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Autore: ViveViveVive    03/04/2013    1 recensioni
I protagonisti di questa storia sono Robert Dost, rappresentante dello stato della California e famoso attore, e Nathaniel Young, rappresentante della Florida e cantante non particolarmente conosciuto.
Questi sono i ricordi di Rob prima e dopo aver conosciuto Nate, ora suo fidanzato.
N.B. I genitori di entrambi i personaggi sono persona normali, non ex Nazioni.
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capita che Nate torni da qualche serata e crolli sul letto e che quindi non possa, come ogni notte, rimanere sveglio e stare lì, ad accarezzare il californiano mentre dorme, magari cantandogli sottovoce qualche canzone come se fosse una ninnananna.
Come accade ora: il florido ha giusto la forza di spogliarsi, ma non quelle di mettersi sotto le coperte cosa a cui pensa Robert, stringendoselo poi al petto e ascoltando il suo respiro che si fa sempre più pesate, fino a diventare un leggero russare, segno che il ragazzo si è addormentato e che difficilmente si sveglierà.
E’ in notti come questa che Rob, tenendoselo fra le braccia e coccolandolo distrattamente, comincia a parlare e spesso gli racconta sempre le stesse cose, cose che non gli vuole raccontare quando è sveglio perché loro non parlano di questo, non gli piace parlare del loro passato ma a volte Robby ha bisogno di raccontare e raccontare, senza essere fermato e giudicato, per sfogarsi e, l’unico che lo ascolta, è Nathaniel dormiente, e a lui va bene così.
Semplicemente gli racconta della sua vita e, a grandi linee, è sempre la stessa storia, anche se ogni volta sbuca un particolare nuovo che l’altra volta ha dimenticato.
Ma questa volta è diverso, aspetta un po’ e controlla che il florido stia davvero dormendo, non gli viene naturale come le altre volte cominciare a parlare e non ne capisce il motivo.
< Mi ha chiamato David, il mio fratellone che sembra Thor, quello che è in Norvegia, mi ha detto di far visita a papà e mamma. Mi ha detto che papà è malato di alzheimer da sette anni, gli ho detto che non lo sapevo, ha risposto che è perché mamma è omofoba.
Sono andato a fargli visita lo stesso. Mamma mi ha aperto la porta e poi è sparita, almeno non mi ha sputato in faccia come l’ultima volta.
Sono andato da papà che era seduto sulla poltrona, mi sono seduto accanto a lui e abbiamo iniziato a guardarci, finché non gli ho detto che ero suo figlio, Robert, l’attore e il rappresentante della California.
Mio padre si chiama Jim e mia madre Millie.
Jim ha risposto che aveva solo un figlio e che era lontano, al nord, dove lavorava e stava mettendo su famiglia, infatti è fidanzato con una deliziosa ragazza. Mi ha chiesto come mi chiamavo.
Sono andato in cucina e ho chiesto a Millie se potevo salire in camera mia, mi ha detto che la mia camera non esiste più: hanno abbattuto la parete e l’hanno fatta diventare un tutt’uno con quella del loro unico figlio, David, ha aggiunto inoltre che lì non ero gradito e che non ero più loro figlio, per loro non esito più.
Ricordo che le maestre mi dicevano sempre: “Qualsiasi scelta tu prenderai la tua famiglia ti supporterà e ti vorrà per sempre bene.” Forse sono stato adottato, quindi quella non è la mia vera famiglia, ho pensato. Me ne sono andato e ho chiamato David che mi ha detto di calmarmi e di non mettermi ad urlare –fortunatamente ho preso le pillole, stamattina- mi ha detto che mi vuole bene e che anche papà mi vuole bene, anche se non lo ricorda e che non sono stato adottato, e che una famiglia può essere formata anche da due fratelli quindi non c’è per forza bisogno della presenza di un genitore.
Eppure non dimenticherò mai l’espressione di disgusto che ha fatto Millie quando le ho detto che sono gay, non dimenticherò neanche che mi ha portato subito dal prete della parrocchia e ha cominciato a urlare che ero indemoniato; oppure quando sono stato costretto ad andarmene di casa perché non ce la facevo più a sentirmi insultare e a sentirla piangere, come se la sua tristezza insensata potesse cambiarmi, come se le sue lacrime avessero una funzione ‘guaritrice’.
Ho fatto bene ad andarmene. Non mi sono mai trovato bene con i miei genitori, l’unica cosa bella di quella casa è la televisione: io e il fratellone, per pranzo, ci mettevamo sempre là davanti a guardarci il cartone dei supereroi della Marvel, sdraiati sul tappeto con il pranzo davanti.
Per Halloween ci travestivamo sempre io da Capitan America e mio fratello da Thor, poi non l’abbiamo fatto più perché siamo andati al liceo e queste cose al liceo non si fanno più.
Il liceo è stato davvero brutto, avevo solo un’amica, la mia vicina di casa, si chiama Alex.
Era molto brava a scuola, era bella e non aveva un atteggiamento da puttana, era normale.
A scuola facevo di tutto per non farmi notare: non partecipavo ai club, non facevo cazzate, insomma mi limitavo solo a partecipare alle feste e fare i compiti.
Stranamente questo è bastato perché ogni volta, alla fine delle lezioni, dovessi correre a casa inseguito dai bulli. Non mi hanno mai preso.
Alex ora non la sente più, non la sento più dal liceo.
