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Autore: Audax    03/04/2013    0 recensioni
S.T.A.L.K.E.R. scavengers, trespassers, adventurers, loners, killers, explorers.
In un futuro non troppo lontano, Equestria è divenuta una delle più grandi regioni industrializzate del pianeta.Gli Elicotteri dominano i cieli, le ciminiere delle industrie sovrastano le antiche città mentre un clima sempre più ostile aleggia tra i Pegasi, gli Unicorni e i Pony di Terra,Entrambi investiti dal benessere economico e dal Grande Riarmo Militare. Ma c'è un luogo, a est di Equestria,pieno di misteri e fenomeni inspiegabili. Un Luogo dove realtà e fantasia si mescolano, in un'oscuro vortice di Paura e Follia.Un luogo, dove l'unica legge in vigore,è quella del più forte...
Perché questo non è un luogo qualsiasi.
Perché questo non è un luogo di pace e armonia.
Perché questa è LA ZONA.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7: Serie P



“Coso lì! Come cazzo ti chiami... Fermati!”
Strangeye raccolse il manico di una granata inesplosa che stava utilizzando per sondare il terreno e si voltò verso Rontgen, che si era fermato pochi metri più indietro.
“Oa uoi?” biascicò con ancora il manico in bocca.
“Mi sa che abbiamo sbagliato strada...”
L'unicorno rosso sputò il manico guardando stranito Rontgen.
“Come 'abbiamo sbagliato strada' ?”
“Hai presente quando vuoi andare in un posto ma invece di prendere la strada giusta ne prendi un'altra che porta da tutt'altra parte?”
“Cavolo! Meno male che c'è il prof che mi spiega le cose...” gli rispose con un tono sia ironico sia adirato, per poi continuare:
“Tralasciando il fatto SIAMO IN MEZZO AD UNA CAVOLO DI STEPPA!”
“Bada a come parli novellino! Io esploravo la Zona quando tu eri ancora nella pancia di tua mamma.”
“Ma smettila! Si vede lontano un chilometro che hai la nostra età!”
Red approfittò del bisticcio dei due per sedersi: aveva marciato a testa bassa seguendo gli altri, immerso nei suoi tormentati pensieri. Ovviamente essi erano rivolti al giorno precedente.
Aveva ucciso due pony e ne aveva portata una al macello, a causa della sua debolezza.
“Quando si parla di uccidere un esploratore...” le parole di Summer durante quello strano sogno ad occhi aperti riecheggiarono nella sua mente; l'esploratore, perché gli aveva sparato?
Ciò che accadde con la unicorno era stata legittima difesa: Red non si era nemmeno reso conto di aver aperto il fuoco; ma quel pony non era un pericolo, in quanto stava scappando e lui aveva agito con lucida ferocia.
Ripensò al momento in cui aveva trattenuto il respiro prima di tirare il grilletto, cercò di ricordare cosa avesse pensato in quel momento, ma non ci riuscì: in quel momento la sua mente era vuota, fredda, priva di ogni sentimento.

Si coprì la faccia con gli zoccoli mentre la sua gola si stringeva dolorosamente.

“Ora tu spiegami perché non usi la cazzo di magia! Che ce l'hai moscio il corno?”
“Il mio corno funziona alla perfezione! Ma ho sempre odiato gli unicorni, idioti e snob!” Strangeye scandì le parole sbattendo gli zoccoli a terra,
“Ma tu sei un unicorno!”
“Certo che sei perspicace, eh! Guarda come uso bene la tua fottuta magia!”
Il corno del pony si illuminò di una tenue luce arancione e, a quel punto, un sasso venne avvolto da una leggera aura scintillante dello stesso colore e schizzò verso il volto di Rontgen, che prontamente evitò il proiettile, il quale andò a colpire la tempia di Red. Nessuno fece caso a tal fatto, nemmeno lo stesso pegaso: il contraccolpo gli fece scoprire il volto fino a quel momento nascosto dai suoi zoccoli. Si guardò intorno: un fitto mare di erba secca e cespugli sommergeva i pony all'altezza del garrese, mentre una forte nebbia oscurava il paesaggio attenuando ogni suono. L'unica cosa che Red riusciva a sentire, oltre alle grida dei suoi compagni, era il fruscio dell'erba piegata da una debole brezza caldiccia e umida come il respiro di un malato.
Il dolore alla tempia lo aveva distratto per pochi secondi dai sensi di colpa, ma un altro pensiero fece rinsavire il pegaso: Summer Tip. Immediatamente l'immagine della pony mentre veniva colpita gli ricomparì in mente, vivida come se si verificasse nuovamente davanti a Red. Ella era morta per causa sua nel tentativo di calmarlo: avrebbe potuto abbandonarlo al suo destino, ma, invece, era rimasta con lui, aveva ignorato lo scontro, i nemici e le pallottole che fischiavano intorno a loro solo per farlo ragionare e salvarlo. Era morta per lui.
Un senso di orrore e disgusto pervase il pegaso: egli non si sentiva in colpa.
Una pony, una bellissima e dolce pony in cerca di redenzione aveva dato la vita per salvarlo; Red, al contrario, era rimasto egoisticamente apatico. Nella sua mente rimbombava un solo pensiero che si abbatteva impetuosamente sulla sua coscienza: “Perché? Perché? Perché!?”.
“Ginger!” Finalmente la voce argentina di Rontgen lo riportò alla tanto agognata realtà.
“Mi chiamo Redstorm...” non si azzardò ad alzare lo sguardo.
“Questo lo so Ginger! Guarda se c'è una mappa aggiornata sul tuo palmare dai!”
Il pegaso tirò fuori lentamente il PDA dalla sua tasca e selezionò la voce “mappa”: una fotografia della Zona apparve sullo schermo zoomando sulla sua posizione e un piccolo quadrupede blu stilizzato segnava la sua posizione all'interno di una distesa di acquitrini.
“Dice che siamo in una palude e che ci sono degli edifici a quasi un chilometro da qui, verso nord”
La sua voce era roca e bassa.
“Ma che diamine... Fa vedere!” Rontgen strappò il PDA dagli zoccoli di Red facendolo levitare davanti a sè.
“Eh cazzo, ste mappe son vecchie di vent'anni!”
Strangeye sembrò dimenticare la litigata e si avvicinò a Rontgen incuriosito:
“Dai, l'importante è che mostri la nostra posizione, chi se ne frega se dice che siamo in una palude... Dai magari quegli edifici son un quartiere satellite di Hayville, controlla!”
“Nah, conosco quel posto, è una fattoria collettiva di cui non ricordo il nome, il grano che stipavano al villaggio del silo veniva da lì, cavolo! Stiamo andando da tutt'altra parte!”
“Ovviamente, meno male che tu sei l'esperto”
“Biondo! Forse non hai capito che la Zona ha una sua logica indecifrabile, se ci siam persi di certo non è colpa mia!”
Ricominciarono a battibeccare. Red sospirò; doveva distrarsi e togliersi dalla testa quei pensieri o sarebbe impazzito del tutto. Frugò nello zaino e ne estrasse una bussola militare ed una cartina turistica, vide la piccola macchia grigia con su scritto Klopachi: non riusciva a stabilire la sua posizione su quel vecchio pezzo di carta, ma quella città gli sembrava comunque molto lontana. Spostò lo sguardo verso la bussola e quello che vide lo lasciò interdetto: inizialmente stava segnando correttamente il nord, poi l'ago iniziò a girare vorticosamente in senso antiorario.
Si limitò a commentare lo strano evento con un "bah": la Zona era un posto strano e sicuramente quella era una cosa all'ordine del giorno. Il vento smise di soffiare e la nebbia sembrò diventare meno opprimente; Red sentì il calore di un raggio di sole sul collo dato che le nubi si erano diradate: finalmente qualcosa di piacevole.
Rontgen troncò la sua litigata con Strangeye guardando il cielo, imprecò e accese frettolosamente il contatore geiger che portava in una piccola borsa a tracolla. Non fece in tempo ad estrarre la sonda che l'apparecchio cominciò a risuonare: inizialmente era un semplice ticchettio nervoso che indicava una poco pericolosa radiazione di fondo, ma il ticchettio si trasformò rapidamente in un forte ed irruento crepitio.
“Merda! Andiamo a quella fattoria, qui sal...”
Un potentissimo boato interruppe Rontgen: sembrava che il mondo fosse esploso, il terreno cominciò a vibrare mentre un altro scoppio si ripercosse sul petto dei tre pony.
Ad ogni scoppio corrispondeva una colonna di luce blu semitrasparente che si schiantava a terra. Alcuni fulmini caddero producendo uno strano rumore metallico molto diverso dal normale rombo di tuono. Un fortissimo bagliore accecò i pony mentre un violento vento che soffiava da est rischiò di far cadere Red a terra.
“Maledizione! VIA VIA VIA!” gridò Rontgen mentre afferrava Strangeye, ancora stordito dal bagliore, e correva via.

