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Autore: vampirettafolle    03/04/2013    2 recensioni
"Ero certo che fosse più facile vivere così e in effetti lo era, ma non mi rendeva più leggero e spensierato, anzi mi dovevo ripetere più di una volta di comportarmi male.
Come se non mi venisse naturale odiare ed evitare tutto e tutti."
Estratto dal Capitolo 2.
Vincitrice del contest indetto da elisatwilight. Classica storia: lei bella ma timida ed impacciata e lui il più popolare.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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The little thing and the Beast 1
Salve a tutti. Questa storia che sto per pubblicare è arrivata prima al contest indetto da elisatwilight con punteggio massimo; Classica storia: lei bella ma timida ed impacciata e lui il più popolare.
Non mi sono mai davvero cimentata in questo tema e spero che come sia piaciuta la mia storia al giudice, piaccia a voi.
Conta solo due capitoli, quindi vi invito ad affrettarvi a leggere questo perchè penso che entro breve, anche in giornata, pubblicherò il secondo.
Ringrazio anche Cranium-banner (che potete trovare su facebook) per il bellissimo banner che ha realizzato.
Grazie a tutti e buona lettura.






The little thing and the Beast




Capitolo 1

TheBreaker94: Ehi Ciccia com’è andata la tua giornata oggi?
MissScarlet-witha-Boxinglove : Insomma, pesante. Ho preparato sei materie.
TheBreaker94: Oh sei grande se ci fossi tu nella mia classe saprei sempre da chi copiare XD
MissScarlet-witha-Boxinglove: A proposito ti ricordi quando mi dicesti che mi avresti fatto da guida nella tua città se fossi venuta a trovarti…?
TheBreaker94: Yessss
MissScarlet-witha-Boxinglove: Mi sto per trasferire…a Springfield…nella tua città.
TheBreaker94: ; )

Mi chiamo Thomas, ho diciotto anni. Fino a qualche anno fa avevo tanti bei sogni nel cassetto, volevo studiare sodo per ottenere una borsa di studio ed entrare in qualche prestigiosa università che mi avrebbe preparato per il mondo del football. Già il football…
Adoro giocare, solo che prima lo facevo con un preciso obiettivo in  mente, cioè crearmi una carriera, ora era un semplice passatempo che mi faceva mettere su un bel po’ di quella massa muscolare che piaceva tanto alle ragazze.
Le ragazze altro mio passatempo. Che uomo impegnato che sono…
Le preferisco con le gambe lunghe, formose e con una chioma perfettamente montata dal parrucchiere.  Non fraintendetemi non sono superficiale, ma è molto più semplice vivere così che preoccuparsi di tutto dalla mattina fino alla sera.

La scuola era il mio regno. Dal bravo ragazzo idolatrato dal professore di matematica era diventato il bullo che gli aveva spaccato la macchina usando una lavagna.
 Non era il caso di denunciarmi dopo che lo avevo trovato a casa mia a sbattersi mia madre in cucina e potevo benissimo spifferare tutto al mio papino sceriffo.
Nessuno sa come potrebbe reagire di fronte alla notizia.
Mio padre ha lasciato mia mamma al verde e io ho iniziato a rompere un po’ di cose, la macchina del prof., il suo brutto muso ammuffito e così via.
Tutti mi temevano, i professori mi facevano fare quello che volevo dato che mio padre pagava profumatamente la scuola, e i miei compagni a meno che non facessero parte della mia banda, mi evitavano, invece le donne mi perseguitavano per stare con me, una notte, un ora, cinque minuti anche solo a fissarmi.
Vedevo tutto nero da quando avevo capito che i miei non erano poi così felici e perfetti, ma avevo trovato una luce si chiamava MissScarlet-witha-Boxinglove o meglio il suo nome era Malia.
Bazzicavo su un forum letterario - violento sì, ignorante no - e ho iniziato a chattare con questa ragazza della mia età che aveva quel ridicolo nickname.
 All’inizio parlavamo dei libri appena letti e poi abbiamo imparato a conoscerci.
Abitavamo in due città diverse e davvero troppo lontane per fare un viaggetto di cortesia, fatto sta che abbiamo mantenuto la parola data e non ci siamo mai scambiati dati fisici e quindi neppure foto.
Ora però Malia si trasferirà nella mia stessa città e finalmente potrò conoscere questa ragazza.
Già me la immagino: alta, bionda e appassionata di videogiochi come me.

