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Autore: xEsterx    04/04/2013    3 recensioni
Alheka è una guerriera coraggiosa ed abile, ma un trauma del passato le impedisce di compiere al meglio il proprio dovere di Saint, e macchia il suo onore di un'onta difficile da cancellare.
Troverà chi la aiuterà a superare la sua paura più grande, non senza fatica e dolore, e a capire quanto sia vana la vendetta per chi impara a lasciarsi guidare dal proprio Cosmo e da quello della Natura.
Dal cap. I : "[...] -Tutto questo cosmo... in una creatura così pavida...-. Sputò a terra accanto a me, e mi voltò le spalle, incamminandosi con maestosità verso la devastazione che lui stesso aveva creato: ero talmente patetica che non valeva nemmeno la pena di uccidermi, questo avevo letto nel suo sguardo. Solo quando sparì dalla mia vista, il peso che mi teneva inchiodata a terra scomparve e riuscii ad alzarmi nonostante le gambe mi tremassero ancora. Avevo smesso di piangere, ma il cuore e l'orgoglio erano irrimediabilmente lacerati. [...]"
[Lost Canvas]
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Personaggi Lost Canvas, Taurus Hasgard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PyroPhobia





Un attacco di simile portata non lo aveva mai visto.
E un cosmo di quella potenza lo percepiva solo quando era accanto ad un cavaliere d'oro, ma mai si sarebbe immaginata di doverci combattere contro.
Le fiamme nere la avvolgevano e quel poco che era rimasto dell'armatura non bastava a proteggerla, perchè sentiva bruciarsi e il dolore era diventato insopportabile. Aveva portato le braccia a coprire il volto, ormai privato della maschera, per instinto di protezione verso l'unica parte del corpo ancora incolume, ma mai gesto fu più disperato e privo di logica: sapeva che sarebbe morta di lì a poco, quindi era inutile tentare di evitare ferite locali.
Ma dov'era Alheka? Non la percepiva nelle immediate vicinanze, forse era riuscita a sfuggire all'inferno nero, rimanendo fuori il perimetro delle fiamme. Se così fosse stato, non ce l'aveva di certo con la compagna: lei, Sabik dell'Ofiuco, aveva sfidato lo specter di Bennu per impedirgli di continuare a devastare quel villaggio, e a lei spettava la responsabilità di battersi; sarebbe stato ingiusto sperare nell'aiuto di qualcun altro anche in quelle condizioni disperate, e rischiare così un'altra perdita; ma soprattutto sarebbe stata la cosa più disonorevole, perchè se lei non era all'altezza della  vittoria, nessun altro avrebbe dovuto sopperire alla sua inadeguatezza. Avrebbe combattuto fino all'ultimo, tentando di uccidere colui che aveva spezzato vite innocenti e che l'aveva vista senza maschera, finchè le fiamme non le avessero consumato anche le ossa.
-Thunder Claw!- cercò di reagire con le poche forze rimaste, ma il suo attacco morì divorato dall'incendio.
Era finita.
Il fuoco l'avvinghiò nella sua morsa, consumandole le parti non protette dall'armatura. Non aveva mai sofferto di un dolore così atroce, sentiva i muscoli raggrinzirsi, ormai del tutto denudati dalla pelle, e le fiamme penetrarle in ogniddove: nella bocca, negli occhi, nella pancia, e nonostante i suoi propositi, non riusciva più a compiere il benchè minimo movimento; cadde a terra, priva di sensi, mentre l'attacco di Bennu finiva di lacerarle l'intero corpo, fino a ridurlo cenere.