Il pegaso, tuttavia, rimase immobile, osservando i due che si allontanavano sempre più. Il fatto che sia stato causato un "fuggi-fuggi" generale indicava che quella specie di tempesta era nociva, magari mortale e Red sperava che fosse così: voleva farla finita, non gli importava più di suo fratello. Era diventato un mostro senza sentimenti e meritava di morire.
Le orecchie cominciarono a fischiare, l'erba smise di agitarsi sotto al forte vento che ancora persisteva; il pegaso non vedeva nulla, ma cominciò ad avere paura, che presto si trasformò in puro terrore. Red non conosceva la causa di quella paura, ma gli era ben noto l'effetto che ebbe su di lui.

L'erba ricominciò ad agitarsi ed il fischiò cessò, ma il terrore rimase. Red spiegò le ali: la destra, come al solito, scricchiolò in segno di protesta provocandogli un forte dolore sulla ferita non ben rimarginata. Si alzò in volo combattendo con il vento contrario, mentre i suoi due compagni erano dei puntini lontani, ma in breve li raggiunse atterrando dietro di loro e seguendoli al galoppo. Non sapeva perché stava cercando di salvarsi, non voleva farlo; eppure lo stava facendo contro la sua stessa volontà: quella paura immotivata lo stava comandando come un burattino.
Il cielo stava diventando rosso e fulmini dello stesso colore lo stavano percorrendo, quando entrarono in una fitta macchia di vegetazione: nonostante fosse pieno giorno luce accecante e buio pesto si alternavano ritmicamente. Il contatore geiger di Rontgen ormai era incontrollabile e crepitava senza sosta. A tutti mancava il respiro per la corsa, le piante graffiavano le parti scoperte dei loro corpi; stavano correndo alla cieca senza curarsi delle anomalie.
Una volta superata una macchia di vegetazione si trovarono davanti ad un basso muretto che delimitava i confini di un frutteto; all'estremità di esso erano già visibili i tetti dei magazzini della fattoria. Quello che una volta era un terreno ricco di alberi da frutta si era trasformato in una grottesca selva di altissimi alberi spogli, dotati di sottili rami che si intrecciavano tra di loro formando una cupa ed impenetrabile volta che sovrastava le teste dei pony. Dalle estroflessioni più basse degli arbusti pendeva uno strano materiale simile ad una fitta ragnatela setosa che ondeggiava tranquillamente nonostante il forte vento, mimando lenzuoli posti ad asciugare in un bel giorno assolato.
Rontgen evitò una di queste ragnatele lanugginose e Strangeye seguì il suo esempio; Red invece non riuscì a scansarla e la travolse. In principio egli udì un rumore simile a quello che viene prodotto dalla carta quando viene strappata, seguito da un lancinante dolore al viso: fu come se migliaia di lamette gli stessero incidendo la carne. Crollò a terra gridando mentre un fiotto di sangue gli oscurava la vista; rimase a terra e si coprì il muso con gli zoccoli, ma questo non fece altro che provocare un dolore ancora più forte.

Rontgen e Strangeye si precipitarono all'interno di un grosso edificio di cemento armato: un garage per le macchine agricole. Strangeye si guardò attorno ansimante e, in seguito, si rivolse al compagno terrorizzato.
“Dov'è Red?”
Il cielo ormai era dominato da un rosso incandescente, le nubi si addensavano o si dissolvevano senza un minima logica e i boati si facevano più forti e frequenti. Il pegaso si trascinò vicino al tronco di un albero ed appoggiò il mento su di una radice; guardò distrattamente le pietre che si staccavano dal terreno galleggiando a pochi centimetri da terra. Il suo naso cominciò a sanguinare copiosamente insieme alle orecchie; Red non se ne accorse dato che oramai aveva perso il controllo di tutti i sensi, fatta eccezione per la vista e l'udito (che si era ridotto ad un leggero fischio): si sentiva incorporeo. Sorrise, mentre chiudeva gli occhi anch'essi insanguinati e pensò “Finalmente!”.


Un dolore inaspettato lo riportò alla realtà: qualcosa lo aveva strappato violentemente da terra e lo stava trascinando. Un'aura verde lo avvolgeva: davanti a lui c'era Rontgen; anch'egli stava sanguinando dagli stessi punti del pegaso. Se lo caricò in groppa e galoppò verso il rifugio.
Sollevò nuovamente Red tramite il potere della levitazione e lo gettò oltre la soglia del garage mentre gridava a Strangeye di chiudere il grosso portone di ferro a scorrimento che l'unicorno rosso aveva spalancato prima di entrare nel rifugio.
Strangeye guardò terrorizzato una nube rossa che si dirigeva velocemente verso di loro, cercò di spingere la vecchia porta arrugginita che si chiuse con un sordo rumore metallico.