“E così oggi arriva la tua amichetta?” mi chiese il mio amico Rupert. Ci conoscevamo da una vita, c’era stato in ogni momento della mia vita. Dal più bello al più brutto.
Quando sono corso da lui a raccontargli di essermi fatto la capo cheerleader Kelly, di quattro anni più grande di me, a quando gli ho confessato che il comportamento libertino di mia madre risaliva a prima che io nascessi e che perciò l’uomo che aveva vissuto in casa con noi non era il mio vero padre.
“Non è la mia amichetta. E’ una che ho conosciuto in chat” precisai, stava dando troppa importanza a questo fatto.
 Certamente non mi ero innamorato di una tipa che nemmeno conoscevo, ma era stato piacevole parlare con una persona in gamba e poi avevo un irrefrenabile desiderio di portarmela a letto.
Il suo parlare tanto mi aveva attizzato parecchio.
“Hai detto che arriva oggi, giusto? Guarda che se è uno schianto inizio a frequentare anche io questa chat letteraria che a quanto pare è meglio dei siti di incontri” e scoppiammo a ridere proprio mentre Sharon, la ragazza della scorsa settimana, mi passava davanti sospirando.
“Dio, non la posso proprio vedere” esclamai irritato. Rupert seguì il mio sguardo.
“Non dicevi così la settimana scorsa”
“Questo perché non avevo capito il suo gioco. Prima si avvicina a me dicendo che si è appena lasciata e vuole consolazione, poi dopo un paio di volte che ci siamo visti è andata in giro a vantarsi  dicendo che stiamo insieme e il suo ex si è ripresentato”
“Non ti ho mai sentito dire che avevi paura di qualcuno” esclamò sorpreso il mio amico.
“Infatti non l’ho detto, cretino. Volevo dire che non avevo intenzione di fare a botte con quel tizio”
“Tu che ti tiri indietro?” aggiunse ora sempre più stupito.
“Neanche questo, il suo ex è Dustin della 5E” conclusi illuminandolo.
“L’ultra ripetente che ha due bicipiti grossi come due pitbull…ahi Tom, non metterti nei guai”
“Già fatto. Lui mi ha spaccato il vetro della macchina con una spranga, io gli ho sfondato il vetro della cucina usando la sua testa”.
Rupert alzò gli occhi al cielo. Sapeva che a volte ero troppo teatrale e non condivideva tutta la violenza che manifestavo, ma nonostante questo non disse una parola e ci avviammo in aula attendendo belle notizie.

“Ragazzi prima di cominciare la lezione vorrei presentarvi una vostra nuova compagna che viene dalla Grande Mela, vieni avanti Malia” ci annunciò il nostro professore di letteratura. Non stavo più nella pelle, avevo fatto di tutto affinché venisse nella mia classe, compressa qualche moina alla cozza della segreteria.
 Mai farsi tante illusioni, mai.
Quella che venne letteralmente trascinata in aula dal prof. non era una ragazza alta, dalle lunghe gambe e dalla chioma fluente. Non ero sicuro nemmeno che fosse una ragazza.
 Arrivò questa cosetta bassina, sotto il metro e sessanta sicuro, dato che il prof. era una specie di hobbit. Piuttosto magra a giudicare da come ballava nella divisa scolastica; frangione e occhialoni alla Potter e dulcis in fundo l’apparecchio.
 Ma quello che più disturbava il quadro era che sotto la gonna rigorosamente portata fin sotto al ginocchio, come vuole la regola, portava i nostri calzettoni e degli orribili collant a fiori.
Dopo lo shock iniziale iniziai a pensare che quella non poteva essere la simpatica Malia con cui conversavo sulla nuova versione di playstation. O forse si…
“Ciao…Mi chiamo Malia. Vengo da New York.”
Coincidenza. Quanti abitanti avrà quella città? Troppi.
“Amo gli animali, infatti lavoro part time in una toiletteria e ho una gatta di nome Palù”
Anche la mia Malia ha una gatta di nome Palù. Nome poco comune, ma coincidenza anche questa sicuramente.
“Leggo molto, soprattutto i grandi classici e ultimamente ho finito di leggere Les Miserable in lingua originale”
Beh sa più lingue come Malia e come lei ha letto nello stesso periodo lo stesso libro.
“E sono davvero felice di conoscere almeno un volto in questa nuova città…Ciao Thomas”
Il mostriciattolo alzò timidamente la manina e lo sguardo verso di me attirando anche quello dei miei compagni che preferivano di solito evitarmi. E fu in quel momento che capii che non bisognava mai e poi mai costruirsi castelli di carte in testa.
Quella cosetta minuscola accanto alla cattedra era la mia Malia. Mannaggia a me che non avevo letto i segnali che era una Nerd con la N maiuscola.

