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Autore: taisa    24/10/2007    22 recensioni
Svegliarsi la mattina con qualche linea di febbre non è molto piacevole, ma per curarla ci sono tanti modi...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L

L’INFLUENZA CHE HAI

*

Trunks sorseggiò la sua tazza di latte caldo che si era appena preparato.

Seduto al tavolo della cucina faceva ciondolare le gambe dalla sedia, evidentemente troppo grande per un bambino di soli otto anni.

Da solo, nella grande stanza, osservava fuori dalla finestra con fare pensieroso, o più correttamente assonnato, dovuto al fatto che l’orologio segnava le otto di mattina.

Sbadigliando si grattò la nuca ringraziando che, quantomeno, fosse sabato e la scuola non avrebbe impegnato la sua mattinata.

Una vera sfortuna, però, essersi alzato tanto presto, neanche sua madre era ancora scesa dal letto per preparargli la colazione.

Annoiato sbuffò sonoramente meditando l’idea di tornarsene sotto le sua calde lenzuola, nella quale il freddo del cambio di stagione non lo avrebbe scalfito, se non avesse già appurato di non riuscire affatto a riprendere sonno.

Poco male, pensò tra sé il piccolo Brief, si sarebbe comunque lasciato cullare dal torpore caldo del suo letto per un po’, e forse, forse, avrebbe anche ripreso sonno.

Deciso bevve in un solo sorso la sua bevanda ustionandosi la lingua, tanto era caldo quel latte, ed adagiò la tazza sul tavolo.

Si alzò dalla sua sedia, non prima di aver imprecato mentalmente per essersi scottato, con l’intenzione di fingersi addormentato almeno per qualche altra ora.

Fu a pochi passi dall’uscio della stanza che vide materializzarsi una figura famigliare che, al contrario, aveva tutta l’intenzione di entrare in cucina.

“Ciao Mamma” salutò il piccolo Saiyan appena incrociò gli occhi azzurri, e ancora semichiusi, della donna.

Bulma sembrò notarlo solo in quel momento volgendo lo sguardo verso il figlio, sbatté le palpebre cercando di mettendo a fuoco l’immagine, e mugugnò un “Buongiorno tesoro” con voce impastata.

Trunks osservò la donna, reclinando leggermente la testa scrutando attentamente i suoi lineamenti.

La fissò alcuni secondi prima di accorgersi del colorito della madre.

Non che solitamente avesse una carnagione di pelle scura ed abbronzata, ma in quel momento sembrava provenire direttamente dall’oltretomba.

“Stai bene mamma?” le chiese un preoccupato Trunks, inarcando un sopracciglio.

Bulma annuì debolmente, si adagiò una mano sulla fronte, armata di fazzoletto, “Solo un po’ di mal di testa” rispose debolmente regalando un sorriso, un po’ sforzato, al figlio.

Il bambino non sembrò molto convinto, strizzò gli occhi e riprese a squadrarla “Sei sicura?” chiese nuovamente aggrottando le sopracciglia.

“Certo tesoro, sto bene non preoccuparti” lo rassicurò ancora superandolo e sedendosi sulla sedia occupata, appena pochi secondi prima, dal figlio.

Trunks restò a fissarla pensieroso ed infine decise di avvicinarsi, rinunciando ai suoi piani, “Vuoi che ti preparo un latte caldo?” le chiese gentilmente adagiando la sua piccola mano sullo schienale della sedia.

La donna gli sorrise grata “Saresti molto gentile, grazie” acconsentì passandogli una mano tra i capelli lilla.

Trunks le sorrise, si avvicinò al frigo, prese il cartone del latte e cominciò a levitare per armarsi di padella ed accontentare i desideri della madre che, seppur debole, non lo perse mai di vista.

*

Bulma starnutì per l’ennesima volta, costretta a soffiarsi il naso con uno dei tanti, ed indispensabili, fazzoletti di carta che la stavano accompagnando da tutta la mattina.

Gli occhi ancora semichiusi, e lucidi, la costrinsero a passarvi sopra una mano, affinché potesse vedere le pentole che stava lavando.

Niente da fare, un capogiro la costrinse a sedersi, perché di pentole ne vedeva il doppio di quanto non fossero realmente nel lavandino.

Dopo un altro starnuto si afferrò il capo con entrambe le mani chiudendo per un attimo gli occhi.

Solo in quel momento si accorse che la sua temperatura corporea non era esattamente quella di una persona sana.

Con ogni probabilità aveva anche qualche linea di febbre.

Balbettò tra sé qualcosa d’incomprensibile, e la voce impastata non avrebbe aiutato certo un’eventuale ascoltatore a percepire le sue parole.

Ci vollero alcuni minuti prima di accorgersi della sensazione di avere degli occhi puntati addosso.