La terra tremò ancora una volta, ancora più forte, e il garage emise dei lamentosi cigoli ma resistì al terremoto. Il buio inghiottì ogni cosa; Strangeye accese una piccola torcia assicurata sotto il collo, ma, sebbene la lampadina fosse luminosa non riusciva a rischiarare l'ambiente circostante. Si avvicinò alla sagome di un pony riverso a terra, era Red.
“Ehi Red? Come stai? Dai Red, dimmi qualcosa, su!”
Red aprì gli occhi sporchi di sangue, le cui iridi non erano del loro solito viola, bensì grigie. Sorrise a Strangeye per poi vomitargli addosso e collassò.

“È Ancora vivo?” chiese Rontgen mentre si massaggiava le tempie: egli aveva utilizzato su se stesso un incantesimo protettivo simile alla barriera che aveva sfruttato il giorno in cui incontrò Red, ma era stato comunque intaccato da quell'energia dalla natura sconosciuta.
Strangeye non si curò del vomito e cominciò a ripulire il viso di Red dal sangue.
“Si, ma è svenuto”
“Non ci credo!”
“In che senso?”
“E' stato esposto ad una emissione senza un minimo di protezione, dovrebbe essere morto”
“Beh anche tu sei stato esposto, e l'emissione non era quella specie di nube rossa?”
“Quello era il picco di energia che raggiunge una emissione prima di passare, ed io mi sono esposto poco proteggendomi, lui è stato fuori tre minuti abbondanti”
“...Va bene, chi se ne frega! L'importante è che sia vivo...”
“Se non dà segni di vita prima della partenza lo lasciamo qui...”
Strangeye voleva replicare, ma una luce si accese dietro di loro, seguita dal caratteristico rumore di una sicura che veniva disinserita; Rontgen fece levitare fuori dalle fondine i tre fucili mentre Strangeye si mise di fronte al pegaso svenuto facendo da scudo e puntando la sua mitragliatrice con ancora la sicura inserita.
Dietro la luce si poteva distinguere la figura di un pony piuttosto alto, vestito di una divisa nera che lo aveva reso invisibile nell'ombra del garage; una maschera antigas dello stesso colore gli copriva il volto.
“Stalker! Gettate le armi prima che finisca male” la voce era ovattata dal filtro della maschera, ma i due compagni di Redstorm capirono bene le parole.
“Chissà come mai riconosco quella bella silhouette, ti ricordo che ho avuto modo di saggiare quel sederino sodo qualche giorno fa, Bloodspring!” disse Rontgen ghignando e rinfoderando le armi.
Il pony si tolse la maschera antigas scoprendo il candido viso della tiratrice dei Loyalty, un volto molto adirato.
“Per te sono il tenente Alastor, stalker!” abbaiò senza smettere di puntare l'unicorno disarmato.
“Si, certo... Fino a due o tre giorni fa ero... mmmhhhh, fammi pensare... Ah, si! 'Bastardo non ti fermare' , sì ecco come mi chiamavi” si avvicinò a lei fino a toccare con la fronte la canna del fucile.
La pony di tutta risposta si avventò su Rontgen calando sul fianco dell'unicorno il calcio della sua arma; il pony verde cadde a terra tossendo.
“Non capiamo il senso dell'umorismo eh!? Te lo faccio capire io stronza” il corno del pony si illuminò per poi rilasciare una forte scarica di energia sotto forma di una piccola onda d'urto che fece cadere la candida pony dando tempo a Rontgen di rialzarsi ed estrarre di nuovo le sue armi.
Si ritrovarono a puntarsi tutti e due le armi vicendevolmente.
“Ma siete scemi?” gridò Strangeye che, nel frattempo, aveva abbassato la sua arma.
Rontgen tentò di dire qualcosa, ma venne interrotto dal suo compagno.
“Andate a quel paese tutti e due! Ho fame... Guardo se c'è qualcosa per accendere un fuoco”





Il cielo era azzurro: un bell'azzurro chiaro che nemmeno il più prestigioso pittore di Canterlot avrebbe potuto avere sulla sua tavolozza. Red sospirò e si rigirò, sdraiandosi supino sulla nube in cui aveva cercato riparo dopo la confessione della sua amata, o meglio ex amata. Quelle poche frasi erano state sufficienti a distruggere gli anni di sentimenti che avevano costruito insieme: i primi sguardi, le fantasie di Red, le parole, le risate, i baci non erano altro che un arido ricordo nella mente e nel cuore del pegaso. Qualcosa sfondò la coltre nuvolosa iniziando a svolazzare sopra di essa e, dato che era ancora vietato volare nei cieli di Fillydelphia, Red pensò fosse una pattuglia delle forze dell'ordine e si acquattò tra le nubi: un pony atterrò dolcemente sulle nubi a pochi metri dal nascondiglio di Red. Si trattava di un unicorno cremisi dalla criniera e dal manto simili a quelli di Red e, adese al dorso, mostrava eleganti ali di libellula ottenute tramite la magia. Il pegaso lo riconobbe e si mise a ridere sguaiatamente, spaventando l'unicorno.
“Che bella fatina! Hahahaha!”
“Maledizione! Mi hai spaventato... Sapevo di trovarti qui!”
Volò vicino al pegaso atterrandogli accanto; il fruscio emesso dalle ali artificiali lo fece ridere ancora più forte.
“E Allora? Non siamo mica tutti dotati di belle ali piumate! Non è colpa mia se l'incantesimo mi fornisce... Questa roba”
“Hahaha Ti prego piccola fata! Portami al ballo del principe hahahaha!”
L'unicorno osservò un attimo le sue ali artefatte, e si unì alla risata del pegaso.
“... Come hai fatto a trovarmi?” chiese Red, tornando ad osservare il cielo.
“Ti conosco! Semplice no? Ho saputo che la tua...”
“Non me lo ricordare per piacere”
L'unicorno si sdraiò vicino al pegaso.
“Indovina un po'? Finalmente farò degli studi sul campo!”
“In che senso?”
“Vado ad est! A Pony”
Red si rizzò a sedere guardando stranito il suo interlocutore.
“Davvero? Ti mandano in quella landa desolata?”
“Si! Cavolo, tu non sai quante meraviglie nasconde quel posto”
“Le radiazioni”
“Smettila, è una grande occasione per me”
Red tornò nella sua posizione sdraiata e si copri il viso con lo zoccolo.
“La mamma lo sa?”
“Non ancora... Devo trovare il momento giusto per dirglielo, parto domani...”
Per Red fu un altro duro colpo: non solo aveva perso la pony che amava, ora stava per perdere anche suo fratello. Si alzò tentando di apparire impassibile alla notizia, sebbene non riuscì a trattenere una smorfia che conquistò gli angoli della sua bocca.
“... Festeggiamo con del sidro?”
L'unicorno sorrise mentre si rialzava.
“Ci sto!”




