Anime & Manga > Puella Magi Madoka Magica
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Autore: homuraxmadoka    03/04/2013    2 recensioni
“Ci rivedremo ancora… Fino ad allora bisogna solo sopportare un pochino…”
Questa è la promessa che Madoka ed Homura si sono scambiate prima di separarsi. Ma fin dove è capace di spingersi Homura per poter incontrare nuovamente Madoka? Cosa è disposta a fare per il suo bene? Quale improvviso combattimento, contro qualcuno di assolutamente inaspettato, potrà designare in maniera drastica ed irreversibile il destino della giovane Puella Magi?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Homura Akemi, Kyoko Sakura, Kyubey, Mami Tomoe, Tatsuya Kaname | Coppie: Homura/Madoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA BATTAGLIA INASPETTATA
 
 
“Ci rivedremo ancora… Fino ad allora bisogna solo sopportare un pochino…”
 
Mi sono sempre arrovellata il cervello nel tentativo di immaginare come potesse avvenire un ricongiungimento tra Homura e Madoka, quali cruciali circostanze avrebbero potuto portare le due a rincontrarsi nuovamente, e contemporaneamente, mi sono sempre interrogata sulla figura di Tatsuya, il fratellino minore di Madoka, poco considerato nell’anime ma a mio parere di un’emblematicità spaventosa: è infatti l’unico essere vivente al di fuori di Homura, che resta a qualche livello depositario e custode delle memorie del tempo in cui Madoka Kaname non era un concetto astratto, ma una normalissima adolescente realmente esistita sulla Terra.
Questa fan fiction nasce proprio dall’esigenza di congiungere, sviluppare e valorizzare questi due pensieri sui quali ho sempre congetturato parecchio.
L’ambientazione di questa storia è ovviamente postuma rispetto alla trasformazione di Madoka in Puella Magi, e riprende per sommi capi le linee dell’anime, in cui, riscritte le regole che comandano l’universo, le Puelle Magi non si trovano più a combattere contro le streghe, mai generate per volere di Madoka, ma affrontano un nuovo potentissimo avversario: la paure, la disperazione, gli anatemi, scagliati dagli esseri umani contro i loro simili; mali che prendono vita, generando creature mostruose, soprannominate “bestie magiche”.  
Dato il finale molto “aperto” di Madoka Magica, e la genericità del concetto di “bestie magiche”, così come la loro origine e provenienza, mi è piaciuto immaginare, ai fini delle mie esigenze narrative, che le bestie magiche, fossero un po’ i “famigli” del vero e proprio mostro, in cui evolve l’essere umano portatore di maledizioni; allo stesso modo in cui, nell’anime, la strega era l’evoluzione di quelle Puelle Magi che avevano perso la speranza ed esaurito i poteri della loro Soul Gem. Solo che mentre la nascita di una strega era selettiva e vincolata a delle condizioni ben precise (- essere una Puella Magi,  - aver perso la speranza o aver rimpianto di essere diventata una Puella Magi alimentando le maledizioni verso gli altri,  - aver esaurito il potere della propria Soul Gem), il meccanismo di nascita dei nuovi mostri è molto più random e non tiene conto di condizioni così specifiche, ma neppure di condizioni generiche come il sesso o l’età; in tal senso, ogni essere umano cela dentro di se del male, di conseguenza, tutti gli esseri umani grandi o piccoli, maschi o femmine, possono essere potenziali mostri. Però contrariamente alle streghe, che nell’anime andavano categoricamente uccise, a questo tipo di mostri può anche essere risparmiata la vita, a patto che lascino purificare il loro corpo e la loro anima per “vaccinarli” dal male.   
Credo di avervi esposto tutto il mio pensiero… Vi auguro buona lettura e se vi va, recensite!
 
 
 
Come tutte le sere, da ormai tanto tempo a quella parte, Homura era seduta sul cornicione del grattacielo più alto della città. Non aveva paura, non provava senso di vertigine, era piuttosto tranquilla, anche se talvolta si sporgeva pericolosamente. Quel posto così alto, la faceva sentire stranamente a proprio agio, la faceva sentire più vicina al cielo, più vicina a colei che dissoltasi nel cielo era diventata parte di esso. Era passato tanto tempo ormai da quando lei e Madoka si erano separate, eppure il ricordo della ragazzina dai capelli rosa legati coi nastrini, non l’aveva mai abbandonata, anzi, se possibile, si rafforzava ogni giorno, ogni momento sempre più, fino a diventare per lei talvolta una vera e propria ossessione. Da quando Madoka aveva smesso di esistere come essere umano e si era elevata ad un semplice valore astratto, tante cose erano cambiate per lei. La sua migliore amica le aveva fatto dono di immensi poteri, i più strabilianti che una Puella Magi potesse ricevere, quasi a volerla ricompensare di aver fatto crescere a dismisura il suo potenziale magico, finalizzato al mutamento radicale della storia dell’uomo. Homura era diventata effettivamente un’ottima arciera, la più forte delle Puelle Magi, e colei in grado di purificare, con l’aiuto di Incubator, il seme del male che germinava nell’animo umano, e che all’occorrenza si tramutava in una mostruosità. Ella era senz’altro la creatura designata, per volere della stessa Madoka, a rivestire i panni di paladina e protettrice dell’umanità; la sua indole combattiva, la sua instancabilità, la sua tenacia, la sua perseveranza e la sua speranza, avevano permesso alla Madoka divina di fondare nella maniera più totale e completa su di lei; tanto che a volte,  preoccupata per le sorti della sua prediletta, la stessa Madoka accorreva in suo aiuto, fondendosi con lei, fino a diventare un’unica entità.
Le memorie di Madoka e delle sue gesta erano d’altronde ancora una ferita viva e sanguinante nel cuore di Homura, la quale tentò spesso uno sfogo con Kubey, divenuto il suo partner fisso nei momenti di battaglia. Incubator però, faticava a stare dietro le sue congetture e non vedeva riscontro pratico tra le parole della Puella Magi ed il ridisegnamento dell’universo secondo le nuove disposizioni dettate da Madoka, quindi la maggior parte delle volte si approcciava a questi discorsi con un punto di vista profondamente scettico, anche se, doveva riconoscerlo a se stesso, talvolta Homura sembrava guidata, posseduta da un’entità molto più potente di lei; la fantomatica Madoka, ipotizzò più volte. Ad ogni modo, quando succedeva faceva sempre molta fatica a capire dove finisse Homura e dove iniziasse Madoka; ebbe più volte la sensazione che in quell’unico sinuoso e vibrante corpo convivessero due persone distinte e separate, mosse però dalla totale armonia ed unione dei loro intenti.