Con lentezza si voltò verso la porta, ma una volta messa a fuoco, essa, risultò solo la solita lastra di legno, nulla di più.

Che fosse stata solo una sua sensazione?

*

Il piccolo Trunks uccise il mostro che aveva davanti.

Con un sorriso soddisfatto esultò quando apparve la scritta livello liberato sullo schermo al plasma del salotto.

“Evviva” esclamò, seduto a gambe incrociate sul pavimento, alzando le mani al cielo saldamente avvinghiate al joystick con la quale stava giocando “Sono riuscito a superare anche il nono livello! Ora devo dirlo a Goten!” parlò praticamente da solo il bimbo.

Con un ghigno soddisfatto guardò lo schermo, orgoglioso di essere riuscito a completare il livello senza l’aiuto del suo migliore amico.

“Trunks” lo richiamò una voce alle sue spalle.

Il bambino reclinò la testa all’indietro, osservando la figura di suo padre al contrario “Ciao papà” lo salutò tornando a guardarlo dal lato giusto, sdraiandosi al suolo.

Vegeta restò a fissarlo per alcuni istanti senza muovere un muscolo dalla sua posa a braccia conserte.

Trunks attese che l’uomo continuasse a parlare, era ovvio che dovesse farlo, o non lo avrebbe mai neanche cercato.

Ormai lo conosceva da otto anni, e sapeva bene che se veniva a cercarlo aveva sicuramente qualcosa da dirgli.

“Che c’è?” chiese infine scrutando gli occhi neri del genitore.

Vegeta scostò lo sguardo per non incrociare quelli del figlio “Cos’ha tua madre?” gli chiese infine senza guardarlo.

Il piccolo si limitò ad alzare le spalle “Penso abbia l’influenza” spiegò tornando a sedersi.

Il Saiyan lo guardò con la coda dell’occhio “Influenza” ripeté pensieroso.

Trunks fece in tempo solo ad annuire, prima che il padre decretasse conclusa la conversazione.

Vegeta tornò sui suoi passi sparendo dalla vista del figlio, che riprese i suoi giochi.

*

Il colmo era non capire un tubo dei suoi stessi calcoli.

E dire che non erano nemmeno tra i più complicati.

Bulma guardò quei numeri con aria stanca e perplessa.

Si afferrò il capo con una mano osservando tutti i fogli sul tavolo.

Si soffiò il naso facendo ricadere il fazzoletto nel cestino che si era sistemata vicino alla sedia, e che in pochi minuti aveva già fatto in tempo a riempirsi di tutta quella carta arrotolata che era la sua salvezza.

Mugugnando si passò una mano sulla fronte lamentandosi, forse con sé stessa, forse col mondo intero, del fatto di non riuscire a fare qualche semplice equazione matematica.

Sospirò ed appoggiò nuovamente la penna sul foglio con l’intento di scrivere un risultato, improvvisamente il tavolo si face più lontano.

La penna le cadde dalla mano sbattendo sul tavolo, ora a mezzo metro di distanza, per poi rotolare sul pavimento.

Strano come, nonostante l’influenza, la prima cosa che andò a pensare fu quella giusta “Vegeta mettimi giù!” urlò debolmente voltando il capo ed incrociando lo sguardo serio del consorte.

“No” fu la sola risposta che ottenne, mentre l’uomo la caricò, senza un minimo di delicatezza, su una spalla.

Se non fosse stata malata in quel momento si sarebbe dimenata come un’ossessa per tornare con i piedi per terra, ma visto il suo attuale stato dovette accontentarsi di sferrargli qualche, debole, pugno.

Vegeta non fece una piega, non rispose, senza aggiungere altro la portò, volente o nolente, verso la loro stanza.

Aprì violentemente la porta, a suon di calci, e si avvicinò al letto.

Solo allora si decise a lasciarla andare, buttandola, letteralmente, sul materasso.

“Cosa credi di fare! Devo lavor…” cercò di protestare la donna, “Voi terrestri siete davvero delle creature deboli” constatò lui guardandola dall’alto ed incrociando le braccia.

Bulma lo guardò esterrefatta inarcando un sopracciglio “Eh?!” disse sorpresa.

Il Saiyan non aggiunse una parola di più, si voltò dirigendosi verso l’armadio della donna.

Lo aprì cominciando a frugarvi al suo interno, “Ehi! Che stai facendo?!” protestò lei, ma a farla tacere ci pensò lo scialle che usava quando aveva freddo, che le arrivò dritta in faccia “Taci” fu la sola risposta che ottenne, mentre lui scomparve nuovamente dietro l’anta.