“Pensi che non mi dispiaccia? Anche a me stava simpatico, ma è stato esposto per troppo tempo, se non è morto vuol dire che è uno dei quei poveracci che girano per la zona col cervello fritto, se non peggio!”
“Ma quanto ti costa aspettare? Potrebbe svegliarsi, magari tra qualche giorno!”
“Non possiamo portarcelo appresso, portalo te e crepa! Tanto ci sei abituato a fare il mulo vero?”
Due voci stavano discutendo animatamente quando Red rinvenne, aprendo gli occhi: si trovava in uno stanzone malamente illuminato da una fiamma che sentiva scoppiettare dietro di lui ed un forte odore marcescente permeava l'aria. Mise a fuoco quello che si trovava davanti a lui: era la giovane giumenta bianca del silo, sdraiata sulla pancia con il suo fucile appoggiato sul fianco. La prima cosa che Red notò fu che ella portava la sua lunga treccia raccolta formando una piccola bozza dietro alla nuca che ricordava vagamente un cesto di vimini. Aveva tra gli zoccoli l'artefatto trovato nella segheria e gli stava lanciando contro delle scaglie di metallo arrugginito.
Il pegaso cercò di alzarsi gemendo, anche se la testa gli doleva in modo atroce; fu subito notato dalla pony che lasciò stare l'artefatto e spinse Red con lo zoccolo facendolo cadere su di un fianco.
“Ehi voi due! Il vostro amico si è svegliato, problema risolto... E tu rimani a terra, sei ancora troppo stordito per camminare”
I due smisero subito di bisticciare e si avventarono sul compagno.
“Cazzo Red! Stai bene grazia alle sorelle...” Strangeye lo tenne cosciente con alcuni colpetti sul collo mentre Rontgen lo guardava sconvolto.
“Non è possibile... Devi avere una fortuna sfacciata, vabbeh, vorrà dire che la Zona non vuole ancora prenderti, hai bisogno di qualcosa?”
Red, nonostante la forte emicrania gli impedisse di parlare bene, fece capire che voleva respirare un po' d'aria fresca. Strangeye lo accontentò subito caricandoselo in groppa e avviandosi verso l'uscita ancora serrata del garage mentre Rontgen e Bloodspring (o tenente Alastor) gli gridavano inorriditi di non farlo, ma l'unicorno rosso sembrò non sentirli mentre spalancava rumorosamente le porte metalliche ed usciva fuori con Red.
Avanzarono una decina di metri dentro una fittissima nebbia, il grosso edificio in cui si erano riparati era quasi del tutto invisibile; in mezzo a quel bianco era possibile notare unicamente piccoli fiocchi candidi che cadevano lentamente dal cielo.
“Uh... Nevica” disse il pegaso tendendo uno zoccolo; un corpuscolo si poggiò dolcemente: non era un cristallo, bensì uno strano materiale lanuginoso e friabile. La voce ovattata dalla nebbia di Rontgen cominciò a trillare dietro di loro.
“Idioti! Tornate subito dentro, quella non è neve... È un fallout!”
I due pony si scambiarono uno sguardo terrorizzato e si affrettarono a tornare nel garage.
“Ma è scoppiata una bomba atomica?” chiese Strangeye mentre oltrepassava la soglia di ingresso.
“Siamo nella Zona, è meglio che tu impari a non farti domande” rispose Rontgen illuminando il suo corno; la grande porta di ferro si chiuse sferragliando.

Red mandò giù un abbonante sorso di vodka: non gli piaceva il sapore, ma era un buon metodo casareccio per tenere a bada la contaminazione delle radiazioni non magiche; il fuoco illuminava buona parte dell'edificio con una calda luce arancione, la pony bianca stava parlando con Rontgen mentre Strangeye aveva estratto una nuova chitarra, più piccola della precedente, e la stava suonando diffondendo un'allegra marcia nell'aria. Red, accoccolato vicino al fuoco, si limitava ad ascoltare.
“Certo che sei strano!” disse Rontgen a Red troncando un discorso sui passaggi sicuri ad ovest con Bloodspring.
“Mi chiedo ancora come hai fatto ad uscire indenne dall'emissione... Meno male che c'era zio Rontgen pronto a salvarti a sprezzo della sua stessa salute” strappò la bottiglia di Vodka dagli zoccoli di Red con la telecinesi e cominciò a berla come se fosse acqua di fonte.
Quelle parole fecero tornare in mente a Red i pensieri precedenti all'emissione: non solo non era riuscito a lasciarsi morire, ma aveva addirittura messo in pericolo la vita di un altro pony... Non sapeva più cosa fare.
Strangeye smise improvvisamente di suonare la chitarra per iniziare un discorso.
“Ma secondo voi come è nata la Zona?”
“Discord! Senza dubbio” asserì Rontgen staccandosi dalla bottiglia semivuota.
“Ma la Zona in fondo sembra avere un minimo di logica”
“Ehi occhi di serpe, non so se hai visto cosa sta succedendo fuori... Sta cadendo pulviscolo radioattivo senza motivo”
“Meglio che una pioggia di cioccolato”
Mentre i due ricominciavano a bisticciare Red osservò la pony bianca, intenta nel proseguire il suo strano gioco con l'artefatto del pegaso. Ella se ne accorse e glielo restituì accennando un sorriso.
“Questo artefatto è magnetico, potrebbe rallentare le pallottole... Tieni, basta che non lo vendi ai trafficanti, ok?”
Red annuì ricambiando il sorriso.
“Sai che ti dico Strangeye? Crepa! Io vado a pisciare” Rontgen mise fine alla discussione in malo modo e si allontanò. Passarono diversi minuti senza che l'unicorno facesse ritorno, nessuno parlava e Red cercò di distrarsi dai suoi pensieri osservando l'equipaggiamento dei suoi compagni. Questi ultimi erano piuttosto eterogenei sotto tale punto di vista:
Red indossava una tuta militare modificata verde scuro, una piccola bandoliera dove appendere i caricatori e le granate (vuota), una borsa da dorso e due stivali calzati sugli zoccoli posteriori;
Strangeye aveva una tuta simile a quella del pegaso ma di colore marrone, possedeva un grosso zaino ed una borsa a tracolla e indossava gli scarponi su tutti gli zoccoli;
la pony bianca aveva una tuta militare rinforzata nera, insieme al suo mantello, dei grossi caricatori spuntavano da una borsa sul suo fianco, non indossava alcuna calzatura e portava dei kit medici legati alle zampe anteriori.
Rontgen sembrava essere il più "sfortunato" relativamente all'abbigliamento: aveva un semplice maglione scuro e dei pantaloni militari verdi, coperti da un cappotto di tela catramata rubato alla pegaso bandito che Red aveva incontrato il primo giorno nella Zona e possedeva un classico zaino militare strapieno. Sul posteriore portava, appesi ad una robusta cinghia di cuoio, alcune granate e dei tamburi di ricambio per i suoi fucili.
Strangeye tirò fuori da una tasca una disgustosa pagnotta ammuffita ed iniziò a sbocconcellarla per poi passarla a Red: c'era più muffa che pane e, perciò, il ventre del pegaso si rivoltò al solo pensiero di mettersi in bocca quella roba; rifiutò con la scusa di non avere fame, anche se, in realtà, il suo stomaco vuoto era disposto ad accettare qualsiasi "cibo".
Si udì un sinistro e penetrante cigolio seguito da un boato. I tre pony scattarono in piedi in allerta puntando le armi verso la nube di polvere che si era alzata dietro di loro; da essa fuoriuscì la figura di Rontgen che, tra un colpo di tosse e l'altro, esclamò
“Coff... Ho fatto jackpot!”

