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Autore: L Change the World    03/04/2013    0 recensioni
Quando si trasferisce a Londra, Emily Rivers è decisa a lasciarsi alle spalle un capitolo burrascoso della sua adolescenza. Tutto sembra andare secondo le sue aspettative, fin quando non incontra Brian. Brian è diverso, è speciale. Non parla molto, ma la sua sola presenza scatena in Emily potenti emozioni. Rabbia, inquietudine, attrazione, amore. E mentre lei si lascerà cullare dai profondi occhi blu del ragazzo, le ombre del suo passato riaffioreranno, portandola a vedere il mondo per quello che è, dall'alto in basso, come se lo osservasse volando su grandi ali nere.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Disattivo la sveglia un attimo prima che si metta a strombazzare istericamente. Mi guardo allo specchio e per poco non urlo: un impertinente groviglio nero ha rimpiazzato quelli che solamente ieri erano i miei lunghi capelli fluenti, e due occhiaie scure sotto ai miei occhi verdi sono il risultato di una notte insonne passata a rigirarmi e contorcermi senza sosta tra le coperte. La giornata non poteva iniziare peggio. Scaravento un piatto con uova e bacon ancora fumanti sul tavolo ed inizio a trangugiare il tutto, rischiando anche di strozzarmi. Faccio una doccia, infilo jeans e una felpa verde petrolio e mentre dalla cucina proviene il ciabattare noncurante di mio padre. Sistemo alla bell’e meglio i capelli, che, misteriosamente, prendono una piega accettabile, mi disegno due linee di eye-liner sopra gli occhi, afferro lo zaino ed apro la porta.
“Sicura che non vuoi che ti accompagni?” biascica papà con gli occhi ancora mezzi chiusi.
“No, tranquillo. Ci vediamo a pranzo!” Dopo averlo abbracciato ed esser uscita, mi ficco gli auricolari a palla nelle orecchie e salgo sul mio autobus, cercando di convincermi a stare tranquilla.
Appena entro nella mia nuova classe vengo colta da un senso di impotenza davanti a tutti quegli occhi che mi fissano. Mi metto a sedere nella prima sedia libera che vedo vuota e aspetto, facendo finta di niente e cercando qualcosa di ignoto dentro lo zaino.
“Ciao! Tu devi essere quella nuova, non è così?!” Sobbalzo. Non mi ero accorta che il banco era già occupato. Fantastico.
“Sì.” rispondo, voltandomi verso la voce. Una ragazza bionda ipertruccata mi guarda con adorazione e curiosità insieme. Se avesse una coda, starebbe scodinzolando nevroticamente.
“Sono Grace.”
“Piacere, Emily.” dico, sorridendo imbarazzata.
“Allora, da dove vieni? Perché sei qui?” Inizia a tartassarmi di domande, e ci conosciamo da circa trenta secondi.
“Bhe, io vengo da…”
“Oh mio Dio, dove hai preso quella collana?” mi interrompe estasiata. Fisso il ciondolo comprato in un negozio al centro che ho messo solo perché è dello stesso colore della maglietta. “Lo sto cercando da una vita!” Sto per regalargliela, quando in classe entra un professore sulla trentina. Credo sia quello di inglese.
“Bentornati ragazzi! Bene bene, sento aria di novità.” Sfoglia il registro per alcuni secondi, poi mi guarda ed esclama:” Emily Rivers! Benvenuta fra noi.” Si alza, allarga le braccia e si inchina profondamente con fare teatrale. Gli altri ragazzi devono essere abituati a questo genere di stravaganze, perché si limitano a scuotere la testa e a sorridere. La lezione procede tranquillamente, a parte Grace che non smette un secondo di parlare sul fatto che ho degli occhi stratosferici e che sono uguali al ragazzo che le piace, ma che è già impegnato. Cerco di seguire la spiegazione del professor Summer mentre questo gira impettito e misure a grandi falcate l’aula, gesticolando con ampi gesti ed assumendo espressioni assolutamente innaturali. Decido che mi è simpatico.
Appena suona la campanella, automaticamente tutti si fiondano verso il mio banco, mentre Grace mi presenta a gran voce. Quando la situazione si smuove un po’, mi alzo e cerco di fare mente locale di tutti i nomi che mi hanno urlato. Un ragazzo mi si avvicina e mi sorride. Devo aver alzato il sopracciglio come di solito, perché assume un’aria vagamente preoccupata e mi dice:”Tranquilla, mica mordo! Sono Peter, e tu sei, ehm… Emily, dico bene?”
“Esatto!” E’ una delle prime volte che sorrido da quando sono in classe.
“Se vuoi, dopo io e Grace ti facciamo visitare la scuola, ok?” domanda Peter, facendomi l’occhiolino e avviandosi insieme a Grace verso il corridoio.
“Ottimo!” rispondo.
E poi lo vedo. E’ solo, le spalle ricurve su un libro e i capelli lisci e neri che gli coprono il viso cereo. E’ l’unico che è rimasto seduto, prima, e l’unico che non è ancora uscito in corridoio. Per un secondo, le sue labbra si assottigliano. Sa che siamo soli. Lentamente alza lo sguardo verso di me, e io rimango allibita: le iridi sono di un blu intenso, quasi elettrico, che io non ho mai visto a nessuno. Gli sorrido timidamente, ma sembra imbarazzarlo ancora di più, perché riabbassa di scatto lo sguardo e si liscia i capelli. Noto che addosso non ha un colore, è vestito e tinto esclusivamente di nero. Noto anche che io sono ancora là, ad osservarlo perché sta attirando la mia attenzione più di quanto lo abbiano fatto la stravaganza di Summer, l’euforia di Grace o l’entusiasmo degli altri studenti. Lui è diverso. E fremo per saperne il perché. Così, la curiosità prende il posto del timore, e mi sorprendo a dire:”Ciao. Sono Emily.”
“Lo so.” La sua voce è musica. Non saprei come altro definirla.
“Ehm… Tu come ti chiami?”
“Brian.”
“Ah.” Mi scervello a chiedere qualcosa, ma le parole mi muoiono in bocca. Mi ha ammutolito dicendo quattro sillabe, e questo mi provoca rabbia mista a frustrazione. Vorrei andarmene e lasciarlo nella sua asocialità, ma mi avvicino a lui, e scopro che ciò che ha davanti non è un libro qualsiasi. E’ un libro di disegni. Osservo i tratti di matita sinuosi e leggeri, ammiro la tridimensionalità che sembra avvolgere quei soggetti tanto perfetti quanto inquietanti: teschi, ragazze nude e straziate, segni gotici e rose nere. Potrei stare ore a fissarli e non capirne il senso, eppure sarei capace di rubarli e tenerli per me, custodendoli con gelosia. Basta. Devo uscire.
“Ci vediamo.” gli dico, ed esco. Con la schiena al muro, respiro a fondo e chiudo gli occhi. La sua presenza mi ha spiazzata. Mi volto, ed è ancora seduto lì. Piange.
 
  
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