Bulma guardò lo scialle per alcuni secondi, quando tornò ad alzare il capo un’ulteriore coperta le fu sgarbatamente lanciata sulle ginocchia.

Si fermò a guardarla per un attimo, fu la lo sbattere dalla porta del bagno a riportarla alla realtà.

Vegeta scomparve per alcuni istanti, riapparve subito dopo con la scatola dai medicinali in mano.

Fissò la donna per un attimo con sguardo crucciato “Se ti muovi te la farò pagare” brontolò guardandola severo prima di abbandonare la stanza.

Bulma lo guardò visibilmente sorpresa, sbatté le palpebre arrossate, mentre fuori dalla porta sentì l’uomo chiamare il nome del figlio.

Alcuni minuti dopo il piccolo Trunks entrò nella stanza dei genitori, in mano alcune medicine.

*

Rannicchiata sotto le coperte continuava a tremare, nonostante il comodo tepore.

Doveva ammettere che rimanere al caldo era la migliore delle soluzioni quando non si è al cento per cento della forma.

Incredibile che l’idea fosse partita da Vegeta!

Sì, doveva ammettere che aveva dell’incredibile il fatto che lui avesse preso l’iniziativa di curarla.

Era davvero un uomo pieno di sorprese, ogni tanto sapeva cosa significava la parola gentilezza.

A modo suo ovviamente, e completamente particolare, perché su questo non aveva alcun dubbio.

Vegeta era una persona particolare ed assolutamente imprevedibile, e per quanto fosse scontroso, burbero ed irritabile, in tutto, non lo avrebbe cambiato di una virgola.

La porta della stanza si aprì di nuovo, e Bulma sbirciò da sotto le coperte scrutando la figura dell’uomo che stava occupando i suoi pensieri.

Vegeta non le regalò neanche un’occhiata, camminò dritto verso alcune magliette pulite e stirate adagiate su una sedia.

Ne afferrò una a caso e decise d’indossarla.

“Vegeta” mormorò Bulma mentre lo stava guardando, “Che vuoi?!” fu la risposta sgarbata dell’uomo che le rivolgeva le spalle.

La donna si sporse leggermente in avanti osservando la sua schiena “Rimani qui per un po’?” gli chiese in un sussurro.

Solo allora il Saiyan si decise a voltarsi, incrociando le braccia ed accigliando lo sguardo “Perché dovrei?!” brontolò.

Bulma lo guardò semplicemente negli occhi, e nell’osservare il cielo azzurro ricoperto di lacrime, dovute all’influenza, Vegeta, ringhiò sommessamente.

Aggirò il letto, si sdraiò dal suo lato, e si portò le braccia dietro la nuca.

Bulma sorrise leggermente, si girò verso di lui afferrando la maglietta che, l’uomo, aveva appena indossato, “Grazie” bisbigliò rannicchiandosi al suo fianco.

Vegeta la guardò per alcuni secondi, volse lo sguardo altrove grugnendo con aria seccata, per poi trasformare il suo sguardo in una smorfia terminando con uno sbuffo.

Si voltò verso di lei e, un po’ impacciato, le cinse le spalle con le braccia.

La donna spalancò leggermente gli occhi, sorpresa da quel semplice, ed estremamente raro, gesto.

Sorrise ed adagiò il capo sui suoi pettorali.

Stava decisamente meglio così.

Aveva smesso di tremare, era come se il suo intero organismo si sentisse protetto attorniata dalle braccia del compagno.

Possibile che anche i microrganismi nefasti sapessero di non poter nulla contro il principe dei Saiyan?

Oppure era solo una sua sensazione quella di sentirsi protetta da lui…anche se a minacciarla erano solo degli esserini microscopici.

Qualunque cosa fosse, la sua presenza, la sua influenza sembrava farla sentire molto meglio.

Chiuse gli occhi cullata dal suo respiro.

Vegeta la guardò addormentarsi, e quando fu abbastanza sicuro che fosse nel mondo dei sogni la strinse più forte adagiandole il mento sul capo.

*

Bulma riaprì lentamente gli occhi.

Attorno a lei ancora quelle braccia perfette, che mai avevano smesso di stringerla.

Quando alzò il suo sguardo per incrociare le due perle nere che tanto amava si accorse che esse erano richiuse dietro le sue palpebre.

Anche Vegeta si era addormentato.

Sorrise, accorgendosi di quanto si sentisse meglio.

Accorgendosi che la febbre era calata.

Ormai poteva definirsi guarita, ma nel guardare il viso dell’uomo non ebbe la forza di svegliarlo, ne di abbandonare quella piacevole posizione.

Strinse maggiormente le mani sulla maglietta dell’uomo avvicinandosi a lui.

Almeno per un po’ si sarebbe finta ancora malata.

*

FINE

*

*

  
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