Sotto ad una motrice arrugginita vi era una piccola botola che portava ad una specie di anticamera con una grande porta blindata chiusa da un possente chiavistello idraulico. La porta era caduta verso l'interno strappando nella caduta i tubi di ferro che adesso spruzzavano un vischioso olio nero che si raccoglieva sull'uscio formando una chiazza corvina sul pavimento.
“L'ho trovata per caso, forzare la serratura elettronica è stato oltraggiosamente facile” indicò una tastiera accanto allo stipite con alcuni fili scoperti.
“Che cosa è?” chiese Red mentre Strangeye fendeva il buio oltre la porta con la sua torcia, illuminando un lungo corridoio.
“Una miniera di roba costosa!” si voltò mostrando al gruppo un sorrisone. Red notò solo allora che gli mancava uno o due denti formando un piccolo archetto nero nel suo sorriso.
“Sicuramente è un laboratorio. Andiamo a dare un'occhiata” la pony bianca superò Rontgen e si avviò nel corridoio sparendo nell'oscurità, seguita dal resto del gruppo.
In fondo al corridoio trovarono la tromba vuota di un montacarichi. Sul muro era stato dipinto a lettere cubitali:


                                                                   Lab. P-23
                                                                        Lv3
                                 Uscita di emergenza e sfoghi impianto areazione


Nonostante il disappunto di Red (che ovviamente non presero in considerazione) decisero di calarsi nell'oscurità ed esplorare quel posto. Il pegaso fu costretto a planare verso il basso portando i suoi compagni e, quando furono tutti a destinazione, Bloodspring e Strangeye illuminarono il posto con le loro torcie: diversi scheletri in divisa erano adagiati intorno al montacarichi e tutte le casse nei dintorni di quello che doveva essere un magazzino erano state fatte a pezzi da chissà cosa. Non c'era un solo schizzo di sangue o bossolo di proiettile, niente che lasciasse immaginare ad una lotta: era tutto incredibilmente pulito nonostante i decenni di abbandono.
“Dovrebbe esserci un generatore qui da qualche parte, vado a cercarlo” Rontgen si fece luce con il corno e oltrepassò una delle porte che portavano fuori dal magazzino. Red e Strangeye avanzarono seguiti dalla pony che, nel frattempo, aveva indossato la maschera antigas.
Gli altri locali erano anch'essi stranamente puliti, a parte le decine di scheletri e mucchi d'ossa vari che giacevano disordinatamente. A giudicare dalla posizione molti di loro erano stati colti di sorpresa ed erano morti istantaneamente; altri erano caduti vicino alle uscite di emergenza con addosso delle tute ambientali: le classiche strutture a ciclo respiratorio chiuso che isolano alla perfezione l'utilizzatore dall'ambiente esterno.
“Ehi Loyalty... Cosa ci trovate di tanto bello in questi laboratori da organizzare sempre spedizioni al limite del suicidio?” Strangeye non ottenne nessuna risposta dato che la pony si era allontanata dal gruppo; rimasero in due. Oltrepassarono il magazzino scendendo una rampa di scale anch'essa disseminata di scheletri avvolti in tute ambientali.
“Cosa li ha uccisi?” chiese Red mentre scavalcava un gruppo di tre pony morti ammassati in fondo alla rampa.
“La Zona”
“Eh grazie tante per la delucidazione... Ma cosa di preciso?”
“Te l'ho detto, la Zona... Hai visto gli orologi? Sono fermi all'ora ed al giorno della nascita della Zona”
Arrivarono di fronte ad una porta blindata spalancata sull'oscurità più totale. Strangeye lanciò al suo interno il tappo della bottiglia di vodka che sparì nel buio senza emettere alcun rumore: i due rimasero un po' interdetti. La stanza oltre la porta era troppo grande per essere illuminata del tutto ed il tappo sembrava sparito dalla faccia della terra.
“Ti prego dimmi che non è una cazzo di trappola anomala” Strangeye calciò il teschio di un unicorno nella stanza e questa volta si sentì un rumore sordo mentre i resti del povero pony rimbalzavano un paio di volte sul pavimento.
“Red, vai avanti te...” gli porse la torcia.
“Perché?”
“Hai visto i morti senza la tuta? Sono tutti unicorni che non sono riusciti a mettersi le tute... A quanto pare noi siamo più sensibili alle radiazioni magiche, tipo quelle delle emissioni, non vorrei ritrovarmici in mezzo...”
“E perché io si?”
“Pegasi e pony di terra son meno sensibili, potresti riuscire ad allontanarti in tempo”
“In tempo!? Va bene, va bene”
Prese la torcia di Strangeye ed entrò: il fascio di luce illuminò un ennesimo mucchio di cadaveri al di sopra di uno dei quali era atterrato il tappo di bottiglia senza generare alcun rumore. Girò il collo spostando il cono di luce in cerca di eventuali pericoli avanzando fino a quando non notò che il centro della stanza era occupato da un cilindro di cemento: un ascensore. Fu allora che riuscì a vedere le pareti: erano ricoperte da una moltitudine di affreschi raffiguranti grandi maghi e scienziati del passato; una volta avrebbero gonfiato d'orgoglio il petto di ogni pony che avesse avuto la fortuna di vedere quella splendida arte muraria, ma ora con quelle crepe e macchie d'umidità ispiravano solo un forte senso di malattia e decadenza. Red illuminò il fiero volto di Starswirl The Bearded ormai deformato in una grottesca maschera tribale rigonfia e screpolata.
“Niente di strano?”
“Niente a parte questi...”
Un lamento metallico riecheggiò nella stanza: un lungo, acuto e melodioso suono metallico simile a quello emesso da un vibrafono quando viene percosso dalle bacchette di un buon musicista. Esso divenne sempre più perforante e stonato per poi ammutolirsi; Red guardò Strangeye, il quale ricambiò lo sguardo con un'alzata di spalle.
“Una cosa piuttosto...”
Un forte rumore proveniente dall'alto gelò il sangue ai pony: qualcosa era caduto rumorosamente a terra provocando quel baccano.
“...iiiiinquietante...”
Trovarono presto delle scale che conducevano ad un piano superiore, composto da un corridoio costeggiato da molte porte di metallo bianco. Anche questa volta Red venne mandato in avanscoperta; il corridoio terminava in una sala relax con tanto di distributori di cibarie. Strangeye lanciò un gridolino eccitato mentre trottava verso le macchine.
“Saranno pieni di monetine! Ha!”
Si sedette, estrasse un grimaldello dallo zaino e cominciò a trafficare con la serratura del contenitore dei contanti mentre Red lo guardava incuriosito.
“Fammi indovinare... Prima di giocare a fare lo stalker ti dilettavi a scassinare porte vero?”
“Errato... Porca puttana, Come hanno fatto ad arrugginire i pistoncini? Comunque ero un contrabbandiere che operava ai confini della Zona, facevo in modo che la esportazione nella “Grande terra” andasse a buon fine, poi un giorno mi sono chiesto 'Ehi! Perché non vado a raccattarli di persona? Farò sicuramente un sacco di soldi!'... Ed eccomi qui dentro un Laboratorio della serie P a scassinare stupide macchinette che non vogliono minimamente aprirsi!” disse colpendo la impenetrabile fortezza di metallo con lo zoccolo. Il pegaso lasciò perdere il compagno e continuò ad esplorare la saletta; in un angolo giaceva il cadavere di un pony di terra il cui corpo era mummificato, sebbene non sembrasse affatto rinsecchito. Indossava una logora divisa bianca piena di tasche ed aveva perso il manto ed il crine mostrando la pelle bianca ed incartapecorita; aveva qualcosa sotto lo zoccolo: un palmare, un vecchio modello di plastica provvisto di grossi tasti laterali per essere manipolato dai pony di terra e dai pegasi. Una volta vicino ad esso l'olezzo dolciastro della carne in decomposizione generò un momentaneo malessere di Red, che non capiva: come faceva a puzzare dopo quasi vent'anni dalla sua morte? Si fece coraggio, dopo essersi coperto il muso con la sciarpa, prese il piccolo palmare e si fermò ad osservare, illuminato dalla luce della torcia, il volto del cadavere distorto in una innaturale smorfia, così strana che il pegaso non riuscì a capire quale emozione stesse esprimendo.
Strangeye scattò in piedi togliendo la sicura al suo mitra da zoccolo.