Finite le prime tre ore di lezione avevo deciso che era il momento di una bella sigaretta rilassa-nervi.
Ero rimasto di sasso che Malia alias Ciccia92 fosse così. E che diamine non potevo di certo farmi vedere in giro con quella cosetta alle calcagna.
 Sentivo ancora nelle orecchie la risata di Rupert. Mi avrebbe preso in giro a vita, ma doveva essere l’unico.
“Ehi ciao” sentii una voce femminile alle mie spalle che mi fece sobbalzare dallo spavento.
“Ehi…Malia” risposi con un sorriso tirato, non c’era nessuno in giro quindi potevo fare due chiacchiere con lei e magari definire il punto della situazione: starmi a due metri di distanza.
“Sono felice di conoscerti di persona finalmente. Grazie alle numerose foto segnaletiche sparse per la scuola, come quella che ti vieta di entrare in biblioteca, è stato facile riconoscerti. Che fai di bello?”
“Fumavo” indicai la sigaretta che per colpa della sua apparizione avevo fatto cadere. Notai qualcosa nel suo sguardo, qualcosa che doveva aver a che fare con la mia risposta fredda.
 Non dovevo dimenticare che non era una stupida oca come quelle che frequentavo di solito, se la dovevo allontanare da me dovevo utilizzare tattiche sofisticate.
“Senti…” cominciai a intavolare un discorso, ma lei mi bloccò.
“Non ti immaginavi che fossi così, vero? Non importa” stava per voltarmi le spalle, ma qualcosa mi fece scattare e la fermai per un braccio.
“No, no figurati. E’ che…nell’ora successiva ci sarà matematica e ti ho raccontato dei miei trascorsi con quel prof.” Utilizzare sempre la carta della confidenza per tenere in pugno una donna; questa era una delle mie regole base per portarmi le ragazze a letto o in questo caso per non scatenare un putiferio.
Una luce si accese nei suoi occhi, forse la consapevolezza che ero sincero, o quasi.
“Capisco, beh allora a dopo” mi sorrise e al suono della campanella si incamminò verso il corridoio.
Avevo deciso, i miei piani non potevano essere stravolti dalla prima occhialuta che incontravo.
Io ero il re e dettavo legge, nessuno mi avrebbe più detto cose dovevo fare; mi ero costruito questa immagine e l’avrei mantenuta con la forza.
Avrei fatto in modo di allontanarla da me senza farla soffrire.
 Non era nel mio stile, se fosse stata un’altra le avrei calorosamente detto di starmi fuori dai maroni, ma non era una delle ragazze che mi portavo a letto perciò non c’era bisogno di essere drastici, ma machiavellici.

