pensavo fossero così tanti, abbiamo passato troppo tempo senza vederci, perché non l’abbiamo più fatto?”
“perché tutti noi dopo il diploma siamo andati a vivere in posti diversi e dal sentirci giorno per giorno siamo finiti col sentirci almeno una volta al mese, se non meno..”
“hai ragione... hai proprio ragione, però è bello vedere che, nonostante tutti questi anni, siamo ancora uniti come un tempo”
“beh, cosa ti aspettavi?... siamo amici di vecchia data, ne abbiamo passate troppe insieme per arrivare ad odiarci senza un valido e serio motivo incapace di farci ritornare tutti insieme non credi?... solo, mi sarebbe piaciuto passare insieme a tutti voi anche questi anni, certo le compagnie non sono mancate, ma voi siete i migliori”
“ti capisco, ma la vita ci ha divisi tutti, pensa che certi nostri vecchi compagni di scuola sono anche morti, cavolo, non credevo che arrivare a quest’età fosse così brutto”
“non hai tutti i torti, io ormai non riesco neanche più ad alzarmi di scatto dal letto, sembra una puttanata, ma se penso a tutte quelle piccole idiozie scontate che facevo tranquillamente quando ero giovane e che ora non riesco più a fare finisco sempre con l’arrabbiarmi con me stesso per non essermele godute tutte a pieno”
Gli altri due tornarono dal bagno e, tutti ansiosi di un’altra storia del passato, Frank si gettò e iniziò a raccontare quella di una sua vecchia fiamma.

Allora, da dove comincio.
Era l’estate senza compiti, la migliore di tutte, avevamo appena finito la terza

 

media e ci stavamo tutti preparando per l’inizio delle superiori, almeno, alcuni si stavano preparando, noi eravamo sempre fuori o dentro casa tutti insieme a fare i cazzoni, quando sia Al che Brad partirono per il mare, io e il buon Josh ci ritrovammo a passare le giornate a casa mia giocando ai videogames come due forsennati e la sera a girare per le strade del centro chiacchierando e facendo gli stupidi senza alcuna meta.

Una sera eravamo entrati in un bar per imbucarci in questa festa di compleanno che, successivamente scoprimmo fu di Jessica, la ragazza che odiava a morte Al per l’incidente del bagno.

Brad fermò tutti con ancora in bocca una forchettata di pasta farfugliando “che storia del bagno?”
Al iniziò a ridere e rispose “già che tu sei arrivato all’inizio delle medie, beh, la storia del bagno per cui Jessica mi odiava tanto era molto, ma molto semplice e veloce. Praticamente un giorno, alle scuole materne, avevo portato i petardi e intenzionato a far credere a tutti che ci fosse una bomba per uscire prima ne accesi uno nel bagno e lo lanciai nel water, già allora ero molto bastardo, così deviare i sospetti da me gli attaccai una miccia lunga almeno un metro e feci in modo che non potesse bagnarsi sott’acqua, in ogni caso, accesi la miccia e me ne andai via, Jessica correva per il corridoio tenendosi la pancia, io tornai nella mia classe bello tranquillo e col solito sorriso ebete stampato sopra in attesa del grande botto.

Quando ci fu, avevo già la cartella pronta per andare a casa, ma a quanto pare non tutto andò secondo i miei piani, a quanto pare, la povera Jessica, aveva trovato tutti i bagni femminili chiusi per dei problemi di servizi e, costretta dal bisogno fisico, si diresse nel bagno maschile, purtroppo andò proprio in quello col petardo che, quando scoppiò fece saltare una tubatura la quale, a sua volta, fece cadere in avanti Jessica, la cosa peggiore fu il rigetto di escrementi lanciati dal water per via del petardo, e così la povera bambina si ritrovò coperta di merda nel giro di pochi secondi. I giorni successivi rimase chiusa in casa per la vergogna, mentre il mese successivo iniziò a cercare il colpevole di tutto ciò e quando arrivò a me cercò di spaccarmi naso e denti, ma non ci riuscì mai.

Questa è la storia del bagno, ora continua con la tua di storia amico mio” Frank guardò Al in silenzio per qualche istante, poi ricominciò.

Comunque, ci eravamo imbucati nella festa di compleanno di Jessica, ovviamente quando lo scoprimmo rimanemmo entrambi di stucco, così decidemmo di andarcene senza farci notare, tenendo un basso profilo, Josh si stava avviando già all’uscita del bar con il cappuccio tirato su tutto il viso, tenendo una mano chiusa sul cappuccio e l’altra spianata verso la folla, si fece strada a suon di spallate e palpate a qualsiasi persona gli si piazzasse davanti, per sua fortuna la maggior parte delle ragazze erano già sbronze e l’altra metà non badava più se gli si veniva toccata una parte del corpo. Quella sera Josh tocco la più grande quantità di tette e culi femminili in un minuto che nel resto della sua vita.

Io invece, ero rimasto immobilizzato guardando una ragazza seduta a un tavolo, piccolo, solo per due persone e all’angolo, se ne stava sola a leggere un libro mentre tutto il resto della gente si sbronzava e pomiciava senza troppi problemi. Rimasi immobile per qualche minuto, con gli occhi fissi su di lei e una stupida espressione da ebete felice, nel frattempo Josh era già arrivato fuori e, ancora convinto che fossi con lui continuò a camminare parlando al vento, si accorse

 

solo dopo una buona mezz’ora della mia assenza, mezz’ora nel quale, accadde di tutto, ovvero.
Presi coraggio poco a poco, cancellai dalla mia faccia l’espressione ebete e passo dopo passo mi avvicinai a lei, ogni... singolo... passo sembrava sempre più pesante, a dieci metri da lei camminavo normalmente, a sette metri le gambe iniziarono a farsi leggermente mollicce, a quattro metri erano praticamente pasta frolla. Non feci in tempo a chiederle se potevo sedermi accanto a lei che crollai direttamente sulla sedia. Nell’imbarazzo più totale lei iniziò a fissarmi, io, tra il sudore e la paura di dire qualche solita puttanata le dissi “non è il mio genere di festa”

e da lì in poi cominciammo un discorso che portò alla rovina, non mia personale, ma a quella dei miei testicoli.
“allora per quale motivo sei qui?” rispose continuando a leggere il suo libro. “onestamente non ne ho idea, io e un mio amico stavamo cercando un bar tranquillo e siamo incappati in questa festa, ci siamo imbucati per la birra e la torta gratis... tu piuttosto? non mi sembri tipa da feste come questa...”