La Puella Magi dal canto suo, sentiva tutto il peso di questa enorme responsabilità di cui era stata rivestita, ma sentiva anche la dolce Madoka sempre accanto a lei che la incoraggiava e la indirizzava quando la via da seguire sembrava lunga, tortuosa e senza speranza di successo.
- “Sarà pure un mondo senza speranza nel quale si ripetono dolore ed odio all’infinito, ma se anche fosse così, questo è il posto che lei ha cercato di proteggere. Io ricordo…Non dimenticherò mai. Per questo io continuerò a combattere..” - A distanza di anni ricordava ancora ogni singola parola del suo giuramento in memoria ed in onore del sacrificio della sua amata. Il dolore per la sua perdita bruciava ancora intensamente in lei e solo la speranza di rivederla un giorno, le permetteva di andare avanti senza fermarsi mai.
Mentre meditava su tutto ciò, seduta con le gambe penzoloni nel vuoto e le chiome accarezzate dal frizzante venticello sollevatosi, una lacrima scese dagli occhi di Homura, le rigò il volto ed andò ad infrangersi al centro della losanga viola che portava incastonata sul dorso della mano sinistra.   
- Homura! Mami e Kyoko sono in grosse difficoltà! - Kubey accorse improvvisamente richiamando la sua attenzione. - Cosa succede?  - chiese, ma nonostante la domanda, il tono di voce tradì il suo disinteresse nei riguardi di quello che Kubey le aveva appena detto.  - Stanno combattendo contro un mostro potentissimo! Possiede centinaia di bestie magiche a suo seguito! Non ho mai visto nulla di simile! - espose concitato l’alieno. Homura lo fissò per qualche breve istante nell’imperscrutabilità dei suoi occhi rossi, dunque riprese a guardare il cielo, noncurante dei moniti di Kubey. - Homura, sono serio! Rischiano la vita! - insisté l’altro. - E va bene, ho capito! - disse la ragazza magica alzandosi; passò una manica del vestito al di sotto degli occhi umidi, asciugò in fretta tutte le lacrime versate e quelle che, prepotenti, ancora avrebbero potuto scendere, si diede quindi un contegno e Kubey le saltò agilmente sulla spalla. Insieme, per l’ennesima volta, si gettarono in caduta libera dal grattacielo, certi che al momento opportuno, qualcuno da lassù dispiegasse le proprie ali per garantir loro un atterraggio incolume.
 - Dove sono adesso? - chiese Homura, appena i suoi piedi ebbero contatto con il ruvido asfalto. Richiamò quindi a se la sua arma micidiale ed iniziò a scagliare dardi per abbattere le bestie magiche che tentavano di sbarrarle la strada.  - Sono al parco pubblico Hayase! Pare che il mostro si sia sviluppato proprio in  quel luogo! - le spiegò Kubey. - Quale mostruosità può designare un parco pubblico, luogo di svago, riposo e divertimento, come meta per uccidere le sue vittime? -  chiese perplessa Homura. - Non lo so, ma Mami e Kyoko fortunatamente sono riuscite a far evacuare la zona ed hanno circoscritto il campo di azione del mostro! - continuò Kubey che immediatamente prese a correre, seguito a ruota da Homura. - Se la sono cavata benissimo allora! Perché sei venuto a disturbarmi? - disse col fiatone la ragazza.  - Akemi, hai dimenticato che solo tu ed io possiamo purificare quell’abominio della natura? E poi francamente, se ho disturbato il corso dei tuoi pensieri riguardanti quella Madoka, sono ben contento di averlo fatto!  - la rimbeccò Kubey. - Cosa vuoi dire? - replicò piccata Homura. - Il pensiero di Madoka, della sua eventuale esistenza,  della sua eventuale morte e della sua eventuale riconfigurazione dell’universo ti stanno portando sull’orlo della pazzia! - - Io non sono pazza! - si adirò Homura arrestando per qualche istante la sua corsa.
Kubey imitò il suo gesto e sostando di fronte a lei continuò: - Come definiresti umanamente parlando, una persona che fa di eventualità ed illazioni la sua propria realtà? - - Madoka è esistita realmente! E’ questa la realtà! - incalzò Homura. - Abbiamo già affrontato l’argomento e anche se mi sforzo di crederti, sai come la penso! - concluse l’alieno. - Allora taci Incubator! E concentrati soltanto sul tuo compito di purificare il mostro! - lo liquidò Homura arrabbiata, ed entrambi ripresero a correre in direzione del parco di Mitakihara.
 
Il dispiegamento di forze di Mami e Kyoko era notevole, la prima, circondata da un arsenale di moschetti, ne imbracciava due contemporaneamente, pronta a fare fuoco; la seconda invece, con la sua lancia devastante era già in azione contro alcuni di quei famigli.
La lotta tra le Puelle Magi e le bestie magiche era aspra e senza sosta, e l’inferiorità numerica non giocava certamente a loro vantaggio, ma nonostante le asperità le due continuavano a combattere al massimo delle proprie forze contro una mole sempre più cospicua di bestie magiche.
- Ma quanti diamine sono! - sbottò Kyoko spazientita. - Tanti! Forse troppi! - constatò Mami, sparando un colpo a centrare giusto in pieno la fronte di uno di quei mostri. 
Improvvisamente però, preannunciata da una sequenza di sibili, una cascata di frecce piombò sulla schiera di mostri annientandoli. Finalmente Mami e Kyoko poterono tirare un sospiro di sollievo e distendere per qualche istante le loro membra contratte dalle posizioni di battaglia: - Akemi! - esclamarono quindi sorprese in coro; entrambe conoscevano benissimo la mancanza di propensione della mora per la collaborazione, ma non era il momento di fare le schizzinose: Homura era giunta per dar loro manforte.
 - Attenta Akemi, questo mostro è più potente degli altri! E le sue bestie magiche sono altrettanto potenti! - la mise in guardia Mami. - Da chi è stato generato? - chiese asciutta la mora. - Non lo sappiamo; non ci è stato possibile ancora intercettare da chi si è sviluppato! - chiarì Kyoko.
- Prepariamoci comunque! L’aria infetta ha aumentato di intensità: stanno sopraggiungendo altre bestie magiche! - convenne Kubey, invitando le ragazze magiche ai loro posti di combattimento.  
Le aspettative dell’alieno non furono disattese, infatti nel giro di pochissimo tempo altre bestie magiche finirono con l’assediare le Puelle Magi. La battaglia fu campale e le tre diedero fondo a buona parte delle loro energie; le loro Soul Gem stavano accumulando impurità, ma al momento non importava: bisognava annientare le bestie magiche per poi combattere contro il loro generatore.