***

Perchè? Perchè non riuscivo a muovere un muscolo? Perchè me ne stavo lì inorridita, con gli occhi e la bocca spalancati, ad osservare le fiamme circondare Sabik, ormai sparita tra di esse?
Non mi era mai capitato di provare una così folle paura in combattimento e di non sapervi reagire, io che ero sempre spiccata per il mio valore tra i cavalieri miei pari.
La mia compagna d'armi e migliore amica, nonchè una delle più valorose Sacerdotesse, stava perendo, e io non riuscivo a fare altro che assistere allo spettacolo, senza fare nulla.
Anche se prima di cominciare a combattere mi aveva espressamente chiesto di non intervenire per nessuna ragione e di portarmi in salvo se le cose avessero preso una brutta piega, il mio desiderio più grande in quel momento era quello di correre in suo soccorso, ma non ci riuscivo: il terrore mi aveva invasa. Se nemmeno lei, Sabik, stava riuscendo nello sconfiggere quell'inferno, come potevo io farcela e portarla in salvo? Nonostante questi pensieri, aiutarla era proprio quello che avrei voluto fare con tutto il cuore: ero disposta a morire al suo posto per permetterle di vivere, ma l'intensità di quel cosmo di fuoco che bruciava al di là dell'incendio con maggior vigore delle fiamme stesse mi aveva paralizzato. Un forte senso di nausea mi pervadeva, mentre venivo scossa da vertigini violente e respirare mi era difficilissmo, anche dopo essermi liberata della maschera che mi soffocava. L'unica cosa che riuscivo a fare era immaginare la mia amica bruciare viva e morire tra le più atroci sofferenze senza che io potessi impedirlo.
No... non era Sabik che stavo immaginando, lei si trovava sì in mezzo alle fiamme, ma non all'interno della casa che stava prendendo forma dinanzi al mio sguardo: stavo vedendo qualcun altro. E c'erano anche altre persone, tre bambini, assieme a lei che stavano condividendo il medesimo destino.
E, come per Sabik, anche per loro non riuscivo a fare nulla, ma stavolta perchè ero immobilizzata da qualcosa di fisico... qualcosa che pesava enormemente sulla mia schiena, schiacciandomi con la pancia a terra e causandomi dolorosissime fitte.
Urlavo come una disperata, cercando di sormontare il boato delle fiamme colleriche e dei pezzi dell'abitazione che crollavano a terra, distrutti dall'incendio.
-Mamma! Mamma!-.
Piangevo nei tossiti causati dal troppo fumo e tendevo la manina verso di lei e verso quei bambini che ormai, come la donna, giacevano a terra immobili e completamente anneriti.
I miei fratellini e mia sorella maggiore.
Perchè il fuoco non investiva anche me? Perchè non mi permetteva di raggiungerli nel luogo dove li aveva portati?
Fuoco! Portami da loro, ti scongiuro, se mi senti, portami da loro!
Ma il fuoco ignorava le mie preghiere, restandomi lontano; continuava a distruggere e bruciare senza pietà, ma faceva tutto ciò rimanendo al di là di una sorta di perimetro circolare che aveva me al centro, come se non riuscisse o avesse paura di superarlo per chissà quale inspiegabile motivo, e io rimanevo sotto quell'incredibile peso, senza sentirmi addosso la minima scottatura.
Ma il calore ed il fumo, quelli non avevano riguardi al contrario del loro padrone, e ben presto mi fecero perdere i sensi, conducendomi nel buio dell'inconscenza.

Aprii gli occhi, ritrovandomi caduta sulle ginocchia e con le mani a coprire il viso inondato da lacrime. Sentivo il petto alzarsi ed abbassarsi con frenesia, testimonianza del fatto che ero stata a singhiozzare fino a quel momento. Davanti a me l'incendio nero si stava estinguendo, e la figura dello specter, prima nascosta dalle fiamme, cominciò a prendere forma all'interno di esse, mentre le attraversava per raggiungermi. Quando l'inferno scomparve del tutto, Bennu mi era ormai a due passi di distanza, e mi fissava dall'alto con tutta la sua prepotenza.
Non riuscivo ancora a muovermi, e come potevo, ora che il fuoco fatto persona mi si ergeva dinanzi? Percependo il suo cosmo rivivevo ciò il cui ricordo straziava le mie notti e  mi aveva reso estranea la spensieratezza. Lacrimavo come una bambina, come quella bambina sotto la trave di legno, e quello stato patetico in cui mi trovavo, in quel momento poteva essere scambiato come se fossi lì inginocchiata al suo cospetto.
Bennu mi guardava con ribrezzo, e poi scosse debolmente la testa di disprezzo.
-Tutto questo cosmo... in una creatura così pavida...-. Sputò a terra accanto a me, e mi voltò le spalle, incamminandosi con maestosità verso la devastazione che lui stesso aveva creato: ero talmente patetica che non valeva nemmeno la pena di uccidermi, questo avevo letto nel suo sguardo. Solo quando sparì dalla mia vista, il peso che mi teneva inchiodata a terra scomparve e riuscii ad alzarmi nonostante le gambe mi tremassero ancora. Avevo smesso di piangere, ma il cuore e l'orgoglio erano irrimediabilmente lacerati: Sabik era morta senza che io avessi fatto nulla per impedirlo, e avevo disonorato il Grande Tempio e tutti i suoi cavalieri, poichè era questo che ora lo Specter pensava di noi, che eravamo una massa di codardi frignoni. E solo per colpa mia.
Per un momento mi attraversò la mente l'idea di non fare ritorno; non so se avrei potuto guardare di nuovo negli occhi i miei compagni, il gran Sacerdote, la Divina Atena, e soprattutto Lui, che più di tutti mi aveva dato affetto e aveva creduto in me da sempre.
Ma almeno in quello mi sarei fatta valere, nonostante tutto sarei tornata ad Atene a fare rapporto a cospetto della Divina, a pentirmi del danno causato e dell'onta provocata.
Infine, avrei accettato con onore il suo volere nei miei riguardi, qualunque esso fosse stato.