“infatti non lo sono, semplicemente sono qui da prima di loro, quando il bar era ancora tranquillo, non mi ero resa conto dell’ora e, continuando a leggere, solo dopo aver alzato la testa dal libro mi sono ritrovata nel bel mezzo di questa stupida festa”

“storia carina, allora per quale motivo non te ne sei andata?”
“non lo so... forse volevo vedere se qualcuno si fosse accorto della mia presenza e poi, i drink sono gratis”
“beh, alla fine ti ho vista, quasi ci mancava poco che me ne andassi senza vederti qua seduta, sarò rimasto immobile a fissarti per qualche minuto, con un’espressione da ebete in faccia”
“se per quello sappi che hai ancora un’espressione da ebete”
“ah, no questa è la mia faccia normale, quella da ebete è ancora più idiota”
“non ne dubito, ma, perché mi stai dicendo tutte queste cose?”
“forse perché mi sei piaciuta dal primo momento in cui ti ho vista ed è tanto di più inutile partire un discorso con delle bugie”
“non hai tutti i torti, sai, la musica sta diventando troppo snervate per stare qui e come se non bastasse la quantità di persone che stanno pomiciando è aumentata di molto...”
“già, se per questo ho due ragazze che stanno pomiciando sulla schiena già da qualche minuto”
“non ci avevo fatto caso, beh... che ne diresti di andare a farci un giro fuori? a prendere un po’ d’aria”
“non aspettavo altro, prima però prendo un po’ di torta”
Come mi alzai dalla sedia le due lesbiche caddero sul tavolo rovesciandosi addosso il resto dei drink, nonostante tutto, ciò non fermò il loro libido. Successivamente le due continuarono a pomiciare fino ad arrivare a fare sesso orale tra di loro davanti a tutti, dissero che il capo del bar fu così sbalordito che, al posto di cacciarle via, le ingaggiò entrambe per esibirsi in pubblico su richiesta per le feste. Ricordo che c’erano anche alla mia festa di compleanno adesso che ci penso.
Comunque, tornando a noi, la serata stava procedendo bene, io ero in compagnia di una ragazza bellissima, non avevo più il rischio di essere ucciso da Jennifer per essermi imbucato alla sua festa e quella sera il caldo era diventato stranamente insopportabile, il che fece rimanere addosso a entrambi il minimo indispensabile per non essere accusati di atti osceni in luogo pubblico.

 

Camminammo per tutte le strade del centro, facendoci strada nel vuoto delle strade illuminati dai lampioni e dalle loro lampadine in procinto di esplodere. Le brezze d’aria arrivavano ogni tanto rinfrescando l’ambiente e facendo muovere i suoi capelli lisci, il suo profumo si disperdeva lentamente vicino a lei e, ogni qual volta tirassi una boccata d’aria quel profumo mi inebriava facendomi sognare.
Di punto in bianco messe via il libro nella borsa e mi prese per mano, ci fermammo, mi guardò negli occhi e mi baciò. Fu spettacolare, il momento, lo scenario, il suo profumo, tutto era quasi perfetto... dico quasi perché purtroppo mi venne un’erezione, ma che ci volete fare... era un momento magico e quando finimmo cercai di prendere velocemente un fazzoletto per bloccare una piccola perdita di sangue dal naso dovuta al caldo, e fu lì che la serata divenne atroce. Come feci lo scatto per prendere il fazzoletto la ragazza, quella splendida ragazza dal profumo d’angelo, mi tirò una testata dritta sul naso con la forza ti un toro e, non contenta, mi tirò un’epica ginocchiata ai testicoli. Badate bene, il colpo non era naturale, ma era stato amplificato con l’aiuto di fantastiche ginocchiere. Lanciando una sequenza di urli che partirono dal più virile, per il colpo al naso, al più acuto e imbarazzante, praticamente feci una perfetta scala di toni fino ad arrivare alle voci bianche.
Caddi al suolo stringendo con le mani quel che rimaneva nello spazio tra una gamba e l’altra, il sangue dal naso continuava a uscire come un fiume in piena, mentre continuavo a rotolarmi mi accorsi che la splendida ragazza in realtà era un agente di polizia in borghese, inginocchiandosi vicino mi chiese “allora brutto bastardo, non violenterai più ragazze alle feste adesso”
Io, sbalordito e con voce bianca risposi “chi diavolo vuole violentare le ragazze? è già abbastanza bello se una mi rivolge la parola, lo sapevo che non dovevo imbucarmi alla festa di Jessica, ha sempre delle amiche molto strane”
“COSA? tu non sei lo stupratore seriale?”
“no, e col colpo che mi hai dato dubito che potrei mai diventare stupratore, masturbatore, donatore di sperma e anche padre se per questo”
“oh cazzo, ti chiedo scusa, non intendevo farti del male... almeno, intendevo, ma intendevo farlo allo stupratore...”
“risparmia le tue scuse, più che lo stupratore dovrebbero fermare te come castratrice... potresti aiutarmi chiamando un’ambulanza? non penso sia tutto ok nei miei pantaloni, le tue ginocchiere da marine funzionano fin troppo bene”
E fu così che venni portato in ospedale, mi diagnosticarono un forte trauma testicolare e la rottura di una parte del naso, nei giorni successivi, grazie a quantitativi improponibili di ghiaccio, ottime medicine e antidolorifici, sia il naso che i testicoli tornarono a posto, la voce migliorò gradualmente nel giro di un mese, per un mese intero sarei potuto andare a cantare anche in qualche coro di chiesa.

La seconda portata era finita da poco quando Frank concluse il suo aneddoto.
Tra risate collettive e sorsi di birra l’allegria di questi quattro amici storici si era propagata fino a tutti i tavoli vicini al loro, le altre persone che sentirono i loro racconti non riuscivano a smettere di ridere e certi clienti, pur avendo finito di mangiare tempo prima, rimanevano sedute, scolando lentamente i loro ultimi drink, aspettando un’altra storia.
I quattro amici erano lieti di poter mettere qualche sorriso con le loro esperienze di vita e, senza troppi indulgi, si fermarono qualche istante per pensare a qualche altro aneddoto passato insieme.
Nell’attesa Brad e Frank andarono in bagno, fermando prima un cameriere per

 