“Maledizione! Mi sono rotto di te piccola bastarda” puntò la zampa sulla serratura del distributore e sparò una raffica. Una decina di flash rossastri illuminarono la stanza ed il corridoio annesso mentre il fragore degli spari e l'urlo delle pallottole che impattavano sul ferro saturava l'aria. Red scattò indietro impaurito, coprendosi le orecchie con gli zoccoli e, una volta terminata quella piccola tempesta, si udì un tintinnio scrosciante.
“Hahahahahah! Bene, alla fine ho vinto io!” si chinò a raccogliere le centinaia di monete che uscivano dallo squarcio sul distributore.
“Straaaaaaange!” l'unicorno si voltò e vide Redstorm spaventato mentre cercava di sbloccare la sua mitragliatrice inceppata e sbatteva furiosamente le ali come una gallina appena decapitata.
“Quel coso! Si muove ammazzalo maledizione spara!”
Inizialmente non capì, poi vide cosa stava indicando il pegaso terrorizzato: un cadavere mummificato aveva apparentemente ripreso vita ed ora rantolava tremando visibilmente; senza pensarci un attimo puntò l'arma sull'essere, ma qualcosa lo atterrò disarmandolo per poi dirigersi verso Redstorm, che si accorse della figura solo quando questa lo superò fermandosi di fronte al pony non propriamente morto. Aveva in bocca una piccola vanga militare; la calò violentemente sulla testa del pony, che smise di rantolare e di muoversi.
Il proiettile incastrato nell'otturatore dell'arma saltò via sotto il colpo di zoccolo che Red gli assestò in preda alla disperazione; non fece in tempo a posizionare la canna verso il secondo essere che questo gli saltò addosso piantandolo a terra con i suoi zoccoli mentre la torcia di Strangeye illuminava il suo manto bianco come il latte. La pallottola tintinnò a terra.
“Metti via l'arma idiota!” ringhiò la Loyalty con ancora la pala in bocca e la maschera antigas indossata sulla fronte.
“I rumori diversi da quelli del loro ambiente li attirano!”
Strangeye abbassò l'arma mentre la pony aiutava Red a rimettersi in piedi: il biondo crine interrotto da una striscia blu notte rifletteva la luce della torcia come uno specchio.
“Chi... Cosa era quello lì? Perché è vivo?” Red mentre parlava nascose in fretta il PDA.
“Hai presente quando Rontgen diceva che non dovresti essere così in salute a causa dell'emissione? Ecco, teoricamente dovresti essere morto, o essere nelle sue condizioni, a deambulare ovunque attaccando qualsiasi cosa ti capiti sotto tiro” Strangeye puntò il corpo del pony con la torcia, nonostante sembrasse mummificato la testa spaccata in due perdeva una copiosa quantità di sangue.
“Questi cosi sembrano marci, ma sanno ancora dare delle belle zoccolate... Cerchiamo di non disturbarli”
In lontananza si sentì un rombo sommesso e cupo e, perciò, i tre pony si strinsero l'un l'altro puntando le armi in direzioni diverse; la tenue emissione rossa delle luci di emergenza illuminò l'ambiente rendendolo ancor più inquietante.
“Bene, l'ingegner Rontgen ha trovato il generatore del complesso” annunciò soddisfatto l'unicorno spegnendo la torcia.