***

-Non va bene, Aldebaran. Non va bene-.
Sage, il gran Sacerdote, scuoteva la testa di disappunto. Si era appena alzato dal proprio trono, ora che la diretta interessata era stata congedata dalla grande sala, e si trovava a pochi passi di distanza dal Cavaliere del Toro, scuro in volto; questo teneva gli occhi fissi nel vuoto, poichè in realtà stava guardando e sentendo nella propria mente, ripercorrendo le immagini e i suoni di qualche minuto prima.

Ripensava a quanto il cuore gli batteva forte mentre correva per le scale che conducevano al Santuario della Dea, e a quanto si era riempito di gioia quando, una volta fatto il suo ingresso nella sala del trono, aveva trovato viva e vegeta Alheka, la sua adorata allieva.
E anche dopo che ella ebbe informato tutti sul cattivo esito della missione che gli era stata assegnata e della sua cattiva condotta, riusciva solo ad essere felice per averla vista tornare; Però, purtroppo per lei -e per lui-, El Cid aveva dimostrato sin troppo apertamente che ciò che stava udendo non gli piaceva affatto. E lui, in quanto uno dei Cavalieri più anziani, era una personalità influente sulle decisioni che c'erano da prendere al Grande Tempio.
Alheka se ne stava inginocchiata con riverenza davanti al trono su cui sedeva Sage, e ai due cavalieri ai suoi lati, El Cid di Capricorn, e Sisifo di Sagitter; raccontava tutto ciò che le era successo con un'oggettività maniacale -cosa resa ancora più facile dalla maschera inespressiva che le copriva il volto-, senza lasciarsi sfuggire nemmeno una parola sui sentimenti e le vere motivazioni che l'avevano portata a non muovere un muscolo durante la battaglia. Non piagnucolava, non dava il permesso alla sua voce di tremare e nemmeno avrebbe addossato la responsabilità dell'accaduto a ricordi e visioni: era l'onore che glielo impediva.
Quando ebbe terminato il suo rapporto, ci fu un lungo silenzio prima che qualcuno parlò. E il primo a farlo fu ovviamente Sisifo.
-Non posso non ammettere che l’accaduto possa passarci davanti senza che vengano presi dei provvedimenti.- Per quanto si sforzasse di risultare imparziale e formale, le sue parole e i suoi occhi limpidi tradivano i buoni propositi, lasciando trapelare compassione e rammarico per quella ragazzina che come molti aveva visto crescere, ma come pochi ne aveva conosciuto le sofferenze. Sospirò come di rassegnazione, mandando al diavolo il formalismo che era obbligato a tenere dato il suo ruolo di consigliere, e raggiunse Alheka per inginocchiarsi dinanzi a lei. –Alheka. Noi tutti conosciamo le tue abilità, la tua tenacia e il tuo coraggio, per cui non risponderemo all’accaduto senza considerare tutto ciò.- Le parlava a voce bassa, senza mai smettere di sorriderle teneramente. –Ma capiscimi, capisci tutti noi: non possiamo rischiare che una cosa del genere accada nuovamente e metta a rischio la vita di altri compagni.. e anche la tua.-.
Alheka non proferì parola da dietro la propria maschera, solo si limitò ad annuire: aveva fiducia e rispetto per Sisifo, così come ce l'aveva Aldebaran, il quale tirò un respiro di sollievo, rincuoratosi dopo aver udito quelle parole.
-Ora vai..- continuò Sisifo alzandosi in piedi -Discuteremo sulla questione e verrai informata delle decisioni prese il prima possibile.- concluse, porgendo la mano alla ragazza, la quale l’afferrò e si tirò in piedi, per poi fare un ultimo, leggero inchino ed uscire dalla sala. Prima di varcare la porta si voltò verso Aldebaran ed egli era sicuro che, se non avesse avuto quell’inespressivo viso d’argento a nascondere quello vero, l’avrebbe vista sorridere amabilmente, come solo lei era in grado di fare. La sua piccola.
E fu quando i cavalieri rimasero soli, che Sage prese la parola, rivolgendosi al Toro.