ordinare altre birre ghiacciate per il proseguimento della serata.
Al rimase in silenzio per qualche istante, poi iniziò a parlare con Josh
“come procede il matrimonio con Katrin?”
Josh abbassò un attimo lo sguardo, prese il bicchiere e, sorseggiando, rispose
“mi ha lasciato un anno fa”
Al rimase immobile di fronte a tale risposta, fu allora che si rese conto quanto si era perso dei suoi amici, raccolse il coraggio e con voce bassa e sicura, come suo solito, disse
“ne vuoi parlare?”
“tranquillo, non c’è molto di cui parlare... è una cosa che ormai ho superato insieme alla depressione”
“non immaginavo fossi andato in depressione... in tutta onestà non immaginavo ti fosse accaduta una cosa così brutta”
“già... non ti preoccupare amico, non potevi saperlo, il solo fatto che tu te ne preoccupi mi da sollievo, non pensavo te ne importasse più nulla”
“certo che me ne importa, stupido! sei uno dei miei più cari amici al mondo, so che non conta molto ma, nonostante tutto il tempo passato senza sentirci o vederci non ho mai dimenticato nessuno di voi”
“neanche io, fidati... certi giorni mi chiedevo come mai avessimo smesso di sentirci e, ogni volta, una ragione diversa mi distolgeva da quella domanda, ritrovandomi periodicamente a rifarmela... e poi, così di punto in bianco te ne spunti fuori con l’idea di una cena tutti e quattro insieme...”
“beh... so di non avere scusanti per non aver scritto a nessuno di voi in tutti questi anni, ma ti prego di non odiarmi per ciò, più avanti chiarirò il motivo per cui ho organizzato questa serata, niente di speciale, quindi non stare sulla corda” “arrabbiarmi? nah, non potrei” altro sorso di birra “credo di parlare a nome di tutti se ti ringraziassi per averci riuniti per questa serata, probabilmente se non lo avessi fatto tu, forse, non ci saremmo più rivisti”
“già, probabile, ma mai dire mai amico mio”
Un piccolo sorriso comparve sul volto di Josh, il quale non la smetteva di pulire il bicchiere dalla condensa colante della birra gelida.
Gli altri due ritornarono dal bagno e, facendo cenno al cameriere, si fecero portare istantaneamente qualche altra birra insieme ad un delizioso dessert. Brad guardò per un attimo il suo cellulare, squillava in modo insistente da tutta la serata ma non lo voleva dire a nessuno, lo spense e tirando un sospiro rivolse lo sguardo verso i suoi amici e disse
“suvvia ragazzi, non è il momento per i musi lungi, abbiamo ancora qualche birra, non siamo brilli e ci aspettano degli ottimi dessert fatti in casa, che ne dite di un’altra storiella?”
Tutti gli altri, clienti adiacenti inclusi, rivolsero lo sguardo su di lui e, non appena si fosse riempito il bicchiere, cominciò.

Vediamo, vediamo, ah, sì, questa vi farà ridere un po’.
A metà delle scuole superiori, quando ci eravamo già leggermente divisi, Al ebbe la brillante idea di organizzare un’estate diversa dal solito, andando tutti insieme al mare, per quanto potesse sembrare una cosa banale tra amici non eravamo mai riusciti a passare al mare un’estate senza genitori e, sopratutto, tutti insieme.
I preparativi procedevano alla grande, tutto quello a cui riuscivamo a pensare era quello di sbronzarci e passare ogni serata in compagnia di una ragazza diversa, divertendoci ai limiti della legge.

 

Quando ci avviammo al treno di partenza ricordo che i nostri genitori iniziarono a guardarci con occhi lucidi e malinconici, per poi ricordarsi che avevamo l’età per bere e, di conseguenza, guardandoci con fare minaccioso come per ricordarci che saremmo dovuti tornare sani e lucidi.

Sul treno riuscimmo a trovare uno scompartimento vuoto, che barbaricamente facemmo nostro lanciando le valige sui posti vuoti, onde evitare spiacevoli amicizie durante il tragitto.
In totale il viaggio doveva durare sulle sette ore.

Prima ora: Frank e Al si addormentano gloriosamente per recuperare le ore di sonno perse i giorni precedenti, ogni dieci minuti uno di loro due si rivoltava per cambiare posizione. La brillante idea fu quella di spostare Frank su uno dei portabagagli posti in alto sopra i sedili e legare Al con una quantità improponibile di scotch. A missione compiuta mi alzai per andare al bagno, ma, come aprii la porta, vidi il controllore entrare di scompartimento in scompartimento.

Rientrai dentro chiudendo con ferocia la porta alle mie spalle e dicendo a Josh di aiutarmi a togliere tutto lo scotch da Al, dopo qualche istante si svegliò e non appena capii che potevamo in contro a qualche guaio ci diede una mano. Non rimaneva altro che il bell’addormentato sopra i sedili, Frank non la voleva sapere di svegliarsi e quando sentì il controllore uscire dallo scompartimento accanto la cosa più sensata fu quella di coprirlo con i bagagli.

Il bastardo era terrificante, due metri e dieci vestiti con giacca nera, pantaloni neri e cappello di divisione nero, un fischietto nel taschino della giacca e un paio di manette attaccate alla cintura. Con voce simile a quella di un lottatore di wrestling ci guardò e disse “datemi i vostri biglietti, è meglio per voi che non facciate i furbi con me”

Al “non ne dubito”
Frecciata di ghiaccio mia e di Josh.
Il controllore guardò accuratamente i nostri biglietti, scrutando ogni singola parola impressa su di essi e, per sicurezza, iniziò a tastarli per bene verificando che la carta usata fosse quella usata nelle stazioni, seguirono esami olfattivi e anche degustativi. Alla fine di questa piccola esibizione stile “scena del crimine”, i biglietti ci furono restituiti, leggermente mangiucchiati e con saliva colante.
Il wrestler puntò i piedi e facendo un giro di 180° si avviò all’uscita.
Frank, ancora nascosto dietro le valigie, e ancora addormentato, entrò in sonno profondo, lasciandosi scappare qualche verso.
Il controllore puntò nuovamente i piedi, altro giro di 180° e con fare minaccioso scrutò le nostre facce per vedere chi avesse parlato, Al si scusò e iniziò a fingere una tosse sempre più forte per coprire i versi dell’addormentato.
La montagna umana si girò lentamente verso l’uscita e mentre aprì la porta un peto da competizione venne sganciato da Frank.
La furia era negli occhi del controllore, rivolse il suo sguardo verso Al, il quale rispose prontamente “mi scusi dottore, ma ieri i miei parenti messicani sono passati a trovarmi portando alcuni piatti tipici, ma io di messicano non ho ereditato nulla, stomaco incluso, quello l’ho ereditato dalla mia nonna che era molto debole”
La porta fu chiusa furiosamente lasciandoci soli, sospiro collettivo seguito da un secondo peto, questa volta silenzioso ma letale, causando forte nausea a tutti. Dalla seconda alla quinta ora il finestrino era rimasto spalancato, facendo circolare l’aria intossicata dalle nostre sigarette.
In un primo momento facemmo stupidi giochi da viaggio, poi, assaliti dalla noia più totale, cominciammo una partita di strip poker.

 

A metà partita, con Frank ormai completamente nudo, Al vestito solo di cappello e mutande, e io e Josh ancora muniti di pantaloni, fu nostra grande sorpresa l’arrivo improvviso di tre ragazze svizzere, magre, seducenti e molto, molto prosperose. Una volta aperta la porta del nostro scompartimento rimasero immobili per qualche istante a fissarci, poi si sedettero di fianco a noi e con qualche sorriso mal nascosto chiesero “cosa fate di così divertente voi ragazzi?” Al con risposta pronta “strip poker, un semplice gioco di carte dove chi perde deve togliersi i vestiti, gradite partecipare alla partita? ovviamente, visto che stiamo giocando già da un po’, se voleste unirvi dovrete portarvi a pari merito con noi”

Tutti noi rimanemmo completamente allibiti da questa risposta così pronta e ci eravamo già preparati a una dose gratuita di insulti e schiaffi.
Le ragazze si guardarono per un paio di secondi e poi iniziarono a togliersi i vestiti rimanendo solo in pantaloncini e donandoci della vista dei loro seni. Non esagero se dico che rimanemmo tutti a bocca aperta.