“Non se ne parla! Non farò da cavia” urlò Rupert.
Gli avevo esposto il mio piano. Era molto semplice e prevedeva un allontanamento della cosetta, graduale e indolore per tutti.
Io mi sarei comportato normalmente, magari facendo l’amico quando nessuno era nei paraggi e nel frattempo avrei macchinato affinché lei mi lasciasse. Questo perché qualcuno le avrebbe fatto una corte serrata: Rupert.
Peccato  non volesse collaborare.
Avrei dovuto picchiarlo, ma poi quando mi fossi messo in qualche guaio non ci sarebbe stato a ricucirmi la pelle.
“Perché io. Trova un altro scemo. E poi gli hai parlato di me, sarebbe scontato e sospetto. Lo hai detto tu che al primo cambiamento di tono aveva già capito la situazione”
“Rup ho solo nemici, chi mai potrei muovere come una marionetta se non te”
“Grazie eh” rispose guardandomi male. Poi delle urla in cortile ci distrassero. Erano i ragazzi di atletica che si allenavano per qualche stupido torneo. E improvvisamente mi venne un’illuminazione: Michael Kent.
Uno studentello medio, né nei popolari, né negli sfigati. Un bravo ragazzo a detta delle ragazze che mi portavo a letto. Era il classico tipo su cui si buttavano dopo che gentilmente le cacciavo.
Belloccio, bravo negli studi anche discretamente atletico. Era perfetto.
Il problema era come convincerlo, certamente i soldi non li avrebbe accettati, di minacciarlo non era il caso poi gli avrei rovinato quel bel visino e addio piano; avrei dovuto giocare anche qui d’astuzia e creare l’occasione perfetta.

Uscito da scuola mi stavo avviando alla mia moto stabilendo gli ultimi dettagli con Rupert quando vi trovai seduta sopra Sharon.
“Che diamine ci fai qui?!” risposi piuttosto arrabbiato, sapevo perfettamente a che gioco stava giocando.
“Come che faccio?! fino a due giorni fa mi accompagnavi sempre a casa” rispose facendo una voce fastidiosamente smielata.
“Certo perché poi ci fermavamo da te, era la settimana scorsa. Lo sai perfettamente come la penso. Una ragazza a settimana, lo sanno tutte come lo sai tu. Non capisco perché finito il vostro tempo vi illudete lo stesso. D’altronde quello che cerco io da voi è la stessa cosa che cercate voi, quindi non pensare di venirmi a fare la morale” non era la prima e di certo non sarebbe stata l’ultima, ma ogni volta mi esasperavo di più. Sapevano che ero un bastardo opportunista, ma nonostante ciò non perdevano occasione di rinfacciarmelo quando le mollavo.
 Eppure ero chiaro ed inoltre loro cercavano la stessa cosa.
Erano solo delle ipocrite con la vena della crocerossina.
Salviamo il bel ragazzo violento e problematico; questo era il loro motto.
All’inizio pensavo che Sharon fosse più semplice, che volesse come me un’avventura.
 Si era appena lasciata con il suo ragazzone tutto muscoli e niente cervello e voleva consolazione.
Per essere bella era bella: molto formosa e occhi verdi da gatta ma infida come una serpe.
Voleva farla pagare all’ex, fin qui non mi sarebbe importato  se non mi avesse messo in mezzo a mia insaputa.
Come se non bastasse andava in giro a vantare rivendicazioni su di me e quando l’ho cortesemente mandata a quel paese mi ha inviato quel pacco bomba dell’ex.
Probabilmente, il fatto che lo abbia fatto nero lo avrà visto come una sorta di duello tra cavalieri innamorati della stessa dama. E avendo vinto io, lei era il mio premio.
“Forza Sharon alza quel culo enorme dalla mia Maserati e rotolati altrove” dissi cattivo spostandola con la forza. In quel momento però, mentre cercava di fare resistenza con le sue unghie laccate di blu, vidi in lontananza due soggetti a me noti e mi venne un colpo di genio.
Michael era poco lontano da me a chiacchierare con un gruppo di amici, Malia stava venendo verso di me o forse più in generale verso l’uscita che io occupavo.
Salii sulla moto dando parecchio gas, non solo per infastidire Sharon che aveva ancora da ridire, ma per farla proprio allontanare.
Nel momento esatto in cui Malia era dietro a Sharon diedi un colpo di gas più forte che la fece indietreggiare tossicando e imprecando.
Sharon urtò Malia che cadde a terra urtando coi libri il gruppo di Michael.
Rimasi giusto il tempo per vedere il bravo ragazzo raggiungerla insieme al suo gruppo di amici per aiutarla, poi imboccai finalmente l’uscita.