Al primo istante di tregua Homura, resasi conto delle condizioni in cui versavano le loro Soul Gem, si rivolse a Kubey: - Avanti Kubey, adesso! Purifica le nostre Soul Gem! - gli ordinò e l’alieno prontamente eseguì. L’effetto benefico della purificazione fu immediato su Mami e Kyoko che si sentirono rinvigorite e pronte ad affrontare una nuova lotta, eppure qualcosa non quadrava: la Soul Gem di Homura non aveva dato il benché minimo accenno di schiarimento, segno che non si era purificata. - Com’è possibile? - borbottò Homura.  - Cosa sta accadendo Homura? - la interrogò Kubey. - Speravo potessi dirmelo tu! - replicò preoccupata la mora. - Non ne ho la più pallida idea! Non è mai successo nulla di simile prima d’ora! - - Va bene, ci penserò dopo! - concluse Homura alzando lo sguardo dalla sua pietra e notando che alcune bestie magiche stavano per cogliere di sorpresa le altre due. Appoggiò molto rapidamente l’ennesima freccia al suo arco, tese la corda e prendendo velocemente ma scrupolosamente la mira, finalmente la scoccò: i famigli furono debellati all’istante. Il sorriso soddisfatto di Homura, compiaciuta di averne annientati quattro con un solo dardo, si disintegrò fulmineamente quando, dipanandosi la folla di bestie magiche che accerchiavano il loro creatore, poté scorgere l’identità di costui. Con le gambe tremolanti, pallida in volto ed un filo di voce sussurrò:  - Tatsuya! - ed immediatamente il suo ricordo volò a quando tempo addietro, incontrò per la prima volta il bambino che disegnava il profilo di Madoka nella sabbia, proprio in quel parco, chiamando ad alta voce: - “Madoka, Madoka!” - Era proprio lui, non poteva sbagliare, oltretutto osservandolo bene e tentando di mettere a fuoco le poche fattezze che ancora gli rimanevano di essere umano, notò una certa somiglianza con sua sorella: stesso profilo, stesso naso, stesso taglio di occhi e stessi capelli ribelli. Mentre si torturava sul come e sul perché Tatsuya, un bambino di circa una decina di anni, potesse aver generato una maledizione così potente, Mami e Kyoko si schierarono in  prima linea minacciose e con intenti bellici nei suoi riguardi.  - Aspettate! Lasciatelo a me! Ci penseremo io e Kubey a neutralizzarlo! - tentò di prendere tempo Homura, ancora indecisa sul da farsi.  - Ma Akemi! Non hai mai combattuto da sola contro una mostruosità così potente! - le fece notare apprensiva Mami.  - No dico, ti è andato in pappa il cervello?  Riesci a non fare la prima donna almeno in un’occasione delicata come questa? -  si infuriò Kyoko.  - E’ un mio affare personale! Ve lo ripeto, statene fuori! - intimò loro Homura.
- Homura, forse dovresti accettare il loro aiuto… Specie adesso che hai quel problema con la Soul Gem! - le parlò per via telepatica Kubey. - Che problema hai con la Soul Gem? - le chiese atterrita Kyoko, intercettando i loro pensieri ed in un baleno le immagini della defezione di Sayaka a causa dell’esaurimento dei suoi poteri, le tornarono violente negli occhi.  - Non ho alcun problema con la Soul Gem! Non so assolutamente di cosa questa sottospecie di gatto alieno, dalle orecchie lunghe e pesanti stia parlando! - mentì spudoratamente Homura. Kubey si limitò a tacere: in fondo Homura sapeva meglio di chiunque altro cosa significasse la mancata purificazione della Soul Gem per una Puella Magi.
Il mostro nel frattempo iniziava ad agitarsi pericolosamente, menando fendenti nell’aria con i suoi lunghi arti culminanti in lame affilate. Emetteva strani singulti, simili ad un pianto; ad Homura sembrò di percepire, ma non ne fu del tutto sicura, la parola Madoka.  - E’ il momento! Ci sta sfidando! - convenne Mami e con una veloce piroetta su se stessa, ebbe nuovamente a portata di mano il suo arsenale personale. - Non sia mai detto che Kyoko Sakura disattenda ad una sfida! - si pavoneggiò l’altra che brandì la sua lancia puntando la lama diritta al volto del mostro. - Vi ho detto ferme! E’ me che sta sfidando il mostro! Sono io quella che deve combatterlo! Voi statene fuori! - ordinò autoritaria Homura, che d’improvviso, avendo riordinato un po’ le idee, riuscì a trovare perfino il filo conduttore di questo paradosso:
 
Il suo incontro con Tatsuya avvenne qualche anno addietro proprio in quel parco. Il bambino era in compagnia dei genitori, eppure doveva sentirsi molto solo a causa dell’assenza della sorella e della poca considerazione che gli prestavano i suoi parenti, che dal canto loro credevano invece di lasciarlo soltanto libero di giocare. Era appena stata debellata la Notte di Walpugis e grazie al sacrificio di Madoka Kaname la vita aveva ripreso a scorrere felice e spensierata. Nulla più in quel mondo recava le sue tracce; nessuno, anche volendosi sforzare, ricordava più la timidezza e la solarità della ragazzina coi nastrini rossi: di Madoka e della sua esistenza non era rimasto assolutamente nulla. Eppure Tatsuya disegnava proprio il profilo di Madoka, chiamandola a gran voce. Fu esattamente questo che la colpì, mentre per caso stava passando nei paraggi: i ricordi che il bambino conservava di sua sorella sembravano vividi e tangibili proprio come quelli che aveva lei; decise così di sederglisi accanto per capire da dove avesse origine tutto ciò. Tentò di scambiare qualche parola con lui, ne apprezzò il disegno e Tatsuya riconobbe i nastri che portava nei capelli, quelli che la sua migliore amica le aveva donato per non farle dimenticare.
Tra loro si creò subito una strana empatia: erano gli unici esseri viventi sulla terra ad essere in un qualche modo custodi e depositari del segreto dell’esistenza di Madoka Kaname. Da quel momento furono legati dal destino.
Tatsuya chiamava - Madoka, Madoka! - Ma veniva preso in giro dalla madre che credeva stesse giocando con un’amica immaginaria, o che quel nome fosse il nome di un personaggio degli anime. Il bambino, proprio come lei, era cresciuto ed aveva proseguito la sua vita con ricordi precisi che tuttavia venivano deliberatamente ignorati, se non addirittura derisi, da chi gli stava attorno, che al contrario, non ricordava più. Madoka invece era esistita per davvero e così come ne era certa lei, sicuramente lo era anche Tatsuya. Le vennero allora in mente le parole dette poco prima da Kubey:  - Chi vede una realtà che oggettivamente non esiste è un pazzo! - questoera il senso del suo discorso, e si immedesimò ancora di più nel bambino: etichettato come pazzo o autistico dalla società,  emarginato dagli amici, poco sopportato in casa perché figlio problematico, Tatsuya aveva finito con l’accumulare odio, risentimento, vendetta nei riguardi del genere umano; rancore cieco nei riguardi di genitori, amici, insegnanti, ed in generale di ogni singola forma di vita umana. La violenza e il male quindi avevano finito col prevaricare, impadronendosi di lui e rendendolo la cosa che adesso aveva di fronte.