Dopo qualche minuto di silenzio, con i nostri occhi ancora puntati sulle loro prosperità, una di loro disse “allora, giochiamo?”
Per un’ora e mezza giocammo a poker, fino a quando non ci ritrovammo tutti nudi, ovviamente uno di noi doveva farsi da parte vista la mancanza di una quarta ragazza. Il problema era capire chi si sarebbe fatto da parte.

Con grande sorpresa, tutte le ragazze si avvicinarono a Frank iniziandolo a baciare e a toccare per tutto il corpo.
Io, Al e Josh rimanemmo basiti e dopo una terribile occhiata di Frank ci rivestimmo e uscimmo dallo scompartimento lasciandolo solo in balia delle turiste.

La prima mezzora di tempo la passammo tutti e tre con le orecchie attaccate alla porta, continuando a sentire risatine e gemiti femminili. Dopo l’ennesimo gemito ci trascinammo via con fare rabbioso.
Andammo a mangiare qualcosa sul vagone ristorante.

Il cameriere di turno era una mummia umana vestita con divisa da cameriere rossa con piccole sfumature nere, pantaloncini neri, berrettino cilindrico rosso e, sulla manica destra, un piccolo asciugamano cucito all’altezza del gomito. Ordinammo in quest’ordine: tre caffè, due brioche alla crema, un bombolone, un paio di birre ghiacciate e un piccolo aperitivo analcolico.
La mummia schizzò nel piccolo cucinotto semi nascosto, dopo qualche istante ci fu un suono di campanello e un urlo “arriva!”
Neanche il tempo di capire cosa dovesse arrivare che un caffè sfrecciò con velocità impressionante davanti ai nostri occhi finendo sulla giacca di un signore seduto al tavolo dopo il bancone.
Al secondo caffè eravamo ormai pronti e al suono del campanello avevamo messo tutti le mani a mo’ di muro per fermarlo.
Secondo urlo della mummia “arriva!” il caffè sfrecciò nuovamente sul bancone, come se fosse posseduto dallo spirito di una moto da corsa, in quel preciso istante il treno prese a grande velocità una piccola salita, il caffè prese il volo e si schiantò dodici metri dalla fine del bancone, più precisamente sulla porta.
Per l’ultimo caffè eravamo tutti molto preparati, io rimanevo con le mani poggiate al bancone, Josh copriva il soffitto e Al la zona di mezzo, non poteva sfuggirci. Qualche istante e poi terzo campanello seguito da urlo, caffè in arrivo sulla corsia principale, treno in perfetta salita e rientro spettacolare del caffè, che dopo un secondo di pausa a metà tragitto ritorna perfettamente dal cameriere. “grazie del caffè” urlò.

 

Ancora assetati decidemmo di aspettare le birre e l’aperitivo, chiedendolo però in bottiglia e consegnato personalmente.
Fortuna nostra riuscimmo a bere tutto senza inconvenienti, all’arrivo dei dolci però ci fu uno spiacevole imprevisto. Erano tutti posti di fronte a noi, serviti su dei graziosi piattini colorati e muniti di tovagliolo, sfortuna volle che il treno prese una curva a gomito, che anni prima gli costò un deragliamento su una corsia per i monti, le nostre facce furono scaraventate con forza impressionante sui nostri rispettivi dolci.

La mummia, con fare affannato ci guardò e ci chiese prontamente di pagare tutto.
Tornammo al nostro scompartimento, silenzio, non sembrava ci fosse più nessuno, entrammo e vedemmo il povero Frank legato ai sedili ancora nudo e con un reggiseno legato alla bocca. Le ragazze non avevano rubato niente, si erano solo divertite a prendersi gioco di noi. Ovviamente, prima di liberarlo scattammo qualche foto. Credo di averla ancora da qualche parte a casa.

Le rimanenti due ore di viaggio le passammo, dormendo e discutendo sull’organizzazione delle giornate al mare, inutile dire che tale organizzazione era del tutto inapplicabile. Per quanto ricordo, le proposte iniziali furono di gettare i bagagli nelle nostre stanze all’arrivo, correre in spiaggia per le rimanenti ore del pomeriggio iniziando a cercare qualche ragazza turista da poter impressionare e scaricare facilmente, andare in qualche locale notturno e tornare in albergo quando ci avrebbe fatto comodo. Purtroppo per noi, tale fantastico programma fu subito distrutto al nostro arrivo in albergo.
Pochi secondi prima di scendere dal treno eravamo tutti e quattro armati con i nostri bagagli, pronti a scattare una volta aperte le porte, senza calcolare il resto dei passeggeri presenti sul nostro vagone. Cinquantaquattro persone ammassate in meno di venti metri quadri, i più facoltosi, nonché sfortunati, si erano preparati ore prima davanti alla porta d’uscita, all’arrivo dei rimanenti passeggeri essi rimasero spiacevolmente schiacciati. Quando il treno si fermò buttò per terra tutte le persone prive di appoggio, le quali caddero al suolo, facendosi così calpestare violentemente senza pietà, i facoltosi, invece, vennero schiacciati sulla porta con furia sovrumana, all’apertura della porta essi furono lanciati via come il tappo di uno spumante.
Nell’arco di trenta minuti riuscimmo a scendere senza dover richiedere l’ausilio di armi o oggetti contundenti.
Ormai approdati da qualche minuto su terra ferma, ci dirigemmo in cerca d’un taxi, che, nostro malgrado, non arrivò prima di due tragiche ore per via dell’ennesima concorrenza.
La brutalità e tutta la cattiveria di ogni singola persona veniva fuori all’arrivo di ogni taxi, facendo lottare di fronte alla portiera della macchina ogni genere di persona, persino donne ingravidate, anziani sulla sedia a rotelle e bambini armati di sonaglio. Tutti ottimi gladiatori, di fatti i vincitori, oltre ad essere riusciti nell’occupazione del mezzo, potevano godere dei piccoli souvenir presi ai poveri malcapitati perdenti, come denti, ciocche di capelli, dentiere, maniche di vestiti e sonagli.
Di fronte a tale reggia, e in ansiosa attesa di cominciare con le nostre vacanze, ci lanciammo nel punto focale dell’attività, nonostante i tentativi di farci strada con calci e pugni Frank ebbe una brillante idea. Tutti e quattro prendemmo i nostri rispettivi bagagli e, in formazione testuggine, partimmo all’attacco dell’unica vettura presente in quel momento, riuscendola abilmente a conquistare.
Dopo l’incommensurabile giro turistico di tutta la città offertoci dal tassista e un