E’ successo qualcosa di strano, come se avessimo litigato ma senza parole, o meglio, come se lei avesse litigato con me e io dovessi stare al gioco. Così fu. E andò bene, finché non incominciarono gli scherzi stupidi, anche se iscrivermi ai provini per lo spettacolo teatrale non è stata affatto una pessima idea, tutt’altro.
L’ultimo anno feci la cazzata che rimane, anche ora, la più epocale della mia vita: si avvicinava il ballo di fine anno e io non avevo con chi andarci, anche perché avevo scoperto di essere omosessuale anche se non lo avevo confidato a nessuno, nessun ragazzo comunque avrebbe accettato di venirci con me, anche perché nessuno nel mio istituto, per quel che ne sapevo, era gay.
Ho sabotato il ballo per vendetta contro la scuola che mi ha fatto vivere cinque anni di merda.
Ho mischiato al punch una dose massiccia, forse ho esagerato un po’…credo che la mano mi sia scivolata in varie occasioni, di afrodisiaco e alcool di tutti i tipi. L’effetto è stato quasi immediato e dopo dieci minuti si avviava un’orgia di cui si parla tutt’ora.
Ho bruciato le prove e sono andato all’after party.
Le accuse sono cadute sugli organizzatori, fra cui Alex e una serie di persone che mi stavano abbastanza antipatiche.
Credo che la mia ex amica avesse capito che ero stato io, mi ha picchiato così forte che ora non riescono ad avere un rapporto d’amicizia con le ragazze, salvo qualche eccezione; è stato questo a farmi venire gli attacchi di panico.
All’inizio pensavano che avessi qualche malattia mentale, quindi mi hanno rinchiuso in un ospedale psichiatrico, ci sono rimasto per due mesi, ricordo che mi davano la scossa per farmi smettere di urlare, mi tenevano in isolamento come se fossi un serial killer.
Sono uscito solo perché Alfred voleva che rappresentassi lo stato della California, ho accettato e me ne sono andato di casa.
E poi è andato tutto bene: ho iniziato a fare cinema, sono diventato una star e tutto il resto.
Era tutto così perfetto forse troppo, per questo quasi un anno fa è , letteralmente, piombato nella mia vita Nathaniel Young, il cantante di una band, ricordavo d’averlo già visto e infatti era così, visto che il rappresentate della Florida, l’avrò visto a qualche riunione.
Un bel ragazzo, non ci piove.
Che sa cosa fare e dove mettere la mani, peccato che quella non era la mia prima scopata da passivo, magari sarebbe durato di più.
E’ riuscito a spezzarmi il cuore, comunque, tanto che ho passato sei mesi di schifo in cui ho iniziato a fare quello che non ho fatto al liceo: fumare, drogarmi, ubriacarmi –no, quello lo facevo anche a scuola- e rinchiudermi in bagno piangendo come una checca, io, Robert Dost. Eppure non c’è stato modo di togliermelo dalla testa, no, neanche la droga ci riusciva e quando la neanche quella ci riesce sei fottuto.
Io ero fottuto, ma assai.
Però sono stato io ad andare da lui, in Florida, usando la scusa del regalo di Natale e poi ci siamo ritrovati a casa mia, o meglio io mi sono ritrovato lui a casa mia, insieme a tutte le sue cose.
E’ passato tempo prima che scopassimo di nuovo, anche se da coscienti è molto più bello che da ubriachi.
Lo amo, Dio, quanto lo amo.
Ci siamo fidanzati. Non mi tolgo mai l’anello che mi ha regalato, mai.
Incredibile come sia entrato prepotentemente nella mia vita, fortuna vuole che sappia che se prova ad andarsene gli strappo le dita a morsi.
Probabilmente non sa quanto mi ha fatto penare e quanto ancora lo fa, forse inconsciamente, mentre con il suo testone mi blocca la circolazione al braccio e il suo russare non mi fa chiudere occhio.
Eppure non lo cambierai per nulla al mondo, il mio Nathaniel, anche se ha una coccodrilla e fra le braccia tiene di più la sua chitarra che me, anche se ha un armadio pieno di bretelle e non vuole rilasciare nessuna intervista, anche se si lamenta che non vuole venire alle premiazioni e fa le smorfie ai fotografi, anche se si lamenta delle fangirls e per cena non vuole mai il sushi riscaldato al microonde.
Mi piace quando mi chiama Raggio di Sole, mi piace da impazzire, anche se gli dico che lo detesto, e mi piace soprattutto che lui continua a chiamarmi così, anche se gli ripeto di smetterla; mi piace il suo sorriso perché gli forma delle fossette adorabili e mi piace quando canta, solo per me, anche quando dormo.
Non credo che lui si trovi molto bene, con me, forse perché non ci vediamo mai a causa dei nostri orari o perché quando vogliamo fare l’amore io mi distraggo; forse rimane perché non vuole farmi soffrire.
Non lo so perché è rimasto qui, con me,  e non so neanche perché mi sta abbracciando nel sonno e borbotta qualcosa di incomprensibile, ma non credo di esser capace di vivere senza amarlo.
No, non credo proprio.
Dormi, Nate, che domani è sabato e possiamo stare a casa a coccolarci.
Buonanotte, e non fare come mio padre: non scordarti che ti amo.>>

Quando Robert parla non sia accorge di piangere, a volte di più a volte di meno, ma non singhiozza, si limita a lasciar scorrere le lacrime sul proprio volto finché non cadono sui capelli del suo fidanzato.
Gli da un bacio sulla fronte, prima di stringerlo un po’ di più e chiudere le palpebre, cercando così di addormentarsi pure lui.
   
 
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