La mia
stanza alla fine mi ha trovato.
La numero
undici.
Quale numero
altrimenti?
Ne sono
attratto, non riesco a non guardarla.
Devo vedere
cosa c'è all'interno. Devo.
Mi avvicino
deciso e indugio solo un attimo, prima di posare la mano sulla
maniglia.
Giro, spingo
ed apro...è un tutt'uno. Un gesto semplice ma ricco di
significato, un gesto che mi spalanca verso la mia paura più
grande.
E invece di
gridare io...sorrido.
Sorrido e
per un attimo, solo per un attimo, mi soffermo a guardare.
E mi guardo:
do' le spalle alla finestra, sono in piedi vicino al letto. Nella
mano destra il cacciavite sonico. Quando i nostri occhi si incontrano
sorrido e mi aggiusto il cravattino blu. Del blu più blu che
esista.
“Ma
certo” mi sfugge a mezza voce “Chi
altro?”
Chiudo la
porta continuando a guardarmi fino a che lo spiraglio non diviene
sempre più esile e io sparisco.
Non prima di
attaccare alla maniglia esterna il cartellino che invita non
disturbare: meglio che nessuno entri qui dentro.
Chi altri avrei potuto
trovare nella stanza numero undici se non me stesso?
Di chi potrei avere più
paura?
Di un Dalek? Di un
Cyberman? Forse di un altro Signore del Tempo?
No. No.
Di me stesso.
Di me stesso.
Solo.