 

piccolo conto di oltre settanta euro, arrivammo sani e salvi in albergo.
Frank guardò sbigottito Josh e gli chiese “ma, come può essere questo il posto? Sembra troppo costoso e con quello che ci hanno fatto pagare, in un posto simile non ci affittiamo neanche il bancone del barman”
“non ti preoccupare caro mio, l’albergo è questo, semplicemente ho avuto la fortuna di poter prenotare in periodo di sconti”
L’albergo oltre che ad avere una maestosa entrata, decorata con piccoli putti, fontane e vere colonne romane prese all’asta in un mercatino delle pulci, al suo interno era una vera e propria maestosità. Ve li ricordate tutti quei quadri firmati da artisti famosi, appesi alle pareti dell’ingresso? Diavolo, se ce ne fossimo preso anche solo uno avremmo potuto vivere come dei re.
Ci avviammo alla reception dove ad attenderci c’era un’anziano signore leggermente sordo ma molto simpatico, che, se vi ricordate, prima di darci le chiavi della stanza fece leggermente impazzire Josh.
“Buongiorno ragazzi e benvenuti al nostro umile albergo”
“beh, non mi sembra molto umile visti tutti questi addobbamenti molto costosi” “si, gli abbonamenti non sono mai utili e costano sempre tanto... avete prenotato una stanza?”
“ehm, si, abbiamo prenotato una stanza con quattro posti letto circa un mese fa, il nome della prenotazione è ...”
“dovevate arrivare un mese fa? ragazzi, siete leggermente in ritardo”
“no no, abbiamo prenotato un mese fa per oggi, il nome è Albert Wells”
Ah si, Wells... che persona meravigliosa, ricordo di aver visto Quarto Potere appena uscì al cinema, un vero capolavoro”
“no, intendevo, ALBERT WELLS, il mio amico qui presente, la stanza è prenotata a nome suo”
“giovanotto lo sa che quello che sta dicendo è privo di alcun senso? Come sarebbe possibile prenotare una stronza? Quelle si trovano tranquillamente per strada, come mia moglie”
Josh rimase immobile davanti al bancone stringendo i pugni e iniziando a perdere la pazienza, noialtri, invece, ci girammo per non farci vedere durante una lunga e chiassosa risata che scattava non appena il vecchio signore apriva bocca. Josh raccolse le forze e urlando provò a riformulare la frase.
“MI SCUSI, IO INTENDEVO DIRE CHE ABBIAMO PRENOTATO UNA STANZA CIRCA UN MESE FA A NOME ALBERT WELLS, UNA STANZA CON QUATTRO POSTI LETTO, GENTILMENTE POTREBBE DARCI LE CHIAVI?”
“signorino, non c’è bisogno di alzare la voce, guardi che ci sento benissimo, qui c’è la vostra chiave”
“come chiave? Pensavamo ci avrebbe dato una chiave ciascuno”
“mi ascolti bene, non ho intenzione di stare al suo gioco, qui è severamente vietato bestemmiare e lanciare qualsiasi tipo di imprecazione rivolto a ogni dio esistente, onde evitare lamentele da altri clienti”
Al prese la chiave dal bancone e con un cenno ringraziò il signore, il quale ricambiò con saluto militare.
Arrivati in camera lanciammo i nostri bagagli e indossammo subito il costume da bagno, pronti per l’avventura, purtroppo la presenza di una singola chiave della stanza aveva scombinato leggermente i piani, ma ciò non ci aveva affatto fermati, così prendemmo e andammo in spiaggia.

Scusate un secondo ma parlare per tutto questo tempo mi ha messo una gran sete.

 

Brad prese un sorso di birra dal suo bicchiere ancora fresco, non appena staccate le labbra tirò un gran sospiro di sollievo.
Josh colse l’occasione e gli chiese.
“Ma, per quale motivo stai raccontando la storia come se la vedessi da un altro punto di vista? Non stai mica scrivendo un libro”

“Lo so, ma raccontata così sembra dare un tono del tutto diverso non credete? E poi di cosa vi lamentate, almeno la mia storia sta andando avanti già da qualche minuto in più delle vostre che sono finite subito”
“Okay, okay, vai avanti col tuo libro”

Josh sbuffò ridacchiando e continuò.

Allora, arrivati in spiaggia le ragazze abbondavano, scegliere una preda non era poi così difficile, bastava rivolgere lo sguardo in una qualsiasi direzione e scegliere una ragazza. Così facemmo.
Io mi lanciai all’attacco dopo pochi minuti, era seduta in riva al mare guardando le onde disperdersi a riva e bagnandosi i piedi con esse. Mi sedetti di fianco a lei e iniziai con uno dei miei vecchi stupidi approcci da rimorchio.

“Tutto questo non è fantastico?”
“Questo cosa?”
“Questo, il cielo limpido, il mare cristallino, la sabbia d’orata e tu, una ragazza stupenda”
“Credo che tu abbia qualche problema di vista. Il cielo è grigio e se continua così ci porterà una bella pioggia, l’acqua è piena di alghe e questa sabbia è colma di granchi e detriti portati dal mare”
“Non hai tutti i torti, se non altro non hai detto nulla riguardo al complimento che ti ho fatto”
In quel preciso istante feci una faccia da cane da riporto felice per la conquista del ramo appena lanciato.
“Per quello ti ringrazio, anche tu non sei male, peccato per la tua vista”
Altra espressione da cane esaltato.
“Ma io non ho problemi di vista, infatti vedo quanto tu sia bella, anzi, divina”
“Sei molto gentile, ma devo deluderti caro mio, io sono bisex e attualmente sono fidanzata con una ragazza”
La mia faccia cambiò nel giro di pochi istanti, da cane felice ero passato ad un’espressione di piena estasi ormonale che comprendeva un sorriso a trentadue denti, mani sudate, occhi da pesce lesso spalancati fissi sull’obiettivo e erezione nascosta dai tre costumi indossati a mo’ di matriosca.
Preparandomi per uno schiaffo le dissi.
“beh, se mi trovi tanto carino potremmo anche fare qualcosa tutti insieme” Attimo di esitazione.
Il silenzio era imbarazzante e il fatto che non mi fossi ritrovato istantaneamente con la faccia coperta di sangue o infilata nella sabbia mi dava una possibilità.
Mi guardò con un grande sorriso.
“Non vedo perché no, in fin dei conti io e il mio piccolo tesoro siamo una coppia aperta, sono sicuro che ti adorerà”
Piccola perdita di sangue dal naso, una cosa prevedibile in situazioni simili. “Eccola che arriva”
Improvvisamente il sole alle mie spalle venne coperto, una grande ombra inghiottì me e la ragazza fino ad estendersi per circa dieci metri, mi girai e per poco non trattenni i conati di vomito.
Il piccolo tesoro era una ragazza di due metri per quattro, un’armadio a quattro

 

ante vivente che, in un’orribile costume a due pezzi sfoggiava i suoi rotoli di grasso sporchi di unto e cioccolata, un bambino nei paraggi venne attirato dall’orbita dovuta alla sua ampliezza. Con piccoli passi sgraziati si avvicinava sempre più a noi, in una mano teneva un cono gelato da cinque gusti che le aveva sporcato tutta la bocca, nell’altra mano, invece, un pacchetto di patatine alla paprika, di cui si rimpinzava affondandoci la bocca come i cavalli col loro mangime. A un metro di distanza guardò la sua ragazza e, con abilità elefantesca, si lasciò cadere sulla sabbia e sprofondando di almeno venti centimetri all’impatto.