-Mi stai ascoltando, Aldebaran?- lo richiamò il Gran Sacerdote, essendosi ovviamente accorto dell’assenza mentale del Cavaliere D’oro.
Quest'ultimo si riscosse, affrettandosi a chinare la testa verso il Gran Sacerdote, in segno di rispetto. -Certamente, eminenza.-.
Sage sembrò esitare un attimo, attimo nel quale scambiò un'occhiata veloce con Sisifo, poi continuò: -Aldebaran, come già abbiamo detto alla diretta interessata, non possiamo ignorare quello che è successo, e il suo comportamento.-.
-Ma Gran Sacerdote..-.
-Lo so...- lo interruppe Sage alzando il palmo per invitarlo a tacere -... lo sappiamo tutti e tre quanto Alehka abbia sofferto da bambina e di come il fuoco abbia lasciato una così profonda ferita nel suo cuore...-.
Aldebaran sospirò di sollievo, rilassando le spalle: anche Sage non si stava dimostrando del tutto estraneo alla situazione, e già il fatto che stesse prendendo in considerazione delle attenuanti  lo facevano sperare per il meglio.
-...Ma questa sua debolezza oltre ad essere dannosa per lei, lo è anche per i suoi compagni.-.
Il Toro si limitò ad abbassare la testa, dispiaciuto, ma consapevole della verità di quelle parole.
Fu Sisifo a continuare, raggiungendo il compagno e poggiandogli una mano sulla spalla, resa ancora più possente dall'armatura. -Ma lungi da noi mandarla via, amico mio, o sottrarla dal suo incarico di Sacerdotessa di Atena, non è così, Gran Sacerdote?-.
Sage annuì con vigore, facendo così sorridere sia Aldebaran che Sisifo, il quale ovviamente, avendo parlato con lui prima di quella convocazione, era già a conoscenza della risposta.
El Cid rimaneva in completo silenzio e immobile nella sua rigida posizione marziale, la solita espressione severa a tirargli il volto; Aldebaran gli leggeva nello sguardo che secondo lui si stavano già sprecando troppe parole e che Alheka doveva essere subito punita per il comportamento deplorevole in battaglia. Fortunatamente, per il momento non sembrava intenzionato a dire la sua.
-Prima di tutto abbiamo una cerimonia funebre da organizzare per la meritevole Sabik dell'Ofiuco- riprese Sage -Ma dopodichè preparati ad essere convocato nuovamente per essere informato delle decisioni che avrò preso riguardo la tua allieva, dopo essermi consultato con Atena o con alcuni dei tuoi pari.- fece una pausa, lasciando ad Aldebaran il tempo di annuire, poi concluse, accompagnando le parole con un sorriso affabile: -Puoi ritirarti e stare un po' con lei, so che muori dalla voglia di farlo.-.
-Grazie eminenza.- rispose Aldebaran, chinando capo e busto -Apprezzo davvero molto.-.  E così, dopo essersi scambiato un'occhiata con El Cid e poi un sorriso con Sisifo, il quale cercò di trasmettergli tutta la sua complicità, si voltò ed uscì a grandi falcate dalla sala, desideroso di stringere a sè la sua ragazza.
Una volta che le guardie chiusero il portone alle sue spalle, El Cid prese a parlare, ma Aldebaran sentì solo un vociare ovattato.







ATTENZIONE.
Avverto chi ha letto fin qui (GRAZIEH!) e chi ha intenzione di continuare (GRAZIEEHH!) che questa storia non troppo impegnativa è nata con l'unico scopo di.. come dire... riportare in prosa una parte del fumetto che ho amato in particolar modo (due capitoli, suppergiù). Mi spiego: un giorno mi sono messa a 'prosare' (si dice..? ._.) quel preciso momento e siccome ci ho preso il via ho pensato di cambiare uno dei personaggi e farci sopra una storia. Quindi se leggerete quasi le stesse battute e azioni, tranquilli che è voluto e non ho intenzione di plagiare niente! Non so ancora in quale momento della fic comparirà, ma state tranquilli che non appena posterò il famigerato capitolo lo scriverò nella descrizione della storia. Spero che questa cosa non disturbi nessuno e che non mi faranno togliere la fic, forse devo informarmi o.ò Intanto claimeggio un po'.
Saint Seiya, Lost Canvas, e tutti i bei personaggetti che ci vivono dentro non appartengono a me, ma a Masami Kurumada e Shiori Teshirogi.

Ah, se ci sono errori di ortografia o orrori grammatici, vi prego, ditemelo perchè non li vedo nemmeno se rileggo venti volte, grazie.
  
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