“Vedi Red, qualche anno prima della nascita della Zona qui era pieno di questi laboratori... questi posti traboccano della migliore roba: artefatti, tecnologia, informazioni e altre belle chicche! Anche se questo è un laboratorio della serie P, una serie abbastanza comune, difficilmente troveremo qualcosa di sensazionale ma sono comunque una vera manna dal cielo per uno stalker”; guardò la pony che avanzava di fronte a loro.
“O una vera fonte di grane se ci sono i Loyalty di mezzo...” sussurrò. Il ritorno della corrente elettrica aveva reso possibile l'apertura delle porte blindate per i livelli inferiori che, al contrario di quelli già visitati, erano quasi del tutto privi di cadaveri, ma in compenso non avevano più il pavimento, che sembrava essere sparito; le pareti erano ricoperte da un sottile strato di muffa e sporco incrostato che, unito ai mobili di ferro arrugginito rovesciati un po' ovunque, creavano un'atmosfera deprimente ed inquietante anche senza la presenza di numerosi corpi. Un piccolo dispositivo elettronico sulla spalla della pony emise un “Bip”; lei lo consultò.
“Bene signori, ci accampiamo nell'infermeria, Rontgen ci raggiungerà al più presto”.
L'infermeria non discostava molto dal resto del piano; appena entrati Strangeye prese in prestito la vanga di Bloodspring e cominciò a colpire le vecchie ante arrugginite di un armadietto di ferro che non opposero molta resistenza sbriciolandosi dopo pochi colpi.
“Porca putt... Noooo...”
Si girò verso gli altri mostrando le sue strane pupille dilatate per l'eccitazione (e per il buio).
“Qui c'è ogni tipo di droga! Antirad, antidolorifici, ViKa, Radioprotettori... Hohohoho ci sono pure i calmanti!”
Red si avvicinò osservando i vari pacchetti di medicinali dentro l'armadietto.
“Più della metà di questa roba adesso è vietata lo sai?”
Strangeye cominciò a riempire lo zaino con il suo bottino.
“Non nella Zona amico mio... Non nella Zona...”
Il pegaso si limitò a guardare malamente il suo compagno per poi partecipare alla razzia: prese alcune confezioni di quella medicina che Strangeye aveva chiamato radioprotettore e una droga anti-radioattiva insieme a due kit medici consistenti in semplici borse di tela rigonfie di oggetti per il primo soccorso. Essi disponevano di cinghie che Red utilizzò per agganciare le due piccole borse alla zampa anteriore sinistra poco al di sotto della spalla. Nessun kit, tuttavia, poteva medicare le sue vere ferite provocate dai suoi cupi pensieri.

“Cinque minuti e la cena è pronta!” disse Rontgen mentre poneva alcune scatolette di verdure ad alta conservazione sul fornello da campo offerto da Bloodspring; era apparso pochi minuti prima completamente ricoperto di sangue lamentandosi che il rumore dei generatori avevano attirato un folto gruppo di pony dal cervello bruciato.
“Cavolo, quando son tanti sono proprio noiosi... Mi sembrava di sparare ad una singola massa piuttosto che a tanti bersagli, ho sprecato quasi tutte le munizioni su quei bastardi, dopo farò una capatina al deposito della sicurezza, magari ci saranno delle cartucce a pallettoni...”
Mentre gli altri allestivano un piccolo accampamento barricando l'entrata della stanza con alcune barelle, Red entrò nel piccolo bagno annesso all'infermeria. Guardò i gabinetti ricoperti di polvere, fu felice di vedere che, fatta eccezione per la polvere, erano puliti. Dopo essersi svuotato la vescica pulì lo specchio che occupava gran parte della parete: vide il suo volto deturpato dai profondi tagli provocati dalla pianta in cui era incappato durante la fuga dall'emissione, ma, stranamente, non sanguinavano. Qualcuno doveva avergli somministrato quella medicina che aiutava a fermare le emorragie chiamata ViKa mentre era privo di sensi. Quei tagli avrebbero lasciato le cicatrici.
Prima di tutto il pegaso notò le profonde occhiaie nere che caratterizzavano i suoi occhi; si chiese quanto tempo era trascorso da quando non dormiva senza essere svenuto o senza essere tormentato da incubi. Gli tornò in mente il palmare del pony zombificato, chiuse la porta e si sedette all'interno di uno degli scompartimenti dei gabinetti e lo accese.
Dopo tanti anni passati in quel posto era già un miracolo che funzionasse così bene. Esso era pieno di file scritti e foto di ogni genere: codici, macchinari, inventari, messaggi e pagine di diario. Queste ultime contenevano dei file audio che Red preferì non ascoltare per evitare di farsi scoprire dagli altri. Passò direttamente ai file scritti del diario.


15 Febbraio
Un altro esperimento fallito. Le cavie reagiscono alle strumentazioni in modo incontrollato e violento; oggi abbiamo perso otto di esse, in giornata avrò i risultati dell'autopsia... Anche se credo di sapere i risultati


I risultati sono arrivati con un largo ritardo, come diavolo è possibile tale lentezza nel consegnare informazioni in un posto così piccolo? Ma adesso sono qui tra i miei zoccoli, il cervello delle cavie è andato in sovraccarico per le troppe radiazioni magiche finendo letteralmente arrostito... Non oso immaginare cosa sarebbe accaduto al personale senza le paratie di ferro, quei raggi non le oltrepassano per fortuna.

22 Febbraio.
Anche questa volta abbiamo perso tutte le cavie nell'esperimento, ma a quanto sembra al prof Grass sono piaciuti i risultati: le attrezzature hanno retto ed i condensatori sono riusciti ad immagazzinare le radiazioni, presto spediremo le attrezzature ai laboratori H.

3 Marzo
È inammissibile! Dopo tutti i miei sforzi nella serie E mi ritrovo a dover controllare la produzione di cavie nei laboratori P, perché io? Cosa c'entro io se quei dannatissimi puledri saltano in aria come petardi appena entrano in contatto con i raggi magici? Perfetto, semplicemente perfetto... Adesso sono qui in questa schifosa fabbrica di carne da macello per controllare che non mandino esemplari difettosi ai laboratori E.


Quando Red lesse la parola “puledri” gli si gelò il sangue, si guardò intorno un'altra volta domandandosi di cosa si stessero occupando questi pony prima della nascita della Zona. Ripeté mentalmente quella parola più volte nella speranza che questa scomparisse dal file del palmare.

20 Marzo
Buone nuove! Sotto la mia direzione questi biotecnologi da quattro soldi sono riusciti a creare una nova serie di cavie semplicemente perfette. Non appena saranno mature le spediremo ai laboratori E ed H. Mi aspetto una promozione...

26 Marzo
Interrompo il diario testuale per passare ad un più pratico diario vocale, i fatti di questo giorno
verranno presto registrati sul primo file audio della cartella “Stain audiolog”

Quella era l'ultima pagina di diario scritta. A giudicare dalla data che andava oltre al giorno 0, quelle registrazioni dovevano risalire ad almeno un anno prima del disastro. Redstorm avrebbe voluto ascoltare i file audio ma non voleva farsi scoprire dai suoi compagni, perciò aprì il palmare estraendo la piccola unità di memoria e la inserì nel suo scaricando tutti i file, dopo di che si limitò a gettare il palmare ormai inutile dentro il gabinetto.