Con un grande sorriso e voce da camionista rumeno operato alla gola disse. “Piccolina mia, chi è questo bel bocconcino?” Sguardo affamato verso di me. Misticamente il sangue dal naso era rientrato con una fantastica mossa di retromarcia, l’erezione era scomparsa andando anch’essa in retromarcia facendo dei vari costumi la sua nuova cintura di castità.

La ragazza, sorridendo e abbracciando un settimo della balenottera
“è un fantastico ragazzo che ha iniziato a farmi dei bellissimi complimenti, è pure disposto a provare delle cose a tre... ma dov’è andato?”
Con la prontezza e la velocità di un velocista ero abilmente e coraggiosamente fuggito dall’altro capo della spiaggia. Per sicurezza andai in un negozio di giocattoli e mi comprai una barba finta che indossai nei giorni successivi in spiaggia.
Brad fermò Josh mettendogli una mano sulla spalla, lo guardò negli occhi e disse. “Amico, se vai avanti così passeranno anni prima che tu finisca e poi credo che i proprietari del ristorante vogliano anche chiudere”
Una signora, al bancone rispose prontamente “non vi dovete preoccupare per il tempo, fa sempre piacere vedere degli amici ritrovarsi dopo così tanti anni, prendetevi tutto il tempo che volete, credo di parlare a nome di tutti i presenti dicendo che le vostre storie sono molto intrattenenti”
Tutti e quattro sorrisero rendendosi conto di tutte le persone che, nonostante finita la cena, erano rivolte piacevolmente ad ascoltare le loro storie, Josh li ringraziò caldamente e proseguì la storia cercando di andare ai punti salienti di essa.
Vediamo, potrei saltare tutto il pomeriggio in cui mi nascosi con quell’orribile barba finta e arrivare direttamente alla sera, quella sera, dove combinammo un bel guaio.

Mancavano poche ore alla mezzanotte, eravamo tutti ansiosi di vedere come sarebbe stato provarci con ragazze sconosciute e, sopratutto, in una città nella quale i nostri nomi non avevano significato e i volti alcun tipo di popolarità, eravamo come dei ricercati appena trasferiti in un posto dove nessuno ci conoscesse.

Prima di uscire facemmo vari controlli per avere tutto l’occorrente, preservativi, chiave della camera, vestiti privi di macchie e via dicendo, eravamo pronti a tutto.
Ovviamente, essendo in un posto a noi sconosciuto, per prevenire inutili problemi ci eravamo imposti delle regole, tra le quali non bere troppi alcolici, evitare di andare in posti lontani e tenersi sempre cinquanta euro di scorta per un’eventuale taxi in caso di smarrimento, onde evitare di perdere l’unica chiave della stanza, decidemmo di lasciarla in portineria come tutte le brave persone, in modo da poter far entrare chiunque volesse andarsene via prima dalla serata.

A questo punto fummo pronti a partire, ci incamminammo verso una delle

 

discoteche più in voga del momento, nonché una delle più belle, il “Night Dust”. Nome idiota a mio parere, ma quello che offriva era tutt’altro che da stupidi. Come mettemmo piede dentro, ci perdemmo.
Al scappò istantaneamente alla zona bar, dov’erano presenti molte ragazze attaccate al bancone sole solette, Frank si diresse nella zona rinfresco, dove servivano una vasta gamma di salatini e dolcetti che venivano sempre “ricaricati”, diciamo così, da una serie di camerieri pronti a posizionare nuovi vassoi pieni zeppi di prelibatezze.

Brad si catapultò alla pista da ballo dove, con movenze paragonabili a quelle di un cane sotto anfetamine, cercava di attirare a se qualche bella ragazza.
Io invece, mi feci un giro per tutta la discoteca, fino a quando non la vidi.
Se ne stava seduta ad un tavolino, in compagnia solo di una birra che teneva saldamente con la mano destra, mi avvicinai e le chiesi se mi fosse permesso sedermi di fianco a lei, fece un cenno e in una frazione di secondo ero già seduto. Cercai allora di parlare, per rompere il ghiaccio. Grande errore. Sembravo il Titanic con l’iceberg.

“Allora, molto bello questo posto”
Nessuna risposta
“Sei qui con qualcuno?”
Il suo sguardo vagava ovunque meno che nella mia direzione. “Comunque sia, sei molto carina lo sai?”

Ancora nessuna reazione, alzò la bottiglia e si scolò un goccio.
“Sei di poche parole, beh, spero di poter ascoltare la tua voce questa sera, mi piacerebbe poter fare due chiacchiere con te”
Il vuoto.
In quel momento, quando le speranze di poter attaccare bottone con lei sembravano svanire, alzò lo sguardo e disse qualcosa.
“è un piacere vederti”
Peccato che non era rivolto a me, bensì alla balena bisex della spiaggia.
Girai la testa giusto in tempo per realizzare il pensiero di un’imminente attacco ed escogitare una fugace fuga degna del più valoroso dei codardi, feci marcia indietro, facendo raschiare la sedia, colpii un ragazzo dietro di me il quale, infuriato per avergli fatto rovesciare il drink, mi prese per il colletto della camicia e mi minacciò di morte.
Il suo alito odorava di vodka alla pesca e le sue minacce ricordavano i tempi dei bulli alle medie, decisi di rimanere calmo e di offrirgli un’altro drink, ma i suoi amici non erano dello stesso parere.
I suoi occhi erano pieni di una rabbia ingiustificata e l’allegra compagnia degli alcolisti anonimi al suo fianco inneggiava al sangue, il ragazzo mi alzò dal colletto, ma gli andò male.
Si strappò miserabilmente tra le sue mani, lasciandomi immobile di fronte a lui con la camicia strappata, ci furono alcuni secondi di silenzio, poi lanciai la sedia addosso ai cinque ragazzi, salì sul tavolo e prima di saltare diedi un bacio alla ragazza, la quale mi ricompensò con uno schiaffo che mi fece cadere tra la folla sottostante.
Nessuno venne colpito dal mio corpo in caduta libera, mi alzai coi vestiti sporchi e corsi, facendomi largo tra la folla, per raggiungere Brad.
Era ancora in mezzo alla pista, a ballare con le sue movenze simili a John Travolta nella Febbre del sabato sera, tant’è che attorno a lui si era creata una zona vuota di almeno due metri, arrivai io e lo trascinai via con me.
La zona vuota si colmò un’istante dopo.