Non solo: in qualche meandro contorto della sua mente, Tatsuya incolpava la stessa Homura, alla quale si sentiva legato, per avergli confermato con la sua esistenza il fatto che conoscesse Madoka e che questa fosse realmente vissuta. Avrebbe preferito sapere di essere il solo, almeno così se anche gli avessero dato del pazzo avrebbero avuto ragione, ma no, la presenza di Homura, la rivelazione di Homura, sconvolgeva tutto: sapeva che da qualche parte nel mondo c’era qualcuno come lui, ed aveva finito col maledirlo per non essere stato abbastanza presente, per non essere stato in grado di proteggerlo dal mondo, dallo scherno altrui, dalla compassione ottusa ed insensata della sua famiglia. Homura convenne che Tatsuya doveva odiarla profondamente. Ed era proprio per questo che la sua Soul Gem non era riuscita a purificarsi, perché parte della maledizione scagliata dal bambino si era riversata su di lei.
Nonostante il comportamento estremamente scorretto nei suoi riguardi, senza per altro una valida motivazione, Homura non riusciva ad essere indifferente al suo dolore interiore, anzi, in larga parte si sentiva ancora più affine a Tatsuya; inoltre Madoka non avrebbe voluto vedere il suo fratellino ridursi in questo stato, quindi senza indugiare oltre, prese l’unica decisione possibile per risolvere il problema: doveva affrontare il mostro per salvare Tatsuya da se stesso, doveva purificare il bambino e cancellare le sue memorie di Madoka, al fine di non arrecargli ulteriori sofferenze e traumi.
 
- Homura! Mi stai sentendo? - Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Mami che, a giudicare dalla domanda che le aveva posto, l’aveva interpellata già precedentemente senza ottenere risposta da parte sua.  - Allora bella addormentata nel bosco, che si fa? La iniziamo questa battaglia o preferisci prendere prima un aperitivo al bar? - si prese gioco di lei Kyoko. - Non vi chiedo di appoggiare le mie scelte; non starò qui a tediarvi con le mie spiegazioni… Vi chiedo solo di lasciare che del mostro me ne occupi io. Devo saldare un vecchio conto del passato…. - disse loro Homura parandosi dinnanzi alla creatura mostruosa, mentre richiamava a se la sua arma.  
 - Che significa “vecchio conto del passato”? Cosa diavolo ci stai nascondendo, Akemi! - ricusò Kyoko, afferrando la mora per un braccio. - Lasciala andare Kyoko! Conoscendo Akemi avrà delle valide ragioni per comportarsi in questo modo! Anche se al momento a noi sono incomprensibili! - la rimproverò la bionda. Gli sguardi di Homura e Mami si incrociarono e per qualche istante, sembrarono emanare lampi di fiducia e complicità, quindi Homura concluse: - Andrà tutto bene! Fidatevi! - e regalò un sorriso affettuoso e sincero alle altre due.
Assicuratasi che Kubey la stesse seguendo, Homura si avvicinò dunque con cautela al mostro schivando agilmente alcuni fendenti; venne poi risucchiata nella spirale di odio e violenza da lui generata . - Spero che non fallisca! - sospirò Mami con lo sguardo ancora fisso nella direzione in cui era sparita la mora. - Come si fa ad avere fiducia di una persona così egocentrica ed individualista come Homura Akemi? Spero che prima che lo distrugga, il mostro la faccia penare un pochettino! Se lo merita! - costatò astiosa Kyoko. Ma l’attenzione delle Puelle Magi si spostò immediatamente sulla calca di bestie magiche che avevano ripreso vita e che stavano dirigendosi verso di loro con intenzioni tutt’altro che pacifiche. - Avanti, tentiamo di fare del nostro meglio per proteggere la gente dal male! - diede coraggio Mami. - Sempre! - esclamò prontamente Kyoko con la giusta dose di determinazione e di spirito di sacrificio.
La dimensione in cui Homura era stata risucchiata non era molto dissimile alle “barriere” create dalle streghe quando combatteva contro di loro. Ovunque regnava sovrano il caos e la negatività e l’atmosfera carica di tensione, come la quiete prima della tempesta, contribuiva ad agitare la mora che tuttavia, arco in braccio, aveva gli occhi ben aperti su eventuali mutamenti o anomalie che avrebbero potuto verificarsi. - Ti sto seguendo, ma in realtà ancora non ho capito cosa ti passa per la testa, Homura! - interruppe improvvisamente il silenzio Kubey. - Se ti mettessi a parte dei miei pensieri avresti la conferma che sono matta da legare! - scherzò la mora. - I miei sospetti sono sempre fondati, Akemi! Ad ogni modo, sebbene mi risparmierei volentieri un’altra delle tue favolette su Madoka, e siccome sono sicuro che c’entri per forza qualcosa, temo che tu debba mettermi al corrente di ciò! E’ in gioco l’incolumità di tutti! - espose con lucida freddezza l’alieno.
- Io so perché la mia Soul Gem non è stata purificata! Sono oggetto di una maledizione da parte di questo mostro! E’ ovvio che la mia Soul Gem non sia pura, se a questo aggiungi il fatto che ho combattuto finora, va da se che la situazione sta precipitando vertiginosamente! - tagliò corto Homura, sperando di omettere la parte in cui doveva spiegare chi era Tatsuya e che attinenza aveva con Madoka. - Perché ci tenevi tanto ad affrontare questo mostro da sola? - arrivò invece inesorabile la domanda di Kubey.  Homura sorrise amaramente, c’era da aspettarselo che un essere come Kybey infierisse senza pietà su di lei, quindi rassegnandosi ammise: - Questo mostro un tempo era il fratello minore di Madoka! Anche lui come me conserva ricordi della vita terrena di Madoka, e temo che proprio queste memorie lo abbiano portato all’autodistruzione! - - E’ curioso ed allo stesso tempo didascalico; dovresti prendere esempio da questo mostro: ecco cosa significa tormentarsi senza tregua per una persona che allo stato attuale delle cose, non è mai esistita! Non so chi di voi due sia più folle! - - Piano coi complimenti, Incubator! - rispose sarcastica Homura, ed entrambi arrestarono la loro camminata, richiamati da un rumoroso vorticare di lame nell’aria.
Di fronte a loro finalmente compariva il nemico già pronto al combattimento, già pronto ad infilzare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro coi suoi arti penetranti, già pronto a seminare morte in nome dell’odio e della vendetta. - Devi averlo fatto proprio arrabbiare! - constatò Kubey, prima di essere scosso da un pensiero. - Ti consiglio di chiudere subito la partita, sei troppo coinvolta emotivamente e più passa il tempo, maggiori saranno la fatica e i rischi per ucciderlo! - le suggerì l’alieno.