Tornato a casa la trovai naturalmente vuota. Dopo il divorzio vivevo con mio padre o finto padre. Non era un padre adottivo, lui era proprio convinto che fossi suo figlio e anche ora la pensava così.
Era un uomo taciturno, parlavamo poco e solo di sport. Per noi andava bene, era il nostro modo di comunicare.
Sapeva che mi comportavo male a scuola, ma lui una volta aveva detto al preside: “Gli passerà, deve solo capirlo da solo”. E nel frattempo pagava profumatamente la scuola. Mia madre non la vedevo più. Lo avevo deciso io, mi faceva solo rabbia; aveva mentito a tutti per anni e poi aveva osato dare la colpa del suo comportamento a mio padre e me.
Avevo bisogno di scaricare la tensione e le sigarette non sarebbero servite. Così afferrai il mio cellulare e cercai il nome di una ragazza che non mi fossi portato a letto troppe volte così da farle credere di essere speciale.

Dopo aver salutato Monica, accesi il computer e trovai un messaggio di Malia.
Avrei dovuto mantenere almeno tramite chat un atteggiamento rassicurante.
MissScarlet-witha-Boxinglove: Ciao, come va? Scusa se disturbo, ma avrei bisogno di alcune delucidazioni riguardo la nostra scuola. Non saprei a chi chiedere a parte la segreteria che è completamente sconclusionata.
Alzai gli occhi al cielo. Avrei dovuto capire com’era dal modo perfettino con cui parlava.
TheBreaker94: Certo chiedimi quello che vuoi ;D
MissScarlet-witha-Boxinglove: Grazie. Un ragazzo che ho conosciuto oggi mi ha detto che tra i corsi a scelta da fare per questo semestre sono rimasti sono quelli sportivi. E’ vero?
Wow , quindi il mio piano aveva funzionato. Si erano scambiati già qualche parola. Avrei sfruttato questo a mio vantaggio.
TheBreaker94: Non so che dirti. Sai che non sono proprio uno studente modello. Mi pare di si, ma per sicurezza dovresti chiedere a questo ragazzo che sarà sicuramente più informato di me…
MissScarlet-witha-Boxinglove: E’ che so solo il suo nome…non saprei come contattarlo…
TheBreaker94: Posso aiutarti, dimmi com’è, come si chiama…
MissScarlet-witha-Boxinglove: Grazie Sherlock! Si chiama Michael ed è alto, biondino…
TheBreaker94: Guarda così su due piedi mi viene in mente un certo Michael Kent di atletica.
MissScarlet-witha-Boxinglove: Si, si è lui. Grazie mille Thomas, sono davvero felice di averti conosciuto .
Aveva abboccato alla mia rete anche troppo facilmente e non so perché mi sentivo in colpa.

La settimana trascorse tranquilla. A scuola avevo limitato gli incontri con Malia, ma continuavamo a chattare normalmente e io indirettamente cercavo di proiettare il suo interesse su Michael.
Dal canto suo il belloccio si vedeva che non era interessato a lei, ma sapevo per esperienza personale che Malia era una persona piacevole quindi li trovavo spesso a parlare nei corridoi. Malia invece non sospettava nulla, però avevo notato un cambiamento fisico in lei.
 Aveva tolto l’apparecchio. Me lo aveva scritto in chat, ma ci avevo dato poco peso all’inizio; e inoltre non portava più quelli orribili collant colorati sotto i calzettoni. Ora più che una nerd sembrava una ragazza normale come Michael.