 

Poco per volta arrivammo a Frank, dove lo trovammo a lottare per l’ennesimo vassoio di cibarie portato dal cameriere di turno, il quale cercò in tutti i modi di allontanarlo, lo trascinammo via a forza mentre dalla disperazione urlava “ancora una pizzetta lo giuro!”

Per ultimo fu la volta di Al, che nonostante tutto era riuscito a rimorchiare una bella ragazza seduta al suo fianco, gli dovemmo prendere la testa facendogli tirare via la lingua dalla bocca della ragazza di turno per portarlo con noi, usciti dal locale mi chiedeste tutti spiegazioni. Spiegazioni che diedi nel modo più forbito e dettagliato possibile.

“sei teste di cazzo hanno cercato di ammazzarmi perché ho fatto rovesciare il drink di uno di loro”
Al, prontamente ed educatamente, rispose “E per questo mi hai dovuto staccare dall’unica ragazza disposta a fare qualcosa? Tu sei fuori di testa! Bastava che prendessi Brad o Frank, che bisogno c’era di tirarmi via?”

“Ehm, non lo so, il panico mi ha assalito, scusa”
“Non ti preoccupare, ne troverò un’altra, adesso rientriamo e divertiamoci”
“No no no no no, se rientro la dentro mi picchieranno finché non assomiglierò a una bambola gonfiabile sgonfiata e piena di sangue”
“Ok, allora cosa proponi?”
Il silenzio più totale. Ci guardammo tutti negli occhi fino a quando i sei ragazzi, ovviamente, non uscirono dalla discoteca per fumare una sigaretta.
Mi videro e si scatenarono verso di me come uragani impazziti, Brad, Al e Frank cercarono di fermarli, ma vennero presi anche loro per i colletti delle camicie e alzati per essere messi al muro, per fortuna anche le loro camicie erano scadenti quanto la mia, così si ritrovarono immobili con le camicie strappate e pronti a scappare.
Ci inseguirono per circa mezz’ora, poi, appena fummo abbastanza distanti, ci nascondemmo in un castello per bambini presente sulla spiaggia.
Eravamo accovacciati, ci accendemmo qualche sigaretta e cercammo di metterci comodi, poi Al si espose dalla torre per vedere se gli altri tipi avevano proseguito per la loro strada, ovviamente non fu così.
Erano rimasti a pochi metri da noi, così, cercammo tutti di rimanere in silenzio, attendendo che se ne andassero via.
Si fecero le due di notte, i ragazzi erano ancora vicino a noi, sdraiati sulla spiaggia con delle bottiglie di super alcolici, a quel punto la nostra unica speranza era che si ubriacassero sufficientemente da diventare innocui.
Arrivò il sorgere del sole e loro erano ancora li, sdraiati a bere e parlare come se fossero al primo bicchiere, noi, invece, eravamo distrutti, ogni tot di tempo ci addormentammo sulla sabbia, per poi svegliarci qualche istante dopo con le narici o la bocca pieni di sabbia.
Alla fine, quando finalmente furono sbattuti fuori dalla spiaggia, noi eravamo crollati in un sonno più che dovuto.
Verso otto del mattino, dei bambini entrarono nel castello e urlando andarono a chiamare i bagnini più vicini, i quali ci presero di forza e ci tirarono fuori dal castello, inutile dire che eravamo ancora in stato di sonno profondo.
Il nostro risveglio fu all’interno di una cella nella centrale di polizia più vicina. Accusati di atti osceni in luogo pubblico e scambiati per degli ubriaconi esibizionisti, dovevamo scontare una pena di una settimana all’interno della cella o dover pagare una cauzione di almeno cinquecento euro.
Cercammo di spiegare l’accaduto, ma nessuno voleva darci retta, i nostri vestiti strappati sembravano quelli di persone che volevano far sfoggiare il proprio

 

corpo. Come, non l’ho ancora capito, ma non importa.
Ci vedemmo costretti a pagare la cauzione, dato che passare il resto delle vacanze al mare in cella non era la nostra massima aspirazione, così, raccogliemmo i risparmi ed uscimmo, ritornati in albergo avevamo tutti una faccia cadaverica, l’unica cosa che desideravamo era ritornare in stanza, dormire e magari godersi gli ultimi giorni.
Quando arrivammo Al chiese le chiavi al portiere, il quale rispose “Signorine, avete dei bellissimi vestiti. Siete qui per una stanza?”
Al, con sguardo intenso e carico di morte disse “Siamo qui per la nostra stanza, mi dia le chiavi e se si azzarda nuovamente a darmi della donna giuro sul mio pene che lei non ne possederà più uno!”
Il signore diede con mano tremolante la chiave ad Al, salimmo tutti le scale come in una messa funebre, mentre salimmo, si sentì un’ultimo commento del vecchio signore “le ragazze d’oggi non hanno più le mezze misure!”
Facemmo di tutto per tenere Al, lo dovemmo trascinare con le poche forze rimanenti fino alla camera.
Quando si aprì la porta, crollammo tutti a distanza di pochi metri, cademmo e ci addormentammo miserabilmente sul pavimento, non ci fu bisogno di chiudere a chiave la porta, i nostri corpi facevano sufficientemente da peso perché nessuno vi potesse entrare.
Ci risvegliammo due giorni dopo, con dolori articolari ben più forti al solito, quel pavimento era un’inferno, quando ci alzammo le nostre rispettive ossa scricchiolarono come le assi di una vecchia casa da demolire.
Scendemmo a far colazione nel più totale silenzio, poi ci guardammo attorno e Frank esclamò “E che cazzo! Non possiamo passare gli ultimi giorni delle nostre vacanze al mare come dei malati terminali in attesa della morte! Dobbiamo riscattarci, dobbiamo rendere questa vacanza memorabile, dobbiamo scopare come ricci!”
Al alzò l’aranciata e con sguardo fisso al lampadario rispose “Io sono con lei signore! Mi aveva convinto con il memorabile, ma quando ha tirato in ballo la storia dei ricci non ho potuto resistere, rendiamo questi ultimi giorni il massimo!”
Io e Brad lo seguimmo ed esclamammo “Si cazzo! Queste saranno le migliori vacanze di tutti i tempi”
Rimanemmo immobili in piedi con le nostre colazioni a fissare il vuoto per qualche secondo, mentre tutti i presenti ci guardarono sempre peggio.
Il vecchio signore delle chiavi si avvicinò al tavolo e, guardando Al disse “gradisce altra aranciata signorina?”
Trascinammo nuovamente via Al in preda ad una furia omicida.
Andammo in spiaggia, l’uno di fianco all’altro eravamo pronti a fare colpo su qualche bella ragazza e più che pronti a portarcela a letto, quando ci dividemmo per cercare una preda, Al rimase fermo a pochi metri da noi, mentre io e tutti gli altri eravamo già partiti all’attacco.
Qualche minuto dopo, nel bel mezzo dell’abbordaggio di una bella rossa naturale, mi fermai, guardai dietro di me e vidi Al, ancora immobile mentre rifletteva. Lasciai la ragazza e mi diressi da lui, quando feci per avvicinarmi a lui, anche gli altri mi raggiunsero.
“Al, che ti prende? Non ti ho mai visto così strano, pur sapendo di avere più possibilità del solito di abbordare qualche tipa” disse Frank.
Fu allora che ci sorprese tutti, con la risposta più toccante e sincera di sempre. “Sapete, ci siamo già divisi, per via della scuola intendo, ci divideremo ancora