In tutta risposta Homura fece scomparire la sua arma, quindi disse: - No Kubey, io so che da qualche parte là dentro Tatsuya può sentirmi e non ucciderò proprio nessuno, almeno finché non mi accorgerò di non avere altra scelta! - - Homura Akemi, dove pensi che potrà condurti la tua testardaggine? Ad ogni modo fa come credi; io sono qui solo per raccogliere energia! - la gelò il suo compagno di battaglia. La Puella Magi noncurante delle parole dell’alleato, fece un profondo respiro, chiuse gli occhi, meditò qualche istante, quindi avvicinandosi cautamente al mostro iniziò a parlare: - Ehi Tatsuya! Sta tranquillo, ci sono io con te! Non sei solo! Non c’è bisogno di maledire nessuno se non si ricordano di Madoka!  - disse, tentando di far leva sul poco di umano che ancora era rimasto in lui. - Noi siamo simili, sai? Anche io mi ricordo della tua sorellina! Non è un sogno! Non sei pazzo! E se i tuoi genitori non ti credono è perché sono loro a non ricordare, ma io e te si che ricordiamo, vero Tatsuya? Io lo so che manca tanto anche a te, ma adesso lei ci guarda da lassù, e non vorrebbe che il suo adorato fratellino si comportasse in questo modo… - continuò Homura. 
- Madoka! Madoka! - percepiva ora nitidamente nei singulti del mostro. - Si, esatto Madoka! Ti prego: basta odio, basta dolore, basta violenza… Madoka si è sacrificata per donare a tutti fiducia in noi stessi e nel prossimo; il suo sacrificio si è compiuto nella speranza che sulla terra si fosse potuto vivere in pace ed armonia. Non puoi condannare tua sorella perché ha restituito la speranza all’umanità! Non puoi condannare chi non si ricorda di lei, perché purtroppo le regole dell’universo sono state riscritte! Non puoi condannare te stesso perché profeta inascoltato! E non puoi condannare neanche me che ho vissuto e vivo tutt’ora le tue stesse sofferenze! Lascia che il male e l’odio abbandonino il tuo corpo! Se non vuoi farlo per te, fallo almeno per lei! Non possiamo deluderla: Madoka ne avrebbe sofferto profondamente a vederti così! Avanti Tatsuya, sta calmo… Lasciati purificare… ti riporto a casa dai tuoi genitori!  - Homura parlò a lungo con il suo muto interlocutore tentando di convincerlo a capitolare senza combattere, ma di nuovo, dopo qualche attimo di quiete, il mostro prese ad agitare smaniosamente le sue lame nell’aria. - Homura, non mi sembra intenzionato a darti ascolto! - la avvertì Kubey. - Oh, si che lo farà, vero Tatsuya? - gli chiese retorica Homura, che tentando il tutto e per tutto, si tolse i nastrini dai capelli porgendoli al mostro, il quale per qualche istante sembrò rinsavire. A dispetto della sua stazza e della sua pericolosità, poggiò delicatamente i suoi arti taglienti sulle mani di Homura, racchiudendo così tra le loro mani i nastrini rossi, che mai come in quel momento, alla Puella Magi parvero i fili del destino. Il mostro fece poi per prenderli e tenerli con se, ed il bimbo innocente e puro, colui che era stato imprigionato dalla spirale di odio, tentò di separarsi da quell’abominio. Homura soddisfatta dei suoi sforzi corse ad abbracciarlo, per rassicurarlo con la sua presenza ed il suo calore umano; ma appena entrò in contatto con lui, tirando un sospiro di sollievo, proprio allora, inaspettatamente e con un gesto fulmineo il mostro riprese il sopravvento e piantò una delle affilate lame nella schiena di Homura, trapassandola da parte a parte.
- Homura! - esclamò Kubey con una preoccupazione assolutamente nuova e sconosciuta alla sua razza. La ragazza cadde in avanti con gli occhi sgomenti; tutto quello che aveva fatto non le era servito assolutamente a nulla, alla fine si vide costretta a dare ragione al suo alleato: non avrebbe dovuto scendere a patti col nemico perché un mostro, sebbene prima fosse stato un essere umano, rimaneva pur sempre un mostro. Le sembrò di non imparare mai dagli innumerevoli errori ed incidenti di percorso della sua vita: non divenne forse mostruosa e senza un briciolo di umanità Sayaka quando si tramutò in Octavia von Seckeendorf? Streghe bestie magiche o mostri non aveva alcuna differenza: quando si intraprendeva la strada del male si arrivava ad un punto di non ritorno e difficilmente si poteva combattere il male senza fare del male. Era stato un gravissimo errore di valutazione il suo, ma nonostante tutto non si rimproverava di aver cercato un confronto con Tatsuya. La sua casacca iniziò a macchiarsi di rosso; rivoli scarlatti le sporcarono anche la mano che premeva contro il suo addome ferito e con un rantolo disse: - Perché Tatsuya? Perché? - - No! Cos’ho fatto! - udì la ragazza percependo nettamente la voce del bambino, che in qualche modo stava tentando di reagire opponendosi al mostro.
Homura sorrise nonostante il dolore la stesse consumando: in fin dei conti sperava proprio che il bambino iniziasse a combattere contro se stesso e adesso che aveva iniziato a farlo, non poteva lasciarlo solo come era già successo in passato: - Ti salverò Tatsuya! Fosse anche l’ultima cosa che faccio in questa vita! Madoka non avrebbe voluto che tu diventassi questo abominio della natura e ti purificherò per lei! Lascerò che attraverso di me, ti possa arrivare una parte della speranza di Madoka… Di quella speranza di crescere sereno, tranquillo, circondato dagli affetti e considerato dalla famiglia! - disse alzandosi nuovamente in piedi con quel poco di forza che le era ancora rimasta e richiamò a se la sua arma. - Homura, fermati! Non puoi combattere ancora! Lascia che Mami e Kyoko ti raggiungano! Se combatterai morirai! Le tue ferite sono serie e la tua Soul Gem è ormai al limite!  - parlò concitato Kubey. - Che strano, fino a qualche tempo fa omettevi di dire le cose più importanti, mentre adesso parli anche se non sei interpellato! - ironizzò Homura preparandosi a sferrare l’attacco finale. - Te lo sto semplicemente ricordando! La tua incolumità è mio interesse, dato che è in buona sostanza merito tuo se riesco a purificare gli esseri umani divorando il frutto delle loro maledizioni! Non vorrei perdere un’alleata preziosa come te… - corresse il tiro Kubey. - E da quando in qua ti interessa delle sorti di un singolo essere umano, Incubator? Tu provvedi a svolgere il tuo compito di accumulo di energia per bilanciare l’entropia, al resto penso io!  - parlò sorridendo sprezzante la mora. - Come vuoi! - si rassegnò Kubey che in quel momento comprese la tristezza del destino di Homura: non contava se per le ferite o piuttosto per la Soul Gem che non poteva più purificarsi, in qualsiasi caso sarebbe morta, e questo la ragazza lo aveva intuito molto, molto prima di lui. Non era avvezzo ai sentimentalismi, tipici della razza umana, ma in quel momento provò una cosa molto simile alla pietà nei riguardi di quella strepitosa combattente, pronta a sacrificare per l’ennesima volta se stessa, per far si che Madoka, dovunque fosse, ed in qualsiasi stato si trovasse, non soffrisse.