Stava per iniziare la tanto odiata lezione di matematica. Di solito le saltavo quasi tutte, ma col preside avevamo stabilito almeno un minimo di lezioni che mi facessero accedere all’anno successivo.
Odiavo quell’uomo; non solo si faceva mia madre facendo passare per cornuto mio padre, ma dopo tutto il casino aveva ancora il coraggio di frequentarla. Senza pudore.
D’altronde cosa ci si può aspettare da un panzone tinto con polo di seconda mano che fa passare per costosissimi acquisti. Mi guardava sempre con aria di superiorità, ma non osava mai contraddirmi forse per non dover comprare l’ennesima macchina nuova che io gli avrei distrutto al primo sgarro.
Appena entrato in classe mi rivolse subito uno strano sguardo, quasi gongolante. Di solito mi evitava come la peste. Arrivato posò la sua ventiquattrore tutta strappata su una sedia, per non piegarsi ad afferrare il suo materiale scolastico e con un sorriso a trentadue denti ci avvisò che aveva un annuncio importante da fare.
“E’ con grande gioia che vi annuncio che ho chiesto alla mia fidanzata di sposarmi” disse guardandomi dritto negli occhi e sorridendomi malignamente.
Quello che successe dopo accadde troppo velocemente sia ai miei occhi che a quello dei miei compagni e aveva le tonalità del rosso sangue. Lanciai per aria il mio banco che fracassò sul muro alla mia sinistra, rompendo e sparpagliando quelle poche cose che portavo a scuola. A grandi passi mi avviai verso la cattedra. Quel bastardo non solo aveva continuato a frequentare mia madre in questi anni, ma se la voleva pure sposare. Non lo faceva perché l’amava o altre cavolate simili. Lo faceva per ripicca, per far diventare mio padre ancora di più lo zimbello della città e me uno sporco bastardo e forse anche per la macchina rotta.
“Non puoi toccarmi, lo sai che se mi metti le mani addosso o lo fai su una mia proprietà il preside ti butta fuori” disse con voce tremante mentre indietreggiava.
Era vero questo stronzo era off-limits. Mi avvicinai lo stesso il più possibile, mettendolo con le spalle al muro in modo tale che quello che gli avrei detto lo avrebbe sentito solo lui.
“Congratulazioni, ma ti avverto sarà una cerimonia costosa, Scommetto che vuole prenotare al George’s Hotel, vero?” lo vidi corrucciare la fronte, avevo centrato il bersaglio.
“Il direttore dell’hotel è uno dei suoi tanti amanti, magari grazie a lui avrete un vantaggioso sconto. Scommetto che dorme ancora con quello stupido pigiama in seta grigia…”
“Ne ha uno nuovo” ribatté stizzito, non capendo dove volessi andare a parare.
“Meglio ancora. E scommetto che non hai notato che sul pigiama ci sono le iniziali GH, vero? Su quello vecchio, che era un regalo di fine relazione ci sono, e su quello nuovo? Da quando ce l’ha? E chissà per chissà quale occasione…”insinuato il dubbio e colpito nel segno mi allontanai di poco per guardarlo dal mio metro e ottantadue con lo stesso sorriso sardonico che prima aveva rivolto a me.
Vedendolo scioccato uscii a gran passi dall’aula lasciando anche i miei compagni allibiti per la strana scena.
Si dice sempre che le mamme non devono essere toccate quando ci si insulta o si discute, la mia però aveva giocato con me quindi non ne vedevo il problema.