“No seriamente, in che senso dobbiamo darti tutto quello che troviamo qui dentro?” Rontgen socchiuse gli occhi trafiggendo con lo sguardo la pony bianca mentre questa mangiava una barretta di cereali pressati.
“Ogni informazione può essere vitale nella lotta contro la Zona, anche la più insignificante... Tranquillo Stalker, ti pagherò”
“Si una miseria... Cavolo, continui a trattarmi come un completo sconosciuto” si alzò aggirando il fornello da campo acceso e si avvicinò alla pony fin quasi a sfiorale il muso con il naso.
“La sera prima dell'attacco a quella comitiva di banditi non mi trattavi in modo così distaccato, vero?”
La pony rispose alla provocazione dell'unicorno facendo scattare la sicura di una pistola assicurata allo zoccolo sinistro per poi ricominciare a masticare quello che rimaneva della barretta, senza guardare Rontgen.
“Hehehe... Piccola put...”
“Rontgen!” lo interruppe Red con voce acuta.
“Perché... Perché non andiamo a, umh... Cercare le munizioni per le nostre armi? Io ho solo un caricatore mezzo vuoto e quattro colpi della pistola”
Rontgen rimase immobile alcuni secondi alitando sul muso di Bloodspring, poi si voltò sorridendo e fece cenno a Red di seguirlo.

“Ehi Ginger... Ho visto come ti comporti dopo la battaglia al silo, si può sapere cosa è successo?”
la domanda di Rontgen affondò nel petto di Red dura e fredda come una stilettata al cuore.
“Ehm... Io... E che non...”
“Hai ammazzato qualcuno?” l'unicorno estirpò con la telecinesi uno scheletro aggrappato ad una porta disperdendo le ossa ovunque.
“Anche... Com'è morta Kharina?”
“Si è sporta fuori dalla barricata al momento sbagliato, adesso non cercare di cambiar più discorso! Cosa hai fatto? Cosa è successo?”
“Io... Ho fatto una idiozia...”
“Questo lo avevo capito, che genere di idiozia?”
Red rimase in silenzio guardando il pavimento.
“Okok, qualsiasi cosa tu abbia fatto cerca di non farla ora!”
uno dei tre fucili levitò fuori dalla fondina fluttuando a pochi centimetri dal muso dell'unicorno che, dopo aver ammiccato a Red, aprì violentemente la porta con una spallata.

“Si può sapere cosa diavolo facevano qui dentro?” chiese Strangeye picchiettando con lo zoccolo su di un barattolo con all'interno un feto sotto formalina.
“Laboratori della serie P, cioè Pony... Erano per così dire le officine dell'organo di ricerca e sviluppo che si sviluppava sotto le fondamenta di Pony. Si occupavano delle materie prime e delle strumentazioni, a quanto ho capito questo complesso si occupava della creazione di cavie per i laboratori delle altre serie” la pony bianca parlava freddamente osservando la ridicola fiammella blu che fuoriusciva dal fornello sotto alle scatolette ribollenti di Rontgen.
“E che cosa ci facevano con queste cavie?”
La pony si accoccolò vicino al misero fuoco senza degnare di uno sguardo l'unicorno.
“Sei sicuro di volerlo sapere? Non sono delle belle cose, e poi... Dopo sarei costretta a tagliarti la testa per poi gettare il tuo cadavere nella prima anomalia che trovo”
voltò la testa sorridendo a Strangeye: lo sguardo dei suoi occhi verdi penetrò nelle pupille verticali dilatate per il buio del pony.
“Hai proprio dei begli occhi...”
Spostò il fucile dal dorso al petto appoggiando il mento sul calcio.
“Una mutazione vero?”
Il sorrisetto sadico con cui aveva pronunciato quella frase fece accapponare la pelle a Strangeye che pestò nervosamente uno zoccolo mentre i nervi del collo si tendevano come corde di violino.
Nonostante la loro politica riguardo le creature mutate dalla Zona i Loyalty non avevano mai fatto del male ad uno stalker vittima di mutazioni, ma lei era sola con lui, non ci sarebbe stato nessun superiore a frenare una eventuale furia ponycida.
Passarono interminabili secondi di silenzio, mentre la pony teneva in scacco l'unicorno con il sguardo.
“Beh...” si tirò il cappuccio di tela sopra la testa, incastrando il corno su di una piccola rientranza di gomma sul bordo di esso; la pony continuava a guardarlo e per la felicità di Strangeye non stava più sorridendo, ma i suoi splenditi occhi verdi con il loro orrendo sguardo continuavano a fissare i suoi, forando le sue pupille, ormai così dilatate da sembrare delle fosse senza fondo bordate dall'azzurro delle sue iridi.
“La Zona ti cambia...”
Voleva abbassare lo sguardo, quella pony lo inquietava e quell'inquietudine si stava trasformando pian piano in un muto terrore tradito dalla dilatazione delle sue pupille.
“Immagino”
Il candido viso della pony parlò senza cambiare espressione: i due erano fermi uno di fronte all'altra; ma in realtà si stava consumando uno scontro di sguardi vinto in partenza da Bloodspring, mentre Strangeye stava semplicemente tentando di fuggire da quel viso.

L'eco di uno forte e disordinato sferragliamento si propagò per i corridoi vuoti e bui giungendo nell'infermeria. Gli occhi verdi e calmi di Bloodspring si staccarono da quelli ormai neri e terrorizzati di Strangeye, che ebbe l'impressione di sentire uno schiocco mentre i due sguardi si separavano. La pony si alzò in piedi affacciandosi sulla piccola barricata costruita all'entrata del corridoio; Strangeye Abbassò finalmente la testa tirando un sospiro di sollievo.
“Questo posto è più vivo di quanto sembri, e quei due idioti ci mettono troppo... Io farò la guardia”
Bloodspring saltò sopra la barricata sedendosi su di una barella rovesciata e iniziò a scrutare i corridoi che affondavano nell'oscurità mentre Strangeye preparava un giaciglio dove riposare in attesa del ritorno di Rontgen e Redstorm. Srotolò un leggero sacco a pelo grigio e si distese sopra di esso lanciando un'ultima occhiata alla pony, che gli dava le spalle: la sua veste nera la confondeva con l'oscurità lasciando visibile solo il suo crine giallo ed il collo bianco. Il dorso dell'unicorno venne attraversato da un brivido mentre appoggiava la testa sullo zaino. Fece scattare lievemente e senza far rumore la sicura del suo mitra e nascose lo zoccolo armato sotto lo zaino; voleva dare un'ultima occhiata alla sua “compagna”, ma era ancora troppo inquietato dalla situazione di pochi attimi prima. Chiuse gli occhi mentre il leggero ticchettio della pioggia che cadeva dentro le prese di ventilazione in superficie segnalava che la Zona stava dilavando lo strato di lanugine radioattiva lasciata dal fallout. Presto sarebbero potuti uscire all'esterno per continuare il loro viaggio.

  
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