 - Tatsuya! Madoka ti ha sempre voluto bene! Non importa se nessuno si ricorda più di lei! Finche ci siamo io e te a custodire il segreto della sua esistenza non saremo mai soli! - gli gridò contro Homura, sferrando un dardo potentissimo e luminoso in direzione del mostro che fu abbattuto all’istante, quindi fu il momento di Kubey: - Avanti Incubator, quello è il frutto della maledizione di Tatsuya! Divoralo e purifica il ragazzo! - gli intimò la Puella Magi, indicando un involucro di forma cubica annerito e malandato. Il diligente Kubey eseguì alla perfezione gli ordini di Homura, questa prese poi in braccio il bambino privo di sensi e si avviò verso la fine dell’incubo.
- “Madoka, ce l’abbiamo fatta anche stavolta… Tatsuya sta bene! Però ti prego, se puoi, cancella i ricordi che ha di te… Solo così smetterà realmente di essere vittima dell’odio. Non importa se tuo fratello non ricorderà più di te, è ancora piccolo e non lo si può gravare di una responsabilità tanto grande… E poi finché il tuo ricordo vivrà in me, finché io ti lascerò entrare dentro di me e ti lascerò aperte le porte del mio cuore, neanche tu sarai mai sola. Perché io e te siamo un’unica entità! E sarà così per sempre!” - pregò in silenzio la mora, quindi il suo sguardo calò sul bambino che riposava sul suo petto; stringeva ancora i nastrini tra le mani, così non ebbe cuore di strapparglieli per riprenderseli. Pensava solo a condurlo, con le ultime forze rimastele, in salvo.
 
Un rumore di passi lenti ed affaticati fu improvvisamente udito da Mami e Kyoko che tentarono di guardare oltre la coltre di polvere alzatasi dalla dissoluzione delle bestie magiche. Le due scorsero in esso una figura che procedeva a rilento verso di loro. - Homura? - chiamò preoccupata Mami.
- Tranquilla! Homura sta bene! Quella furbastra ha la pelle troppo dura per crepare! - la rassicurò Kyoko. Il rumore di passi si faceva sempre più vicino e pesante, finché le due non videro spuntare dal grigiore soffocante Kubey. - Ecco Kubey! Che ti dicevo? L’erba cattiva non muore… - Kyoko non fece in tempo a finire la frase che anche Homura comparve dinnanzi a loro, fornendogli uno spettacolo a dir poco agghiacciante: era livida e sanguinante, si reggeva a malapena in piedi ed aveva un  bambino dormiente tra le braccia. Ebbe solo la forza di riporlo nelle mani di Kyoko, dopodiché cadde abbandonandosi stremata. Aveva tutti i vestiti strappati e macchiati di sangue, il corpo ricoperto di tagli ed un'unica grande chiazza rossa all’altezza dello stomaco, che si allargava ancora a vista d’occhio. Homura si accasciò con lo stesso tonfo provocato dalla caduta di un gigante al suolo. Kubey le si sedette accanto: - Tu e la tua stupida ossessione per Madoka Kaname! - le disse con un tono che sembrava quasi di rimprovero, inusuale per un essere come lui che non era concepito per provare alcun tipo di sentimento o sensazione di natura umana.
- Homura! -  le corse subito incontro Mami sollevandole la schiena sulle sue ginocchia. 
- Kyoko…questo ragazzino io lo conosco… per favore… accompagnalo nella ventiquattresima strada, civico 51, riportalo alla famiglia Kaname. I genitori staranno sicuramente aspettandolo. Saranno preoccupati per lui… Lo farei io stessa se almeno fossi solo un po’ più presentabile…- parlò ansimando Homura, mentre un fiotto di sangue le scendeva dalla bocca disegnando il contorno del suo mento. - Ehi, no aspetta un momento! Perché io? E chi è questo tizio? E’ forse contro di lui che abbiamo combattuto finora? - polemizzò Kyoko. - Per favore Kyoko, fa come ti dico! Fidati una buona volta! Non c’è tempo per le spiegazioni! - Kyoko fissò perplessa prima il ragazzino adagiato tra le sue braccia, in seguito Mami. Quindi Kubey la esortò: - Sbrigati! Fa come ti dice! - - Ok, va bene! D’accordo! Come sempre hai vinto tu, regina di prepotenza! - la prese in giro Kyoko.  - Smettila Kyoko! Non vedi che è debole e ferita? Avanti, riporta il ragazzo dalla sua famiglia, resterò con lei fino al tuo ritorno! - disse pietosa Mami, detergendole un rivolo di sangue con un fazzoletto. Solo in quel momento nella mente di Kyoko balenò un pensiero terrificante e si rese finalmente conto che la situazione non era poi così divertente o stimolante per un bisticcio. La gravità del momento esigeva un maggiore rigore, e non poteva rischiare di prendere tutto con superficialità, quindi diventò di colpo seria e disse: - Va bene allora io vado! -  Fece per andare, ma tornò repentinamente sui suoi passi: - Akemi! Ti troverò ancora qua al mio ritorno? - Homura che cercava di trattenere una smorfia di dolore per non permettere alla testarda Kyoko di cambiare nuovamente idea, le rispose sdrammatizzando: - E dove vuoi che vada così conciata! -  - No, è che intendo dire… insomma… ecco io… - farfugliò qualcosa Kyoko, tentando di risultare quanto meno ridicola possibile. - Non credevo che la temeraria Kyoko Sakura si lasciasse andare a simili sentimentalismi! - si burlò di lei Homura. - Piantala di fare l’idiota, Akemi! Non sei figa ne divertente se rispondi in questo modo! Io ho già visto morire Sayaka e… E non vorrei che andassi via anche tu! - parlò tutto d’un fiato Kyoko, vergognandosi per qualche istante di provare sentimenti di affetto per una persona fredda spietata e calcolatrice che forse non se li sarebbe neppure meritati. Homura la fissò intensamente negli occhi sorridendole, le tese la mano che Kyoko strinse al volo, quindi le sussurrò: - Va adesso, porta Tatsuya a casa! Mi ricorderò che ti devo un favore! - - Ho la tua parola? - - Sicuro! -
Quando Homura vide Kyoko scomparire all’orizzonte con il ragazzino, tirò un lungo sospiro di sollievo: la battaglia era davvero finita, e tutto era bene quel che finiva bene. Pensò per qualche istante alla sua vita, a quanto avesse dovuto combattere, ai suoi rapporti con le altre Puelle Magi e ovviamente, il suo pensiero andò a lei: Madoka.