Fumavo sempre nello stesso posto da anni, sulla scala antincendio che dava sull’ala nuova del liceo quindi ancora poco popolata se non da un via vai di ragazze che avevano un solo bagno in questa parte della scuola.
Ero davvero arrabbiato, volevo fare a pugni così tanto che ne avevo sferrato uno al pavimento facendomi un male cane. Mi sentivo preso in giro da molte persone.
Era già successo in passato e non sarebbe riaccaduto di nuovo.
“Ehi” riconobbi subito quella voce femminile alle mie spalle e come la prima volta mi colse alla sprovvista. Non risposi non avevo voglia di fare conversazione, soprattutto con lei che mi stava stravolgendo i piani di una vita tranquilla e senza problemi.
Senza aggiungere altro si sedette al mio fianco e prese tra le sue mani la mia, quella indolenzita dal pugno, e iniziò a massaggiarla senza che io gli avessi dato un qualsiasi permesso. Sentendo ora il mio sguardo su di sé mi rispose: “Mia madre era fisioterapista” concluse con una semplice alzata di spalle.
Il leggero massaggio stava allevando il dolore alla mano. Mi aveva accennato qualcosa sulla sua famiglia; il padre era un pastore protestante, la moglie aveva studiato medicina, ma non ricordavo perché non praticava più.
Insomma una famiglia perfetta da copertina. Probabilmente il padre durante i suoi salmoni inneggiava a prendere la sua famiglia come esempio.
Preso dal vortice dei miei pensieri iniziai ad osservarla così  concentrata sulla sua attività non richiesta.
Era migliorata fisicamente dal primo giorno che l’avevo vista. Eppure non era cambiata molto, giusto l’apparecchio e quelle orribili calze non c’erano più.
 Era sempre bassa, magra e con il frangione. Però aveva dei begli occhi castani, grandi con folte ciglia e soprattutto molto espressivi. Molti preferiscono gli occhi chiari, certo saranno più esotici e magari più ricchi di sfumature cromatiche di un paio di occhi bruni, ma questi ultimi possono essere davvero affascinanti se la persona in questione si guarda intorno con curiosità e passione.
Forse ero proprio uno stronzo ad allontanare una brava ragazza così, ma non volevo che facesse parte della mia vita, non solo perché la consideravo non all’altezza dei miei standard – egoisticamente parlando non mi sarei risparmiato niente e avrei ottenuto sempre il meglio -, ma anche perché avrebbe sicuramente voluto qualcosa che io non avrei potuto darle e mi sarei sentito in colpa.
“Sai quando ero a New York c’era un ragazzo che mi corteggiava. Dopo un po’ di tempo iniziammo a uscire insieme…” aveva iniziato a raccontare questa sua strana storia. Nonostante sapessi in linea generale la sua vita, non mi aveva mai raccontato niente di intimo come invece avevo fatto io. Col tempo mi  ero confidato con lei, sapeva ascoltare e mai giudicare, forse avevo fatto male.
Così facendo l’avevo in qualche modo legata a me.
“Era carino, simpatico e poi mi aveva invitato al ballo di fine anno. Dopo la festa beh sai…è un rito di ogni coppia passare il resto della serata insieme. Mi ero davvero innamorata, ma non mi aspettavo che fosse un vero stronzo. La mattina dopo mi ha cacciata via in malo modo senza un perché così io ho insistito e lui mi ha detto la verità: aveva fatto una scommessa con gli amici. Si doveva portare a letto una ragazzina qualunque”.
Nonostante il peso delle sue parole non notai nessuna incrinatura del tono, sembrava tranquilla. Questo tizio di cui mi parlava era proprio uno stronzo; fingere di essere innamorato per avvicinarti a lei, almeno io mettevo le cose in chiaro fin dal principio.
“Ero davvero arrabbiata, gli avrei voluto tirare un pugno, quando se ne accorse invece di difendersi mi attaccò” mi sembrava molto improbabile la cosa. Come poteva un ragazzo avere paura di una cosetta come lei?
“E mi scaraventò contro una vetrinetta” mentre mi immaginavo Malia dare di box afferrai le ultime parole della sua frase.
“Mentre ero a terra terrorizzata aveva lo stesso sorrisetto compiaciuto del professore Jhonson di matematica. Sai cosa ho pensato in quel momento mentre mi tenevo una mano sulla fronte ferita? Che avevo perso tante energie per una persona infida e stupida che si sentiva orgoglioso di aver colpito una donna.
Io non sono riuscita a infliggergli nessuna vendetta, come invece hai fatto tu, e anche se all’inizio lo volevo davvero ho capito che era una perdita di tempo. Che dovevo recuperare i mesi persi dietro di lui” non aveva più alzato lo sguardo, precludendomi la vista di quei begli occhi castani.
Mi stava impartendo una lezione. Nonostante sapessi che aveva ragione, non volevo ancora arrivare a questa situazione, mi sentivo ancora troppo arrabbiato e per ora la vita che conducevo mi andava più che bene.
Senza dire altro si alzò e mi sorrise dolcemente.
“Fai solo un po’ di esercizi con la mano per evitare qualche formicolio, non ti sei rotto niente, ma potrebbe darti fastidio. Per quello che ti ho detto…volevo rifarmi di tutte le confidenze che mi hai fatto. Non so parlare di me davanti ad un computer, ma dal vivo ci provo. Di quello che ho detto puoi farne quello che vuoi, non ti preoccupare” e dandomi una leggera pacca sulla spalla mi lasciò solo, facendomi sentire sempre più in colpa per come mi stavo comportando con lei.
Alzando di nuovo lo sguardo notai che da una finestra di fronte c’era una ragazza che mi osservava scocciata: Sharon.
“Che vuoi?! Va via” dissi duro e fermo. Chissà da quanto mi stava spiando. Era una donna da tenere lontana.
Alzando un sopraccigli con fare arrogante se ne andò sbuffando.