 

con il lavoro e tutti questi anni, i migliori anni della nostra vita, sono scappati come la sabbia che chiunque può tenere in mano, possiamo cercare di stringere il pugno nel tentativo che non scappi, ma alla fine accadrà, rimarremo solo con qualche granello e quella sensazione di vuoto. Cazzo, ci conosciamo da anni e tutto quello a cui riusciamo a pensare adesso è di fare sesso, probabilmente dopo quest’estate non ci rivedremo per altri mesi e poi? Quando avremmo finito gli studi qualcuno, se non tutti, ce ne andremo in qualche altra città in cerca di lavoro. Come potremo più vederci allora? Io per anni mi sono abituato alla vostra presenza giorno dopo giorno, certe volte sin dal mattino fino a tarda notte. Non ce la faccio a pensare di non potervi vedere più”
Alcune lacrime scesero dal suo volto, ma con tono fermo e sincero continuò. “Cerchiamo di passare quest’estate tutti insieme, godendoci questi giorni di amicizia decennale come non mai”
Tutti rimanemmo colpiti dalla sua sincerità e dalle sue parole toccanti, ci abbracciammo e una fila di ragazze, passandoci vicino, urlarono “GAY” le guardammo e continuammo ad abbracciarci per qualche altro secondo.
Gli ultimi giorni li trascorremmo al meglio, tra partite alle sale giochi, bevute fino a tarda notte con discussioni filosofiche che sfociavano nel becero e con tanti racconti di anni passati. Proprio come ora, racconti di anni passati in un’amicizia indistruttibile.
Prima di partire ci facemmo fare una foto da un passante, eravamo tutti abbracciati coi bagagli ai piedi e la spiaggia in sfondo, poi prendemmo il treno e per tutte le ore di tragitto non la smettemmo mai di parlare.
Al nostro arrivo i genitori erano pronti con le loro macchine per riportarci a casa, io e Brad ci vedemmo la stessa sera, per parlare ancora un po’ come ai vecchi tempi. Al e Frank invece andarono coi loro genitori nelle case ormai distanti da quello che era il nostro quartiere.

Josh rimase in silenzio per qualche istante, poi dopo un lungo sospiro disse “Beh, credo che questa storia sia durata fin troppo, ma era più che obbligatoria, ancora non capisco come tutti voi siate potuti rimanere seduti qui ad ascoltare le nostre stronzate per così tanto tempo. Credo sia ora di tornare a casa”

Tutti e tre fecero un cenno e presero giacche e cappotti, tutti le persone presenti, passando vicino a loro gli ringraziarono per la splendida serata augurandogli di portare avanti la loro amicizia.
Commossi e leggermente stanchi, una volta pagato si trovarono fuori al freddo, Al si accese una sigaretta che tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni, gli altri rimasero al suo fianco mentre lui tirava lunghe e pacifiche boccate, poi disse “Amici miei, io non ci sarò più per molto, probabilmente dovrò andare via per molto tempo e chissà quando ci rivedremo, non posso fare altro che augurarmi che voi tre vi vediate più spesso di quanto abbiamo fatto negli ultimi anni, fatelo per me” disse cercando di trattenere le lacrime.

Tutti gli giurarono che si sarebbero visti di più, forse non come ai vecchi tempi, ma che avrebbero fatto di tutto per passare più momenti insieme, ovviamente, gli dissero che appena avrebbe potuto, si sarebbe dovuto aggiungere anche lui.
Al con un sorriso colmo di gioia e tristezza li guardò e disse “Non potrei mai abbandonare i miei amici, gli amici di una vita”
Dopo qualche minuto, Frank e Brad dovettero andare via, si salutarono con un lungo abbraccio e poi scomparirono lungo la strada principale con le loro rispettive macchine. Josh e Al rimasero soli seduti su una panchina vicino al parcheggio.

“Ce l’hai ancora?” esordì dal silenzio il buon Josh.
“Che cosa?”
“La foto, quella del mare”
“Certo, credo sia a casa, incorniciata, tu invece?”
“Io la porto sempre con me, in ricordo dei migliori anni della nostra vita. Sai, mi per quanto mi senta triste certe volte, guardo questa foto e immagino cosa mi possiate dire tu e gli altri, allora inizio a stare meglio”

Al, con sguardo basso, si accese un’altra sigaretta e replicò “Si, anche io ogni tanto mi ritrovo a guardarla e mi aiuta ad andare avanti in certi momenti”
“Mi ha fatto piacere rivedere te e gli altri due dopo così tanto tempo, ti prometto che ci vedremo più spesso, però anche tu dovrai fare lo stesso”

Disse Josh in piedi davanti ad Al con un gran sorriso sincero.
“Farò di tutto per unirmi a voi, ora vai, ci vediamo...”
Josh si allontanò verso la sua macchina e dopo essersene andato, Al finì di parlare “...prima o poi”
Illuminato da un lampione e con ancora la sigaretta in bocca, Al tirò fuori il portafogli, quando lo aprì iniziò a sorridere e a lacrimare, guardando la foto del mare che non smetteva mai di portarsi dietro.
Una forte tosse lo colpì improvvisamente, si coprì con una mano e quando smise, sul suo palmo erano presenti varie chiazze di sangue. Tirò un’ultima boccata, gettò via la sigaretta e si incamminò alla sua auto.
Passarono mesi, mesi in cui Josh, Brad e Frank si videro ogni fine settimana per passare del tempo insieme, divertendosi e raccontandosi nuove storie passate. Tutti non potevano fare a meno di domandarsi che fine avesse fatto Al.
Un giorno, la brutta notizia della sua morte giunse a tutti loro, non vi fu un funerale, i parenti erano morti tempo prima e non avendo moglie e figli fu sepolto senza alcun tipo di cerimonia.
Tutti e tre si ritrovarono in cimitero un giorno, cercando di trattenere le lacrime vedendo il nome del loro amico incise sulla lapide, si sedettero vicino ad essa, e iniziarono a ridere e scherzare come se fossero tornati indietro di anni.
Ogni fine settimana il gruppo di amici si riuniva in memoria di un’amicizia indistruttibile e in memoria di un’amico immortale. 

  
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