 - Perché hai voluto che fosse proprio Kyoko a riportarlo a casa? - parlò d’improvviso Mami, interrompendo il corso dei suoi pensieri. - Senza offesa Tomoe, ma non credo che tu possa comprendere il significato della parola famiglia… Solo Kyoko poteva compiere questo lavoro, solo lei poteva riportando il ragazzo a casa, salvare una famiglia dal proprio triste destino… Visto che non è riuscita a salvare la sua di famiglia, almeno può salvarne un’altra! - le spiegò Homura.
- Come ti permetti? Se non so cosa vuol dire avere una famiglia non è certo colpa mia! La mia famiglia è morta in un incidente stradale quando ero piccola, Akemi! - replicò caustica la bionda.
- Lo so perfettamente Tomoe, a maggior ragione non dovresti prendertela troppo a male per quello che ti ho detto! Purtroppo che tu non sia affine al termine famiglia è un dato di fatto! Ma non temere, neanche io conosco nel profondo il significato della famiglia. I miei genitori sono sempre stati all’estero per lavoro e io sono cresciuta praticamente sola. Proprio come te… - le raccontò inaspettatamente Homura con un pizzico di rimpianto malcelato nella voce e sempre maggiore difficoltà a rimanere focalizzata sulle cose e sui pensieri di questo mondo. - Sei davvero strana Akemi! Di tutte le persone che ho incontrato tu sei quella più enigmatica ed inaccessibile. Sei una figura oscura, misteriosa, temibile… Eppure il tuo fascino maggiore risiede nel fatto brilli di una luce riflessa che è in grado di rischiarare anche le tenebre più nere… - le confessò Mami, lasciandosi andare per la prima volta in assoluto, ad un gesto d’affetto nei suoi riguardi; le spostò infatti una ciocca di capelli per evitare che si sporcassero di sangue e prese a carezzarglieli con cura.
Homura si lasciò andare ad un sorriso, l’ultimo probabilmente della sua vita, prima che un dolore lancinante la scuotesse tutta con un fremito. - Homura resisti! - fu l’appello accorato di Mami.
- Non c’è più tempo Tomoe… Ma prima della fine voglio che tu sappia una cosa: ci siamo scontrate molte volte, abbiamo avuto innumerevoli divergenze di opinione, abbiamo persino litigato e a volte combattuto per opposti ideali ma voglio che tu sappia che io ho avuto sempre una stima sincera e profonda della tua persona. Sapere che accanto a Kyoko continuerai ad esserci tu, mi fa stare più tranquilla… So che Sakura non è una cattiva persona, so che è in gamba e piena di bei valori, forse molto più nobili dei miei, ma so anche che è tremendamente impulsiva e cocciuta ed è per questo che lascio a te il controllo di tutto… Sii responsabile, coraggiosa e non avere mai paura di sperare… Per permettere a noi altri di continuare a sperare Madoka è morta… Non rendiamo vano il suo sacrificio! - ultimò Homura mentre il gelido abbraccio della morte stava attanagliandola sempre di più. - Homura! Ma chi o cos’è questa Madoka? - - Ormai non ha più importanza…. - biascicò Homura rivolgendo lo sguardo assente verso un punto indefinito del firmamento: l’immagine impressa nella sua mente del volto di Madoka sorridente e sereno bastava da sola a tranquillizzarla e a riuscire a convincerla che tutte quelle lotte, tutta quella sofferenza, tutta la sua vita non erano state inutili. - “Ci rivedremo ancora… Fino ad allora bisogna solo sopportare un pochino…” - sentì rimbombare le parole di Madoka nella testa. -“Aspettami mia Dea… Sto arrivando…”-   pensò, mentre esalava l’ultimo soffio vitale.
 - Homura!!!! - un grido interruppe i singhiozzi di un pianto disperato: Mami non poteva credere che se ne fosse andata proprio lei; tra tutte proprio la più forte, quella che più volte aveva dato loro filo da torcere, ma che in battaglia si era rivelata sempre valorosa e determinante per la vittoria.
- E’ morta! - commentò piatto nel tono Kubey, che fino ad allora aveva assistito silente.
Mami chinò il suo capo e lo poggiò sul petto dell’altra continuando a piangere. Improvvisamente però, come se fossero dotate di vita e volontà proprie, come se lei fosse solo un burattino mosso da fili invisibili, le sue mani andarono a sfiorare, carezzandolo, il viso pallido del corpo senza vita e calarono pietose sugli occhi chiudendoli per sempre, lasciando al di fuori di loro quel mondo lercio e pieno di corruzione che Homura stessa aveva sempre combattuto; quegli occhi chiusi erano proprio come un sipario che cala inesorabile alla fine di uno spettacolo, senza curarsi dei riscontri positivi o negativi ricevuti dal pubblico.  - Madoka! - si sorprese a sussurrarsi, e si rialzò con ritrovata grinta, determinazione, ed una forza nuova che le scorreva nelle vene.