Avviandomi verso il mio armadietto per raccattare le mie cose vidi Rupert correre trafelato verso di me.
“Vieni. Subito” rantolò trascinandomi più velocemente verso gli armadietti.
“Un casino” ancora non capivo nulla.
“Danno la colpa a te” ora il mio interesse era più vivo.
“Ma so che non sei stato tu” lo strattonai per il braccio per farmi spiegare quanto era appena successo, ma non ce ne fu bisogno che la scena mi si presentò sotto gli occhi.
Malia era davanti al suo armadietto in lacrime, anche se cercava di nasconderle.
Le sue cose distrutte e sporcate da spazzatura che non so come ma colava dal suo stesso armadietto. Probabilmente le avevano lanciato la stessa roba addosso perché era ricoperta dallo stesso lerciume.
 Ma la cosa che subito mi saltò all’occhio fu come teneva stretto un libro consunto. Intravedendo il titolo subito un ricordo mi venne alla mente. Una vecchia conversazione avuta con lei:

MissScarlet-witha-Boxinglove: I miei genitori sono molto severi, la persona più malleabile della famiglia era mia nonna Malia. E’ grazie a lei che leggo con tanta passione. Molti libri vengono considerati non adatti ad una ragazza di buona morale da mio padre.
Il primo libro che mi prestò fu la sua copia di Via col vento. Lo custodivamo gelosamente a casa sua affinché mio padre non lo trovasse e lo bruciasse come tutti gli altri libri inadeguati…

Non ci pensai due volte, mi avvicinai a lei, sbattei un pugno sul primo armadietto chiuso richiamando l’attenzione degli altri studenti su di me.
Tutti da chi prima rideva o guardava scioccato Malia si erano zittiti.
“L’autore di questa porcata spero che si vada a mettere la testa da solo nel cesso per quanto fa schifo” dissi duro nel tono e nello sguardo.
Li guardai uno per uno cercando di individuare lo stronzo e forse ci riuscii.
Vidi vicino una colonna Sharon che guardava adirata la situazione, non so se perché avevo messo fine a questo suo teatrino e perché stavo al fianco di una donna che non fosse lei, fatto sta che la prima sospettata fosse lei.
“Se vedrò un’ altra volta una cosa simile affiancata al mio nome vi giuro che farete la stessa fine della macchina del prof. Jhonson o della testa di Dustin della 5E” diedi una altro pugno per enfatizzare le mie minacciose parole e mettendo un braccio intorno alle spalle di Malia decisi di accompagnarla a casa.






Note:
Il nickname usato da Malia fa riferimento alla sua passione per il gioco da tavola Cluedo (Miss Scarlet è una delle pedine), e anche alla sua dedizione alla boxing (Boxinglove, che crea un divertente gioco dando origine anzichè alla parola glove-guanto, a love).
   
 
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