 
A piccoli passi lenti ed incerti Homura procedeva timorosa nella dimensione ignota e desolata nella quale era piombata. - Dove mi trovo? E’ dunque questo, quello che c’è dopo la morte? -
La ragazza era circondata dal buio, non sapeva bene fin dove stesse avventurandosi, ma era pressoché sicura che avrebbe capito di più solo se si fosse diretta verso quel tenue bagliore che riusciva a scorgere in lontananza. Le lunghe chiome corvine presero a scompigliarsi a causa dello spirare improvviso del vento; inutili furono tutti i tentativi che Homura compì per risistemarsi i capelli, e quando una mano inavvertitamente le scivolò sul seno, solo allora si accorse che era completamente nuda. - Madoka! Come hai potuto sopportare tutto ciò? - si chiese, profondamente frustrata, angosciata e scoraggiata, ma nonostante tutto procedeva imperterrita verso quella speranza luminosa. Appena avvicinatasi quanto bastava, i suoi occhi capirono che la fonte di quel fulgore proveniva da un varco di accesso ad un mondo che, lei era consapevole, se avesse valicato non le avrebbe più consentito di tornare indietro.  - Madoka, dove sei? Voglio raggiungerti, Madoka! Se passo oltre e non ti trovo mi allontanerò da te per l’eternità, ed io non voglio! E’ troppo il tempo che sono stata senza te; ho già vissuto una vita senza te, non posso rischiare l’eternità senza te! - si sfogò in lacrime, indecisa se varcare quella dimensione o piuttosto allontanarsi da essa continuando a vagare infinitamente nel limbo tra la vita e la morte. Homura cedette allo sconforto, spaventata dal pensiero che neppure nell’aldilà avrebbe potuto ricongiungersi con la sua amata. Si accasciò in ginocchio e pianse, pianse tutte le lacrime che ancora le restavano. Pianse finché non sentì una mano calda posarsi sulla sua spalla e come un sussurro percepì: - Mia diletta, perché ti disperi? Te l’avevo promesso che era solo questione di tempo prima che io e te ci rincontrassimo e adesso sono qua! Sono venuta a prenderti! - Homura si asciugò istantaneamente le lacrime con un braccio, quasi come se si vergognasse di presentarsi al cospetto della persona più importante per lei con gli occhi umidi e sconfitti, quindi si voltò di scatto e vide Madoka, la sua Madoka,  avvolta in un lungo vestito candido con i capelli sciolti e svolazzanti. Il suo sorriso se possibile, era addirittura più bello e tranquillizzante di ciò che lei ricordasse:  - Madoka! Sei tu per davvero? Non ti sto sognando? Non è uno scherzo che mi sta giocando la mia mente stanca e confusa? - esclamò la mora spalancando gli occhi. - Certo che sono io Homura! Puoi credermi! - la rassicurò Madoka porgendole una mano per aiutarla a rialzarsi, e nel momento stesso in cui Homura la afferrò per rimettersi in piedi, fu rivestita di un lungo abito color glicine, molto simile a quello della sua amata. - Grazie Homura! Il tuo sacrificio ha permesso alla mia famiglia di essere felice! Non ti ringrazierò mai abbastanza! - disse Madoka stringendola forte a se. - Sai, io non ho mai capito perché hai espresso un desiderio tanto grande ed insensato quando sei diventata una Puella Magi e ti confesso che una parte di me era profondamente in collera con te per la tua smania di grandezza, per l’assurdità del tuo desiderio, per le conseguenze devastanti di esso… Ma continuando a combattere, vivendo ogni giorno il pericolo, tirando le persone fuori dai guai, alla fine ho compreso: quando ti sei sacrificata il tuo scopo ultimo era quello di salvare il mondo perché volevi dare alle persone che ami un’ulteriore opportunità di vivere felici… Beh, Tatsuya penso che abbia più di chiunque altro il diritto di essere felice! Quindi non occorre che tu mi ringrazi… - le rivelò Homura divincolandosi per un attimo dall’abbraccio, per fissare i suoi occhi in quelli dell’altra.  - Oh Homura! - disse Madoka saltandole nuovamente al collo e stringendola in un abbraccio ancora più caloroso, colmo d’amore, che Homura quasi sperò non finisse mai.
- E’ il momento adesso! Dovrai affrettarti altrimenti non potrai più tornare indietro… - disse divenendo di colpo serissima Madoka. - Cosa vuoi dire? - replicò Homura interrompendo bruscamente il loro contatto fisico.  - Sei ancora in tempo per tornare sulla terra e continuare a lottare al fianco di Mami e Kyoko… - la invitò Madoka, sinceramente preoccupata per le sorti dell’umanità, ora che neppure Homura era più in grado di difenderla.
- Ehi! Mi sono spinta fin quaggiù per trascorrere l’eternità con te! Non andrò via! Non puoi mandarmi ancora via! Madoka, ti prego, ho anelato fino alla fine ad un ricongiungimento con te, l’ho sperato, l’ho cercato… Non respingermi di nuovo…Non lo sopporterei stavolta! - la implorò Homura. Madoka la guardò intensamente, una ridda di pensieri le si affollarono nella testa, l’uno profondamente contrastante con l’altro, eppure in maniera molto saggia sentenziò: - Quando espressi il mio desiderio tu mi chiedesti:  “Madoka a te va bene così?” Ora sono io che lo domando a te, Homura: è davvero questo, quello che vuoi? Preferisci rinunciare a te stessa ed alla tua indole da combattente per restare qua, inerme, cristallizzata con me in un tempo senza tempo ed in uno spazio senza spazio ? - - Mami e Kyoko sono due valorosissime combattenti! Non hanno mai avuto bisogno realmente di me… E la forza per purificare i mostri la troveranno sicuramente dentro di loro, così come è accaduto per la sottoscritta… Adesso io sono felice finalmente, perché posso stare con te, amore mio. Non mi importa di essere morta, non ho nessun rimpianto. Il tempo e lo spazio non contano assolutamente più nulla per me! Ho trascorso una vita a combattere, ora voglio trascorrere un’eternità ad amarti! - le disse Homura, trovando infine il coraggio per attirarla a se e posarle un dolce, delicato bacio, colmo d’amore sulle labbra. Sebbene presa alla sprovvista, Madoka non si sottrasse a quell’effusione, ma anzi, ne rafforzò il contatto e l’intensità. - Allora dammi la mano, amore mio! - le sussurrò poi con ancora le labbra attaccate alle sue, ed insieme attraversarono quel varco che le avrebbe tenute unite, insieme, per tutta l’eternità.
 
Le tenebre avevano dispiegato il loro manto tetro e malefico sulla città di Mitakihara. L’aria quella sera era particolarmente infetta e pullulante di negatività. Kubey percepiva nitidamente quelle sensazioni, il puzzo di quel marciume, tuttavia non se la sentì di allontanarsi dalla terrazza di quel grattacielo, che per un po’di tempo aveva condiviso con Homura. - Che mi prende? Mi comporto come il più sciocco degli esseri umani? E’ stupido e patetico restare quassù sperando che da un momento all’altro i suoi capelli corvini profumati e svolazzanti compaiano dall’oscurità! E’ ridicolo restare ad aspettare che lei si sieda sul cornicione pronta a balzare giù nel vuoto prima di un altro duello! Homura è morta! Questa è la realtà dei fatti e io dovrei odiarla, per avermi reso vulnerabile contagiandomi parte della sua umanità; tuttavia non riesco… - constatò Kubey avvicinandosi al bordo più estremo del cornicione. Prese a fissare dunque il cielo stellato, così grande che il suo orizzonte si perdeva a vista d’occhio; alla fine, senza rinnegare mai la sua natura extraterrestre, decise di dare il suo personale congedo alla Puella Magi con la quale aveva avuto il rapporto più intenso e conflittuale di tutta la sua lunga esistenza: - Addio coraggiosa e combattiva Homura! Se tutto ciò che hai detto è vero, se Madoka è esistita realmente ed ha finito con l’essere l’incarnazione del concetto di speranza, allora senz’altro tu hai personificato il coraggio di lottare per le proprie speranze fino alla fine… -         
  
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